Elogio della solitudine

una lettera di Eucherio di Lione a Ilario, vescovo di Arles.

Introduzione

Notizie estratte da: Eucherio di Lione – "Elogio della solitudine - Rinuncia al mondo" a cura di Mario Spinelli - Ed. Città Nuova 1997 e da: Vincenzo di Lérins, "Commonitorio estratti", a cura di Cristina Simonelli – Ed. Paoline 2008

 

Eucherio di Lione (Lione, 380 – Lione, 449 o 450) nacque in una famiglia abbiente dell'aristocrazia gallo-romana di Lugdunum (l'odierna Lione), che probabilmente già professava il Cristianesimo. Alcune fonti attestano che divenne senatore, ma, dopo essersi sposato con una donna di nome Galla, decise di abbandonare tutti i suoi beni e di ritirarsi in un monastero sulle isole di Lérins, insieme alla moglie e ai due figli, Salonio e Verano: tra questi, il primo sarebbe poi divenuto vescovo di Ginevra, mentre il secondo sarebbe stato il futuro vescovo di Vence, ed entrambi sarebbero fatti santi. Comunque, questi ultimi furono affidati al monastero di San Onorato, mentre Eucherio e la moglie si trasferirono sull'isola vicina di Lero (oggi Sainte-Marguerite) per consacrarsi alla preghiera e allo studio. In seguito Eucherio venne eletto vescovo di Lione nel 434 (o 431 ?), partecipò al Concilio di Orange nel 441 e, infine, morì nel 450.

Ad Eucherio, insieme con Onorato di Arles, fu indirizzata la seconda parte delle Collationes di Cassiano.

Eucherio scrisse questa lettera  ad Ilario durante il periodo lerinese, nell'arco di pochi mesi tra l'elezione di Onorato a vescovo di Arles nel 427 (o 428)  e la successione a lui da parte di Ilario su quella medesima carica episcopale nel 429 (o 430).

Ilario fu anche lui monaco a Lérins e, come detto sopra, fu eletto vescovo di Arles alla morte di Onorato nel 429 (o 430), che fu vescovo per soli due anni.

Per quanto riguarda il collegamento dell'Elogio della solitudine con la Vita dei Padri del Giura si può pensare che san Romano abbia conosciuto la tradizione della vita nel deserto di prima mano, avendo studiato nel monastero d'Ainay a Lione, proprio prima di ritirarsi nel Giura nel 425 circa. In seguito fu proprio Ilario, vescovo di Arles, ad ordinare sacerdote Romano, nel 444.

 


Elogio della solitudine

Eucherio al molto riverente Signore Ilario,

lodevole e altamente onorato in Cristo.

 (Traduzione da "Patrologia Latina" - Migne, Vol. 50, col. 701-712.)

 (Ndt. Corregge e sostituisce l'edizione del 23 febbraio 2015)

1. È stato con un grande proposito che una volta te ne sei andato dalla tua casa e dalla tua parentela (Gn 12,1) per penetrare in luoghi desertici ed appartati [1] fino al grande mare; ma è con maggiore virtù che cerchi il deserto una seconda volta [2]. Perché quando sei entrato con coraggio per la prima volta nel deserto come straniero, avevi un capo ed una guida [3] per il tuo viaggio che è poi diventato un maestro dell'esercito celeste (Lc 2,13); seguendolo, hai seguito un padre, anche se hai lasciato i tuoi genitori. Ora, tuttavia, dopo aver pensato di doverlo seguire quando è stato chiamato alla dignità dell'ufficio episcopale, ti senti nuovamente attratto dall'intima solitudine del deserto. Ed ora il tuo esempio è ancora più nobile e più grande. La prima volta che sei andato nel deserto, la gente ti ha visto seguire tuo fratello; ora, quando cerchi di nuovo il deserto, lasci alle spalle anche un padre. E ricorda che tipo di uomo e quanto grande fosse. Sempre attento a te con riverenza ed amore, ti era legato da un affetto speciale. A un tale amore non potresti preferire nulla, tranne forse il tuo amore per il deserto. E quando confronterai onestamente il tuo amore per il deserto con il tuo amore per lui, scoprirai che non lo ami di meno, ma che ami il deserto di più. Dimostri quanto è forte in te l'amore dei luoghi solitari, poiché il più forte amore umano ha dovuto cedere ad esso. Come dovrei chiamare quell'amore per il deserto se non l'amore di Dio in te? Così hai mantenuto l'ordine dell'amore prescritto dalla legge, amando prima il tuo Dio e poi il tuo prossimo (Cfr. Mt 22,37-40; Dt 5,7: 6,5; Lv 19,18).

2. Io penso che (Onorato) non abbia voluto mettere nessun ostacolo né alla tua partenza [4], né al tuo disegno, solo per riguardo al tuo progresso (spirituale), come sinceramente presumo. Invece, in un modo poco comune tra persone strettamente unite, egli ha voluto lasciarti andar via, come penso, non meno di quanto tu abbia desiderato partire. Infatti, lui ti ama con grande affetto vicendevole, ma proprio per amore verso di te si preoccupa del tuo vantaggio (spirituale); per quanto la sua affezione nei tuoi confronti sia grande ed abbondante, nondimeno il suo fine mira al (tuo) interesse.

3. E tu che, da tanto tempo, ricco in Cristo (Cfr. 1 Cor 1,5), hai dato tutti i tuoi averi ai poveri di Cristo (Cfr. Pr 11,24); tu che, giovane in anni, hai mostrato la saggezza della maturità; tu che sei brillante nel ragionare e nel parlare; tuttavia tu non hai nulla che io stimo ed amo in te più di questo desiderio che hai di ritirarti nella solitudine. E così, poiché mi hai spesso chiesto di scrivere più a lungo in risposta alle tue lettere lunghe ed eloquenti, ora dovrai sopportare un po' la mia stoltezza, tu che sei saggio, mentre passo in rassegna le molte grazie mostrate dal Signore proprio verso questo tuo amato deserto.

