La spiritualità dei Padri del Giura:
Una fonte della Chiesa indivisa.
A cura del Pastore Martin Hoegger *
(Libera traduzione dal francese)
1. Origine del monachesimo del Giura
I primi monasteri nella Gallia furono fondati da Martino de Tours, nella
seconda metà del IV secolo. Poi, verso il 400, si vede l'inizio del
monachesimo in Provenza, con il monastero di Lérins fondato da San
Onorato ed i due monasteri marsigliesi di Cassiano. Queste Comunità
provenzali hanno emigrato verso il Nord, fino nella regione di Lione.
Ma nel 435, Romano, che aveva vissuto in un monastero di Lione, decise
di ritirarsi in un luogo desertico del Giura, alla confluenza di due
fiumi. Fu presto raggiunto da suo fratello Lupicino e poi da discepoli
sempre più numerosi. Fondarono il monastero di Condadisco (Condat),
nell’area della futura città di Saint Claude e quello di Lauconne, oggi
Saint Lupicin, dove riposa San Lupicino. 1
I monaci di questi monasteri sciameranno fino nell’attuale Giura del
Cantone di Vaud. Così fu fondato il monastero di Romainmôtier, la più
antica ubicazione monastica della Svizzera, che conserva la memoria del
nome di Romano. Inoltre l’altopiano di Saint Loup conserva la memoria di
suo fratello Lupicino.
La vita dei padri del Giura
ci offre le gesta dei tre Padri, tutti abati del monastero di Condat,
Romano, Lupicino ed Eugendo. Offre anche numerose informazioni sullo
stile di vita monastica nel V secolo e sulla spiritualità che vi era
vissuta. 2
1.1 Romainmôtier e l’altopiano di Saint Loup
La prima menzione di un'attività religiosa sull’altopiano di Saint Loup
data del VI secolo. Un documento del capitolo di Lausanne riporta che al
tempo del vescovo Marius, una Chiesa dedicata a Saint-Didier si trovava
accanto alla grotta detta Balmeta. Al momento della Riforma, il
nome di St. Didier scompare e fa posto a quello di Saint-Loup. Si ignora
da dove venga questa sostituzione. Un'ipotesi è che un altare della
vecchia chiesa sarebbe stato dedicato a San Lupicino, per conservare la
memoria del fratello di Romano, il cui monastero si trova ad alcuni
chilometri di distanza. Se la tradizione dell’ubicazione di un monastero
nella valle del Nozon da parte di san Romano è bene documentata, in
compenso la tradizione locale che vorrebbe che san Lupicino avesse
scelto la grotta per vivere da eremita, poi costruì un monastero, è più
tardiva. Tuttavia ciò che è certo è che in questo posto scaturiva una
fonte, oggi dispersa, con virtù curative. Forse che le persone venivano
qui a curarsi fin dall'antichità? Si può soltanto supporlo. Più tardi,
dalla metà del XVIII secolo, si costruì uno stabilimento di bagni,
all'inizio modesto, che fu trasformato nel XIX secolo in un hotel, da
parte della famiglia Juvet. È in questo hotel, che era fallito, che si
installarono il 1° novembre del 1852 le diaconesse con il fondatore
dell'istituzione, il pastore Louis Germond. Il primo ospedale fu
inaugurato nel 1897. Ciò che appare attraverso questi brevi cenni
storici è che, da moltissimo tempo, questo è un luogo di preghiera e di
cure 3.
Romainmôtier ed il primo insediamento monastico sull’altopiano di Saint
Loup risalgono all'epoca dell'attività dei Padri del Giura. Questi
luoghi sono stati toccati dalla loro spiritualità, di cui tracceremo le
grandi linee.
2.
