ORDO MONASTERII di ALIPIO
Breve introduzione estratta da "Sant'Agostino - La Regola" - Ed. Città Nuova 2006
Per completare il breve prospetto intorno alla "questione della Regola di S. Agostino" ci resta di dedicare un accenno a un documento antichissimo che i codici e gli studiosi hanno battezzato col nome di Ordo (o Disciplina) monasterii.
L'Ordo monasterii è una brevissima Regola monastica che contiene disposizioni liturgiche per la recita del divino ufficio, l'orario per la lettura e il lavoro, precetti intorno alla vita comune - apostolica enim vita optamus vivere - all'obbedienza, alla refezione, al silenzio, all'uscita dal monastero - duo eant - alle pene contro i contumaci.
Comincia con le celebri parole: Ante omnia, fratres carissimi, diligatur Deus, deinde et proximus, quia ista sunt praecepta principaliter nobis data; e finisce esprimendo la speranza del legislatore che le prescrizioni date saranno osservate fedelmente, di modo che, conclude, et vos proficietis, et nobis non parva erit laetitia de vestra salute. Amen.
La tradizione manoscritta unisce costantemente, almeno una delle sue branche, questo breve documento con la Regola agostiniana in quanto la Regola segue immediatamente ad esso e forma con esso un tutt'uno. Così il codice di Corbie e così i codici che ebbero a disposizione l'autore della Regula Tarnatensis, S. Benedetto e S. Cesareo d'Arles, i quali tutti utilizzano sia la Regola che l'Ordo monasterii.
In realtà l'Ordo monasterii è un complemento necessario della Regola, la quale suppone un regolamento monastico, ma non lo contiene. Si ricordino le prescrizioni sulla preghiera - Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti (n. 10) - e sull'uso della biblioteca - I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite (n. 39).
Sarà dunque anche l'Ordo monasterii di S. Agostino? Studiosi lontani nel tempo e di diversa formazione lo hanno affermato. Così l'Amort 1, il Mandonnet 2, lo Hümpfner 3. Le loro ragioni sono quelle che abbiamo indicato or ora: la tradizione manoscritta e la complementarietà dell'Ordo rispetto alla Regola.
Altri in base all'esame interno del documento - particolarmente alle prescrizioni intorno al digiuno - negano che esso possa essere sorto a Tagaste e a Ippona e lo ritengono opera di un autore ignoto della seconda metà del sec. V. Così i Maurini 4, il Morin 5, il Casamassa 6: particolarmente quest'ultimo. V'è poi chi cerca di dare un nome a questo autore, come il De Bruyne che attribuisce l'Ordo monasterii a S. Benedetto, il quale lo avrebbe composto per i monasteri di Vicovaro 7. Ma il Morin l'anno appresso dimostrò che l'Ordo monasterii fu in uso nel monastero di Cassiodoro, a Vivarium, perché l'ordinamento del divino ufficio ivi seguito corrisponde a quello che si trova nel nostro documento, e avanzò l'ipotesi che Cassiodoro l'avesse preso dalla Campania, dove sarebbe arrivato dall'Africa, portato dai vescovi esiliati da Genserico. L'Ordo monasterii tornava nell'anonimato, anche se l'autore restava circoscritto all'Africa. L'ultimo studio che insiste sull'"autore ignoto" è quello indicato del Casamassa.
Finalmente una terza opinione vuole che l'Ordo monasterii non sia stato scritto da S. Agostino - lo stile, per quanto si può giudicare da un documento brevissimo, non sarebbe agostiniano - ma sostiene che S. Agostino l'abbia conosciuto ed approvato: le ultime parole che contengono appunto l'approvazione sarebbero sue. Così il Manrique 8 e soprattutto, con grande apparato di erudizione, il Verheijen, il quale pensa che il probabile autore dell'Ordo monasterii sia Alipio 9, mentre il Manrique pensa al monastero di Adrumeto, da cui sarebbe arrivato nelle mani di S. Agostino.