Direi che il deserto merita di essere considerato un tempio del nostro Dio senza confini; dal momento che è chiaro che Dio dimora nel silenzio, dobbiamo credere che ama la solitudine. Molto spesso si è lasciato vedere lì dai suoi santi e non ha disdegnato di incontrarsi con gli uomini in luoghi favorevoli (come il deserto). Nel deserto Mosè contemplò Dio col viso splendente di gloria (Cfr. Es 3): nel deserto Elia si coprì il volto per paura di vedere Dio (Cfr. 1 Re 19,13). Sebbene Dio sia presente ovunque poiché tutto è suo e non sia assente da nessun luogo, tuttavia possiamo credere che preferisca visitare in modo particolare le solitudini del cielo e del deserto.

4. Si racconta che qualcuno una volta chiese ad un tale dove poteva essere sicuro di trovare Dio e costui rispose di seguirlo subito dove lo avrebbe condotto. Quello lo seguì ed insieme giunsero nell'esteso recesso di un grande deserto. (La guida) gli mostrò l'immensità di quella estesa solitudine e disse: "Ecco dov'è Dio". E non è senza ragione che si ritiene che Dio sia lì, dove lo si trova più facilmente.

5. Infatti, all'inizio della creazione, quando Dio creò tutte le cose secondo la sua saggezza (Cfr. Sal 104(103),24) e differenziando le singole cose in modo tale che ognuna fosse adatta al suo futuro utilizzo, non lasciò questa parte del mondo senza utilità e senza dignità; ma, creando tutte le cose con maggiore prescienza per il futuro che non splendore per il presente. Egli preparò, io presumo, il deserto per i santi [5] che sarebbero arrivati. Io credo che volesse che alcune parti del mondo fossero ricche nei frutti dell'agricoltura ed altre parti, con un clima più secco, abbondassero di uomini santi. In questo modo il deserto avrebbe dato i suoi frutti. Io credo che abbia voluto arricchire il deserto con questi frutti e, ponendo rimedio ad una natura avara, abbia voluto renderla feconda di santi, affinché i territori desertici diventassero così fecondi; affinché le valli potessero avere abbondanti messi (Cfr. Sal 65 (64),14), mentre Egli irrigava le montagne con le acque del cielo (Cfr. Sal 104 (103),13); affinché lo svantaggio del luogo fosse colmato, arricchendo la sterile dimora con la ricchezza degli abitanti.

6. Colui che possedeva il Paradiso e trasgredì la legge (di Dio), benché vivesse in una terra di delizie non poté osservare la legge che gli era stata data da Dio (Cfr. Gen 2,10). Quanto più quel luogo fosse piacevole e delizioso, tanto più fu facile per lui cadere. Perciò (Dio) non solo lo sottomise alle sue leggi, ma estese quel pungiglione della morte anche a noi (Cfr. 1 Cor 15,55-56). Ecco perché chi desidera vivere abita nel deserto; poiché l'abitante di un luogo piacevole si è procurato la morte. Ma ora veniamo a ulteriori esempi che dimostrano come il deserto sia sempre stato gradito a Dio.

7. Mosè stava curando il suo gregge nelle profondità del deserto quando in lontananza vide Dio risplendere in un fuoco scintillante che bruciava senza consumare (Cfr. Es 3,1-3); non solo vide Dio, ma lo sentì anche parlare. Il Signore ordinò a Mosè di togliersi i sandali dai piedi e poi chiamò santo il deserto, dicendo: "Il luogo sul quale tu stai è suolo santo!" (Es 3,5): in quel momento (Dio) manifestò con una palese dichiarazione il valore della nascosta dignità del deserto. Quindi Dio confermò la santità del luogo con la santità della sua testimonianza, nella quale, a mio avviso, egli comanda in termini misteriosi a colui che si dirige verso la solitudine, di liberare prima il percorso della sua vita dagli obblighi delle preoccupazioni precedenti e di procedere (nel deserto) solo quando si sarà svincolato dai legami di prima, in modo da non profanare il luogo (sacro).

Fu lì nel deserto che Mosè conversò per la prima volta familiarmente con Dio; ricevette le parole (di Dio) e gli replicò; fece delle domande e nello stesso momento fu istruito su cosa fare e cosa dire, conversando con il Signore dei cieli in un normale e reciproco rapporto colloquiale. Fu lì che (Mosè) ricevette un bastone potente con effetti prodigiosi (Cfr. Es 4,17) e mentre era andato nel deserto come pastore di pecore, ritornò dal deserto come pastore di popoli.

8. In seguito il popolo di Dio, che doveva essere liberato dall'Egitto e sottratto dalle fatiche terrene, non cercò forse luoghi inesplorati e non si rifugiò nelle solitudini? E' là che doveva avvicinarsi a quel Dio che lo aveva liberato dalla schiavitù. Con Mosè come guida, (il popolo di Dio) marciava nel deserto grande e spaventoso (Dt 1,19). "Quanto è grande la tua bontà, o Signore!" (Sal 31(30),20) Mosè aveva visto Dio quando era entrato per la prima volta nel deserto, ed ora vi tornò per vederlo di nuovo. Il Signore guidava visibilmente il suo popolo nella sua marcia attraverso il deserto, mostrando loro la via durante la notte con una colonna di fiamma ardente o con una nuvola splendente durante il giorno. Egli dava così un segno dal cielo a coloro che lo meritavano, come una colonna bianca che alternava il suo chiarore (di giorno e di notte). Guardando la luce, Israele seguiva i suoi raggi che brillavano da lontano di uno splendido fuoco: il Signore, precedendoli con la luce (Cfr. Es 13,21-22), mostrava il cammino a coloro che camminavano degnamente verso gli spazi solitari del deserto.

9. Le porte dell'inesplorato mare che si trovavano sulla strada di questo popolo nel loro cammino verso il deserto, forse che non si spalancarono più volte per loro? Percorrendo un cammino tra due muri d'acqua la moltitudine raggiunse la riva del Mar Rosso con i piedi impolverati; il guardiano del popolo li fece passare attraverso un passaggio di acqua stagnante, contemplando da un profondo abisso le montagne minacciose di acque sospese che incombevano sopra di loro.

