LA REGOLA DEL MAESTRO

 

LE FONTI LETTERARIE

 

Estratto e tradotto da "La Régle du Maître", a cura di Adalbert de Vogüé. Editions du Cerf, 1964.

 

Apocrifi e autori diversi

 

Oltre alla Scrittura, il Maestro cita esplicitamente un certo numero di opere. Eccone l'elenco, con, all'occorrenza, l'indicazione del titolo che è stato dato loro oppure il modo caratteristico con cui è introdotta la citazione:

Atti d'Andrea e di Giovanni: RM 72,8 (Actibus Apostolorum).

Cassiano, Istituzioni 3, 1-4: RM 34,2-3 (Patrum Instituta).

Gerolimo, Vita Pauli 9: RM 71,3-9. 10: RM 26,2.

Historia Monachorum 7: RM 26,12 (Vitas Patrum).

Origene (opera persa): RM 11,62.

Passione di santa Anastasia: RM 10,44 (scriptura).

Passione di santa Eugenia: RM 11,32-43 (scriptura ipsius); RM 33,18 (de sancto Heleno scriptura); RM 95,15.

Sextus, Enchiridion 145: RM 9,31 (scriptura); RM 10,81 (scriptum est).

Visio Pauli 7: RM 34,10 (sanctus Paulus in reuelatione sua).

Vita Siluestri: RM 28,43 (in libris suis... sanctus Siluester).

 

Il titolo di Vitas Patrum che abbiamo applicato all'Historia Monachorum, designa inoltre un'opera oggi persa (RM 63,3-4) così come un insieme di racconti concernenti degli abati fuggitivi. Con certezza le Istituzioni di Cassiano e la Storia Lausiaca di Palladio.

Occorre aggiungere a questa lista le due citazioni non identificate di RM 11,5 (scriptum est) e di 16,37. Ambedue potrebbero essere sia delle versioni sconosciute che delle citazioni molto libere della Scrittura.

Infine possiamo inserire tra le citazioni esplicite la Passione di san Sebastiano 14, a causa della formula molto chiara che ne introduce il testo (RM 7,45: illud semper scire nolentes quia). Inoltre l'autore cita probabilmente la Regula Macarii 25 quando inizia il paragrafo dicendo "I Padri prescrivono che..." (RM 90,92).

In questo insieme formato da una quindicina di opere alla quali l'autore si riferisce esplicitamente, gli scritti apocrifi occupano il primo posto (10 indiscutibili citazioni). Esse comprendono tre racconti concernenti gli apostoli (Atti di Andrea; Atti di Giovanni; Visio Pauli), tre passioni di martiri (Anastasia, Eugenia, Sebastiano), due scritti riferentisi ad un papa. In un caso è il supposto autore del libro (Sextus), mentre nell'altro è l'eroe del racconto (Silvestro). Tutti questi scritti, per quanto diversi sia nell'origine che per il contenuto, hanno in comune un certo carattere di non autenticità che autorizza a considerarli tutti insieme, come d'altronde si fa fin dal VI secolo (si veda la nota sul Decreto di Gelasio).

Omissis ....

Esplicite o implicite, le citazioni non scritturali del Maestro hanno la stessa elasticità delle citazioni scritturali. Ce ne accorgiamo mettendo a confronto il testi che sono più volte citati:

Sextus, Enchiridion 145: paucis (RM 9,31); paucis uerbis (RM 10,81).

Gerolimo, Epistula 22,35: cenae eorum mutantur (RM 27,26); cenas suas mutent (RM 28,38)

Passio Sebastiani 14: iuxta (RM 7,45); secus (RM 10,35).

Si confronti anche la citazione di Cassiano in RM 10,68 e RM 93,72 (intimo / ultimo)

(Ndt. Ho tralasciato il resto del capitolo in cui l’autore esamina l’utilizzo della parola “scriptura” in questi testi apocrifi ed accenna alle ulteriori citazioni “implicite” che il Maestro utilizza.)

 

Nota (contenuta nel testo originale):

Il cosiddetto Decreto di Gelasio (Attribuito a Gelasio I - papa tra il 492-496 -, ma probabilmente composto in Italia, oppure nella Gallia del sud, nel VI secolo. Ndt.) rigetta come "apocrifi" gli Atti d'Andrea (quelli di Giovanni non sono citati), le sentenze di Sesto, la Reuelatio Pauli apostoli (questo titolo è proprio quello che la RM dà alla Visio Pauli), insieme ad altre opere di cui un buon numero provengono da autori ben conosciuti, come Fausto di Riez o Cassiano. "Apocrifo" significa dunque per questo documento "vietato, condannato", in un senso molto generale e qualunque sia la causa di questo ostracismo. Le Gesta sanctorum martyrum sono oggetto di un giudizio più sfumato. Una delle cause che li fa scartare dalla lettura pubblica è il loro carattere anonimo. È proprio a causa dell'anonimato del loro autore che viene fatta una lieve riserva riguardo gli Actus beati Siluestri, benché l'opera sia tollerata. Noi qui utilizziamo la parola "apocrifo" per designare non solo le opere proibite come tali dal Decreto, ma anche le opere da lui biasimate più o meno nettamente come anonime e sospette di non autenticità.

