CIPRIANO: LA PREGHIERA DEL SIGNORE

 

Estratto da "Preghiere dei primi Cristiani" di Adalberto Hamman - Ed. Vita e Pensiero

 

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LA NOSTRA PREGHIERA
SIA PUBBLICA E COMUNITARIA (8)

ANZITUTTO il Signore della pace e dell’unità non ha voluto che pregassimo individualmente e a parte, affinché colui che prega non preghi solo per sé. Non diciamo : Padre mio che sei nel cielo, né dammi il mio pane quotidiano. E ognuno non prega solo per sé che Dio gli rimetta il suo debito; o che non lo induca in tentazione e lo liberi dal male.
La nostra preghiera è pubblica e comunitaria, e quando preghiamo, non preghiamo per uno solo, ma per tutto il popolo, perché con tutto il popolo noi siamo uno. Il Dio della pace e il Signore della concordia, che ci insegna l’unità, ha voluto che ognuno pregasse per tutti, come Egli stesso ci ha tutti portati in uno.

I tre fanciulli nella fornace hanno osservato questa legge della preghiera : erano uniti nella preghiera e formavano un solo coro. La Scrittura ce lo attesta e, nel riferirci il loro modo di pregare, ci offre un esempio da imitare nella preghiera affinché possiamo somigliare a loro. Essa dice : Quei tre allora quasi con una sola bocca cantavano e benedicevano Iddio (Daniele III, 51).

Parlavano quasi con una sola bocca, e tuttavia il Cristo non aveva ancora insegnato loro a pregare. La loro supplica fu potente ed efficace, perché una preghiera serena, semplice e spirituale obbliga Dio. Tutti, è detto, con un sol cuore perseveravano nella preghiera, insieme con alcune donne, tra cui Maria, la Madre di Gesù, e i suoi fratelli (Atti I, 14).

Con un sol cuore perseveravano nella preghiera, il che manifesta ad un tempo il loro ardore e la loro unità. Poiché Iddio, che riunisce nella stessa casa quelli che hanno un solo cuore, accetta nelle sue divine ed eterne dimore solo coloro che pregano in comunione gli uni con gli altri.


DICIAMO «PADRE»
PERCHÉ SIAMO DIVENTATI FIGLI (9)

Come sono numerose e grandi le ricchezze della preghiera del Signore! Sono riunite in poche parole ma di una densità spirituale inesauribile, al punto che niente di tutto ciò che deve costituire la nostra preghiera manca in questo riassunto della dottrina celeste. È detto: Pregate così: Padre nostro che sei nei cieli.

L’uomo nuovo, che è rinato e reso a Dio per la grazia, dica anzitutto : Padre, perché è diventato figlio. È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto. Ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome (Giovanni I, 12). Colui che ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio deve cominciare col rendere grazie e professare che è figlio di Dio. E quando chiama Padre il Dio dei cieli, con questo attesta che rinunzia al padre terreno e carnale della sua prima nascita per riconoscere un solo Padre che è nei cieli. È scritto infatti : Quelli che dicono al padre e alla madre « non ti conosco », e non riconoscono i loro figli, questi hanno osservato la tua parola e custodito la tua alleanza (Deuteronomio XXXIII, 9).

Anche il Signore ci ordina nel Vangelo di non chiamare nessuno sulla terra « padre », poiché abbiamo un solo Padre che è nei cieli. Al discepolo che ricorda il padre morto, risponde: Lascia che i morti seppelliscano i morti {Matteo VIII, 22). Il discepolo parlava di un padre morto, mentre il Padre dei credenti è vivo.


DIO È PADRE DI COLORO CHE CREDONO
E SONO RINATI PER OPERA SUA (10)

Fratelli amatissimi, non basta prendere coscienza che noi invochiamo il Padre che è nei cieli. Aggiungiamo: Padre nostro, cioè padre di quelli che credono, di quelli che sono stati da lui santificati e sono rinati per la grazia spirituale: quelli hanno cominciato ad essere figli di Dio.

