Vigilia di Natale

Il dono della gioia – La nascita di Dio

Solennità del Natale

Celebrare un nuovo inizio

 

Estratto da "Una guida per l'Avvento", di Anselm Grün, Ed. Queriniana 2017

 


 

Vigilia di Natale

Il dono della gioia –

La nascita di Dio

 

Anche in me Natale, ovunque fosse, non è passato senza che dietro le mie palpebre chiuse per un secondo si diffondesse una luce indescrivibile.

Rainer Maria Rilke

* * *

Nascita di Cristo

Non avessi tu il candore, come potrebbe

accadere a te ciò che rischiara ora la notte?

Guarda il Dio dell’ira sopra i popoli

si fa mite e viene in te nel mondo.

 

Più grande te l’eri immaginato?

Cos’è la grandezza? Obliquamente attraverso ogni misura -

e tutte in sé le annulla - corre in linea retta il suo destino.

Una via così non l’ha neanche una stella.

Vedi, questi re sono grandi

 

ed innanzi al tuo grembo a te trascinano

 

tesori, quelli che ritengono i più grandi,

e tu stupisci forse a questi doni -:

 ma guarda, tra le falde del tuo panno,

come ora lui sul tutto passa oltre.

 

Tutta l’ambra che lontano, in mare, si trasporta,

 

ogni gioia d’oro e quell’aereo aroma che bruciando

si disperde nei sensi e si consuma:

di fulminea brevità fu tutto questo, e alla fine solo fu rimpianto.

 

Ma lo vedrai: Egli dà gioia.

Rainer Maria Rilke, composta nel 1912 al castello di Duino (da La vita di Maria)

 

Notte silenziosa

Nel silenzio della notte nasce Dio. Dio vuole nascere anche nel silenzio del nostro cuore. Perciò, in questa notte, serve il silenzio, perché possa diventare una notte santa. A Natale, Dio ha santificato la nostra notte con la nascita del suo Figlio. Per i Greci è sacro ciò che è sottratto al mondo, ciò su cui il mondo non ha potere. Nel silenzio ci sottraiamo al rumore di questo mondo. Lì sfioriamo il sacro in noi. La notte silenziosa di Natale vuole far tacere il frastuono interiore delle nostre paure, che spesso ci opprimono nei sogni, perché Dio nasca in noi. Là dove Dio è in noi, si crea uno spazio sacro. E in questo spazio sacro siamo già intatti e completi. Lì la nostra notte, che altrimenti è piena di paura e di buio, è diventata silenziosa e santa. In questo senso il canto di Josef Mohr e Franz Gruber, Stille Nacht, heilige Nacht, diffusosi in tutto il mondo, è espressione durevole del nostro anelito profondo alla felicità autentica, al paradiso perduto.

 

Notte santa

Oggi, schiacciando un interruttore, possiamo trasformare la notte in giorno chiaro. Eppure anche in noi c’è ancora la paura del buio della notte. La notte oggi è diventata un simbolo. Qualcuno dice che intorno a lui è notte fitta. La sua vita è andata in pezzi, tutto è privo di senso. La notte equivale alla depressione, in cui le persone continuano a incappare. Di colpo viene buio come in un tunnel. Tutto è nero, vuoto, assurdo. Non si vede la fine del tunnel. Ci si sente come paralizzati.

Proprio perché la notte è qualcosa di così pericoloso e minaccioso, gli esseri umani da sempre hanno cercato di trasformare le notti in qualcosa di sacro. Già i culti misterici, quindi, celebravano di notte le loro solennità. La Pasqua si celebra nella notte in cui Cristo ha vinto l’oscurità del sepolcro. In tedesco Natale prende il suo nome (Weihnachten) dall’espressione Geweihte Nacht, ‘notte consacrata’. Già i Germani conoscevano le notti consacrate, sante. Per loro erano le notti di mezzo inverno. Nel cuore dell’inverno, quando cadono le notti più lunghe dell’anno, hanno consacrato la notte agli dèi, l’hanno resa santa. Nelle dodici Rauhnächte, le notti tra Natale e l’Epifania, cercavano di proteggere le loro case e le loro fattorie con amuleti, con sostanze profumate e formule di scongiuro. E pregavano gli dèi di santificare quelle notti pericolose, così che non portassero più sventura, ma salvezza, felicità, salute, salvezza. La parola tedesca heilig, ‘santo, sacro ’, non significa soltanto intatto e completo, ma probabilmente risale anche all’idea di «incantesimo, presagio favorevole, fortuna». Quando si santificavano le notti, le si voleva rendere magiche, perché portassero fortuna.