A. de Vogüé trae la conclusione che la RM sia stata scritta prima che la Chiesa Romana abbia adottato le disposizioni del Decreto. Purtroppo anche la datazione del Decreto non è per niente sicura.

 


Come riporta A. de Vogüé, al capitolo della RM 91,4 si trova una citazione della frase della Passio Iuliani 11: "Cura tibi sit, Christe, de nobis, quia plus ualet dextera tua ad erigendum quam fortitudo persecutoris ad deiciendum".
Inoltre al capitolo della RM 90, 47 si trova un'altra reminiscenza della Passio Iuliani 36: "...  igne ... probetur..", messa in relazione anche col Salmo 65,12 secondo la Volgata.


 

Atti di Andrea e Giovanni; Acta Andreae et Ioannis: RM 72,8

 

Alla fine del cap. 72 il Maestro si appella a ciò che fecero gli apostoli Andrea e Giovanni, i quali non si dipartirono l’uno dopo la sosta a Filippi, l’altro per avviarsi alla sua misteriosa autosepoltura, senza aver preso un pasto e spezzato il pane eucaristico coi loro fedeli. Così almeno narravano gli Acta Andreae e gli Acta Ioannis, opere apocrife redatte nel II e nel III secolo che dovettero circolare in redazioni e traduzioni varie anche in Occidente.

Gli Atti di Andrea non sono così chiaramente gnostici come gli Atti di Giovanni; l’importanza del martirio è sottolineata dall’inizio alla fine, cosa che non è in linea con il pensiero gnostico.

Gli Atti di Giovanni raccontano i due viaggi di Giovanni a Efeso, durante i quali egli compie numerose resurrezioni e converte i seguaci della dea Artemide dopo aver distrutto il loro tempio.

(Fonti: “Regula Magistri”, a cura di M. Bozzi, Paideia Editrice 1995 e Wikipedia)

 

Giovanni Cassiano: Institutiones 3, 1-4: RM 34,2-3.

Si veda “Biografia ed opere di Giovanni Cassiano” a questo link.

Girolamo, Vita Pauli 7: RM 34,10.

San Paolo di Tebe è onorato come il primo abitante del deserto e primo eremita cristiano. Visse la sua ascesi in Egitto, nella regione della Tebaide, fino alla morte nell’anno 341, all’età di 113 anni. Subito dopo la sua nascita al cielo molti vollero imitarne la vita, riempiendo il deserto e creando veri e propri centri monastici, per questo condivide con sant’Antonio il grande il titolo di padre del monachesimo. Ciò che conosciamo di lui lo dobbiamo alla penna di san Girolamo, che raccolse nella Vita Sanctii Pauli primi eremitae le testimonianze orali sulla vita di Paolo. Alla morte del santo Antonio ne seppellì il corpo nei pressi della grotta dove aveva vissuto. Nel XII secolo le reliquie del santo furono trasferite dall’Egitto a Costantinopoli e poste nel monastero della Madre di Dio Peribleptos, per ordine dell’imperatore Manuele (1143-1180). In seguito alle crociate furono trafugate a Venezia, e infine portate a Ofa in Ungheria. Parte della sua testa si trova a Roma.

Estratto da: “Opere scelte di san Girolamo” vol. I, a cura di E. Camisani, UTET 1971.

 

Historia Monachorum (Vitas Patrum) 7,10: RM 26,12

Un altro gruppo di riferimenti espliciti nella regola del Maestro ci rimanda alle Vite dei Padri (Vitas Patrum), le cui reminiscenze si trovano in diversi capitoli della regola. Così, il Maestro permette alimenti supplementari la domenica dicendo: "secondo il testo che si legge nelle Vite dei Padri", una frase seguita da una reminiscenza di un racconto dall’Historia Monachorum di Rufino di Concordia (Hist. Mon. 7,10). Le Vite dei Padri servono a sostenere la dichiarazione che prima di partire è necessario dire addio ai fratelli: "come si legge nelle Vite dei Padri". L'episodio sull'umiltà dell'abate viene introdotto da parole analoghe: "come leggiamo più volte nelle Vite dei Padri".

Infine, la regola termina con una frase che abbiamo già incontrato nelle Regole dei Padri: "Fine della Regola dei Santi Padri".

Il titolo di Vitas Patrum che abbiamo applicato all'Historia Monachorum designa anche un'opera andata perduta (Cfr. RM 63,3-4) così come un insieme di racconti concernenti abati fuggitivi. Con certezza le Istituzioni di Cassiano e la Storia Lausiaca di Palladio.

(Fonti: Presenza dei Padri nelle antiche Regole monastiche” e "La Régle du Maître", a cura di Adalbert de Vogüé. Editions du Cerf, 1964.

Origene (opera persa): RM 11,62.

