Regola di S. Benedetto
In questa pagina vengono fornite alcune notizie di carattere storico riguardanti gli autori od i testi richiamati nell'"Elenco dei riferimenti patristici" , nell'articolo "Le regole monastiche antiche" e nelle "Regole monastiche"
Eventuali incongruenze od apparenti inesattezze sono dovute anche ai diversi testi da cui sono attinte queste informazioni.
Macario il Grande |
Agostino Aurelio
(lat. Augustinus)
Santo e dottore della Chiesa (Tagaste 354-Ippona 430). Figlio di un modesto
possidente, Patrizio, di religione pagana, e di madre cristiana, Monica, studiò
a Madaura e a Cartagine. Professore di eloquenza a Tagaste e a Cartagine, aderì
alla setta dei manichei, che seguendo la teoria dei due principi opposti di Bene
e di Male approfondivano la tematica della corruzione del mondo e del male
morale e cosmico. Dal manicheismo AGOSTINO si staccò ufficialmente soltanto
dieci anni più tardi, allorché era professore a Milano, sotto l'influsso del
vescovo Ambrogio. La notte di Pasqua del 387 fu battezzato dallo stesso Ambrogio
assieme all'amico Alipio e al figlio Adeodato. Decise quindi di tornare in
patria, dove si sarebbe avuta la prima fondazione monastica agostiniana. Nel 391
tornò ad Ippona dove fu ordinato sacerdote ed in seguito vescovo e dove svolse
un'intensissima attività pastorale e di studio fino alla morte. Secondo la
tradizione le sue ossa riposano a Pavia nella basilica di S. Pietro in Ciel
d'Oro. La sua attività di scrittore si sviluppa in gran parte sul fronte della
polemica contro le eresie pullulanti soprattutto nell'Africa settentrionale.
L'importanza di AGOSTINO nel rifiuto di certe teorie e nella formulazione
diversa di certi dogmi o norme morali è per questo immensa. Prima venne la lotta
contro i manichei (De
libero arbitrio, De magistro, De vera religione, De utilitate credendi
e, più tardi,
Contra Faustum) centrata sul tema della Verità. Essa risiede nell'animo
dell'uomo, salda e immutabile contro la mutevolezza del mondo esteriore; il Bene
è l'unica realtà davvero esistente e tutto quanto esiste è bene, mentre il Male
è, all'opposto, l'assenza di essere, non è; nell'uomo è la mancanza di capacità
a conformarsi pienamente al volere del Creatore. La novità di AGOSTINO consiste
nel riprendere questi temi di origine platonica e neoplatonica alla luce della
concezione cristiana. In Africa egli si trovò di fronte allo scisma dei
donatisti, che legavano la validità dei sacramenti alla purezza della vita di
colui che li amministrava e negavano ogni gerarchia ecclesiastica: li combatté
con una serie di opere (Psalmus
contra partem Donati, De Baptismo, Contra epistulam Petiliani, De unitate
Ecclesiae)
e con interventi ai concili di Cartagine del 403 e 411, affermò la validità dei
sacramenti indipendentemente dalla persona che li amministrava e ribadì i
diritti della Chiesa di Roma. La terza polemica, contro i pelagiani, fu la più
importante e quella che impegnò Agostino nel problema più arduo della morale
cristiana: il rapporto fra grazia e libero arbitrio. Tra le opere in proposito
del "dottore della grazia" ricordiamo
De peccatorum meritis et
remissione et de baptismo parvulorum, De spiritu et littera, De natura et gratia,
Contra Iulianum.
L'intervento più alto di Agostino nella dogmatica cattolica è costituito
peraltro dal trattato
De Trinitate,
in 15 libri, nell'ultimo dei quali conclude che quaggiù si può soltanto
adombrare debolmente il mistero: la Trinità divina ci sarà veramente chiara
dalla futura visione "faccia a faccia". Fra le opere esegetiche di Agostino
primeggiano, anche per mole, le
Enarrationes in Psalmos;
degli scritti pastorali numerosi sono i
Sermones.
Da ultimo citiamo i suoi due scritti più famosi:
Confessiones
e
De Civitate Dei. Il primo, scritto in 13 libri, dal 397 al 400, è un
ripensamento della vita di Agostino dalla nascita alla conversione, sotto la
luce del rapporto fra uomo e Dio. Nel
De Civitate Dei
si dibatte invece la storia di tutto il mondo. L'opera fu composta negli ultimi
lustri della vita di Agostino per difendere il cristianesimo dall'accusa dei
pagani di essere la causa della rovina dell'impero, accusa rinnovata con
particolare vigore dopo il sacco di Roma a opera di Alarico (410).
Oltre agli scritti teologici, filosofici e letterari, Agostino redasse
anche delle regole monastiche ed il suo pensiero influenzò la spiritualità
monastica posteriore, compreso s. Benedetto. Scrisse una
Regula ad Servos Dei
per i monasteri maschili ed una
Regula ad Moniales (=
Epistola 211)
per le monache. Redasse anche un regolamento monastico, l'Ordo
Monasterii e nel
De opere monachorum
redige un'apologia del lavoro monastico ed una sua teologica esposizione.
È festeggiato il 28 agosto.
Alipio
(lat. Alipius), santo e vescovo di Tagaste (m. 429 o 430);
concittadino, amico, discepolo e compagno quasi inseparabile di S. Agostino, a
Cartagine, a Roma, a Milano; con lui, dopo aver insieme vissuto e superato
l'esperienza manichea, ricevette il battesimo (387) e con lui, tornato in
Africa, prima di divenire vescovo (394), condivise la vita ascetica.
Festa il
15 o (per gli ordini agostiniani) il 18 agosto.
Ambrogio
(lat. Ambrosius).
