Regola di san Benedetto
Capitolo XLIX - La quaresima dei monaci: 1. Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale, 2. visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, 3. profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell'anno... 5. Perciò durante la Quaresima aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per es., preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere, 6. in modo che ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio "con la gioia dello Spirito Santo" qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione di fede; 7. si privi cioè di un po' di cibo, di vino o di sonno, mortifichi la propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo e attenda la santa Pasqua con l'animo fremente di gioioso desiderio.
QUARESIMA: RITORNARE ALL’ESSENZIALE
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Basilica di Santa Sabina
Mercoledì delle Ceneri, 22 febbraio 2023
Dal sito vatican.va
«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2
Cor 6,2). Questa espressione dell’Apostolo Paolo ci aiuta ad entrare
nello spirito del tempo quaresimale. La Quaresima è infatti il tempo
favorevole per ritornare all’essenziale, per spogliarci di ciò che ci
appesantisce, per riconciliarci con Dio, per ravvivare il fuoco dello
Spirito Santo che abita nascosto tra le ceneri della nostra fragile umanità.
Ritornare all’essenziale. È il tempo di grazia per mettere in pratica quello
che il Signore ci ha chiesto nel primo versetto della Parola che abbiamo
ascoltato: «Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ritornare
all’essenziale, che è il Signore.
Il rito delle ceneri ci introduce in questo cammino di ritorno e ci rivolge
due inviti: ritornare alla verità di noi stessi e ritornare a Dio
e ai fratelli.
Anzitutto, ritornare alla verità di noi stessi. Le ceneri ci
ricordano chi siamo e da dove veniamo, ci riconducono alla verità
fondamentale della vita: soltanto il Signore è Dio e noi siamo opera delle
sue mani. Questa è la nostra verità. Noi abbiamo la vita mentre Lui è
la vita. È Lui il Creatore, mentre noi siamo fragile argilla che dalle sue
mani viene plasmata. Noi veniamo dalla terra e abbiamo bisogno del Cielo, di
Lui; con Dio risorgeremo dalle nostre ceneri, ma senza di Lui siamo polvere.
E mentre con umiltà chiniamo il capo per ricevere le ceneri, riportiamo
allora alla memoria del cuore questa verità: siamo del Signore, apparteniamo
a Lui. Egli, infatti, «plasmò
l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita» (Gen
2,7): esistiamo, cioè, perché Lui ha soffiato il respiro della vita in noi.
E, come Padre tenero e misericordioso, vive anche Lui la Quaresima, perché
ci desidera, ci attende, aspetta il nostro ritorno. E sempre ci incoraggia a
non disperare, anche quando cadiamo nella polvere della nostra fragilità e
del nostro peccato, perché «Egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che
noi siamo polvere» (Sal 103,14). Riascoltiamo questo: Egli ricorda
che siamo polvere. Dio lo sa; noi, invece, spesso lo dimentichiamo,
pensando di essere autosufficienti, forti, invincibili senza di Lui; usiamo
dei maquillage per crederci migliori di quelli che siamo: siamo
polvere.
La Quaresima è dunque il tempo per ricordarci chi è il Creatore e chi la
creatura, per proclamare che solo Dio è il Signore, per spogliarci della
pretesa di bastare a noi stessi e della smania di metterci al centro, di
essere i primi della classe, di pensare che con le nostre sole capacità
possiamo essere protagonisti della vita e trasformare il mondo che ci
circonda. Questo è il tempo favorevole per convertirci, per cambiare sguardo
anzitutto su noi stessi, per guardarci dentro: quante distrazioni e
superficialità ci distolgono da ciò che conta, quante volte ci focalizziamo
sulle nostre voglie o su quello che ci manca, allontanandoci dal centro del
cuore, scordando di abbracciare il senso del nostro essere al mondo. La
Quaresima è un tempo di verità per far cadere le maschere che
indossiamo ogni giorno per apparire perfetti agli occhi del mondo; per
lottare, come ci ha detto Gesù nel Vangelo, contro le falsità e l’ipocrisia:
non quelle degli altri, le nostre: guardarle in faccia e lottare.