La carità fraterna, segno della spiritualità dei Padri del Giura
La vita dei Padri del Giura
insiste sull'amore fraterno che sembra essere stato allora, più
dell’ascesi, la meditazione o la contemplazione, la nota dominante del
monachesimo del Giura. La carità sembra essere la virtù principale dei
Padri del Giura; è la conclusione alla quale è arrivato François
Martine, editore e traduttore della Vita
in Sources chrétiennes
4. Del
resto, se questo testo sottolinea quest'aspetto della vita monastica,
non parla - stranamente - quasi mai della vita liturgica, eccetto in
alcuni brani dove lascia indovinare che la lectio divina e gli
uffici monastici ritmavano la giornata dei monaci (130; 169).
5
Questo
accento posto sulla vita fraterna merita di essere sottolineato ed
attualizzato. È ciò che faremo alla fine di questo studio. L'amore
fraterno fa crescere tutte le cose, favorisce l'unione con Dio ed
organizza al meglio la vita comunitaria. Vediamo ciò più da vicino.
2.1. Romano, modello di abate che vive nella carità.
La Vita
presenta un ritratto idealizzato dell'abate Romano, molto misericordioso
verso tutti, di una perfetta calma, mentre suo fratello era più severo,
sia per correggere e dirigere gli altri, che innanzitutto verso sé
stesso (17).
Ecco un episodio significativo. In una grotta tra Ginevra ed Agauno,
cioè Saint Maurice, Romano incontra un lebbroso. La Vita
ci dice come si esercitò allora la carità di Romano, prendendo
come modello quella di Martino di Tours, la cui vita raccontata da
Sulpicio Severo ha influenzato tutta l'antichità cristiana. Fu “il best
seller„ del V e VI secolo. Si ritrova la sua influenza nella Vita,
in particolare l'insistenza con cui incontra Cristo nel povero, come
testimoniano molti episodi della vita di Martino di Tours.
“Ma san Romano, con quella speciale gentilezza che abbiamo ammirato in
lui, li saluta molto cordialmente, li abbraccia come avrebbe fatto
Martino e, con santissima fede e carità, li bacia tutti e due. „
(45-47)
Al mattino i lebbrosi scoprono che sono guariti. L'esempio di Romano è
contagioso:
“Grazie a questo modello di perfezione e di carità tutti i fratelli, nei
prodigi che essi compivano, seguivano l'esempio che egli offriva a
tutti. „
(51).
Quest'immagine dell'abate che vive nella carità sarà nel cuore della
Regola di San Benedetto. 6
Fino
alla fine Romano è restato nell'amore fraterno; lo ha vissuto come un
forte momento di comunione:
“Ma, colpito da un dolore violento, convocò i fratelli presso di sé e
distribuì come grande eredità la pace di Cristo che egli stesso aveva
mantenuto per tutta la sua vita grazie alla purezza e alla dolcezza
della sua anima, baciando ognuno di loro...
E spirò contemplando la morte con gioia, puro da ogni male così
come libero da ogni colpa. „(60-61)
2.2.
San Lupicino, un abate „fisioterapeuta„.
Questa carità dei Padri si esercita in particolare nei confronti dei
monaci che essi devono governare. Rigorosi quando occorre, mostrano più
spesso una tenera sollecitudine ed anche molto tatto e psicologia. San
Lupicino si accinge a curare, come una madre cura il suo bambino, il
povero corpo di un monaco che ha peccato per eccesso di mortificazione,
di riabilitarlo come lo farebbe un fisioterapeuta:
“Come un massaggiatore, si china su questo povero corpo piegato ed
esaurito, lo distende in tutti i sensi e gli ammorbidisce le membra ad
una ad una con tocchi salutari. Il fratello allora inizia ad allungare
le sue membra, ancora mezze intorpidite...” “rimette in piedi
«quell’asinello» di suo fratello... In questo modo, nel giro di una
settimana circa e da un momento all’altro – dopo che egli rinunciò a ciò
che nutriva la sua vanità -
Lupicino gli restituì la vita, quando aveva un piede nella tomba, e da
quel momento questo fratello visse in seguito ancora molti anni che
testimoniano, con la sua sopravvivenza e la sua attività, il potere
miracoloso e la carità di questo Padre. “.