Santo, vescovo e dottore della Chiesa (Treviri 334 o 339/340-Milano 397). Nato
da nobile famiglia romana a Treviri, dove il padre era prefetto della Gallia, fu
educato a Roma ed entrò egli pure nella carriera amministrativa dell'impero,
divenendo governatore di Liguria ed Emilia con sede a Milano. Lì, mentre era
solo catecumeno, alla morte del vescovo Aussenzio, fu dal popolo proclamato suo
successore e in breve tempo battezzato e consacrato (7 dicembre 374). Rivolse
allora alla Chiesa le sue grandi qualità di magistrato. Fu al centro di gravi
contese politiche e religiose: lottò vittoriosamente contro gli ariani a Milano
e nel Concilio di Aquileia (380); si oppose alla restaurazione di culti pagani a
Roma, richiamando l'imperatore Valentiniano II ai suoi doveri di cristiano,
umiliò Teodosio il Grande (colpevole di una spietata repressione a Tessalonica),
che ne divenne poi ammiratore e amico; soccorse in ogni modo i poveri e gli
oppressi. Punto cardine della sua ecclesiologia è l'unità interna della Chiesa,
che egli avverte realizzata solo in una strettissima communio di tutte le Chiese
con la Chiesa romana. Nel campo della morale Ambrogio, forte di una profonda
dottrina e di un non comune senso del diritto, svolse una vera opera di
magistero, flagellando, con l'altezza espressiva di un San Giovanni Crisostomo,
i mali del suo tempo: l'avarizia e la lussuria. Allo zelo infaticabile di
Ambrogio pastore di anime dobbiamo la sua innografia, che trovò presto
vastissima diffusione in tutto l'Occidente: le piccole strofe a quattro righe in
metri giambici, oggettivate in una forma poetica piena di solenne grandezza e
nello stesso tempo facile, limpida e agile, entrarono ben presto nell'uso
popolare, perché "erano fatte apposta per essere popolari". Delle sue numerose
opere, che testimoniano di un'attività infaticabile, citiamo le principali,
attenendoci alla divisione tradizionale:
Exaëmeron libri sex, De Paradiso, De Abraham libri duo, De Iacob et vita beata
libri duo, Enarrationes in XII psalmos davidicos, Expositionis evangelii
secundum Lucam libri decem, De officiis ministrorum libri tres, De virginibus,
De viduis, De virginitate, De fide ad Gratianum Augustum libri quinque, De
Spiritu Sancto, De Incarnationis dominicae sacramento, De paenitentia libri duo,
De sacramentis libri sex, Explanatio symboli ad initiandos, Sermo contra
Auxentium, De basilicis tradendis, De obitu Theodosii;
e vari Inni. Ovunque rifulgono in questi scritti l'equilibrio e il vigore della
sua concezione religiosa della vita, in cui quasi si congiungono romanità e
cristianesimo.
È
festeggiato il 7 dicembre.
Atanasio di Alessandria
(lat. Athanasius), padre e dottore della Chiesa, detto il Grande
(Alessandria ca. 295-373). Come diacono accompagnò al Concilio di Nicea il suo
vescovo, cui poi succedette. A Nicea fu lo strenuo difensore del dogma della
consustanzialità del Verbo col Padre, quale si ritrova nel Credo o Simbolo di
Nicea; con pari vigore combatté nella sua diocesi le eresie dei Meleziani e
degli Ariani. Per opera loro fu accusato presso l'imperatore Costantino e i suoi
successori ed esiliato o cacciato più volte; solo dopo 17 anni di tribolazioni,
su 45 di vescovato, poté rientrare definitivamente ad Alessandria. Atanasio
esplicò anche una vastissima attività di scrittore. Oltre a parecchie Apologie
restano di lui, fra le opere più importanti, tre orazioni contro gli ariani, i
trattati
De incarnatione Verbi e De decretis Nicaenis, l'Historia
Arianorum ad monachos,
una breve
Vita di Sant'Antonio, che godette larga fortuna anche letteraria, e
numerose lettere, alcune delle quali costituiscono dei veri e propri trattati in
veste epistolare. Atanasio, come fu uomo di temperamento impetuoso e fermo, così
fu, negli scritti, un valente e vivace polemista, animato da salda fede e dal
rigore morale dei mistici.
Atti dei martiri (lat. Acta martyrum),
sono le narrazioni riguardanti
la passione dei martiri scritte dai fartelli di fede dei primi secoli del
cristianesimo. Gli atti del I° secolo sono racconti piuttosto sommari scritti da
scrittori successivi, che citano le fonti più antiche. Per i martiri dal II° al
IV° secolo c'è una doviziosa serie di racconti che, pur diversi di tono e stile,
mettono in risalto l'interrogatorio in tribunale. In molti casi riportano
integralmente i verbali dei processi penali, innanzi a proconsoli o altre
autorità, talvolta completati con una breve biografia del martire e altri
particolari. Vedere anche Passioni.
Atti delle sante martiri Agape, Chionia e Irene (lat. Acta SS. martyrum
Agapes, Chioniae et Irenis).
Queste tre sorelle vennero arse vive durante la persecuzione di Diocleziano (304
ca.) per essersi rifiutate di sottomettersi al culto dell'Imperatore e per aver
nascosto i libri della Sacra Scrittura. Si conservano in greco gli atti
autentici. Il loro martirio è anche narrato nella Passione di Anastasia (vedere
voce). Agape è festeggiata il 10 marzo e Irene il 5 Aprile.
Aureliano (lat. Aurelianus),
vescovo, santo (m. ca. 553). Governò la chiesa di Arles e scrisse due regole
monastiche,
Ad virgines e Ad monachos,
sulla traccia di quella di San Cesario.
Festa il
16 giugno.