Concludendo, rileviamo con compiacenza il grande interesse che ha suscitato tra gli studiosi del monachesimo occidentale questo breve documento. E non a torto. Ancorché non fosse di S. Agostino né questi l'avesse in modo alcuno conosciuto ed approvato, sarebbe sempre un documento per tanti motivi venerando: è antichissimo (secondo il Verheijen fu redatto verso il 394. Ndr.), contiene un prezioso ordinamento del divino ufficio, che è il primo che si conosca in Occidente, ricorda l'apostolicità della vita comune e la necessità di mettere insieme lavoro e "lettura", accompagna il cammino della Regula ad servos Dei di S. Agostino fin dagli inizi della tradizione manoscritta e vi lascia una traccia indelebile, quella delle prime, splendide parole: Ante omnia, fratres carissimi... che esprimono in modo stupendo lo spirito e il pensiero del Vescovo d'Ippona.
Queste parole infatti sono restate nel testo "recepto" della Regola e le hanno lette e le leggono, a ricordo e a monito, i molti che lungo i secoli hanno scelto S. Agostino quale maestro di vita religiosa o semplicemente consacrata.
NOTE
1 - E. Amort,
Vetus disciplina canonicorum regularium, I, Venetiis 1747, pp. 121-158.
2 - P. MANDONNET, Saint Dominique,
II, Paris 1937, pp. 107-162.
3 - W. HÜMPFNER, Die Regeln des
heiligen Augustinus, in H. von Balthasar, Die grossen Ordensregeln, Einsiedeln
1948, pp. 101-102.
4 - Maurini, S. Augustini opera
omnia, t. I, p. 1006.
5 - G. Morin, L'ordre des heures
canoniales dans les monastères de Cassiodore, in Revue Bénédictine, 43 (1931),
pp. 145-152.
6 - A. CASAMASSA, Note sulla "Regula
secunda Sancti Augustini", in Sanctus Augustinus vitae spititualis magister, I,
Roma 1958, pp. 357-389.
7 - DE BRUYNE, La première règle de
St. Benoîît, in Revue Bénédictine, 42 (1930), pp. 316-342.
8 - A. MANRIQUE, op. cit., pp.
465-474.
9 - L. Verheijn, op. cit., II, pp.
125-174.
Breve biografia di Alipio. (dal sito augustinians.net)
Sant’Alipio e san Possidio sono i due maggiori rappresentanti della eredità monastica di sant’Agostino. Alipio nacque a Tagaste (oggi Souk Ahras, Algeria). Con Agostino condivise gli errori della gioventù, la conversione, la vita religiosa e le fatiche dell’apostolato. Agostino lo chiama “fratello del mio cuore” e lo descrive come persona di indole religiosa, di grande nobiltà e imparzialità, amante della giustizia. Viaggiò in Oriente dove conobbe san Girolamo. Fu eletto vescovo della sua città verso il 394, ancor prima che Agostino divenisse vescovo di Ippona. Morì verso l’anno 430. Possidio fu il primo biografo di Agostino, e dichiara che visse «con lui in dolce familiarità per circa 40 anni». Fu eletto vescovo di Calama verso il 397. Per difendere i diritti della Chiesa africana si recò per ben due volte in Italia. Con Agostino ed Alipio partecipò ai Concili d’Africa. Possidio morì verso il 437. L’Ordine agostiniano li unisce nell’unica celebrazione fin dal 1671. Clemente X ne confermò il culto il 19 agosto 1672.
ORDO MONASTERII di ALIPIO
(Estratto da " Eugippio - La Regola *) "- Ed. Citta Nuova 2005.
I versetti 1-29 del 1° capitolo della Regola di Eugippio corrispondono esattamente all'Ordo Monasterii di Alipio.)
Link al testo latino con italiano a fronte
1. Prima di tutto, fratelli carissimi, amiamo Dio e, poi, anche il prossimo (cfr. Mt 22,27-40), perché questi sono i precetti dati a noi principalmente.