San Lupicino infermiere! Le diaconesse di Saint Loup si sappiano
regolare!
Con questo esempio Lupicino ha insegnato “la via Regia„, tema
importante nell’antico monachesimo, che invita a tenersi distanti dagli
eccessi:
“Così, con un esempio concreto e divino mostrò chiaramente che nessuno,
una volta che ha abbracciato la vita religiosa, deve muoversi fra le
difficili salite della destra o fra le agevoli discese della sinistra,
bensì nel mezzo, secondo la direzione data dalla «via Regia» (Nm 20,17;
21,22)„. 7 (71-78)
Noi siamo a volte stupiti quanto il corpo può partecipare
all'espressione della fraternità tramite gesti d'affezione che ci
sembrano oggi superati. A due fratelli che volevano fuggire, Lupicino
“…chiama con il loro nome e lentamente tende la mano verso ciascuno di
loro, sfiora loro il mento, li accarezza con dolcezza, li abbraccia e
poi, senza dire altro, si mette di nuovo in ginocchio e usa le armi
della preghiera con paterno amore „. (80-81)
2.3 Una Comunità di guarigione.
Il monastero di Condat è diventato una Comunità di guarigione. Tanto
attraverso la preghiera che è offerta alle persone tormentate da ogni
specie di mali, che dalle cure infermieristiche che vi sono prodigate.
Sull’altopiano di Saint Loup, il monastero di Saint Didier, che aveva
un'infermeria, illustra ugualmente questa concreta attenzione alle
necessità delle persone. È una spiritualità incarnata, che ha per fine
il sollievo da mali di qualsiasi tipo. La preoccupazione per la salute
fu sempre presente nella Chiesa, che ha assunto seriamente questa
dimensione predisponendo delle strutture sanitarie. D'altra parte le
guarigioni manifestano la venuta del Regno di Dio; sono segni della
presenza di Cristo risuscitato. Così a Condat:
“Altri vi conducevano uomini tormentati da demoni o altri spiriti
maligni, pazzi e paralitici, in modo che fossero guariti con la
preghiera dei santi e con la propria fede. La maggior parte di questi
malati, dopo aver recuperato la salute, tornavano a casa loro; altri
rimasero nel monastero, osservando digiuni e veglie con tale compunzione
che, con un meraviglioso mutamento, ora allontanavano dai posseduti il
diavolo con i suoi satelliti ed il suo seguito più in fretta di quanto
non occorra per dirlo, e chi vedeva ciò esclamava: «Questo è veramente
un cambiamento dovuto alla destra dell'Altissimo» (Sal 76,11). „. (15)
Questo passaggio ci fa meglio comprendere perché questi monasteri sono
stati poli d'attrazione alla loro epoca. La gente vi accorreva poiché la
fede e l'amore fraterno vissuti in queste Comunità guarivano e causavano
cambiamenti di comportamento. I Padri non sono dei taumaturghi isolati
di una Comunità. Se avvenivano dei miracoli, è grazie al Signore
presente in mezzo ad una Comunità unita nel suo nome, cioè nella fede e
nell'amore fraterno. Così questi monasteri diventavano luoghi dello
Spirito:
“I doni dei miracoli sono specialmente evidenti in quei luoghi
riconosciuti come il soggiorno della grazia, dove i favori divini si
manifestano più facilmente perché gli uomini sono uniti nella fede„.