Questa parola è una bestemmia e una critica per gli Ebrei. Costoro nella loro infedeltà hanno disprezzato il Cristo che fu loro annunziato dai profeti e inviato anzitutto per loro; e per giunta lo hanno crudelmente condannato a morte. Non possono chiamare più Dio loro Padre perché il Signore ribatté per loro confusione: Voi avete il diavolo per padre e i desideri di vostro padre volete compiere. Egli era omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità perché non ha verità in sé (Giovanni VIII, 44).

E per mezzo del profeta Isaia, Dio grida indignato :


Ho nutrito dei figli e li ho allevati,
e si sono rivoltati contro di me.
Il bue conosce il suo padrone,
e l’asino la stalla del suo signore;
ma Israele non mi conosce.
E il mio popolo non ha intelligenza.
Guai alla nazione peccatrice, al popolo
carico di iniquità,
alla razza dei malvagi, ai figli corrotti.
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato
il Santo d’Israele. (Isaia I, 2-4).

 

Per biasimarli, i cristiani dicono pregando : Padre nostro; infatti egli ha cominciato a diventare nostro e ha cessato di essere quello degli Ebrei, che l’hanno abbandonato. Il popolo prevaricatore non può essere figlio; ma quelli ai quali furono rimessi i peccati, meritano questo titolo e ricevono la promessa dell’eternità, secondo la parola del Signore: Colui che commette il peccato è schiavo del peccato. Lo schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta in eterno.

SE DIO È PADRE
DOBBIAMO COMPORTARCI DA FIGLI (11)

Quanto è grande la misericordia del Signore, quanto è grande il suo favore e la sua bontà, per farci pregare così in presenza di Dio fino a chiamarlo Padre! E come il Cristo è Figlio di Dio, così anche noi siamo chiamati figli. Nessuno di noi avrebbe mai osato adoperare questa parola nella preghiera: bisognava che il Signore stesso ci incoraggiasse.

Ma bisogna che ci ricordiamo, o fratelli carissimi, quando chiamiamo Dio nostro Padre, che dobbiamo comportarci da figli di Dio. Se ci compiacciamo in Dio, nostro Padre, anche lui deve potersi compiacere di noi. Dobbiamo essere come i templi di Dio in cui gli uomini possano incontrare la sua presenza. La nostra condotta non deve tradire lo Spirito; abbiamo cominciato a diventare celesti e spirituali, dobbiamo pensare ad operare tutto ciò che è celeste e spirituale.

Lo stesso Signore Iddio ha detto: Onorerò quelli che mi onorano, ma quelli che mi disprezzano saranno disprezzati (1 Re II, 30). L’Apostolo dice nella sua lettera: Non appartenete più a voi. Siete stati comprati a gran prezzo. Glorificate e portate Dio nel vostro corpo (1 Corinti VI, 19).

PREGHIAMO
PERCHÉ LA SANTITA’ RESTI IN NOI (12)

E dopo diciamo: Sia santificato il tuo Nome. Non che auguriamo a Dio che sia santificato dalle nostre preghiere, ma gli chiediamo che il suo nome sia santificato in noi. Chi potrebbe santificare Dio, dato che è lui che santifica? Ma ispirandoci a quelle parole: Siate santi perché io sono santo (Levitico XX, 26), chiediamo che santificati dal battesimo noi perseveriamo in quello che abbiamo cominciato ad essere. E questo, lo chiediamo ogni giorno. È necessario santificarci ogni giorno, perché ogni giorno cadiamo; dobbiamo purificare i nostri peccati con una santificazione continuamente rinnovellata. Gli aspetti di questa santità, che dobbiamo alla condiscendenza divina, sono espressi da quel testo dell’Apostolo: Né impudichi, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né infami, né ladri, né avari, nemmeno ebbri, calunniatori o scrocconi entreranno nel regno di Dio. E questo voi siete; ma siete stati purificati, ma siete stati giustificati, ma siete stati santificati per il Nome del Signore Gesù Cristo e per lo Spirito del nostro Dio (1 Corinti VI, 9-11).