 

I cristiani di area germanica, quindi, individuarono nella parola Weihnacht, comune tra i loro antenati, il termine migliore per esprimere il mistero della nascita di Cristo. Quando Cristo nasce nel cuore della notte, la nostra notte viene davvero resa magica, diventa una notte che porta fortuna e felicità, una notte santa. Siccome la chiesa volutamente ha diffuso il proprio annuncio del Natale contrapponendolo alla paura dei Germani delle notti dopo il solstizio d’inverno, le anime germaniche ne furono toccate in profondità. Perciò è comprensibile che, in area germanica, il Natale si sia impresso nei cuori più a fondo della Pasqua, che pure è la più solenne festa cristiana. Evidentemente, con l’immagine della Notte santa, si dava una risposta liberatoria e benefica alla paura dei Germani delle loro notti demoniache. Cristo ha trasformato la loro notte, perché, in quanto luce, illumina la notte per l’eternità.

Tieni consapevolmente la luce di Natale nella tua notte, nella notte della tua depressione, nella notte della tua mancanza di senso, nelle notti insonni in cui attendi con impazienza il mattino. E immagina che anche la tua notte diventi una notte consacrata, una notte sacra, una notte santa.

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Nascita di Dio nel cuore

Per Meister Eckhart la nascita di Dio avviene così: «Nell’essenza più intima dell’anima, nella scintilla della ragione, avviene la nascita di Dio. In ciò che di più puro, di più nobile e di più delicato sa offrire l’anima, là deve essere: in quel profondo silenzio, dove mai è giunta una creatura o un’immagine».

In te c’è un luogo di puro silenzio, che non è toccato dal fragore del mondo, che non è toccato dai molti pensieri e emozioni che ci sopraffanno continuamente. In questo spazio del silenzio Dio vuole nascere in te. Quando Dio nasce in te, entri in contatto con il tuo Sé autentico, con l’immagine intatta e genuina di Dio dentro di te. Allora la tua vita diventa davvero nuova e santa e luminosa. Allora dentro di te c’è la sorgente della vita, a cui puoi sempre tornare ad attingere.

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Diventa autenticamente umano

 

Il Natale ci sfida a vivere in maniera consona alla nostra dignità divina. Dio, però, si è fatto anche uomo, perché smettiamo di voler essere come Dio. La divinizzazione ci libera dalla coazione ad atteggiarci a Dio.

Natale ti mostra come anche tu puoi diventare autenticamente umano. Cristo è sceso dal cielo. Il primo passo consiste nell’avere il coraggio di scendere nella tua umanità e terrestrità. Sei preso dalla terra. La pesantezza della terra ti è attaccata addosso. Il tuo corpo ti ricorda giorno dopo giorno la tua terrestrità. È una cosa che devi accettare. Devi scendere in ciò che è buio e freddo dentro di te, nella tua lacerazione, nella pulsionalità e nella povertà morale. Soltanto chi scende sulla terra può salire al cielo.

 


 

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Celebrare un nuovo inizio

 

Natale significa: il Bambino che giace nella mangiatoia ci invita a entrare in contatto con il Fanciullo divino dentro di noi.