(161)
2.4 Un'arte del vivere insieme proposta dai Padri del Giura
Col susseguirsi della lettura della Vita si precisa un clima
spirituale che regna nella Comunità. Riunendo i brani, si arriva a
disegnare un piccolo vero trattato della convivialità. Ecco alcune
caratteristiche:
2.4.1 Una
carità che non esclude nessuno:
Perché Dio ci ha amati per primo senza escludere nessuno, senza
attendere che noi lo amassimo, l'abate Eugendo indirizzava la sua carità
a tutti:
“Inoltre, (nelle sue relazioni) con la gente del secolo, si rese sempre
disponibile senza avere preferenze personali: abbracciava i poveri come
i ricchi e tutti erano ammessi in sua presenza e potevano sedersi al suo
fianco „. (172)
Predicare con l'esempio, tale era il principio di Eugendo:
“Non insegnò mai nulla d'autorità che non avesse compiuto prima con il
suo esempio o con il suo lavoro. „ (171)
Questa dimensione dell'amore sarà approfondita dalla Regola di San Benedetto. Perché l'amore evangelico si rivolge a tutti, la Regola sottolinea l'uguaglianza tra tutti i membri del monastero: “L'abate non farà distinzione tra le persone. La sua carità sia uguale per tutti„. 8 I monaci apprendono ad essere i primi ad amare. Se c'è un primato dell'abate è quello di essere alla testa di una “rivoluzione d'amore„. Alla fine, la Regola parla della carità come norma delle relazioni tra i fratelli: “Gareggino nell'obbedirsi scambievolmente; si portino a vicenda un amore fraterno „. 9
2.4.2
Rallegrarsi dei doni dell'altro.
Un altro segreto della vita comunitaria è di celebrare i doni ricevuti
dall'altro fratello, soprattutto i doni spirituali:
“Al monaco procurava più piacere la scoperta in un fratello della
semplicità e della purezza, che la coscienza della sua abilità personale
e della sua saggezza. „. (112)
Per fare così posto all'altro, occorre la virtù d'umiltà, che considera
gli altri come più grandi ed importanti di sé:
“(Eugendo) meditava non sul suo valore presente, ma su quanto fosse
ancora lontano dalla perfezione, come (se fosse) il più spregevole e il
più piccolo di tutti. „ (167)
In compenso, il principale ostacolo della vita fraterna è l'orgoglio,
che può conquistare il fratello più umile, più obbediente e più dolce.
In un brano, che non manca di perspicacia psicologica, la
Vita descrive il lavoro
dell'orgoglio in un’anima:
“Con lui il Diavolo agisce poco a poco e lentamente, gettando (nel suo
cuore) una scintilla d'orgoglio riguardo il suo valore. Quando lo vede
ardere rapidamente infiamma contro di lui alcuni fratelli colpiti sul
vivo da un diverbio e questi, col loro respiro malvagio, attizzano ogni
giorno il fuoco di questo cuore già surriscaldato dall'orgoglio. Altri
ancora, con le catene dei loro bei discorsi ed i legami seduttori del
secolo, lo tirano fuori dalla comunità e la esortano a non sopportare
più tali persone, ma piuttosto ad abbandonare tutto. „ (88).
Un altro pericolo che minacciava l'unità in Cristo era la gelosia:
“Certamente in quel tempo fioriva dappertutto la buona fragranza dei
servi del nostro signore Gesù Cristo - o meglio ovunque si sentiva il
profumo - poiché nessuno di loro era in preda alla subdola gelosia,
nessuno era lacerato dal famelico odio; tutti, vi dico, erano soltanto
uno perché tutti appartenevano all’Unico. „ (111, Cfr. Gv 17,22).