2. Ora, descriveremo come dobbiamo pregare o salmodiare, 3. cioè: nel mattutino si dicano tre salmi: il 62, il 5 e 1'89; 4. all’[ora] terza si dica un salmo con il responsorio, poi due antifone, una lezione e la preghiera conclusiva; in modo simile [si reciti] all’[ora] sesta e all’[ora] nona; 5. al lucernario, invece, un salmo responsoriale, quattro antifone, ancora un salmo responsoriale, una lezione e la preghiera conclusiva. 6. E a tempo opportuno, dopo il lucernario, stando tutti seduti, si leggano le lezioni; dopo questo, ancora, si dicano i salmi consueti prima di coricarsi 0). 7. Le preghiere notturne, invece, [sono le seguenti]: dodici antifone, sei salmi, tre lezioni, in novembre, dicembre, gennaio e febbraio; 8. dieci antifone, cinque salmi, tre lezioni, in marzo, aprile, settembre e ottobre; 9. otto antifone, quattro salmi, due lezioni, in maggio, giugno, luglio e agosto 1).
10. [I fratelli] lavorino dal mattino fino all’[ora] sesta 2), e dall’[ora] sesta fino all’[ora] nona si dedichino alla lettura, e all’[ora] nona restituiscano i codici; 11. e dopo il pasto lavorino fino all'ora del lucernario 3), o nell’orto, o dovunque sarà necessario 4).
12. Nessuno rivendichi alcunché come proprio, sia nei vestiti, sia in qualunque altra cosa, 13. poiché vogliamo vivere conformemente alla vita degli apostoli (cfr. At 4,32).
14. Nulla si faccia mormorando, per non perire con la stessa sentenza dei mormoratori (cfr. 1 Cor 10,10, Nm 14,1-37, Sal 94 (95),7-11).
15. [I fratelli] ubbidiscano fedelmente. Onorino il loro padre [subito] dopo Dio, al loro superiore diano la deferenza come si addice ai santi.
16. Seduti a mensa tacciano, ascoltando le letture 5). 17. Se [poi] ci fosse bisogno di qualcosa, se ne preoccupi il loro superiore 6). 18. Come è stato stabilito, il sabato e la domenica coloro che vogliono prendano del vino.
19. Se sarà necessario uscire a causa di qualche bisogno del monastero, escano in due. 20. Nessuno mangi o beva fuori del monastero senza il permesso; infatti, ciò non è conforme alla disciplina monastica. 21. Nel caso si mandino dei fratelli a vendere i prodotti del monastero, [questi] abbiano grande cura di non fare niente contro ciò che è prescritto, sapendo che è Dio che irritano nei suoi servi. 22. Qualora comprino qualcosa per le necessità del monastero, agiscano con cura e fedeltà, come servi di Dio.
23. Non ci siano tra di loro parole inutili. 24. Vadano al proprio lavoro fin dal mattino. Dopo le preghiere dell’[ora] terza ritornino allo stesso modo al proprio lavoro. 25. Non si fermino a intrecciare chiacchiere, a meno che non si tratti di qualcosa che sia utile all’anima, 26. ma tacciano mentre lavorano, eccetto che la necessità stessa del lavoro non esiga che si dica qualcosa.
27. Se qualcuno, però, non cercherà con tutte le [sue] forze, con l’aiuto della misericordia del Signore, di compiere questi [precetti], ma [li] disprezzerà con volontà caparbia, e dopo una ripetuta ammonizione non si sarà emendato, sappia che dovrà sottoporsi alla disciplina del monastero, come è necessario. 28. E se la sua età non lo impedisce, sia anche battuto 7).
29. Osservando, invece, fedelmente e piamente tutti questi [precetti] nel nome di Cristo, voi stessi farete progressi, e a noi ne deriverà una grande letizia per la vostra salvezza. Amen.
NOTE (ricavate da diversi testi, a cura del redattore del sito)
*).