Basilio
(
detto il Grande)
(lat. Basilius), Santo (Cesarea ca. 330-379). Il primo dei grandi padri della
Chiesa, studiò a Costantinopoli e ad Atene, per poi darsi alla vita ascetica in
Siria, in Egitto e nel Ponto. Ordinato sacerdote, nel 370 succedette a Eusebio
quale vescovo dell'importantissima diocesi di Cesarea e spiegò allora tutte le
sue grandi doti di uomo di studio e di governo per combattere gli ariani, dare
ordine e vigore alle forze ortodosse e rinnovare la vita monastica, sostituendo
alla contemplazione il lavoro e le opere di carità. Le sue Regole (in vigore
ancora oggi) furono alla base di tutto il monachesimo orientale, di cui
favorirono enormemente la diffusione. L'imponente attività pratica non gli
impedì di attendere alla composizione di numerosi scritti. Fra quelli teologici
primeggiano, insieme ad alcune lettere, il
De
Spiritu Sancto, in cui si difende la divinità dello Spirito Santo, assumendo
però una posizione conciliativa nella disputa allora divampante sul dogma
trinitario: le tre persone sono da lui definite come uguali nell'essenza e
distinte nell'esistenza individuale, formulazione entrata definitivamente nel
dogma cattolico dell'unica sostanza in tre persone. All'esegesi biblica sono
piuttosto dedicate le
Omelie,
tra cui spiccano le nove che commentano i sei giorni della creazione; Basilio si
attiene alla lettera del testo sacro, contro la tendenza assai diffusa della sua
interpretazione allegorica. Di grandissimo interesse è l'Epistolario,
con 365 lettere, ricco di notizie sulla vita e il pensiero del santo e sulla
storia della Chiesa. La sua natura, serena pure nei disagi, vi si rivela
schiettamente; un ulteriore saggio del suo equilibrio si ha nel
Discorso ai giovani sul modo di trarre profitto dalle opere della letteratura
greca, un opuscolo importantissimo per i rapporti tra cristianesimo e cultura
classica, che Basilio non disprezza né proibisce, ma raccomanda di utilizzare
dove se ne possano trarre insegnamenti morali utili all'educazione.
Festa il
14 giugno.
Cassiano
Giovanni (lat. Johannes Cassianus),
(Dobrugia ?, 360 ca - Marsiglia 435 ca) monaco di origine sciita. Secondo alcuni
originario della Provenza, secondo altri della Dobrugia. La sua vita religiosa
ebbe inizio nel 382 in un monastero di Betlemme. Dal 385 in poi soggiornò in
Egitto, dove trascorse dieci anni presso i grandi asceti per studiarne le
dottrine e per conoscere la vita monastica ivi fiorente. Nel 399 si recò a
Costantinopoli, dove nel 404 fu ordinato diacono da s. Giovanni Crisostomo e più
tardi prete a Roma. Nel 415 fondò a Marsiglia un monastero maschile (convento di
San Vittore) e uno femminile.
Non raggiunse la santità poichè accusato di "semi-pelagianesimo", eresia
che non riconosce totalmente la gratuità della Grazia divina. E' interessante
notare che la sua santità era riconosciuta da tutti nel 470. Basti citare S.
Gregorio che, in una sua lettera indirizzata alla badessa Respecta di Marsiglia,
testimonia che questo monastero era stato consacrato "in onore del
Santo
Cassiano".
Le sue opere hanno dato un contributo essenziale allo sviluppo del
monachesimo occidentale, tra queste "De
institutis cenobiorum et octo principalium vitiorum remediis duodecim libelli",
scritto verso il 420. L'opera evidenzia la concezione che Cassiano ha della vita
cenobitica, i cui compiti vengono presentati in modo puntuale specialmente nel
libro IV (noviziato e professione): le idee di quest'ultimo libro dominano
l'intera opera. Un'altra opera a cui S. Benedetto attinge in modo particolare
nella stesura della sua Regola sono le "Collationes"1)
o "Conferenze dei Padri",
dove Cassiano spiega quale sia lo scopo del monaco: raggiungere il regno di Dio
(o il regno dei Cieli). Con quale mezzo? Tramite la purezza di cuore e la
carità. Ma poichè non è sempre facile seguire questo cammino, è indispensabile
possedere la virtù della discrezione, che ci impedisce di cadere negli eccessi.
1)
Nota "culturale": le nostre leggere colazioni, i pasti improvvisati al posto di
una vera cena, devono il nome agli scritti di Cassiano. Questa espressione viene
dalla magra refezione che i monaci consumavano la sera. " I monaci devono
custodire sempre il silenzio con amore, ma soprattutto durante la notte. Perciò
in ogni periodo dell'anno, sia di digiuno oppure no, si procederà nel modo
seguente: se non si digiuna, appena alzati da cena, i monaci si riuniscano tutti
insieme e uno di loro legga le Conferenze (di Cassiano) o le Vite dei Padri o
qualche altra opera di edificazione" (Regola 42, 1-3), scrive S. Benedetto
Cassiodoro
(lat. Flavius Magnus Aurelius
Cassiodorus Senator).
Uomo politico e letterato (Squillace ca. 490-Vivario 583). Appartenente a una
potente famiglia di funzionari di origine siriaca, fu dal padre, praefectus
praetorio sotto Teodorico, introdotto nella carriera amministrativa. Nel 514 fu
fatto console ordinario, poi magister officiorum, praefectus praetorio (533) e
patricius. Collaborò con Teodorico non solo nel tentativo di conciliare
l'elemento romano con quello goto, ma anche, in politica estera, nell'opera di
mediazione tra le varie popolazioni barbariche. L'inizio della guerra gotica
segnò il tramonto della sua politica. Invano Cassiodoro si adoperò per far da
mediatore tra Teodato e Giustiniano; la deposizione del re goto, la sconfitta e
la cattura del suo successore, Vitige, segnarono la fine del suo ideale politico
e la rovina dei risultati ottenuti. Cassiodoro. si ritirò allora presso
Squillace nel monastero di Vivario da lui fondato, dove terminò la sua vita
meditando, lavorando e scrivendo. Qui si dedicò a opere didattiche per il clero
e all'organizzazione dell'attività erudita fra i monaci. Nella piena maturità
Cassiodoro affidò il meglio di sé alle
Institutiones divinarum et
saecularium litterarum,
sorta di enciclopedia propedeutica allo studio delle lettere sacre e profane.