2.4.3 La comunione delle anime e dei beni
I Padri del Giura non andavano soli verso Dio. Importava loro di
scambiarsi le loro esperienze per suscitare l'unione dei cuori. Essi
erano in comunione spirituale tra di loro; la condivisione dei beni e la
mutua assistenza ne sono i segni. Questi due testi lo dicono in modo
toccante:
“A tal punto erano contenti della loro indigenza che praticavano con
entusiasmo l'unione dei cuori nella carità e nella fede in modo che se
un fratello, avendo ricevuto un ordine per qualche compito, fosse uscito
al freddo o se fosse rientrato tutto inzuppato da una pioggia invernale,
ciascuno a gara lasciava un abito migliore e più secco o gli toglieva le
calzature per riscaldare e confortare rapidamente il corpo di suo
fratello, piuttosto che pensare al proprio corpo. „(113)
“Secondo l'uso dei tempi degli apostoli, assolutamente nessuno diceva:
«Questo è mio»: l’uno differiva dall'altro solo nella proprietà del nome
e non nella stima della fortuna o della reputazione. “(112) … “tutto, in
tutto, apparteneva a tutti (At 4,32). „ (170)
2.4.4. Nutrirsi lo spirito
La lettura quotidiana delle regole di S. Basilio e S. Pacomio, che
insistono tanto sull'amore fraterno (174) manteneva i monaci in una
tensione permanente verso Cristo. Tuttavia è la regola di San Cassiano
che preferivano, poiché era meglio adattata alla loro situazione:
“Pur leggendo ogni giorno quelle Regole, è questa che ci preoccupiamo di
seguire, perché fu senza dubbio introdotta in funzione del clima del
paese e delle esigenze del lavoro e perché la naturale debolezza dei
Galli la segue più efficacemente e più facilmente, piuttosto che quelle
degli Orientali. „. (174)
E, quindi, certamente all'origine della vita comunitaria c'è la grazia
di Cristo: l'ascolto del Vangelo attraverso la Lectio divina e la
sua celebrazione negli Uffici. I Padri del Giura volevano innanzitutto
essere discepoli della Parola, ascoltarla, leggerla, pregarla,
celebrarla e metterla in pratica. Ecco ciò che si dice di San Eugendo,
per il quale la meditazione del Vangelo e la preghiera contenevano la
gioia del cielo ed un anticipazione del Paradiso:
“La lettura gli procurava un tale conforto che gli capitava molto
spesso, durante la lettura nel refettorio, di essere soggiogato
dall'amore dei beni futuri e di entrare in una specie di estasi, al
punto di dimenticare gli alimenti posti davanti a lui; infatti veniva
preso da una gioia profonda e, disprezzando la peregrinazione della vita
presente, aspirava al diritto di cittadinanza preparato nella patria
celeste. „ (169)
“E mai nessuno lo vide uscire prima della fine, durante la sinassi del
giorno o della notte. Se durante la notte si recava nell'oratorio un bel
po’ di tempo prima degli altri per pregare a lungo e nel segreto, così
pure, quando tutti erano usciti, continuava ancora a nutrirsi
spiritualmente con un lunga preghiera, appoggiato sul suo banco. E,
qualunque fosse l'ora, usciva di là avvicinandosi ai fratelli con
un’aria serena e lieta, allo stesso modo che gli uomini (del secolo)
hanno un viso inondato di una spensierata allegria, una volta
soddisfatta la loro ambizione „. (130)
3. La carità fa fiorire la vita
comunitaria.