10. Né il potere dell'aiuto divino consistette solo in ciò: Dio permise all'acqua di riprendere il suo corso naturale ed il mare in tempesta coprì di nuovo il terreno nudo, spazzando via tutte le impronte, sia di Israele che dei loro nemici; io credo che Dio abbia rimesso il mare nel suo canale in modo che Israele non potesse tornare indietro dal deserto. Aveva aperto un sentiero tra le acque, ma poi lo ricoprì di onde scroscianti, per permettere loro di entrare nel deserto mentre chiudeva loro (ogni speranza) di ritorno.

11. Questo popolo è stato favorito con grandi grazie sin dall'inizio del suo viaggio nella solitudine ed una volta entrato meritò ancora più grazie. Lì nel deserto il Signore lo ristorò con un inaspettato miracolo (Cfr. Es 17), offrendo al popolo assetato acqua viva sgorgante da una roccia frantumata (da Mosé): fece sgorgare un ruscello dalla pietra impermeabile come da una sorgente naturale, toccando con la sua mano invisibile una vena nascosta della terra. E non solo: dopo aver alimentato il cuore della secca roccia con acqua zampillante, trasformò un flusso di acqua amara, aggiungendo una deliziosa dolcezza al liquido imbevibile (Cfr. Es 15,25). Le prime acque le trasse da una roccia; le seconde le ha purificate: fare uscire l'acqua da una roccia non è un miracolo più grande del trasformare l'acqua amara in dolce. Tutto il popolo rimase stupito e riconobbe la potenza dell'aiuto celeste non meno nella trasformazione dell'acqua (amara) che già c'era, che nell'acqua creata dalla roccia.

12. (Nel deserto) quello stesso popolo raccolse dal bianco suolo un cibo mandato dal cielo, quando il Signore fece cadere dalle nuvole il pane come fosse pioggia asciutta (Cfr. Es 16,14). Cadendo dal cielo nevoso, la manna cadde sulle tende ed ovunque nel campo, dove l'uomo mangiò il pane degli angeli (Sal 78(77), 25: Vulg.). E poiché "a ciascun giorno basta la sua pena" (Mt 6,34), Dio nella sua generosità inviò cibo ogni giorno, esprimendo già allora una legge, affinché non si preoccupassero del domani. A quei tempi il cielo stesso si prendeva cura degli uomini che vivevano nel deserto, poiché essi non potevano rifornirsi di cibo dalla terra.

13. Forse che, oltre a ciò, gli Ebrei nel deserto non ricevettero la legge ed i comandamenti dal cielo (Cfr. Es 19,20), quando si avvicinarono il più possibile e meritarono di vedere le lettere scritte su tavole di pietra dal dito di Dio? (Cfr. Dt 9,10) Uscirono dal campo per incontrare il Signore, si fermarono di fronte alle falde della montagna. Guardarono terrorizzati la cima del Sinai sulla quale sedeva la terribile e potente maestà (di Dio). Stupefatti, osservarono la montagna che iniziava a coprirsi di fumo vorticoso e di fuoco ed a poco a poco una grande nuvola coprì e nascose l'intera montagna nell'oscurità più fitta. La gente era estremamente terrorizzata dai fulmini, dai lampi di luminoso fuoco e dai frequenti colpi di tuono mescolati a squilli di trombe (Cfr. Es 19,16 e seg.); così i figli di Israele furono ritenuti degni di vedere il trono di Dio e di udire la sua voce quando vivevano nel deserto.

14. Quando dimorò nel deserto quella nazione fu sostenuta e favorita da questi e da altri simili miracoli; vivevano di uno strano cibo, di un'acqua inaspettata e di vestiti che non si consumavano mai, poiché le stesse vesti che vestivano i loro corpi si conservavano miracolosamente (Cfr. Dt 8,2-4). Tutto ciò che la natura dei luoghi non poteva fornire, era fornito dalla visibile munificenza di Dio. A mala pena ricevette tali doni di grazia celeste uno dei santi che dice giustamente di questo popolo: "il Signore così non ha fatto con nessun’altra nazione" (Sal 147,20). (Il Signore) ha accordato loro favori speciali e concesso loro cose inaudite quando ha nutrito il suo popolo con i suoi doni divini nel deserto.

15. Tutti questi eventi sono ricordati come una figura di ciò che sarebbe accaduto a noi, poiché l'apparenza esteriore delle cose splende di misteri nascosti; come ci è stato riferito (dall'Apostolo) tutti furono battezzati in rapporto a Mosé nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale (1 Cor 10,2-4); tuttavia, tutti questi eventi contengono la fede nelle realtà future, pur rimanendo l'espressione fedele delle realtà (accadute). Tuttavia, non è che il deserto meriti di essere lodato di meno, anche se gli avvenimenti lì accaduti devono essere intesi come riferiti a misteri profondi. La grazia non è minimizzata neppure quando interpretiamo quella condizione del corpo e l'incorruttibilità dell'abbigliamento come l'immagine della vita futura. Grande è, infatti, la grazia di questo luogo se riesce a procurare con la (sua) solitudine una felicità simile a quella che i beati godranno nei futuri tempi di beatitudine.

16. I figli d'Israele avrebbero potuto giungere nella terra promessa senza aver prima vissuto nel deserto? Affinché quel popolo prendesse in seguito possesso della "terra dove scorrono latte e miele" (Dt 6,3), doveva prima occupare questo deserto arido e sterile. La strada verso la nostra vera patria passa sempre dai luoghi di dimora nel deserto. Chi desidera "contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi" (Sal 27(26),13) deve prendere la residenza in un deserto inabitabile; Chi si sforza di diventare cittadino del Cielo deve prima essere ospite del deserto.