Per trascrivere bene gli autori antichi, attese inoltre alla stesura del
trattato
De orthographia. Tra le altre opere di Cassiodoro sono da ricordare la
Chronica,
un abbozzo di storia universale scritto nel 519 su invito della corte gotica; le
Variae
(537), raccolta di epistole in 12 libri, cui aggiunse 3 anni dopo il 13º libro (De
anima),
che furono assunte a modello della lingua cancelleresca e curiale. Merito
precipuo di Cassiodoro è quello di aver promosso la conservazione dei
manoscritti nei monasteri, contribuendo a tramandare un prezioso patrimonio
culturale, destinato a rivivere nell'età umanistica.
Cesario (lat. Cesarius Arelianus)
di Arles, arcivescovo, santo (Chalon-sur-Saône
ca. 470-542). Abate in un monastero presso Arles, divenne vescovo di questa
città che da papa Simmaco ottenne il titolo di sede primaziale delle chiese
della Gallia e della Spagna. Nel Sinodo di Orange (529) fece condannare il
semipelagianesimo e approvare un agostinismo moderato. Celebri i suoi
Sermones,
raccolti nell'Opera omnia edita a cura di G. Morin (1937).
Cipriano (lat. Caecilius Cyprianus),
Vescovo e apologista cristiano, santo (Cartagine ca. 200-258). Di famiglia
patrizia, fu insegnante di retorica, ma, dopo la conversione al cristianesimo
(246), si votò a sostenere e a diffondere la nuova fede. La sua attività
caritativa gli meritò ben presto la nomina a vescovo di Cartagine e come tale
lottò strenuamente per l'organizzazione della Chiesa d'Occidente e la sua
difesa. Costretto a fuggire per la persecuzione di Decio (250), si nascose fuori
Cartagine, continuando tuttavia a confortare e a dirigere. Tornò l'anno
seguente, quando il pericolo cessò; si prodigò durante l'epidemia di peste del
252; partecipò a diversi concili, sostenendo l'opportunità di riammettere nella
Chiesa chi aveva abiurato per paura durante le persecuzioni (i lapsi), ma, in
conflitto con il papa Stefano, si pronunciò contro la validità del battesimo
impartito da eretici. Nella persecuzione successiva, quella di Valeriano, fu
esiliato a Curubis e poco dopo decapitato. Festa il 16 settembre. La sua
produzione comprende opere apologetiche, dogmatiche e pastorali. Delle prime le
più importanti sono:
Ad Donatum, Ad Demetrianum, Testimonia ad Quirinum, in
difesa del cristianesimo;
delle seconde il
De unitate catholicae ecclesiae,
in cui si sostiene la dottrina dell'unica Chiesa fondata da Pietro e l'autorità
dei singoli vescovi, e il
De lapsis;
fra i trattati disciplinari il
De habitu virginum,
De dominica
oratione, De opere et elemosynis.
Importantissime poi per la storia della Chiesa sono le
66
lettere,
in cui traspaiono ancor meglio l'animo forte e sereno del vescovo e il suo
spirito pratico, che si riflette anche nello stile, piano ed efficace.
Dionigi il Piccolo
(lat. Dionysius Exiguus),
monaco, nativo della Scizia,
ma vissuto lungamente a Roma (m. 526). E' noto soprattutto per aver introdotto
l'era "cristiana" o "volgare" nel computo degli anni (secondo il suo errato
calcolo Gesù sarebbe nato il 25 dicembre dell'anno di Roma 753, mentre in realtà
si tratterebbe del 749) e per la
Collezione dionisiana
risultante dalla riunione di due altre compilate appunto in
Roma da Dionigi: l'una contenente una raccolta di canoni di sinodi orientali, da
lui stesso tradotti in latino, l'altra contenete 38 decretali papali dal 384 al
498. L'importanza di questa collezione sta principalmente nel grande uso che se
ne fece nei secoli successivi e per essere stata accettata come fonte canonica
nel sinodo di Acquisgrana dell'802. Dionigi tradusse anche varie opere dal
greco, tra cui "La
vita di S. Pacomio".
Fausto di Riez
(lat. Faustus Reiensis),
teologo francese (n. in Bretagna, m. dopo il 485). Monaco a Lérins di cui
divenne abate nel 433, quindi vescovo di Riez prima del 462), trattò con Enrico,
re dei Visigoti, a nome dell'imperatore Nepote, attirandosi l'odio del re, che
lo costrinse a star lontano dalla sua sede vescovile. Vi ritornò dopo la morte
di Enrico nel 485. Nel suo scritto
De gratia
tiene una posizione intermedia fra agostiniani e pelagiani, ma non evita
l'errore semipelagianista, tipico di Lérins, mentre nelle lettere sostiene la
corporeità' dell'anima e degli angeli. Fu predicatore di grande efficacia, anche
se l'identificazione dei sermoni autentici è tuttora incerta.
Fulgenzio (lat. Fulgentius),
santo (ca. 467-ca. 533). Vescovo di Ruspe, in Numidia, fu teologo e polemista
valente. La sua opposizione all'arianesimo gli costò l'esilio in Sardegna.
Difese la dottrina agostiniana della grazia con il
De
veritate praedestinationis et gratiae Dei, Contra Faustum.
Festa il 1º gennaio.
Gelasio I Papa (lat. Gelasius), santo (sec. V). Governò la Chiesa dal 492 al 496. Africano di origine, succedette a Felice III e ne continuò l'inflessibile politica rivendicando il primato di Roma rispetto alla Chiesa orientale; combatté il pelagianesimo e definì i rapporti fra Chiesa e Stato (potere laico e potere religioso): i due poteri sono indipendenti e autonomi nelle sfere di loro competenza, ma l'autorità imperiale non deve ergersi contro il primato di colui che Cristo ha preposto a ogni cosa. Fu l'idea del papato prevalente nel Medioevo. A Gelasio I viene erroneamente attribuito lo scritto dogmatico Gelasianum decretum.
Sacramentario Gelasiano (lat. Sacramentarium Gelasianum),
già attribuito a papa Gelasio I, secondo studi recenti il gelasiano o gelasiano
antico è un sacramentario presbiterale romano (cioè riflette la liturgia romana
delle parrocchie o "tituli" presieduti dai "presbyteri") del VII° secolo
inoltrato, riveduto qua e là nella redazione conservata nel Reginensis 316
(della Biblioteca Vaticana) in territorio franco (fine sec. VII° - inizio sec.