Egli ci dichiara dunque santificati per il nome di nostro Signore Gesù Cristo e per lo Spirito del nostro Dio. Ricorriamo dunque alla preghiera affinché resti in noi tale santità. Ricordiamoci che il nostro Signore e Giudice ha ordinato all’uomo che aveva appena guarito e reso alla vita, di non peccare più, perché non gli capitasse peggio ancora (Giovanni V, 14); per questo domandiamo continuamente, preghiamo giorno e notte, onde poter conservare col soccorso di Dio, la santità e la vita che dobbiamo alla sua grazia divina.

DOMANDIAMO
CHE VENGA IL REGNO PROMESSO DA DIO (13)

La preghiera prosegue : Venga il regno tuo. Chiediamo che per noi sia reso presente il regno, come desideravamo che fosse santificato in noi il suo nome. Può Dio non regnare? Quando potrebbe incominciare quel che è sempre esistito e che non può finire? Preghiamo per l’avvento del regno promesso, acquisito a noi col sangue e la passione del Cristo. Prima eravamo schiavi; chiediamo di regnare, sotto la sovranità del Cristo. Egli stesso ce l’ha promesso, quando diceva : Venite, o benedetti di mio Padre, prendete possesso del regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo (Matteo XXV, 34).

Può darsi anche, fratelli diletti, che il regno di Dio significhi il Cristo in persona, lui che invochiamo ogni giorno con le nostre preghiere e di cui vorremmo affrettare l’avvento con la nostra attesa. Siccome è la nostra resurrezione — perché in lui risuscitiamo — egli può anche essere il regno di Dio, perché in lui regneremo.

A buon diritto domandiamo il regno di Dio, cioè il regno del cielo, che comprende anche il regno della terra. Ma colui che ha disprezzato il secolo è al disopra dei suoi onori e dei suoi regni. Per questo colui che si è dato a Dio e al Cristo non aspira ai regni della terra, ma a quelli del cielo.

Abbiamo continuamente bisogno di pregare, per non perdere il regno del cielo, come capitò agli Ebrei, ai quali fu dapprima promesso e invece essi lo perdettero, secondo quanto dice il Signore: Molti verranno dall'oriente e dall’occidente a prendere posto nel banchetto con Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridore di denti (Matteo VIII, 11).

Egli mostra con ciò che gli Ebrei erano i figli del regno fino a quando restarono figli di Dio. Quando cessò la paternità di Dio, cessò pure il regno. Per questo, noi cristiani, che nella nostra preghiera abbiamo chiamato Dio, nostro Padre, preghiamo anche perché il suo regno venga in noi.

PREGHIAMO PERCHÉ LA SUA VOLONTÀ
SIA FATTA IN NOI (14)

Aggiungiamo : Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Non che Dio faccia quello che vuole, ma che noi possiamo fare quello che egli vuole. Chi può impedire a Dio di fare ciò che vuole? Ma siamo contrariati dal demonio, che ci impedisce di obbedire in ogni cosa, interiormente ed esteriormente, alla volontà di Dio. Per questo chiediamo che la sua volontà si compia in noi; ma perché essa si compia, è necessario il suo aiuto. Nessuno è forte per le proprie risorse, ma la sua forza è nella bontà e nella misericordia di Dio.

Il Signore stesso manifesta la debolezza che aveva assunta, quando dice : Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice (Matteo XXVI, 39). E per provare ai suoi discepoli che non faceva la propria volontà, ma quella di Dio, aggiunge : Però non si compia la mia, ma la tua volontà (Luca XXII, 24). In un altro passo precisa : Sono disceso dal cielo per fare non la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato (Giovanni VI, 38).