17. Ma, andando oltre, lo stesso Davide non sfuggì alle trame di un re ostile senza rifugiarsi nel deserto (Cfr. 1 Sam 23,14-25): abitando nei deserti dell'Idumea (Cfr. 1 Re 11,15), aveva sete del Signore con tutta la sua anima; occorreva che avesse sete nel deserto, in quella terra impervia e senza acqua, perché infine contemplasse Dio nel santuario. E subito dopo, come uno dei santi, vide la potenza e la gloria di Dio (Cfr. Sal 63(62),1-3).

18. Elia, il più grande degli abitanti dei luoghi solitari, chiuse il cielo in modo che non piovesse (Cfr. 1 Re 8,35: 18,45), lo aprì al fuoco, mangiò cibo portato da un corvo (Cfr. 1 Re 17,6), revocò l'immutabile legge della morte, divise il Giordano, lo attraversò interrompendo il flusso del fiume, fu portato via su un carro infuocato e salì in cielo (Cfr. 1 Re 17,17-23; 2 Re 2,8-11).

19. Cosa dire inoltre di Eliseo, suo discepolo, così ardente nell'imitare la sua virtù e la sua vita? Non si distinse abbastanza nel compiere i miracoli divini? Venne celebrato sia per aver diviso il fiume (Cfr. 2 Re 2,14), sia per l'ascia fatta galleggiare, sia per il ragazzo risuscitato, sia per l'olio che incrementò (Cfr. 2 Re 6,5-6); poi infine, dopo tanti altri miracoli, dimostrò di possedere davvero un potere doppio di quello del maestro: infatti, sebbene Elia, mentre era vivo, avesse risuscitato un morto, Eliseo ne resuscitò uno anche dopo che lui stesso era morto (Cfr. 2 Re 13,20-21).

20. I figli dei profeti scelsero di abbandonare le città e di dimorare dove il fiume Giordano si divide in due (Cfr. 2 Re 2), costruendo dei solitari ricoveri vicino a quel fiume remoto. La santa schiera vegliava sulle rive del fiume desolato, come se dimorassero in adeguate tende ed abitazioni; così, nella loro nobile natura, conservavano lo spirito dei loro padri (Cfr. 2 Re 6,1-2).

21. Non viveva anche nel deserto colui che era più grande di qualsiasi uomo nato da donna (Mt 11,11), colui che era una voce che gridava nel deserto (Mt 3,3)? Nel deserto istituì il battesimo, nel deserto predicò il pentimento, nel deserto si sentì parlare per la prima volta del Regno dei Cieli (Cfr. Mt 4,17). Nel deserto comunicò per primo quei misteri ai suoi ascoltatori, perché andando nel deserto essi potevano meritarli prima. Fu giusto che questo indomito abitante del deserto, questo angelo inviato prima della manifestazione del Signore, aprisse la strada al regno celeste; egli fu sia un precursore di Cristo, sia un testimone degno di ascoltare il Padre che parlava dal cielo, di toccare il Figlio mentre lo battezzava e di vedere lo Spirito Santo che discendeva (su di Lui) (Cfr. Mt 3, 13-16).

22. Lo stesso nostro Signore e Salvatore, come dice la Scrittura, fu condotto dallo Spirito nel deserto (Mt 4,1) immediatamente dopo il suo battesimo. Chi è, dunque, questo Spirito? Senza dubbio è lo Spirito Santo. Fu lo Spirito Santo a trascinarlo nel deserto, fu lo Spirito Santo ad ordinarglielo, ad ispirarlo silenziosamente; l'idea di andare nel deserto fu giusta perché lo Spirito Santo l'aveva suggerita. Una volta immerso nel mistico fiume, sapeva che non doveva far altro se non affrettarsi ad andare in un luogo solitario. Allora aveva santificato quelle acque santificanti e, puro com'era, non aveva dovuto purificare in lui l'uomo del peccato (Cfr. 2 Ts 2,3); infatti, non conosceva il peccato e non lo temeva. Ardeva dal desiderio di recarsi nel deserto e desiderava infiammarci tutti con lo stesso ardore attraverso il suo esempio salutare, anche se lui stesso non ne aveva bisogno (per santificarsi). Se Dio stesso, che è senza peccato, desiderò (la solitudine), quanto più questa è necessaria agli uomini soggiogati dal male? Se la solitudine fu cercata da un innocente, quanto più ardentemente deve essere desiderata da un peccatore.

23. Ancora lì nel deserto, lontano dalla folla di persone chiassose, i silenziosi ministri della potenza divina offrono il loro servizio al Signore; dimorante nel deserto gli si avvicinano gli angeli per servirlo, come se fosse tornato in cielo (Cfr. Mt 4,11). Lì confuse l'antico nemico che lo tentava con le abituali insidie della sua arte ed il nuovo Adamo scacciò il seduttore del vecchio Adamo. Quale grande trionfo per il deserto se il Diavolo, che era stato vittorioso nel Paradiso (terrestre), fu sconfitto in una terra desolata.

24. Il deserto era anche il luogo in cui il nostro Salvatore nutrì, saziò e soddisfece cinquemila persone con cinque pani e due pesci (Cfr. Mt 14,15-21). Gesù nutre sempre i suoi (figli) con il pane nel deserto. Proprio come una volta servì la manna al suo popolo come fiducia nell'aiuto divino, ora li ha serviti con pezzi di pane: nello stesso modo miracoloso in cui il cibo cadde dal cielo per il popolo affamato, Egli ora moltiplicava i pani per coloro che mangiavano. Grazie al suo dono (miracoloso) tutti gli invitati alla mensa ebbero alimenti più abbondanti di quanto fosse stato disponibile all'inizio del pasto. La causa di tali grandi meraviglie non fu altro che il deserto, lo ripeto, il deserto; (se la folla si fosse radunata) in un luogo provvisto di tutto, la virtù (divina) non avrebbe potuto manifestare la sua potenza.