VIII°).
Girolamo (lat. Hieronimus)
Santo, dottore della Chiesa latina (Stridone, Istria, ca. 347-Betlemme,
Palestina, 419 o 420). Studiò a Roma dove ricevette anche il battesimo. Dopo un
breve periodo a Treviri per trascrivere le opere di autori cristiani, sentendo
l'impulso verso la vita monastica si ritirò nel deserto della Calcide presso
Antiochia e si applicò allo studio dell'ebraico. Fu poi a Berea e a
Costantinopoli, dove continuò lo studio delle Sacre Scritture. Nel 382 andò con
San Paolino a Roma e fu segretario di papa Damaso, ma continuò la sua opera di
divulgazione della vita monastica e si cimentò con i primi lavori biblici,
curando la revisione della traduzione latina dei Vangeli. Fatto oggetto di
calunnie alla morte di papa Damaso, si ritirò definitivamente a Betlemme,
dedicandosi alla costruzione di monasteri e alla corrispondenza con gli
ecclesiastici più illustri del suo tempo, fra cui Sant'Agostino. Girolamo è, tra
i padri della Chiesa, quello più legato alla tradizione classica per spirito e
cultura. Immensa l'orma da lui lasciata negli studi cristiani, ma anche, per
alcuni suoi lavori, negli studi profani. Sue opere principali sono: la
traduzione e continuazione fino al 381 della Chronica di Eusebio di Cesarea,
testo tuttora fondamentale per stabilire la cronologia antica, anche letteraria;
De viris illustribus,
composto da brevi biografie di 135 scrittori cristiani, compreso lo stesso
Girolamo, e modellato sull'omonima raccolta di Svetonio; varie
Vite
di monaci, assai belle per il tono favoloso e la delicata poesia che le
pervade; la revisione delle antiche versioni latine del Nuovo Testamento e la
traduzione di tutto l'Antico Testamento dall'ebraico in latino (l'edizione
Vulgata delle Sacre Scritture,
dichiarata "autentica" dal Concilio di Trento e adottata ufficialmente dalla
Chiesa); numerosissime opere esegetiche sui libri dei Profeti, sui Salmi, sul
Vangelo di Matteo, su 4 lettere di San Paolo; altre opere di violentissima
polemica contro gli avversari (Adversus Helvidium, Adversus Iovinianum, Contra Vigilantium,
Contra Ioannem, Apologia adversus Rufinum, Contra Pelagianos);
omelie
e un epistolario di
150 interessantissime lettere,
in cui si riflettono il carattere impetuoso ma anche generoso del santo e gli
avvenimenti drammatici di quegli anni, come il sacco di Roma da parte di
Alarico, nel 410.
Festa il
30 settembre.
Ilario
(lat. Ilarius) di Poitiers santo, vescovo, scrittore latino cristiano
(Poitiers ca. 315-367). Dalla filosofia pagana si volse allo studio delle Sacre
Scritture e abbracciò il cristianesimo con tanto fervore che poco dopo fu
acclamato vescovo dal clero e dal popolo. Fu intrepido nella lotta
all'arianesimo, subendo per essa l'esilio a opera di Costanzo II (356). Nella
sua opera maggiore,
De Trinitate,
conciliando fede e ragione condusse con rigoroso ordine logico l'indagine sui
misteri più alti della fede, combattendo l'eresia ariana. L'importanza
dell'opera di Ilario fu enorme sia per la teologia occidentale, in cui immise
anche la cultura greca da lui conosciuta in Oriente, sia per la letteratura
latina cristiana, per avervi introdotta la propria formazione retorica pagana e
averne ampliato il lessico con una nuova terminologia. Altri scritti:
In Matthaeum commentarius,
Tractatus super Psalmos, Tractatus in Iob.
Festa il
1º novembre.
Ireneo di Lione
(lat. Ireneus),
santo e teologo (Smirne ca. 140-Lione ca. 200). Discepolo a Smirne di Policarpo,
passò in Gallia dove succedette a Fotino vescovo di Lione (178) e condusse una
fervida opera missionaria. Morì probabilmente martire, sotto Settimio Severo.
Fra le sue opere la più importante è Confutazione e smascheramento della falsa
gnosi (citata spesso come
Adversus haereses),
la più antica confutazione degli eretici a noi pervenuta. Ireneo attesta
insistentemente di essere l'eco fedele della tradizione apostolica e difende la
centralità e il primato della Chiesa di Roma.
Festa il
28 giugno.
Leone I
detto
Magno
papa, santo, dottore della Chiesa, (m. Roma 461). Probabilmente nativo della
Toscana, appartenne però al clero di Roma e nella corte papale si distinse per
dottrina e abilità negli affari. Subito la sua attività si rivolse a mantenere
integra la fede contro le varie eresie e in special modo contro la dottrina del
monofisismo; all'affermazione del primato universale del vescovo di Roma,
"vicario di Pietro", nel senso di pienezza del potere, affidando agli altri
vescovi la cura pastorale in collaborazione con il papa; all'organizzazione
ecclesiastica, dettando norme per la condotta del clero e dei fedeli, curando
l'amministrazione dei beni e regolando le funzioni liturgiche. Contro Eutiche,
che era riuscito a farsi riabilitare dal Concilio di Efeso per l'intervento dei
messi imperiali, papa Leone fece riunire un nuovo concilio a Calcedonia (451),
che condannò definitivamente Eutiche e proclamò l'esistenza nel Cristo di una
duplice natura, la divina e l'umana in un'unica persona. La grandezza del suo
prestigio si manifestò durante la calata degli Unni in Italia: il potere
politico, impersonato allora dall'imperatore Valentiniano III, impotente a
fermare gli invasori, si raccomandò a Leone, che trovò parole efficaci per
convincere Attila a ritornare sui suoi passi. Non meno importante fu
l'intervento dello stesso Leone durante il sacco di Roma (455) operato da
Genserico: seppe evitare l'uccisione e la tortura dei cittadini. Nel crollo
imminente dell'Impero romano d'Occidente, Leone seppe infondere nei suoi
contemporanei la fiducia in una nuova Roma cristiana, che per volere divino
avrebbe preso il posto della Roma dei Cesari. Della sua attività di scrittore ci
rimangono numerosi
sermoni,
dove l'eloquenza calma e dignitosa si colora di accenti lirici e d'immagini
vivide.