Se il Figlio si è preoccupato di fare la volontà del Padre, con quanta maggior ragione deve il servo affrettarsi a fare la volontà del Signore, come ci esorta Giovanni nella sua epistola, quando dice : Non amate né il mondo né quel che è nel mondo. Se qualcuno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Nulla di quanto esiste nel mondo, infatti — concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi, orgoglio del secolo — nulla di ciò viene dal Padre, ma viene dal mondo. Ora il mondo passerà con la sua concupiscenza, ma colui che fa la volontà di Dio vive in eterno, perché Dio vive in eterno. (1 Giovanni II, 15-17).

Quelli che vogliono vivere in eterno debbono dunque fare la volontà di Dio che è eterno.

LA VOLONTÀ DI DIO E’ QUELLA
CHE IL CRISTO HA FATTO E INSEGNATO (15)

La volontà di Dio è quella che il Cristo ha fatto e insegnato. L’umiltà nel portamento, la solidità della fede, la modestia nelle parole, la giustizia negli atti, la misericordia nelle opere, la disciplina nei costumi; non fare il male, sopportare il male che ci fanno, conservare la pace con i fratelli, amare Dio con tutto il cuore, amarlo perché Padre, e temerlo perché Dio; non preferire nulla al Cristo, perché egli ci ha preferiti a tutto, aderire immancabilmente alla sua carità, tenerci sotto la croce con coraggio e fiducia; quando si tratta di dare battaglia per il suo nome o per il suo amore, essere costanti nelle parole, per dar prova di fede nelle difficoltà, onde sostenere la lotta; e di pazienza nella morte, onde ottenere la corona. Ecco quel che significa volere essere coerede del Cristo, adempire il precetto di Dio, fare la volontà di Dio.

PREGHIAMO CHE LA VOLONTÀ DI DIO
SI FACCIA SULLA TERRA COME IN CIELO,
CIOÈ NELLO SPIRITO E NEL CORPO (16)

Domandiamo che la volontà di Dio si faccia in cielo come sulla terra, perché l’uno e l’altra contribuiscono al compimento della nostra salvezza. Il corpo è della terra, lo spirito del cielo; noi siamo dunque cielo e terra. E preghiamo che nell’uno e nell’altra, cioè nel nostro corpo come nella nostra anima, si compia la volontà di Dio.

Ora c’è conflitto tra la carne e lo spirito e collisione quotidiana tra i due che cozzano tra di loro. Non facciamo quel che vogliamo: lo spirito cerca quel che è del cielo e di Dio, la carne quel che è della terra e del secolo. Per questo domandiamo con insistenza che l’aiuto di Dio li metta d’accordo, che la volontà di Dio si compia nello spirito e nella carne e che sia salva l’anima che Dio ha fatto rinascere.

È quel che san Paolo ci afferma chiaramente: I desideri della carne sono contrari a quelli dello spirito, e quelli dello spirito contrari a quelli della carne; tra di loro c’è opposizione, sicché voi non fate quel che volete. Si sa quel che produce la carne: adulteri, fornicazioni, impurità, libertinaggio, idolatria, sortilegi, omicidi, inimicizie, discordia, gelosia, collera, intrighi, dissensi, fazioni, invidia, ubriachezze, orge, e altre cose simili. Vi avverto, come ho già fatto: coloro che vi si abbandonano non parteciperanno al regno di Dio. Quel che riguarda lo spirito, invece, è carità, gioia, pace, longanimità, bontà, fede, mansuetudine, temperanza, castità (Galati V, 17-23).

Per questo tutti i giorni, anzi in ogni istante, chiediamo nelle nostre preghiere che la volontà di Dio si faccia in cielo come in terra, perché la volontà di Dio è che le cose della terra cedano il passo alle cose del cielo, che vinca la parte dello spirito e di Dio.

ALTRA SPIEGAZIONE
DELLA STESSA DOMANDA (17)

Fratelli diletti, queste parole possono ancora significare altro : voi sapete che il Signore ci esorta ad amare i nostri nemici e a pregare per quelli che ci perseguitano. Dobbiamo dunque pregare perché quelli che sono ancora della terra e non del cielo compiano anch’essi questa volontà di Dio alla quale il Cristo si è sottomesso perfettamente per la salvezza dell’umanità.