25. Successivamente, il Signore Gesù si ritirò in un luogo molto appartato sulla cima di un'alta montagna ed il suo volto risplendette di una straordinaria luminosità solo ai tre discepoli scelti per accompagnarlo. E lui, che si mostrava pubblicamente in sembianze umane, volle svelare in un luogo solitario lo splendore della sua gloria. E fu lì che il più grande degli apostoli, (Pietro), disse: "È bello per noi essere qui" (Mt 17,4). È evidente che fu affascinato dalla grandezza del miracolo avvenuto in quel deserto appartato.

26. Le Scritture dicono che lo stesso Signore Gesù si ritirava in luoghi deserti a pregare (Lc 5,16). Il deserto deve perciò essere chiamato un luogo di preghiera, poiché Dio stesso, col suo esempio, ci ha mostrato che è un luogo appropriato per pregare Dio e ci ha insegnato che la preghiera di un umile arriverà più facilmente al cielo se sorge dal deserto, perché quel luogo solitario le conferisce maggior merito: lo stesso (Signore Gesù), andando in quel posto per pregare, ci mostrò dove preferisce che anche noi andiamo a pregare.

27. Cosa dovrei dire ora di Giovanni e Macario [6] e di tanti altri il cui stile di vita era simile a quello del cielo mentre vivevano nel deserto? Si avvicinarono al Signore quanto la legge divina consente all'uomo di avvicinarsi a Dio e furono ammessi nelle realtà della divina provvidenza nel massimo grado consentito a coloro che sono rivestiti di carne (mortale). Introdussero nei misteri celesti il loro spirito assorto sulle realtà soprannaturali, rivelarono di essere accompagnati dalla grazia mediante rivelazioni silenziose o con segni eloquenti; favoriti dalla solitudine alla fine pervennero ad essere già in paradiso nello spirito, sebbene i loro corpi fossero ancora sulla terra.

28. La dimora nel deserto merita davvero di essere chiamata la sede della fede, l'arca della virtù, il tabernacolo della carità, il tesoro della pietà, il deposito della giustizia. Proprio come in una grande casa gli oggetti preziosi sono custoditi in luoghi nascosti chiusi a chiave, così anche quello splendore dei santi nascosti nel deserto è protetto dai suoi naturali ostacoli ed è depositato in una stanza chiusa, per timore che deperisca a causa dei frequenti rapporti col mondo. Il deserto è il luogo ideale per il Signore del mondo per conservare il suo prezioso patrimonio (di santità), non solo per conservarlo in quella parte della casa terrena, ma anche per portarlo fuori dal suo nascondiglio quando è necessario [7].

29. La divina Provvidenza circondava un tempo il deserto delle cure più grandi; e non ha cessato di farlo. Quando un’inaspettata generosità apre la mano di Dio per nutrire gli abitanti del deserto, non è forse dal cielo che si rovescia la sua abbondanza? Costoro ricevono la loro manna dalla generosità celeste, ed il Signore, nelle sue segrete opere, non è meno generoso nei loro riguardi. Quando si perfora la roccia e le acque, rispondendo al dono divino, scaturiscono infine dalla pietra, non si direbbe che esse scaturiscono dopo che la roccia è stata percossa dalla verga di Mosè (Cfr. Es 17,6)? E gli abiti per coprirsi ancora oggi non mancano agli abitanti del vasto deserto; finché la Provvidenza divina non cessa di fornirne i mezzi, questi mezzi rimangono. Il Signore nutriva i suoi nel deserto e li nutre ancora; lo fece un tempo durante quaranta anni e lo fa oggi fino alla fine dei tempi.

30. Di conseguenza, quando il santo si infiammerà del fuoco divino, lasci la sua casa per quest'altra residenza; a ragione la preferirà ai suoi parenti, ai suoi figli, ai suoi genitori e la comprerà vendendo tutto ciò che possiede (Mt 10,37). A buon diritto diventerà la patria temporale di coloro che lasciano dietro di sé il loro paese natale, dove non li faranno ritornare né il timore né la gioia, né la tristezza né il rammarico. Meritatamente sarà essa sola il prezzo di tutti gli affetti (lasciati).

31. Chi potrebbe enumerare tutti i benefici del deserto ed i vantaggi per la virtù che esso elargisce ai suoi ospiti? Pur essendo nel mondo, si ritirano dal mondo, “vaganti„ come dice l'Apostolo, “per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra„ (Eb 11,38). E l’Apostolo aggiunge con ragione che il mondo non è degno di questi uomini estranei all'inquietudine delle società umane, solitari, appartati e silenziosi [8]; la volontà di peccare si è allontanata da loro, non meno dell’occasione.

32. Nei tempi antichi gli uomini famosi di questo mondo e stanchi dalle fatiche delle proprie occupazioni, si ritiravano nella filosofia come nella propria casa [9]. Come è più bello distogliersi dagli affaccendamenti del mondo per lo studio della luminosa Sapienza! e quanto è più nobile appartarsi nella libertà dei luoghi solitari e dei segreti deserti per abbandonarsi alla filosofia [10] e per esercitarsi ad essa in questi luoghi immensi, come se fosse una scuola!

Mi chiedo: dove si osserva meglio la Pasqua più che nella dimora del deserto? Ma occorrono le virtù e la continenza: ed io intendo la continenza che è, come altre cose, la solitudine del cuore. Mosè e, dopo di lui Elia, vi hanno digiunato per quaranta giorni (Cfr. Es 24,18; 1 Re 19,8), rimanendo lì senza mangiare superando la possibilità delle forze umane. Il Signore digiunò anche lui nel deserto, dove trascorse il tempo dell'astinenza (Cfr. Mt 4,2). Da nessuna parte troviamo digiuni così lunghi (come nel deserto): dobbiamo pensare che il Signore abbia dato un vigore particolare a questi luoghi.

33. Dove, di grazia, ci si può "sentire più tranquilli" (Sal 46 (45),11: Vulg.)? Dove meglio “si vedrà com’è buono il Signore„ (Sal 34 (33),9)? Dove c'è un cammino più rapido verso la perfezione per chi tende ad essa? Dove c'è a disposizione un campo d’azione più vasto per le virtù? Dove si può più facilmente custodire lo spirito per renderlo capace di contemplare? Dove potrebbe il cuore essere più libero dalle preoccupazione per dedicarsi a Dio? Da nessuna parte se non in quei luoghi solitari in cui è facile trovare Dio e non perderlo mai più.