C’è però un secondo passo: le ceneri ci invitano anche a ritornare a Dio
e ai fratelli. Infatti, se ritorniamo alla verità di ciò che siamo e ci
rendiamo conto che il nostro io non basta a sé stesso, allora scopriamo di
esistere solo grazie alle relazioni: quella originaria con il Signore e
quelle vitali con gli altri. Così, la cenere che oggi riceviamo sul capo ci
dice che ogni presunzione di autosufficienza è falsa e che idolatrare l’io è
distruttivo e ci chiude nella gabbia della solitudine: guardarsi allo
specchio immaginando di essere perfetti, immaginando di essere al centro del
mondo. La nostra vita, invece, è anzitutto una relazione: l’abbiamo ricevuta
da Dio e dai nostri genitori, e sempre possiamo rinnovarla e rigenerarla
grazie al Signore e a coloro che Egli ci mette accanto. La Quaresima è il
tempo favorevole per ravvivare le nostre relazioni con Dio e con gli altri:
per aprirci nel silenzio alla preghiera e uscire dalla fortezza del nostro
io chiuso, per spezzare le catene dell’individualismo e dell’isolamento e
riscoprire, attraverso l’incontro e l’ascolto, chi ci cammina accanto ogni
giorno, e reimparare ad amarlo come fratello o sorella.
Fratelli e sorelle, come realizzare tutto ciò? Per compiere questo cammino –
ritornare alla verità di noi stessi, ritornare a Dio e agli altri – siamo
invitati a percorrere tre grandi vie: l’elemosina, la preghiera e il
digiuno. Sono le vie classiche: non ci vogliono novità in questa strada.
Gesù l’ha detto, è chiaro: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. E non si
tratta di riti esteriori, ma di gesti che devono esprimere un rinnovamento
del cuore. L’elemosina non è un gesto rapido per pulirsi la coscienza, per
bilanciare un po’ lo squilibrio interiore, ma è un toccare con le proprie
mani e con le proprie lacrime le sofferenze dei poveri; la preghiera non è
ritualità, ma dialogo di verità e amore con il Padre; e il digiuno non è un
semplice fioretto, ma un gesto forte per ricordare al nostro cuore ciò che
conta e ciò che passa. Quello di Gesù è un «ammonimento che conserva anche
per noi la sua salutare validità: ai gesti esteriori deve sempre
corrispondere la sincerità dell’animo e la coerenza delle opere. A che serve
infatti lacerarsi le vesti, se il cuore rimane lontano dal Signore, cioè dal
bene e dalla giustizia?» (Benedetto XVI, Omelia mercoledì delle Ceneri,
1° marzo 2006). Troppe volte, invece, i nostri gesti e riti non toccano la
vita, non fanno verità; magari li compiamo solo per farci ammirare dagli
altri, per ricevere l’applauso, per prenderci il merito. Ricordiamoci
questo: nella vita personale, come nella vita della Chiesa, non contano
l’esteriorità, i giudizi umani e il gradimento del mondo; conta solo lo
sguardo di Dio, che vi legge l’amore e la verità.
Se ci poniamo umilmente sotto il suo sguardo, allora l’elemosina, la
preghiera e il digiuno non rimangono gesti esteriori, ma esprimono chi siamo
veramente: figli di Dio e fratelli tra noi. L’elemosina, la carità,
manifesterà la nostra compassione per chi è nel bisogno, ci aiuterà a
ritornare agli altri; la preghiera darà voce al nostro intimo desiderio di
incontrare il Padre, facendoci ritornare a Lui; il digiuno sarà la palestra
spirituale per rinunciare con gioia a ciò che è superfluo e ci appesantisce,
per diventare interiormente più liberi e ritornare alla verità di noi
stessi. Incontro con il Padre, libertà interiore, compassione.
Cari fratelli e sorelle, chiniamo il capo, riceviamo le ceneri, rendiamo
leggero il cuore. Mettiamoci in cammino nella carità: ci sono dati quaranta
giorni favorevoli per ricordarci che il mondo non va rinchiuso nei confini
angusti dei nostri bisogni personali e riscoprire la gioia non nelle cose da
accumulare, ma nella cura di chi si trova nel bisogno e nell’afflizione.
Mettiamoci in cammino nella preghiera: ci sono dati quaranta giorni
favorevoli per ridare a Dio il primato nella vita, per rimetterci a
dialogare con Lui con tutto il cuore, non nei ritagli di tempo. Mettiamoci
in cammino nel digiuno: ci sono dati quaranta giorni favorevoli per
ritrovarci, per arginare la dittatura delle agende sempre piene di cose da
fare, le pretese di un ego sempre più superficiale e ingombrante, e
scegliere ciò che conta.
Fratelli e sorelle, non disperdiamo la grazia di questo tempo santo:
fissiamo il Crocifisso e camminiamo, rispondiamo con generosità ai richiami
forti della Quaresima. E al termine del tragitto incontreremo con più gioia
il Signore della vita, incontreremo Lui, l’unico che ci farà risorgere dalle
nostre ceneri.
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13 febbraio 2023 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net