Quali sono i frutti di quest'arte della convivialità vissuta dai Padri
del Giura? Noi li abbiamo visti: la gente accorre al monastero diventato
una Comunità di guarigione e di riconciliazione. Quindi, un altro frutto
è quello dell'irraggiamento verso l'esterno. L'amore e l'unità vissuti
nella Comunità la fanno crescere e sciamare:
“La santa comunità istituita dai due fondatori, come una messe
abbondante destinata senz’altro a riempire i granai del Signore (Mt
13,25) - e ancora incontaminata dal vizio delle zizzanie - cresceva in
unità di fede e di carità al punto che si vedevano questi alloggi
bastare a malapena per coloro che vi erano già ospitati. Allora le
venerabili schiere dei Padri si dispersero in tutte le direzioni, come
un alveare pieno, lanciato lontano dallo Spirito Santo, in modo che non
solo i più remoti paesi della provincia di Sequania, ma anche molte
diverse regioni della terra, un po’ ovunque, si riempivano di monasteri
e di chiese grazie alla santa propagazione di questa stirpe divina. „
(16)
Innumerevoli sono stato le fondazioni sorte dal carisma di carità
vissuto dai tre Padri fondatori del Giura. La nostra regione (il Cantone
di Vaud. Ndt.) ne è loro obbligata. Una delle istituzioni interessanti è
un monastero femminile, la cui “madre„ è stata proprio la sorella di
Romano e Lupicino (60), e che la tradizione ha chiamato Yole. Lasciamo
la conclusione a François Martine:
“Questa attenta ed intelligente carità dei Padri del Giura verso i loro
monaci possiede una sua propria sfumatura ma annuncia, fin dal V secolo,
ciò che sarà l'ideale dell'abate nella Regola di San Benedetto…
l'importanza della carità nella spiritualità di Condat in generale,
nelle relazioni tra i fratelli come nel governo degli abati, manifesta
l'ispirazione neo-testamentaria e profondamente evangelica del
monachesimo del Giura„.
10
4.
Spiritualità anacoretica e comunitaria.
La storia dei Padri del Giura è iniziata con l’insediamento di Romano
nelle foreste del Giura. Quest'uomo, al seguito dei Padri del Deserto
dell'Egitto e di Cassiano, ha lasciato tutto per cercare Dio.
L'anacoretismo mette in luce il primato di Dio, che vuole essere amato
con tutto il nostro cuore e la nostra forza. Sottolinea anche la
radicalità di una vita chiamata a seguire Cristo. Quest'ideale ascetico
fatto di solitudine e di preghiera è restato permanente nella
spiritualità dei Padri del Giura, come lo mostrano i passaggi della
Vita che riferiscono le lunghe vigilie di Lectio divina e di
preghiera dei Padri.
Ma Romano ha fondato una Comunità. Egli è diventato il suo primo abate,
seguito da suo fratello Lupicino. Come la
Vita dei Padri del Giura lo
dimostra, i valori della vita cenobitica sono valorizzati. Questo
cammino più comunitario lo si legge nella Vita in una forma
narrativa. Per la sua
teoria, occorre volgersi verso la regola di Basilio di Cesarea e
soprattutto verso Agostino d’Ippona. Quest'ultimo ha trovato la sua
ispirazione nella Comunità dei primi cristiani a Gerusalemme, nella
famiglia di Nazareth e nella Comunità itinerante dei discepoli che
seguivano Gesù. Agostino ha cercato il prototipo della vita comunitaria
nella vita d'unità nella diversità vissuta attraverso la Trinità. Tutta
la sua regola conduce a rivivere la dinamica della prima Comunità
cristiana. 11
Questi due grandi orientamenti della vita spirituale - la via
individuale e la via comunitaria - saranno sintetizzati nella Regola di
San Benedetto. Vi si incontra lo slancio anacoretico, che vi ritorna
costantemente come una profonda nostalgia. Tuttavia l'ideale della
comunione ha preso sempre più posto, creando una Comunità desiderosa di
rivivere la vita dei primi cristiani, di avere “un cuore solo ed
un’anima sola„. Questo secondo orientamento entra in modo decisivo nella
Regola di San Benedetto. Era tuttavia già presente nella spiritualità
dei Padri del Giura.
5.
Attualità della spiritualità dei Padri del Giura
Unione a Dio con la preghiera e la solitudine; unione a Dio attraverso
il servizio del fratello nel quale Cristo si nasconde; unione a Dio
tramite la vita fraterna in una Comunità. La
Vita dei Padri del Giura
ricorda le dimensioni fondamentali della spiritualità. Questa è come un
triangolo dove i tre angoli sono Dio, il fratello ed io.
