Discorsi sull’Avvento

San Bernardo Abate

Estratti da “L'ora dell'ascolto - Unione Monastica Italiana per la Liturgia” - Edizioni Piemme 1997



 

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio

Discorso 1

Il dono dell’Avvento

Discorso 4

Il Verbo di Dio verrà in noi

Discorso 5

Gerusalemme, non piangere, perché la tua salvezza è vicina

Discorso 10-11

 

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.

Discorso 1 per l’Avvento 9-10

 

Riflettiamo sul tempo in cui venne il Salvatore. Penso che non lo ignoriate: venne non all’inizio dei tempi, né verso la metà, ma alla fine. Non senza ragione la divina sapienza sapientemente dispose di portare il suo aiuto quando era più necessario: non ignorava che i figli di Adamo sono facili all’ingratitudine.

Scendeva la sera e il giorno già volgeva alla fine: il Sole di giustizia era quasi scomparso, tanto che il suo splendore e il suo calore erano molto deboli sulla terra. La luce della conoscenza di Dio era esigua e, per il dilagare dell’iniquità, il fervore della carità si era raffreddato.

Nessun angelo più appariva, non un profeta che parlasse: desistevano come vinti dalla delusione, per l’eccessiva durezza d’animo e caparbietà degli uomini. «Allora ho detto», parola del Figlio, «Ecco, io vengo» (Sai 39, 8). Nell’ora più adatta scese l’Eterno, quando più gravemente prevaleva nel mondo la cura delle cose temporali.

Anche la pace politica in quel tempo era così quieta, che per il censimento di tutto il mondo bastò l’editto di un sol uomo. Voi conoscete già la persona di Colui che viene, il luogo di provenienza, la destinazione: non ignorate la causa e il tempo della sua venuta. Rimane da cercare per quale via egli venga, e dobbiamo informarcene con diligenza, per potergli andare incontro in modo conveniente.

In realtà, come è venuto una volta, visibile nella carne, a operare la salvezza sulla terra, ora viene ogni giorno in modo spirituale e invisibile, a salvare le singole anime come sta scritto: «Il nostro respiro è l’Unto del Signore» (Lam 4, 20). E perché tu comprenda che questa venuta è nascosta e spirituale, dice: «Alla sua ombra vivremo fra le nazioni».

Perciò è giusto che se il malato non può andare molto lontano incontro al medico, cerchi almeno di alzare il capo e di sollevarsi alquanto verso colui che viene. Non ti è chiesto, o uomo, di varcare i mari; non è necessario salire sulle nubi o valicare le montagne. Ti è indicata una strada non lunga: va incontro al tuo Dio dentro te stesso. «Poiché vicina a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore» (Rm 10, 8). Va’ incontro a lui con la compunzione del cuore e la confessione sulle labbra, per uscire almeno dal letamaio della tua coscienza miserabile; sarebbe cosa indegna che vi entrasse l’Autore della santità.

 

Il dono dell’Avvento

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.

Discorso 4 sull’Avvento 1.3-4

 

Fratelli, celebrate come si conviene, con grande fervore di spirito, l’Avvento del Signore, con viva gioia per il dono che vi viene fatto e con profonda riconoscenza per l’amore che vi viene dimostrato.

Non meditate però solo sulla prima venuta del Signore, quando egli entrò nel mondo per cercare e salvare ciò che era perduto, ma anche sulla seconda, quando ritornerà per unirci a sé per sempre.

Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda.

«E giunto infatti il momento», fratelli, «in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio» (i Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che attualmente rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o piuttosto, tema il Giudice futuro dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora a un giusto giudizio, siamo sicuri, e «aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (FU3, 20-21). «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» {Mt 13, 43).

«Il Salvatore trasfigurerà» con la sua venuta «il nostro misero corpo per con-

formarlo al suo corpo glorioso» solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al suo il nostro cuore. Per questo dice: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mi 11, 29). Considera in queste parole la doppia specie di umiltà, quella di conoscenza e quella di volontà.