34. Nel deserto il suolo è fatto soltanto di una polvere molto fine, tuttavia le fondazioni della casa evangelica vi si sono stabilite più fermamente che altrove. Se qualcuno vuole stabilirsi in quelle sabbie, non significa che fonderà su di esse la propria casa; da nessuna parte più che nel deserto, si costruisce il proprio edificio (spirituale) sulla pietra di cui abbiamo detto prima: le sue fondazioni sono molto stabili e non vacillerà; "cadrà la pioggia, strariperanno i fiumi, soffieranno i venti, ma essa non cadrà" (Mt 7,25). E così gli abitanti del deserto si costruiscono tali dimore, ma nel loro cuore: costoro aspirano alla perfezione tramite le cose più infime, cercano di elevarsi con l'umiltà, disdegnando e dimenticando le piccolezze delle cose terrene con la speranza ed il desiderio di quelle celesti. Respingono le ricchezze e preferiscono la povertà, ma se hanno fretta di essere poveri è perché desiderano essere ricchi (di spirito); notte e giorno, nei loro lavori e nelle loro veglie, si sforzano di cogliere il principio di quella vita di cui non si potrà trovare il termine. Gli uomini che il deserto racchiude nel suo seno materno sono molto saggiamente avidi d'eternità, felicemente prodighi di questa breve (vita), indifferenti al tempo presente, certi dell’avvenire; in questo modo ottengono che coloro "per i quali è arrivata la fine dei tempi" (1 Cor 10,11) [11] conquistino i tempi senza fine.

35. Là (nel deserto) sono in vigore le salutari leggi che reggono la coscienza dell'uomo ed i precisi obblighi della vita eterna. Nel deserto, i giudizi umani contro i crimini gravi e le malvagità non hanno nessuna importanza, né si parla di leggi vendicatrici per i reati capitali. Un cuore puro non è giudicato se non dalla legge (di Dio) che ha dentro di sé (Cfr. Rm 2,14-16); nel deserto anche il moto interiore dello spirito è diligentemente tenuto nei limiti della giustizia e l'inizio stesso dei pensieri oziosi cade sotto l'autorità di quel giudice. Presso altra gente il male consiste nell'aver fatto del male, ma tra costoro il male consiste persino nel non aver fatto del bene.

36. Ma come posso rendere omaggio con appropriate parole di lode i principi di questa spiritualità del deserto? Ora però non posso tacere sul fatto che quella forza della virtù degli abitanti del deserto è tanto più conosciuta (al mondo) quanto più viene tenuta nascosta. Perché quando (questi monaci) rinunciano al mondo ed alla compagnia umana e si ritirano in luoghi remoti, essi desiderano stare completamente nascosti, ma il merito non può rimanere nascosto. Quanto più la loro vita diventa interiore, tanto più la loro gloria si riversa all'esterno; io penso che Dio dispone le cose in modo tale che gli abitanti del deserto possano nascondersi al mondo ma facendo in modo che il loro esempio non rimanga nascosto. Questa è la lucerna che, posta sul candelabro del deserto, brilla in tutto il mondo: dal deserto una luce brillante penetra nelle parti più buie del mondo. Questa è la città che non può restare nascosta perché sta sopra un monte (Mt 5,14) del deserto e che ci ha offerto un simbolo terreno della Gerusalemme celeste (Cfr. Eb 12,22). Se qualcuno si trova nelle tenebre, si avvicini a questa luce e vedrà di nuovo: se si trova nel pericolo, venga in questa città e si sentirà al sicuro.

37. Quanto sono piacevoli le solitudini, anche se sono appartate in quelle regioni montuose, per coloro che hanno sete di Dio! (Sal 42(41),3). Quanto sono attraenti per coloro che cercano Cristo quelle terre solitarie che si estendono in ogni direzione sotto la protezione della natura! Tutto tace. L'animo in gioia è stimolato dal silenzio nella sua ricerca di Dio, trovando nutrimento in ineffabili estasi. Nessun suono si sente nel deserto, non c'è nessuna voce, tranne eventualmente (quella rivolta) a Dio. Soltanto il dolce suono della sua voce turba il silenzio di questo luogo solitario: un rumore più dolce del riposo ed il santo suono di una tranquilla conversazione interrompono questo stato di profonda serenità. Allora ferventi cori risuonano nel cielo stesso con inni gradevolmente risonanti e si raggiunge il cielo tanto con le voci quanto con le preghiere.

38. Allora il nostro avversario che ci accerchia ringhia invano (Cfr. 1 Pt 5,8), come un lupo davanti all'ovile dove le pecore sono ben protette [12]. Invece, il coro di gioiosi angeli visita quei meravigliosi luoghi nel deserto e, salendo e scendendo la scala di Giacobbe (Cfr. Gen 28,12), adornano il deserto con le loro frequenti ma misteriose visite; inoltre, per evitare che le sentinelle che vigilano sulla città veglino invano (Sal 127(126),1), (i solitari) sono personalmente protetti da Cristo come loro difensore, che fa della solitudine come una barriera per allontanare i suoi nemici, perché il popolo adottivo di Dio quanto più è esposto nell'immensità della solitudine, tanto più sia al sicuro dai suoi nemici. Lo Sposo riposa lì a mezzogiorno (Cfr. Ct 1,7) e quegli abitanti del deserto, feriti dall'amore, lo contemplano dicendo: "Abbiamo trovato colui che la nostra anima ama, lo terremo e non lo lasceremo mai andare via" (Ct 3,4: Vulg.).