EUGIPPIO. - Presbyter
(abate) del monastero di S. Severino in castro Lucullano presso Napoli,
nacque intorno al 460 o - al più tardi - intorno al 467 nel Noricum Ripense
o nella Raetia Secunda, le regioni dell'antico Impero romano
corrispondenti all'attuale Austria danubiana e all'attuale Baviera orientale.
Ancora molto giovane, entrò a far parte della Congregazione monastica fondata e
guidata nel Norico da s. Severino.
Come
presbyter
del monastero di S. Severino nel
castrum Lucullanum
Eugippio fu attivamente impegnato nel campo
letterario, in quello organizzativo e nell'opera di mentore; la sua produzione
ed i suoi legami sono indicativi anche delle sue scelte politiche.
Resse il monastero sino alla
morte, avvenuta in epoca a noi ignota, ma che deve comunque collocarsi tra il
532 ed il 543.
La Regula,
destinata - secondo quanto scrive Isidoro di Siviglia - ai monaci di Lucullano e
conservataci da un solo manoscritto, il cod. Paris. lat. 12634E della
Bibl. nationale di Parigi, proveniente dall'Italia meridionale e databile
attorno al 600. Identificata in maniera definitiva appena vent'anni or sono, fu
pubblicata nel 1976 da F. Villegas e da A. de Vogüé in Corpus
script. eccl. Lat.,
LXXXVII, Vindobonae 1976.
Eugippio scrisse la Regula verso
la fine della vita: Isidoro riferisce che l'aveva lasciata ai monaci "moriens
quasi testamentario iure". I due editori (pp. XVI s.) la collocano negli anni
fra il 530 e il 535. Dal punto di vista contenutistico, si tratta di un centone
ispirato a tutta una serie di regole monastiche di origine orientale e
occidentale: riporta infatti, nella versione integrale, la Regula di
Agostino; 41 riassunti delle Regole
di
Basilio, delle Institutiones di
Cassiano e le cosiddette Regula
Magistri.
Evidenti sono certe affinità fra la Regula di
Eugippio, i suggerimenti orali e la prassi monastica dei cenobi fondati da s.
Severino nel Norico; pur tuttavia è difficile giudicare il grado di dipendenza
di Eugippio dagli esempi del maestro.
0). I "salmi consueti prima di coricarsi" sono considerati come conosciuti dalla comunità. L'usanza della preghiera prima di coricarsi era già nel monachesimo della Tebaide. Si veda la Regola di sant'Antonio 80: "prima di andare a letto, prega molto". Ed anche nel monachesimo basiliano. Si veda Basilio, Regulae fusius tractatae 37,5: "All'inizio della notte avremo bisogno di pregare nuovamente per procurarci un riposo tranquillo e libero da sogni; in questo tempo si dirà ancora il salmo cinquantesimo".
1). Questa liturgia monastica ha un forte carattere orientale. Ciò confermerebbe l'ipotesi di L. Verheijen, secondo il quale Alipio avrebbe redatto l'Ordo monasterii dopo il viaggio in Palestina, immediatamente prima della sua consacrazione episcopale nel 394. (Da "Eugippio - la Regola")
Le denominazioni degli elementi di ogni Ora designano il modo in cui i salmi devono essere recitati. Secondo questa terminologia arcaica, psalmus indica che il salmo è cantato interamente da parte di tutti: psalmus responsorius o ad respondendum, significa che deve essere cantato da uno solo, mentre gli altri si accontentano di ascoltare. Antiphona, significa che il coro, ripartito in due gruppi, prende alternativamente parte alla salmodia. (Da "Revue Bénédictine" t.XLII, 1930)
2). A Roma la suddivisione del
giorno avveniva in due parti, dies (ore di luce) e nox (ore di buio); queste
ultime non erano considerate come parte del giorno, bensì come una specie di
"buco" tra un dies e quello successivo.