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Una benedizione per il Natale

Il Dio buono e misericordioso, che ha preso un volto umano nel Bambino nella mangiatoia, ti benedica. Ricolmi il tuo cuore di gioia per la nascita del Bambino, che promette anche a te che tutto si volgerà al bene per te e in te. Ti doni l’amore dolce del bambino, perché tu possa accettare amorevolmente ogni cosa che è in te e perché tu possa vedere con gli occhi dell’amore la tua famiglia e i tuoi amici e amiche. La luce soffusa delle candele del Natale illumini la tua casa e ne scacci tutti gli elementi di durezza e condanna. La pace che gli angeli hanno annunciato a Natale possa scendere anche sulla tua casa e unire gli uni agli altri tutti quelli che sono in questa casa. L’angelo della fiducia ti accompagni lungo tutte le tue vie e ti rinvigorisca in tutto ciò che prendi in mano. Sii benedetto e custodito; sii fiducioso e pieno di speranza. La mano benedicente di Dio sia sempre su di te e ti protegga. Ti dia la certezza che la tua vita va a buon fine, che Dio ti alleggerisce da ogni peso del passato e ti dona un nuovo inizio. Ti benedica quindi il Padre, che ti protegge, il Figlio, che ti accompagna lungo le tue vie, e lo Spirito Santo, che ti riempie d’amore. Amen.

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Nello splendore di luce del Signore

Gli angeli ci mostrano che non siamo lasciati soli in questo mondo. Ciascuno, almeno una volta nella vita, fa l’esperienza degli angeli. L’angelo custode protegge qualcuno da un incidente. Una persona diventa un angelo per qualcun altro, dicendogli la parola giusta al momento giusto. Nel racconto del Natale, Luca ci narra che un angelo andò dai pastori che vegliavano nei loro campi: «Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2,9). Con l’angelo, nella loro notte irrompe la gloria di Dio. Ai pastori nei campi viene trasmesso qualcosa dello splendore di luce che si irraggia dal Bambino nella mangiatoia di Betlemme. Non esistono raffigurazioni del Natale senza angeli. Gli angeli cantano inni di lode. Suonano degli strumenti. Adorano il Bambino. Gli angeli del Natale, che ci trasmettono la Buona Notizia e che, allo stesso tempo, muovendo le ali cantano la nascita del Bambino, ci comunicano qualcosa della leggerezza dell’essere. Fanno rivivere anche il bambino in noi, perché prendiamo la vita più alla leggera, con più speranza e più gioia.

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Festeggiamo in letizia

Martin Lutero ha composto il celebre canto di Natale Vom Himmel hoch da komm ich her [«Dall’alto del cielo vengo qui»]. Nella settima strofa ci esorta: «Lasciateci essere lieti ed entrare coi pastori, a vedere che cosa ci ha donato Dio, con il suo caro Figlio ci ha onorato». Dio ha agito su di noi. Per Lutero è proprio questa l’essenza del mistero del Natale: Dio stesso ha preso l’iniziativa. Ci ha donato il suo Figlio e, in lui, il suo amore tenero, la sua promessa di accettarci incondizionatamente. Perciò dobbiamo vivere come cristiani lieti. Dio, infatti, ci ha preparato il vero scambio di dono: ci ha donato suo Figlio, con lui ci ha fatto onore e in lui ha ripristinato il nostro splendore originario e la nostra bellezza divina.

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«Buon Natale!»

Natale è il tempo degli auguri. Ci auguriamo a vicenda «Buon Natale» - e intendiamo con questo tutt’altra cosa o molto più delle cose che ci sono sul tavolo dei regali o sotto l’albero. Ci congratuliamo gli uni con gli altri per questa festa. Congratulare viene dalla parola latina gratia, che significa «favore, ringraziamento, leggiadria, grazia divina». Alla nascita di Gesù, l’angelo ha promesso pace «agli uomini che egli ama» (Lc 2,14), nella versione tedesca «den Menschen seiner Gnade» (lett. «agli uomini della sua grazia»). Ci auguriamo a vicenda di rallegrarci di questa festa e di sperimentare qualcosa della grazia che si è riversata su di noi nella nascita di Gesù. Nel Bambino nella mangiatoia è apparsa per noi la leggiadria, l’amore tenero del nostro Dio. È un motivo sufficiente per augurarsi buon Natale. Ci auguriamo a vicenda che la notte santificata dalla nascita di Gesù scacci le nostre molte notti oscure e che riempia le nostre notti di gioia. In Italia a Natale ci si augura «Buon Natale», una buona festa della nascita. In questo augurio si sente un’eco del fatto che non ci auguriamo felicità soltanto per la nascita del Dio buono, ma anche che speriamo che possa riuscire la nostra nascita, la nostra personale umanizzazione.