Il Cristo chiama i suoi discepoli non più terra, ma sale della terra; e l’Apostolo dice che il primo uomo è tratto dal fango della terra, il secondo dal cielo; dobbiamo somigliare al nostro Padre del cielo che fa levare il sole sui buoni e sui cattivi, che concede la pioggia ai giusti e agli ingiusti; per questo motivo il Cristo ci fa pregare per la salvezza di tutti gli uomini.

In cielo, cioè in noi, con la fede, si fa la volontà di Dio e noi diventiamo celesti; così pure sulla terra, cioè nei non credenti, chiediamo che si compia la volontà di Dio; che coloro i quali per la loro prima nascita sono ancora terrestri, diventino celesti nascendo dall’acqua e dallo Spirito.

CHIEDIAMO IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO,
CIOÈ IL CRISTO, PER NON PERDERE
NE’ LA SUA GRAZIA NE’ IL SUO CORPO (18)

In seguito chiediamo : Dacci il nostro pane quotidiano. Queste parole possono intendersi in senso spirituale e in senso letterale: le due interpretazioni, nel disegno provvidenziale, debbono contribuire alla nostra salvezza.

Il nostro pane di vita è il Cristo, e questo pane non è di tutti, ma è nostro. Come diciamo Padre nostro, perché egli è il Padre di coloro che hanno Ja fede, così chiamiamo il Cristo pane nostro, perché è il pane di quelli che costituiscono il suo corpo. Per ottenere questo pane, preghiamo tutti i giorni : non vorremmo essere costretti ad astenerci dalla comunione a causa di una colpa più grave, dato che siamo nel Cristo e riceviamo tutti i giorni l’eucarestia, come il nutrimento della nostra salvezza. Sarebbe come privarci del pane del cielo, separarci dal Corpo del Cristo, secondo il suo avvertimento : Io sono il pane vivente sceso dal cielo; se qualcuno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che darò è la mia carne per la vita del mondo (Giovanni VI, 51).

Egli dice : Colui che mangia di questo pane vivrà in eterno, per affermare che vivono coloro che tendono la mano verso il suo corpo e ricevono l’eucarestia nella comunione; bisogna chiedere con timore che coloro che si separano volontariamente dal Corpo del Cristo, non si allontanino dalla salvezza. Il Signore ci ha messi in guardia: Se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo, e non bevete il suo Sangue, non avrete la vita in voi (Giovanni VI, 53).

Chiediamo dunque tutti i giorni di ricevere il nostro pane, cioè il Cristo, per restare e vivere nel Cristo, e non allontanarci dalla sua grazia e dal suo corpo.

DOBBIAMO CHIEDERE IL CIBO OGNI GIORNO
E NON SOLLECITARE A LUNGA SCADENZA (19)

Possiamo anche intendere questa domanda nel modo seguente: abbiamo rinunziato al secolo; per grazia della fede abbiamo respinto le sue ricchezze e le sue seduzioni; chiediamo semplicemente il cibo, poiché il Signore ci ha detto : Chiunque non rinunzia a tutto quanto possiede, non può essere mio discepolo (Luca XIV, 33). Colui che incomincia ad essere il discepolo del Cristo, e rinunzia a tutto, secondo la parola del Maestro, deve chiedere il cibo del giorno, e non preoccuparsi a lunga scadenza. Il Signore ha detto ancora : Non inquietatevi dunque per il domani; il domani porta con sé il suo affanno. Ad ogni giorno basta la sua pena (Matteo VI, 34).