39. Il terreno del deserto non è sterile ed infruttuoso, come si ritiene comunemente; il suo terreno asciutto e pietroso non è improduttivo. In quel luogo i germogli si moltiplicano e chi vi abita riceve in frutti cento volte tanto (Mt 19,29). Nel deserto è improbabile che i semi cadano sul ciglio della strada per essere mangiati dagli uccelli: e neppure su di un terreno roccioso dove appassiscono al caldo (del sole) per mancanza di radici profonde: né si disperdono facilmente nei roveti, dove i rovi crescono e li soffocano (Cfr. Mt 13,4-7). In quel luogo l'agricoltore miete un raccolto abbondante: da queste pietre si produce un raccolto così grande che "fa crescere sulle ossa la carne" (Ez 37,1-14). Vi si trova anche "il pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6,51). Da quelle pietre sgorgano fontane rinfrescanti e corsi d'acqua viva capaci non solo di soddisfare la sete, ma anche di salvare (le anime). Qui c'è il deserto non coltivato che è la prateria [13] e la gioia dell'uomo interiore e che è piacevole per la sua meravigliosa bellezza; nello stesso tempo la solitudine del corpo diventa il paradiso dell'anima.

40. Nessuna terra, per quanto fertile, può essere paragonata a quella del deserto. C'è qualche terra più ricca di grano? In questa (terra) soprattutto nasce quel frumento che sazia gli affamati con il suo fior di frumento (Sal 147,3). Da qualche parte ci sono vigneti così fecondi? In questa terra soprattutto "cresce quel vino che allieta il cuore dell'uomo'' (Sal 104(103),15). Qualche altro paese primeggia per i suoi pascoli? (Il deserto) è il luogo in cui pascolano in modo salutare quelle pecore di cui si dice: "Pasci le mie pecore" (Gv 21,17). Altri terreni sono colorati con fiori che germogliano? E' qui specialmente che risplende quel vero "fiore del campo ed il giglio delle valli" (Ct 2,1: Volg.). Infine, c'è un'altra terra rinomata per le sue bellissime gemme, oppure persino scintillante del suo oro? In questa terra brillano variegate pietre con luce scintillante. Così questa terra è superiore in ogni cosa ad ogni altra terra e le supera tutte di gran lunga con tutte le sue virtù.

41. Terra venerabile, allora giustamente ti sei dimostrata già da tempo abitabile o desiderabile ai Santi che dimorano presso di te o non troppo distanti da te: perché sei fertile a vantaggio di tutte le specie di beni di Colui in cui tutte le cose sussistono (Col 1,17). Il tipo di contadino che cerchi è quello che coltiverà il proprio terreno, non il tuo. Tu, sterile dei vizi di coloro che dimorano in te, sei feconda delle loro virtù. Ogni santo che abbia cercato l'intimità con te, ha trovato Dio: chiunque ti abbia onorato, ha trovato Cristo in te. Chi abita in te si rallegra (scoprendo) che anche il Signore abita in te. Costui è nello stesso tempo tuo possessore e possesso del Signore. Chi non disdegna la tua dimora, diventa lui stesso tempio di Dio.

42. Senza dubbio devo onorare tutti i luogo deserti che sono stati resi illustri dai santi che lì si sono ritirati, ma onoro soprattutto la mia Lerino che prende tra le sue braccia generose coloro che vengono da lei dopo essere naufragati nel mondo in tempesta: coloro che sono stati bruciati dal fuoco del mondo li introduce teneramente sotto le sue ombre, dove il loro spirito può rinascere sotto l'ombra spirituale del Signore. Le fontane gorgoglianti, l'erba verde, i bellissimi fiori e tutte le delizie di vista e profumo sono offerte a coloro che la possiedono come immagine del paradiso (che possiederanno).

Lerino è degna di essere stata fondata da Onorato [14], autore della regola celeste, e di aver trovato un Padre così grande per i suoi tanti insegnamenti e che brilla per lo splendore dello spirito apostolico e la gloria del suo viso. Degna di averlo accolto e di averlo fatto uscire (perché diventasse vescovo); degna di far crescere eccezionali monaci e di offrire sacerdoti che tutti desiderano avere. (Lerino) ora ha come successore (di Onorato) il nobile Massimo [15], che ha meritato di essere accolto dopo il fondatore. Un famoso (monaco di Lerino) era Lupo [16], che ci ricorda quel lupo della tribù di Beniamino [17]. (Lerino) ora ha suo fratello Vincenzo [18], una gemma che brilla per lo splendore della sua vita spirituale. È lei che ospita anche il venerabile ed austero Caprasio [19], uguale ai santi di un tempo [20]. Inoltre, ci sono quei santi anziani che hanno introdotto nella nostra Gallia i Padri Egiziani, con le loro celle separate.

43. O buon Gesù, che assemblee e che comunità di santi ho visto lì! In mezzo a loro (era come se ci fossero) alabastri che emanavano profumo di unguenti preziosi (Cfr. Mt 26,7): il profumo della vita si diffondeva dappertutto. Si preoccupavano dell'aspetto dell'anima interiore, più che di quella dei vestiti che indossavano: vincolati dalla carità, sottomessi dall'umiltà, tenerissimi nella pietà, stabilissimi nella speranza, modesti nel portamento, pronti nell'obbedienza, silenziosi tra loro e sereni nel volto; con la loro costante contemplazione si presentano (ai nostri occhi) come un esercito di angeli silenziosi. Non aspirano a niente, non desiderano niente, tranne Colui che è il solo a cui aspirano con grande desiderio. Poiché cercano una vita beata, fanno cose beate; così l'hanno già raggiunta, mentre ancora la ambiscono. Vogliono, dunque, stare separati dai peccatori? Già lo sono. Vogliono avere una vita casta? già ce l'hanno. Ambiscono a passare tutto il loro tempo nelle lodi di Dio? È ciò che fanno. Vogliono rallegrarsi con l'assemblea dei santi? già si rallegrano. Vogliono godere di Cristo? Vivono di Cristo. Sono impazienti di vivere la vita nel deserto? Nel loro cuore lo fanno.