La spiritualità individuale sottolinea il valore del silenzio, della
solitudine e della preghiera per arrivare alla comunione con Dio. Essa
suppone la rinuncia (al mondo) per incontrarlo. Ma l'unione con Dio
nella preghiera sarebbe incompleta se non fosse accompagnata dal
servizio verso il fratello e la sorella e dalla comunione fraterna. Nel
fratello e nella sorella, Cristo ci attende. La
Vita dei Padri del Giura ci
insegna che l'amore di Dio passa attraverso l'amore dei fratelli e che
questo amore conduce ugualmente all'unione con Lui.
Leggendo questi testi, poco conosciuti da noi - nessuno è profeta nel
proprio paese! -, si può meditare su di una spiritualità che integra le
dimensioni di contemplazione, di servizio e di comunione. Una
spiritualità individuale, dove l’accento è posto sulla contemplazione,
non è da contrapporre ad una spiritualità di servizio.
Oggi, molti segni ci mostrano che l'attenzione dei cristiani si
focalizza sulla vita fraterna, come via d'unione con Dio. In un tempo di
frammentazione e di individualismo, si prende coscienza della forza di
una spiritualità di comunione. Mentre gli “altri„ erano a volte
considerati come un ostacolo da evitare, ora diventano piuttosto un
cammino per suscitare la nostra comunione con Dio. I Padri del Giura ci
insegnano questo sguardo del cuore nel distinguere la luce di Cristo nel
viso del fratello, mentre lo si accoglie nella preghiera.
Saint Loup, il 23 febbraio 2010
NOTE
2
Vie des Pères du Jura,
Cerf,
Paris, 1968, Sources chrétiennes No. 142.
3
Cfr. Dictionnaire
historique du Canton de Vaud,
Lausanne, Rouge éd. 1921,
articolo St-Loup, pp. 602-604
4
Op. cit. pp. 89-91
5
I numeri tra parentesi rinviano
ai paragrafi della
Vita
dei Padri del Giura.
6
Cfr. Adalbert de Vogüé,
La communauté et l'Abbé dans la Règle de Saint Benoît,
Desclées, 1961.
7
Sulla « via Regia », vedere J.
Leclercq: L’amour des lettres et le désir de Dieu,
Paris , 1957, p. 102-5.
La
via Regia
in
Nm 21,22 è interpretata come la virtù della discrezione.
8
Regola di San Benedetto,
2, 16.22
9
Ibid, 72,4-11
10
Op. cit p. 91
11
Cfr. Fabio Ciardi,
Koinonia,
Città Nuova, Roma, 1994.
Ritorno alla pagina iniziale sulla "Vita dei Padri del Giura"
Testo italiano e con latino a fronte:
-
VITA DI SAN ROMANO
in lingua italiana -
VITA DI SAN ROMANO in lingua latina con testo
italiano a fronte
-
VITA DI SAN LUPICINO
in
lingua italiana -
VITA DI SAN LUPICINO in lingua
latina con testo italiano a fronte
-
VITA DI SAN EUGENDO
in
lingua italiana -
VITA
DI SAN EUGENDO
in lingua latina con testo italiano a fronte
APPENDICI
- Eucherio di Lione: PASSIONE DEI MARTIRI D'AGAUNE
- Gregorio di Tours: GLI ABATI LUPICINO E ROMANO
- Eucherio di Lione: L'ELOGIO DELLA SOLITUDINE
Per la traduzione dal latino, non essendo io un esperto latinista, ed essendo il latino di questi testi non proprio semplice, ho "sfruttato" questi libri:
- la traduzione francese "Vie des Pères du Jura" a cura di François Martine - Sources Chrétiennes 142 - 1968,
-
la traduzione tedesca
-
e quella
inglese "The lives of the Jura Fathers" - Autori vari - Cistercian
Publications 1999.
| Ora, lege et labora | San
Benedetto | Santa Regola |
Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo |
A Diogneto | Imitazione
di Cristo | Sacra Bibbia |
7 febbraio 2015 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net