Festa:
in Occidente l'11 aprile, in Oriente il 18 febbraio.
Macario Alessandrino
(lat. Macarius),
monaco egiziano (sec. IV°, m. 394), contemporaneo e amico di
Macario il Grande, e spesso
confuso con lui. Gli si attribuiscono diversi scritti tra cui due "Regulae ad Monachos".
Macario il Grande
(lat. Macarius),
anacoreta e santo, detto il Grande o l'Egiziano o il Vecchio (Alto Egitto ca.
300 - m. 390). Dopo aver fatto da giovane il cammelliere, si unì a un gruppo di
monaci che vivevano disseminati nel deserto di Scete, a occidente del delta del
Nilo, diventando ben presto famoso per la sua santità; è fra i "padri del
deserto", o fondatori del monachesimo ascetico, e i suoi detti sono ricordati
negli
Apophthegmata patrum.
Gli scritti che andarono sotto il suo nome sono oggi attribuiti a Simone di
Mesopotamia.
Festa il
15 gennaio.
Niceta di Remesiana,
santo - teologo (n. 335 ca. - m. dopo il 414) vesovo di Remesiana dal 366 (oggi
Bela Palanka, presso Niš in Serbia); autore di scritti catechetici (es. il
De explanatione
symboli) e sermoni,
del trattato De diversis appellationibus
Christi, nonchè del
Te Deum laudamus,
di cui alcuni lo vogliono soltanto rielaboratore.
Te Deum laudamus:
solenne inno di lode e di ringraziamento in onore della SS. Trinità. Si compone
di due parti con l'aggiunta di alcuni versetti di salmi. La prima parte è una
lode del Padre, la seconda del Cristo. Sembra il risultato di una composizione
di passi diversi, sorti in periodi differenti. Un'antica leggenda ne attribuisce
la composizione a Sant'Ambrogio (ed è per questo che s. Benedetto chiama questo
inno "l'Ambrosiano")
e a Sant'Agostino, che l'avrebbero cantato alternativamente in occasione del
battesimo di quest'ultimo. Nel sec. V ne era già prescritta la recita nelle
domeniche nel monastero di Lérins. Da San Benedetto lo si recita al termine
dell'Ufficio notturno (Ufficio di lettura), nelle domeniche e nelle solennità
(eccetto in Quaresima). È usato anche in molte altre occasioni, come canto di
lode e di ringraziamento, p. es. nell'ordinazione del vescovo, dopo la
Comunione, alla fine dell'anno.
Origene
(gr. Origénes; lat. Origenes).
Scrittore e teologo
cristiano (Alessandria ca. 185-Tiro 253 o 254). Discepolo di Clemente
Alessandrino, gli fu affidata la preparazione dei catecumeni. In quell'epoca
avvenne la sua autoevirazione, che egli compì forse per un estremo rigore
morale. Fu poi allievo di Ammonio Sacca, il maestro di Plotino. Riorganizzò la
famosa Scuola di Alessandria d'Egitto (Didaskaleion), da cui si allontanò nel
232 in seguito ad accuse d'eresia, ritirandosi a Cesarea, dove fondò
un'importante scuola teologica. Subì il martirio sotto Decio. Il suo pensiero
abbraccia i massimi problemi intorno a cui si andava formando la filosofia
cristiana e li elabora secondo categorie platoniche e neoplatoniche; opponendosi
alle forti correnti gnostiche del suo tempo, sostiene la trascendenza divina.
Origene incorse tuttavia in affermazioni eretiche (creazione ab aeterno;
subordinazione gerarchica del Figlio al Padre e sua funzione mediatrice fra Dio
e il mondo; temporaneità delle pene infernali) che furono condannate dal
Concilio ecumenico di Costantinopoli (553). Della sua vastissima opera,
pervenutaci solo in parte e in versione latina, si ricordano il
Contra Celsum
(8 libri), il
De principiis, i
commenti parziali a Giovanni e a
Matteo, alcune
Omelie
(in greco), l'Esapla,
edizione sinottica del Vecchio Testamento ed il
De Oratione.
Orsiesi (lat. Orsiesius), (m. 380 ca), secondo successore di Pacomio e autore del Liber (Regolamenti, tradotto da s. Girolamo), scritto di profonda spiritualità, tutto inspirato alla Sacra Scrittura e imperniato sul valore della "koinonia" (comunione). Il Liber si avvicina più di qualsiasi altro documento al genere letterario dell'inizio delle Regole del Maestro e di s. Benedetto, incominciando con delle ammonizioni ai superiori. Dopo aver percorso tutti i gradi della gerarchia cenobitica viene ai semplici fratelli, il primo dovere dei quali è l'obbediemza. E' considerato anche l'autore di una parte della Regola di s. Pacomio.
Pacomio (lat. Pachomius),
santo, monaco egiziano, istitutore del cenobitismo (Tebaide inferiore ca.
290-Pebu 346). Da pagano, si convertì al cristianesimo abbandonando la vita del
soldato. Si ritirò allora a vita eremitica sotto la guida dell'anacoreta
Palemone; optò in seguito per la vita comunitaria e istituì un primo cenobio sul
Nilo a Tabennisi, cui ne seguirono altri nella regione. Fu il primo a dare ai
monaci una
regola,
tramandata nella versione tradotta dal greco in latino da S. Girolamo, e un
superiore. Il testo raccoglie quattro collezioni di regole: i
Praecepta
(Precetti),
i
Praecepta et Instituta (Precetti
e Norme),
i
Praecepta atque Iudicia (Precetti
e Giudizi)
e i
Praecepta ac Leges (Precetti
e Leggi).