È così che molte delle cose che desiderano per il futuro sono date loro nel presente attraverso l'amore sconfinato di Cristo. Inoltre essi hanno già in sé le cose in cui sperano [21] (Cfr. Eb 11,1). Nel lavoro stesso ricevono una ricompensa non piccola per il loro impegno, perché ciò che sarà il compenso (futuro) del lavoro è già presente nel lavoro stesso.

44. Il fatto che tu, mio carissimo Ilario, abbia deciso di tornare a far parte di questa comunità, è stato di grande vantaggio sia per te che per la comunità, poiché ora (questi fratelli) sono pieni di gioia per il tuo ritorno. Con loro, ti prego, ricordati di intercedere per i miei peccati; dico con coloro di cui non saprei dire se hanno provato più gioia nel rivederti di quanta ne abbia trovata tu.

Ora tu sei il vero Israele che guarda Dio nel suo cuore, che sei appena stato liberato dall'oscuro Egitto di questo mondo, che hai attraversato le acque salvifiche in cui è annegato il nemico, che segui la luce ardente della fede nel deserto, che sperimenti cose precedentemente amare, ma ora rese dolci dal legno della croce: attingi dalle acque di Cristo che sgorgano per la vita eterna (Cfr. Gv 4,14), nutri l'uomo interiore col pane che viene dal cielo; nel Vangelo tu ricevi la voce divina sul tuo trono (Cfr. Mt 19,28) [22]. Poiché hai dimorato con Israele nel deserto, entrerai nella terra promessa con Gesù.

Ti saluto in Cristo Gesù, nostro Signore.

 


[1] Eucherio di Lione si rivolge a Ilario d’Arles, al quale dedica il De laude eremi. Ilario aveva raggiunto Onorato nel cenobio di Lérins ed ora lo aveva momentaneamente lasciato per accompagnare Onorato ad Arles, di cui era stato eletto vescovo nel 427 o 428.

[2] Ovvero la solitudine nella comunità lerinese.

[3] Si tratta di Onorato, accompagnato da Ilario nel trasferimento da Lérins fino ad Arles.

[4] Per tornare a Lérins.

[5] La parola “santi” designa all’origine i cristiani in generale o, nell’Antico Testamento, il popolo eletto. Con l’espansione della Chiesa sono così chiamati in particolare i monaci. Agostino designa con societas sanctorum o sanctitas la condizione dei monaci e dei preti. Per Eucherio, dunque, santo è sinonimo di monaco.

[6] Probabilmente si riferisce a Giovanni di Licopoli ( verso il 394) oppure a Giovanni Cassiano ( verso il 435), che Eucherio conosceva bene. Per quanto riguarda Macario ce ne sono due nel IV secolo: Macario d’Egitto, detto il Grande, ( verso il 390) e Macario d'Alessandria ( verso il 395).

[7] Ciò che succederà anche ad Eucherio quando dovrà lasciare il suo eremitaggio per recarsi a Lione di cui era stato eletto vescovo.

[8] Breve definizione del monaco che riprende i tre imperativi che autorizzano la separazione dal mondo: Fuge, tace, quiesce. Si veda Apoftegmata Patrum, Arsenio 1: «Arsenio, fuggi gli uomini, e sarai salvo»; Arsenio 2: «Arsenio, fuggi, taci, pratica la solitudine». E’ la voce di Dio che incita Arsenio.

[9] Citiamo per esempio Cicerone nell'opera Tusculanae Disputationes, inizio del Libro I: " In un periodo di tempo in cui mi ero completamente liberato, o in larga misura, dalle mie fatiche di avvocato e dai miei doveri di senatore, ricorrevo di nuovo, Bruto, principalmente secondo il tuo consiglio, allo studio di quella saggezza, da cui dipendono i principi e le regole di tutte le arti che riguardano il vivere bene, che si chiama filosofia".

[10] Il monaco come vero filosofo è una figura frequente e necessaria dei testi cristiani. Cristo è presentato come la vera saggezza che la filosofia ricerca. Per esempio Agostino, nella Città di Dio, dice: “Il vero filosofo è colui che ama Dio".

[11] Si tratta del compimento della storia della salvezza inaugurata dalla risurrezione di Gesù.

[12] Si confronti Virgilio, Eneide, Libro IX, 59-60: " Come rabbioso ed affamato lupo al pieno ovile insidïando".

[13] Alcuni manoscritti hanno "pratum", tradotto con "prateria", mentre altri hanno "pastus", tradotto con "nutrimento".

[14] Abate di Lérins ed in seguito vescovo di Arles nel periodo in cui sono state scritte queste pagine. Come Eucherio rammenta all'inizio della lettera, è lui che Ilario ha seguito sull'isola dopo essere stato da lui convertito all'ascetismo.

[15] Si tratta di Massimo di Riez, successore di Onorato e secondo abate di Lérins. Era in carica mentre Eucherio scriveva il De laude eremi.

[16] Si tratta di Lupo di Troyes (nato circa nel 395).

[17] Cfr. Gn 49,27). E’ così designato san Paolo, secondo una tradizione unanime dei Padri latini.

[18] Vincenzo di Lérins, morto circa nel 435, e ben conosciuto da Eucherio.

[19] Caprasio è l’anziano asceta che aveva guidato Onorato e suo fratello Venanzio dopo l’abbandono del mondo e l’inizio della vita eremitica.

[20] Ai personaggi citati ce ne sarebbero da aggiungere molti altri che soggiornarono a Lérins, attirati dall'eccezionale ricchezza sia intellettuale che spirituale che vi scoprivano. Per esempio: Fausto di Riez, Giovanni Cassiano, Salviano di Marsiglia, Cesario d'Arles, ecc…

[21] Il deserto anticipa la realizzazione escatologica delle realtà che si sperano per fede.

[22] Altre versioni latine hanno "tonitrui divinam vocem" = la voce divina "del tuono" (Cfr. Sal 77(76),19; 103(104),7) = anziché "throni tui divinam vocem" = la voce divina "sul tuo trono" (Cfr. Mt 19,28).


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2 marzo 2020                a cura di Alberto "da Cormano"       Grazie dei suggerimenti      alberto@ora-et-labora.net