Il discepolo chiede dunque con ragione il cibo del giorno, poiché gli si proibisce di occuparsi del domani. Non è giusto che coloro che chiedono che venga presto il regno di Dio, cerchino di prolungare il loro soggiorno in questo secolo. L’Apostolo ce ne avverte per formare, fortificare e rafforzare la nostra fede e la nostra speranza. Non abbiamo portato nulla — egli dice — in questo mondo, così come non possiamo portar via nulla. Perciò quando abbiamo il cibo e il vestito, dobbiamo essere soddisfatti. Quanto a coloro che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nella trappola, in molte concupiscenze funeste che sommergono gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’amore del denaro è la radice di tutti i mali; quelli che vi si sono abbandonati hanno fatto naufragio nella loro fede e hanno inflitto a se stessi numerosi tormenti (I a Timoteo VI, 7-10).

IL CRISTO C’INSEGNA CHE LE RICCHEZZE SONO
PIÙ’ CHE DISPREZZABILI : SONO PERICOLOSE (20)

Il Cristo c’insegna che le ricchezze sono più che disprezzabili : sono pericolose, racchiudono la radice di tutti i mali perché le loro apparenze seducenti e ingannatrici inducono in errore la mente umana. Alla stoltezza del ricco che si compiaceva delle ricchezze di questo secolo e si inorgogliva per i raccolti sovrabbondanti, Dio replicava: Insensato, questa notte ti si chiederà l’anima. E chi avrà quel che tu hai ammassato? (Luca XII, 20).
L’insensato si gloriava dei raccolti, mentre doveva morire quella notte stessa. Pensava all’abbondanza dei viveri ed era stato abbandonato dalla vita. Il Signore afferma, invece, che è perfetto chi vende tutto quanto possiede, lo distribuisce ai poveri e si costituisce un tesoro in cielo.
Aggiunge inoltre, che possiamo seguire le sue orme e imitare la sua Passione gloriosa se ci renderemo liberi e se ci disimpegneremo da tutte le preoccupazioni degli affari domestici; se, rinunziando ai nostri beni, li offriamo a Dio come segno della nostra oblazione. Per disporci a ciò, il Signore c’insegna le leggi della preghiera.

NON MANCA NULLA A CHI POSSIEDE DIO,
SE EGLI NON VIENE MENO A DIO (21)

Il pane quotidiano non può mancare al giusto, poiché è scritto : Il Signore non permette che il giusto soffra di fame (Proverbi X, 3). E altrove: Ero giovane e ora sono vecchio: non ho visto il giusto abbandonato né la sua discendenza cercare il pane (Salmo XXXVI, 25).

Per questo il Signore promette : Non state a preoccuparvi e a dire: Che mangeremo, che berremo, o con che cosa ci vestiremo? Di tutto ciò si preoccupano i pagani. Il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e avrete tutto ciò in più (Matteo VI, 31-33).

A coloro che cercano il regno e la giustizia di Dio, egli promette di dare tutto in aggiunta. Tutto, infatti, appartiene a Dio; a colui che possiede Dio non manca nulla, se egli stesso non viene meno a Dio. Così Daniele, rinchiuso per ordine del re nella fossa dei leoni, ricevette il pasto da Dio, e l’uomo di Dio si nutrì in mezzo alle bestie feroci affamate che lo risparmiavano. Nello stesso modo Elia è sostentato durante il viaggio e durante la persecuzione, quando, nella solitudine, corvi e uccelli lo servono e gli portano il cibo. O crudeltà detestabile della malizia umana: gli animali feroci hanno riguardo, gli uccelli portano il cibo, ma gli uomini preparano insidie ed esercitano la loro crudeltà !

DOPO IL CIBO, CHIEDIAMO IL PERDONO
DEL PECCATO, AFFINCHÉ NESSUNO SI FACCIA
ILLUSIONE SULLA SUA INNOCENZA (22)

Dopo ciò preghiamo per i nostri peccati : E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Dopo il sostentamento chiediamo il perdono del peccato. Colui che è nutrito da Dio deve vivere in Dio e preoccuparsi non solo della vita presente e temporale, ma anche di quella eterna. Egli può accedervi se i peccati gli sono rimessi. Il Signore li chiama debiti, secondo la parola del Vangelo: Io ti ho rimesso tutto il tuo debito, perché tu mi hai supplicato (Matteo XVII, 32).