Fondamento ascetico del cenobio era la preghiera e la contemplazione, a cui si
affiancava una pratica moderata della penitenza. Completava l'attività dei
cenobiti il lavoro manuale per il mantenimento proprio e dei poveri. La storia
della sua vita ci è nota soprattutto grazie alla "Vita
di S. Pacomio" tradotta dal greco da
Dionigi il Piccolo
(vedere voce).
Festa il
9 maggio.
Passioni
(lat. Passiones),
documenti in forma narrativo-epistolare, che insieme
agli "Atti dei martiri" (vedere voce) sono la nostra fonte principale per la
conoscenza della personalità e delle vicende dei martiri. Quando le narrazioni
riguardanti i martiri sono indirizzate in forma di lettera ai fratelli di fede
di un martire a quelli delle altre comunità, vengono chiamate passioni
epistolari, mentre se sono dettate in parte dai martiri stessi, si indicano come
passioni narrative.
Passione di Anastasia (lat. Passio Anastasiae),
Anastasia, santa , martire, probabilmente nella persecuzione di Diocleziano (304
ca.). Venerata a Sirmio in Pannonia, il suo culto si diffuse, specie a
Costantinopoli ove vennero traslate le reliquie, e a Roma, dove la leggenda ne
fece una martire romana.
Passione di Giuliano (lat. Passio Iuliani),
Giuliano, martire in Antinoe (Egitto) sotto Diocleziano; secondo una Passio
leggendaria, marito di s. Basilissa, con la quale visse in perfetta castità.
Festa il 9 gennaio.
Passione di Sebastiano (lat. Passio Sebastiani),
Sebastiano, santo. Soldato romano (sec III°) oriundo di Narbona, secondo la
Passio leggendaria militò all'epoca di Diocleziano; fu condannato per la sua
fede ad essere trafitto dalle frecce dei commilitoni. Commemorato il 23 gennaio.
Regula Basilii
-
Regola di San Basilio (detta
anche
Parvum
Ascetikon).
Quella che S. Benedetto nel cap. 73 chiama la "Regola del nostro santo Padre
Basilio" è la traduzione latina curata da Rufino della grande raccolta basiliana
di duecentotre "Domande e Risposte" che pongono le basi dell'istituzione
monastica. Ci fu anche una seconda redazione delle regole ed una terza (il
cosiddetto Magnum Ascetikon). La forma attuale del testo greco ci si presenta
sotto due collezioni: le "Regole
brevi"
(Regulae
brevius tractatae)
che comprendono 55 articoli sui doveri generali del monaco e le "Regole
lunghe"
(Regulae
fusius tractatae) in cui sono raccolte 313 piccole regole sulla vita
monastica. In esse San Basilio presenta la condizione del monaco come lo stato
ideale per raggiungere la perfezione cristiana. All'eremo B. preferisce il
cenobio, dove la vita comune favorisce la correzione dei difetti e l'aiuto
scambievole; il monaco disciplina il corpo nel lavoro manuale e rinfranca lo
spirito nella preghiera e nello studio della S. Scrittura. In Oriente l'ordine
basiliano ebbe subito grande sviluppo; in Occidente fu dapprima trapiantato in
Sicilia nel sec. VIII.
Regula Magistri
- Regola del Maestro
Regola monastica di autore ignoto, la cui datazione oscilla fra gli inizi
del sec.V e il sec.VII, così chiamata da s. Benedetto di Aniane perchè espressa
in forma dialogica tra un "discipulus", che all'inizio di ogni capitolo propone
un argomento, e un "magister" che risponde sviluppando i vari punti della
Regola. Nessuna Regola monastica dell'Oriente o dell'Occidente è così
voluminosa, completa e particolareggiata come questa. L'importanza della Regula
Magistri sta nel fatto che i capitoli dall'1 al 10 presentano tali analogie con
la Regola di s. Benedetto da postulare un rapporto di dipendenza. Altri testi
delle due regole trattano la stessa materia, ma con diverso criterio. Infine ci
sono dei brani del tutto indipendenti e propri a ciascuna Regola, come i
capitoli dal 67 al 73 della Regola di S. Benedetto. Dopo secoli di dimenticanza
e di quasi disprezzo, la Regula Magistri oggi è molto rivalutata, in particolare
per la sua caratteristica di radicare con chiarezza la vita monastica in un
contesto ecclesiale.
(Estratto da
"S. Benedetto - la Regola"
a cura di A. Lentini). Fino ai nostri tempi, dopo gli studi dei Maurini, si era
ritenuto generalmente che un autore del sec. VII, probabilmente in Gallia,
avesse composto il singolare testo, dove accanto ai suddetti brani e ad altri
luoghi paralleli della Regola di S. Benedetto,
che avrebbe voluto completare o
disporre meglio, ed a molti tratti originali di notevole valore, ha collocato
frequenti note, sermoni, descrizioni che disturbano per la qualità del contenuto
e per la superflua prolissità l'inquadramento di un codice ascetico e normativo.
Ma da circa quarant'anni (1938) è apparsa la tesi che attribuisce alla Regola
del Maestro
la priorità cronologica su
quella di S. Benedetto e, per gli stretti evidenti legami che intercorrono fra
loro, farebbe della prima una fonte, anzi la principale fonte di quest'ultima.
Da quando il Genestout propose
la nuova tesi, un gran fervore di studi si è suscitato fra i suoi sostenitori e
quelli della sentenza tradizionale: studi che, a prescindere dalle rispettive
conclusioni, son valsi ad una magnifica e più approfondita conoscenza della
letteratura monastica antica.
Per ulteriori informazioni sul rapporto tra le due regole si veda anche la
pagina
"Regola del Maestro - Regola di S. Benedetto".
Regula Macarii (detta anche S. Macharii Alexandrini Abatis Nitriensis Regula ad monachos), attribuita a S. Macario Alessandrino (m. 394), in realtà è uno scritto, già noto all'inizio del VI secolo, di un autore posteriore (individuato forse in Porcario, abate di Lérins, da non confondere con il più conosciuto abate Porcario II ucciso insieme a 500 monaci nel 732 durante un'incursione araba nella Provenza).