Quest’ultima qui viene chiamata umiltà di cuore. Con la prima conosciamo il nostro niente, come deduciamo dall’esperienza di noi stessi e della nostra debolezza. Con la seconda rifiutiamo la gloria fatua del mondo. Noi impariamo l’umiltà del cuore da colui che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (FU2, 7), da colui che quando fu cercato per essere fatto re, fuggì; invece quando fu ricercato per essere coperto di oltraggi e condannato all’ignominia e al supplizio della croce, si offrì di sua spontanea volontà.

 

Il Verbo di Dio verrà in noi

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.

Discorso 5 sull’Avvento 1-3

 

Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca infatti tra le altre due che sono manifeste. Nella prima il Verbo fu visto sulla (erra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3, 6) e «guarderanno a colui che trafissero» (Zc 12, 10). Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate. Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ulti- ma verrà nella maestà della gloria.

Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione.

Ma perché ad alcuno non sembrino forse cose inventate quelle che stiamo dicendo di questa venuta intermedia, ascoltate lui: Se uno mi ama, - dice - conserverà la mia parola: e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui (cfr. Gv 14, 23). Ma che cosa significa: Se uno mi ama, conserverà la mia parola? Ho letto infatti altrove: Chi teme Dio, opererà il bene (cfr. Sir 13, 1), ma di chi ama è detto qualcosa di più: che conserverà la parola di Dio. Dove si deve conservare? Senza dubbio nel cuore, come dice il Profeta: «Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato» (Sai 118, 11).

Poiché sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei tuoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo pane, perché il tuo cuore non diventi arido e la tua anima sia ben nutrita del cibo sostanzioso.

Se conserverai così la parola di Dio, non c’è dubbio che tu pure sarai conservalo da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1 Cor 13, 49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l’ha creato, tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà.

 

Gerusalemme, non piangere, perché la tua salvezza è vicina

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.

Discorso 10-11 per l’Avvento

 

Il profeta consola la città santa di Gerusalemme ancora esule nella più squilli) da miseria: Non piangere perché la tua salvezza è vicina (cfr. Is 40,1.10). Infatti «sui fiumi di Babilonia là sedevamo piangendo» (Sai 136,1). Babilonia è la confusione. In Babilonia siedono e piangono i cittadini di Gerusalemme, che pur non essendo confusi nelle azioni tuttavia lo sono nei pensieri, volendo ma non potendo rivolgere 1 occhio della mente a Dio, perché, sebbene malvolentieri, sono distratti da cose vane.

Dunque i fiumi di Babilonia sono le cattive abitudini che si ripresentano dolci al nostro ricordo; scorrono tuttavia, e quelli che ingannano li trascinano con sé nel mare del secolo.

Ma «siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!» (1 Cor 13,57); perché, se le cattive consuetudini si insinuano, noi non ci fermiamo in esse, ma sediamo sui fiumi di Babilonia, perché l’anima nostra tacque di fronte alle dolcezze e agli allettamenti della vita secolare, divenne sorda ai nuovi inviti e si irrigidì di fronte alle lusinghe.

Ostacolati dunque da queste vanità, non fa meraviglia se piangiamo ricordando Sion, cioè riportando alla memoria la dolcezza e il diletto che pregustano coloro che meritano di contemplare senza veli la gloria di Dio. E tuttavia «se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male» se tu sei con me; anzi «non temerei perché tu sei con me» (Sai 22,4). E come presumo di sperare ciò? Perché la verga della tua correzione e il bastone del tuo sostegno mi consolano.

Anche se mi correggi e reprimi la mia superbia riducendomi nella polvere della morte, tuttavia sostieni la mia vita, facendo in modo che non cada nella fossa di morte.

Non trascurerò la legge del Signore, né mi irriterò quando mi riprenderà. So infatti che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28). Dunque, con impazienza? No, sopportando pazientemente. Perché? «Per volere di colui che l’ha sottomessa» nella speranza (Rm 8,20). Infatti, la stessa creatura sarà liberata dalla schiavitù del male per raggiungere la libertà della gloria dei figli di Dio.

Dunque, Gerusalemme, non piangere, perché la tua salvezza è vicina (cfr. Rm 13,11). «Se indugia» a tuo riguardo tuttavia «non tarderà» (Ab 2,3), perché «ai suoi occhi mille anni sono come il giorno di ieri che è passato» (Sal 89,4).

 


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8 dicembre 2023      a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net