Quanto è necessario, saggio e salutare, che il Signore ci ricordi che siamo peccatori, invitandoci a pregare per i nostri peccati! Così ricorrendo all’indulgenza di Dio, ci rendiamo conto dello stato della nostra coscienza. Affinché nessuno si compiaccia in sé come se fosse innocente e si perda per questa iattanza, gli si ricorda che egli pecca ogni giorno, chiedendogli di pregare ogni giorno per i suoi peccati.

Anche Giovanni ci avverte nella sua epistola : Se pretendiamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. Ma se riconosciamo i nostri peccati, è fedele e giusto il Signore che ci perdonerà i nostri peccati (I Giovanni I, 8-9). Nella sua epistola egli unisce le due cose: dobbiamo pregare per i nostri peccati e in questa preghiera implorare il perdono. Afferma che il Signore è fedele nel perdonare i peccati, secondo la sua promessa. Perché colui che c’insegna a pregare per i nostri debiti e per i nostri peccati, promette in pari tempo una misericordia paterna e il perdono.

IN QUALE MISURA
I PECCATI CI SONO RIMESSI (23)

Il Signore precisa le condizioni del suo perdono : vuole che rimettiamo i debiti ai nostri debitori, come noi chiediamo che ci siano rimessi i nostri. Non possiamo chiedere la remissione dei nostri peccati, se non agiamo nello stesso modo nei riguardi dei nostri debitori. Egli dice altrove: La misura con cui misurate servirà per misurarvi (Matteo VII, 2).

Il servo al quale il padrone aveva rimesso tutti i debiti, ma che non volle agire nello stesso modo riguardo a un suo compagno, è gettato in prigione. Non ha voluto perdonare al suo compagno, e perde il perdono già avuto dal padrone. Nei suoi precetti, il Cristo inculca questa verità con vigore severo. Quando siete in piedi per pregare, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, affinché il Padre vostro che è in cielo vi rimetta pure i vostri peccati. Se non perdonate, il Padre vostro che è in cielo, non vi perdonerà neanche le vostre offese (Marco XI, 25-26).

Non avrai dunque nessuna scusa nel giorno del giudizio, quando sarai giudicato secondo il tuo comportamento: subirai quel che hai fatto subire. Dio ci prescrive di conservare la pace e la concordia nella sua casa, e di vivere secondo le leggi della nuova nascita; divenuti figli di Dio dobbiamo salvaguardare la pace di Dio. All’unità dello Spirito deve corrispondere l’unità delle anime e dei cuori. Dio non accetta il sacrificio dei fautori di discordia, li respinge dall’altare affinché si riconcilino prima con i loro fratelli: Dio vuole essere propiziato con preghiere di pace. La più bella oblazione per Dio è la nostra pace, la nostra concordia, l’unità, nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, di tutto il popolo fedele.

DIO ACCETTA
SOLO LA PREGHIERA DEI PACIFICI (24)

Nei primi sacrifici, offerti da Abele e da Caino, Dio non considerava le offerte, ma i cuori : i doni erano graditi se lo erano i cuori. Il pacifico e giusto Abele, che offre il suo sacrificio con animo puro insegna agli altri che bisogna presentarsi, quando si offre il proprio dono, col timore di Dio, col cuore semplice, col senso della giustizia, con la concordia e la pace. Offrendo con tali disposizioni il sacrificio a Dio, ha meritato di divenire egli stesso un’offerta preziosa e di dare la prima testimonianza del martirio. Ha annunziato con la gloria del suo sangue la passione del Signore, perché possedeva in sé la giustizia e la pace del Signore. Tali esseri ottengono la corona, tali esseri giudicheranno col Cristo, nel giorno del giudizio.