Regula Orientalis
(detta anche Regula Vigilii
poichè attribuita al diacono Vigilio) -
Regola Orientale,
scritta in Italia nel sec. V. Ha
una forte dipendenza dalla Regola di S. Pacomio nella traduzione latina di S.
Girolamo.
Regula quattuor Patrum
(detta anche ss. Serapionis,
Macharii (Macario il
Grande m. 390),
Paphnutii et alterius Macharii
(Macario Alessandrino m. 394)
regula ad monachos) -
Regola dei quattro Padri.
In
realtà è una regola spuria, scritta probabilmente da autori posteriori che si
nascondevano sotto degli psudonimi, tra il 400 e il 410, per la comunità di
Lérins. I discorsi dei Quattro Padri sono orientati in particolare a combattere
l'oziosità dei monaci della Gallia, ciò che impediva lo sviluppo di quei
monasteri. Il cenobio di Lérins si distinse e si sviluppò proprio grazie
all'operosità dei suoi monaci.
Rufino
di Concordia
(lat. Tyrannius? Rufinus),
monaco e scrittore ecclesiastico (Concordia, Aquileia, ca. 345-Messina 410).
Nutrì grande ammirazione per Origene del quale difese l'ortodossia contro il
condiscepolo San Girolamo. Nel 378 andò eremita sul monte Oliveto (Gerusalemme)
e nel 396 fece ritorno a Roma. Eseguì libere
traduzioni in latino,
con ampi rifacimenti, di opere di scrittori ecclesiastici greci, fra cui
Origene, Panfilo, Eusebio, Basilio, Gregorio Nazianzeno. Scrisse diverse opere
di stile: polemico( per es.
De adulteratione librorum
Origenis),
esegetico (per es.
De beditionibus patriarcharum),
catechetico (per es.
Commentarius in Symbolum
Apostolorum),
storiche (per es.
Historia ecclesiastica).
Ma l'opera forse più conosciuta, e di cui non è certa la paternità, è la
Historia monachorum ( giunta a noi anche come Historia monachorum Aegypti, Vitae
sanctorum Patrum, etc.). E' probabilmente a quest'opera che S. Benedetto si
riferisce quando nella Regola invita alla lettura della
Vita dei Padri.
Secunda Regula Patrum
-
Seconda Regola dei
Padri. Questa breve
legislazione, opera di alcuni Abati e monaci di Lérins, prolunga ed aggiorna la
Regola dei quattro Padri. La sua innovazione consiste soprattutto nel passaggio
dal primato dell'obbedienza a quello dellla carità, rifacendosi al comportamento
dei discepoli di Gesù, così come ci viene insegnato nel Nuovo Testamento.
Caratteristica anche l'insistenza della Regola sulla necessità del silenzio, per
poter raggiungere quello stato di silenzio interiore che ci permette di pensare
continuamente al Signore.
Sesto
(lat. Sextus), identificato erroneamente da Rufino (al quale dobbiamo
la traduzione latina di alcune sue opere, tra cui
l'Enchiridion)
con Sesto vescovo martire di Roma del III secolo, da s. Girolamo con un pagano
della scuola pitagorica.
Sentenze di Sesto (lat. Sexti Pitagorei Sententiae),
raccolta di sentenze che abbiamo in greco, in una traduzione latina e in due
siriache, attribuite già da Origene ad un certo Sesto, filosofo pitagorico.
L'autore è certo un cristiano (?), forse di origine egizia.
Siricio
papa, santo (Roma ca. 334-399). Succedette nel 384 a papa Damaso e si adoperò
per affermare l'autorità papale e la supremazia del pontefice sui vescovi
d'Occidente. La sua epistola al vescovo di Tarragona, Irnerio, del 385,
costituisce il primo decreto papale. Nel 386 convocò un sinodo a Roma, nel quale
approvò nove canoni in materia di disciplina ecclesiastica, diretti alla Chiesa
africana. Sottomise alla sua autorità la Chiesa dell'Illiria, sottraendola alla
giurisdizione di Costantinopoli. Nel 390 dedicò la basilica di S. Paolo
Vita dei Padri del Giura
(lat. Vita Patrum Jurensium).
Verso il 435 un certo Romano, dopo una lunga maturazione della sua vocazione
personale, si ritira nelle foreste della regione francese del Giura per condurre
una vita eremitica. La sua fama attira presso di sé il fratello Lupicino e altri
discepoli, che formano una prima colonia di anacoreti. A poco a poco si
organizza una vita comunitaria con un monastero chiamato Condadisco (Condat). I
primi abati del cenobio saranno proprio Romano e alla sua morte,avvenuta verso
il 460, gli successederà Lupicino. Ma è l'abate Eugendo (dal 490 al 510 circa)
che darà piena espansione al monastero, mettendone a punto anche una Regola
(secondo alcuni autori si tratterebbe della redazione finale della Regola del
Maestro). Su questi primi 75 anni di vita del Condat abbiamo un racconto
dettagliato e pittoresco: "La vita dei Padri del Giura". E' un documento molto
interessante perché fornisce informazioni originali sulla vita monastica e sulla
Gallia del V° secolo. Lo scritto è anonimo e molto si è discusso sulla sua
autenticità, anche se oggi lo si ritiene senz'altro originale, attribuendogli
una data di composizione attorno al 515.
Vite dei Padri
(lat.
Vitae Patrum).
Raccolta latina di biografie leggendarie di Santi, formatasi nel VI° secolo,
utilizzando largamente biografie e leggende relative agli eremiti dell'Egitto
già compilate in lingua greca (gli Apophthegmata Patrum o Detti dei Padri). La
raccolta latina contiene traduzioni o scritti originali di s. Girolamo, Rufino,
Sulpicio Severo, Cassiano, etc. Per la sua stessa natura subì via via
arricchimenti ed interpolazioni.
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2 gennaio 2015 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net