Le ore di luce (horae) erano dodici, suddivise in
tempus antemeridianum e pomeridianum dalla parte centrale della giornata,
meridies. Tuttavia la loro durata era assai variabile, tenendo conto che il
periodo soleggiato a fine giugno (solstizio estivo) andava dalle 4:30 alle
19:30, circa quindici ore, ma a fine dicembre (solstizio invernale) durava dalle
7:30 alle 16:30 (circa nove ore). E poiché le horae erano la dodicesima parte
del periodo di luce, a Roma l'ora poteva durare da un minimo di 45 minuti a un massimo
di un'ora e un quarto (con altre variazioni a seconda della latitudine).
Per ragioni militari, anche la notte era suddivisa in
quattro periodi di tre ore l'uno circa, detti vigiliae,che corrispondevano ai
turni di guardia delle sentinelle. Anche il dies era infatti suddiviso secondo
questo schema in altrettanti periodi di circa tre ore l'uno: hora tertia, hora
sexta, hora nona e hora duodecima (o vespera).
Tale suddivisione del giorno
in due parti di quattro periodi l'una, ciascuno dei quali di circa tre ore,
proseguì nel medioevo, dove assunse il carattere di ora canonica, sempre
suddivisa in otto periodi liturgici denominati mattutino, lodi, prima, terza,
sesta, nona, vespri e compieta (pur non coincidendo più esattamente coi turni
militari romani).
3). In latino lucernarium è l'ora di accendere le lampade: per questo motivo l'ufficio recitato al tramonto del sole ha preso questo nome. In questo contesto corrisponde all'ufficio dei vespri.
4). Questo orario è molto simile a quello esposto in un apoftegma dei Padri del Deserto che recita così: "Riferivano che chi viveva nel monastero delle Celle (situato a Nitria, a sud di Alessandria), seguiva la seguente regola: dormiva quattro ore per notte, sostava quattro ore per la sinassi e lavorava più di quattro ore. Durante il giorno lavorava ancora fino all’ora sesta, leggeva dalla sesta alla nona ora e intrecciava fronde di palma (per farne cesti od altri oggetti utili) per il suo sostentamento; in seguito, dopo l’ora nona, pensava al suo cibo. Considerava la propria cella come un accessorio (parergion). In questo modo riempiva la giornata." (Serie sistematica greca XX,14).
5). Come dice Cassiano, Istituzioni IV, 17: "Noi sappiamo che l’uso invalso e diffuso di tenere letture sacre durante la refezione dei fratelli non deriva da una regola dei monaci egiziani, ma dai cappadoci".
Si veda per esempio Basilio, Regulae brevius tractatae:
"Domanda 180: Con quale disposizione d’animo e quale attenzione dobbiamo
ascoltare quelli che ci fanno la lettura durante il pasto?
Risposta: Con maggiore piacere di quello che abbiamo nel mangiare e nel bere, affinché la mente non si mostri distratta nei piaceri del corpo, ma anzi goda di più delle parole del Signore che di essi, con la stessa disposizione d’animo di colui che disse: Sono più dolci del miele e del favo (Sal 18,11)".
6). Si veda ancora Cassiano, Istituzioni IV, 17: "In realtà, presso gli egiziani, e soprattutto presso i monaci di Tabennesi, tutti praticano un tale silenzio che, per quanto sia così grande il numero di coloro che insieme si recano e si siedono a mensa, nessuno oserebbe mettersi a parlare anche sottovoce, se si eccettua il capo d’ogni gruppo di dieci; se poi egli s’accorgerà che sia necessario recare qualche cosa alla mensa oppure ritirarla, interverrà, ricorrendo di preferenza a un segnale anziché alla voce".
7). L'unico esempio conosciuto in cui è stata inflitta questa punizione nelle comunità di sant'Agostino lo si trova nella Lettera 20* [290], 5 scritta ad Ippona nel 422-423: "C'era nel nostro monastero un tale che... per essere stato trovato a parlare da solo con alcune religiose in un'ora inopportuna era stato sottoposto alla fustigazione dal superiore e aveva quindi perso la reputazione". (Da "Saint Augustine - The Monastic Rules", Augustinian Heritage Institute 2004)
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22 luglio 2016 a cura
di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net