I dissidenti, invece, che non vivono in pace con i loro fratelli, sono condannati dall’Apostolo e dal Vangelo; anche se si facessero uccidere per il nome di Cristo resterebbero lo stesso colpevoli della discordia seminata tra i fratelli; perché è scritto: Chi odia il proprio fratello è omicida; ora l’omicida non ha accesso nel regno dei cieli e non vive con Dio (I Giovanni III, 1).

Chi preferisce imitare Giuda piuttosto che il Cristo, non può essere col Cristo. Quanto è grande questo misfatto, che neanche il battesimo del sangue può cancellare! Quanto grave dev’essere questo capo di accusa che il martirio non può espiare!

L’AVVERSARIO
NON PUÒ’ NULLA CONTRO DI NOI
SENZA IL PERMESSO PREVENTIVO DI DIO (25)

Il Signore insiste su un’altra intenzione : Non sopportare che noi siamo indotti in tentazione. Da queste parole risulta che l’avversario non può nulla contro di noi senza il permesso preventivo di Dio.

Per questo dobbiamo volgere a Dio tutto il timore, la pietà e l’attenzione, perché nelle tentazioni il potere del maligno dipende dal potere di Dio. Il che prova la Scrittura, quando dice : Nabucodonosor, re di Babilonia, venne a Gerusalemme e l’assediò, e il Signore la consegnò nelle sue mani (IV Re XXIV, 11). Al Maligno è concesso il potere contro di noi, in ragione dei nostri peccati, secondo la Scrittura:


Chi ha abbandonato Giobbe al saccheggio
e Israele ai saccheggiatori?
Non è forse il Signore?
Essi hanno peccato contro di lui,
non hanno voluto camminare nelle sue vie
e non hanno ascoltato la sua legge.
Per questo ha riversato su Israele l’ardore della sua collera.
(Isaia XLII, 24)


E a proposito di Salomone che peccava e si allontanava dalle vie del Signore è detto: E il Signore suscitò Satana contro di lui.

IL POTERE GLI E’ CONCESSO SIA PER NOSTRO
CASTIGO, SIA PER NOSTRA GLORIA.
QUESTA DOMANDA CI RIVELA
LA NOSTRA DEBOLEZZA (26)

Dio può dare il potere al demonio in due modi: per nostro castigo, se abbiamo peccato; per nostra glorificazione, se accettiamo la prova. Vediamo che questo fu il caso di Giobbe. Ecco, tutto quanto gli appartiene io te lo consegno; solo non portare la mano su di lui (Giobbe XII, 1).

Nel Vangelo il Signore dice, al momento della Passione: Non avresti su di me nessun potere se non ti fosse stato dato dall’alto. Quando dunque preghiamo per non entrare in tentazione, ci ricordiamo della nostra debolezza, affinché nessuno si consideri con compiacenza, nessuno si inorgoglisca con insolenza, nessuno si attribuisca la gloria della sua fedeltà o della sua passione, allorché il Signore stesso ci insegna l’umiltà quando dice: Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è ardente, ma la carne è debole (Marco XIV, 38).

Se anzitutto facciamo professione d’umiltà, se attribuiamo a Dio tutto quello che chiediamo con timore e riverenza, possiamo essere sicuri che la sua bontà ce lo concederà.


L’ULTIMA DOMANDA
RIGUARDA TUTTO QUELLO CHE IL NEMICO
TRAMA CONTRO DI NOI (27)

 

Dopo tutto ciò, la preghiera finisce con una conclusione che raccoglie brevemente tutte le domande. Alla fine diciamo : ma liberaci dal male.

Comprendiamo in ciò quel che il nemico può macchinare in questo mondo contro di noi, ma siamo sicuri di avere un potente appoggio, se Dio ci libera, se concede il suo aiuto a coloro che l'implorano. Quando dunque diciamo : Liberaci dal male, non ci resta più nulla da chiedere: abbiamo domandato la protezione di Dio contro il male. Fatta questa preghiera, siamo fortificati contro tutte le macchinazioni del demonio e del mondo. Chi può temere il mondo, se Dio è, in questo mondo, il suo protettore?

 


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20 agosto 2015                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net