 

La strada va verso l’interno

Il Bambino nella mangiatoia vuole invitarti ad amarti, a trattarti con amorevolezza, a perdonarti le tue manchevolezze infantili e a riconciliarti con il fatto che sei come sei. C’è bisogno del sorriso di un bambino per poterti accettare e amare, il fine senso dell’umorismo di una persona rimasta bambina nel cuore. Chi si prende troppo sul serio o deve farsi grande e atteggiarsi a personalità importante, oppure disprezza se stesso e si fa più piccolo di quello che in realtà è. Amare te stesso significa amarti così come sei diventato. Soltanto così puoi diventare come Dio ti ha pensato e ciò a cui Dio ti ha chiamato.

 

Lasciati introdurre dagli angeli del Natale alla leggerezza dell’essere, alla gioia di vivere. Lasciati dire da loro che Dio si compiace di te. Forse anche a te cresceranno le ali e potrai alzarti con loro oltre la grigia realtà, così che il cielo si aprirà su di te. Tra i molti angeli nelle raffigurazioni del Natale di sicuro ce n’è uno che è destinato a te, per annunciare soltanto a te la grande gioia che per te è nato il Salvatore. È il Messia che ti libera dalle catene che ti impastoiano e ti impediscono di vivere, il Signore che ti è fedele e ti assiste, perché la tua vita riesca bene.

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Benedizione per il mondo

Il canto è una delle grandi gioie in questo tempo di Natale. Questo canto sulla soglia di un nuovo anno è, in realtà, la prova di un atteggiamento che vogliamo mantenere. Cantare ci sveglia e ci rende a maggior ragione vitali. Questa vitalità vigile non è forse l’atteggiamento con cui vogliamo andare incontro a ogni cosa che ci aspetta?

Quanto sia importante quest’atteggiamento, non soltanto per noi stessi, ma per il bene del mondo, è stato espresso così da Howard Thurman (1899-1981): «Non chiederti di che cosa abbia bisogno il mondo. Chiediti che cosa risveglia la tua vitalità e accingiti a farlo.

Perché ciò di cui ha bisogno il mondo sono persone vigili, vive».

Persone del genere guardano la sofferenza del mondo e i loro occhi conoscono lacrime brucianti che scorrono verso l’interno. Capiscono però Agostino quando dice: «Guarda il tutto: loda il tutto!». E per questo conoscono dentro di sé anche un canto che continua a risuonare quando si è spento il canto degli angeli del Natale.

Howard Thurman scrive anche di questo:

«Quando si è spento il canto degli angeli,

quando in cielo non brilla più la stella,

quando i re e i saggi sono tornati a casa,

quando i pastori hanno ripreso

a pascolare le loro greggi,

incominciano le vere azioni del Natale:

trovare gli smarriti,

guarire gli spezzati,

nutrire gli affamati,

liberare i prigionieri,

ricostruire le nazioni,

portare pace alle genti

e cantare nel cuore».

 

Ciò che è incominciato con il canto degli angeli alla fine diventa il canto nel cuore degli esseri umani. In questo canto si esprime la vitalità vigile, l’unica con la quale possiamo realizzare ciò che celebriamo nel Natale - guarire, liberare, portare la pace nel mondo - e tutto ciò non da cupi riformatori del mondo, ma per gioia, gioiosamente, lodando Dio, nonostante tutti i colpi di martello del proprio destino e del destino del mondo.

 

Del cuore umano che canta in questo modo, Rilke dice:

«Il nostro cuore resiste tra i colpi

come la lingua in mezzo ai denti, che tuttavia

continua il suo canto di lode».

 

Come benedizione per il nostro povero mondo auguro a tutti noi un cuore così cantante - in questo tempo di festa, ma anche in ogni giorno dell’anno che verrà.

David steindl-Rast

 

 


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18 dicembre 2021     a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net