Al capitolo 11, versetto 62 il Maestro dice: "Anche la saggia sentenza di Origene dice: ‘È meglio gettare invano una pietra che una parola’". In questo caso il Maestro non si riferisce ad una Sentenza di Sesto (la 152), ma ad un testo di Origene oggi perso. Questo autore ha più volte citato nelle sue opere le Sentenze, sia esplicitamente che implicitamente. Il fatto che il Maestro dica "Sententia sapiens", fa forse allusione al fatto che sui pensieri di Origene pesavano dei sospetti di non ortodossia e, quindi, vuole rassicurare il lettore.

Fonte: "La Régle du Maître", a cura di Adalbert de Vogüé. Editions du Cerf, 1964.

 

Passiones

Passionidocumenti in forma narrativo-epistolare, che insieme agli "Atti dei martiri" sono la nostra fonte principale per la conoscenza della personalità e delle vicende dei martiri. Quando le narrazioni riguardanti i martiri sono indirizzate in forma di lettera ai fratelli di fede di un martire a quelli delle altre comunità, vengono chiamate passioni epistolari, mentre se sono dettate in parte dai martiri stessi, si indicano come passioni narrative.

Queste leggende, romane per i loro legami storici e topografici, portano soprattutto il timbro degli ambienti monastici della Città Eterna di cui sono il prodotto.

 

Passio Anastasiae: RM 10,44

Passione di Santa Anastasia, martire, probabilmente nella persecuzione di Diocleziano (304 ca.). Anastasia nacque a Roma in una famiglia patrizia, probabilmente la gens Anicia; suo padre era senatore, sua madre cristiana. Secondo una tarda leggenda, Anastasia ebbe come precettore Crisogono di Aquileia. Si sposò, ma il marito Publio si oppose alle sue attività caritative e la segregò in casa. Dopo la morte di Publio giunse a Sirmio (oggi Sremska Mitrovica in Serbia) in Illiria, dove svolse la sua opera di impegno ad assistere i cristiani perseguitati, in modo particolare curando quelli in carcere. Scoperta la sua fede, fu processata e, avendo rifiutato di abiurare il cristianesimo, fu arsa viva, secondo la tradizione, il 25 dicembre 304, durante l'ultima persecuzione dei cristiani ad opera dell'imperatore Diocleziano.

In Italia il culto di Anastasia si sviluppò alla fine del V secolo, diffuso dai Goti e dai Longobardi, e nei secoli successivi in tutta Europa ad opera dei benedettini, e con ciò si spiega la tradizione secondo cui alcune reliquie della santa sarebbero state portate nell'abbazia benedettina, di fondazione longobarda, di Santa Maria in Silvis a Sesto al Reghena (PN). Alla santa furono dedicate una chiesa a Verona e una basilica a Roma, cui è collegato un titolo cardinalizio.

Fonte “Wikipedia”.

 

Passio Eugeniae: RM 11,31-34; 33,18; 95,15.

Passione di Santa Eugenia, l’eroina preferita del Maestro. Figlia del nobile romano Filippo e di sua moglie Claudia, sorella di Sergio e Avito, dopo la nomina del padre a prefetto d'Egitto da parte dell'imperatore Gallieno si trasferì insieme alla famiglia ad Alessandria: qui Eugenia venne convertita al cristianesimo dagli eunuchi Proto e Giacinto, suoi schiavi. Consacrata segretamente la sua verginità a Dio si travestì da uomo e si ritirò sotto falsa identità in un monastero maschile dove venne eletta dai monaci abate e la sua fama iniziò a diffondersi anche fuori dal monastero; la nobile matrona Melanzia volle incontrarla, si invaghi di lei credendola un uomo e tentò di sedurla. Respinta, Melanzia accusò l'abate di aver tentato di abusare di lei. Condotta in giudizio a Alessandria, per dimostrare la sua innocenza Eugenia fu costretta a rivelare la sua vera identità. Commossi per aver ritrovato la figlia che credevano perduta, i suoi genitori aderirono al cristianesimo e suo padre fu eletto vescovo di Alessandria, ma per questo motivo fu assassinato (o giustiziato dall'imperatore). Eugenia con la rimanente famiglia si trasferì a Roma dove subì il martirio sotto Gallieno e Valeriano (tra il 253 e il 260) e venne sepolta sulla via Latina.

La Passio Eugeniae è l'unica menzionata espressamente: la Regula Magistri propone infatti all'abate come modello da imitare Eugenia, che – travestita da uomo - è stata abate del proprio monastero in Egitto. (RM 11,31-33; RM 95,15)

Santa Eugenia e San Sebastiano, i cui Atti il nostro autore ama citare, hanno le loro tombe sulla via Latina e sulla via Appia rispettivamente, proprio sulle due strade che conducono fuori verso la regione a sud-est di Roma, ovvero dove si pensa fosse situato il monastero del Maestro.

Fonte: “Tempo e luogo di composizione della Regola del Maestro”, tratto da: "La Régle du Maître", a cura di Adalbert de Vogüé. Editions du Cerf, 1964 e Wikipedia.

 

Sextus, Enchiridion 145: RM 9,31; RM 10,81

Nel panorama degli scritti della giurisprudenza romana l'Enchiridion (letteralmente Manuale) di Sesto Pomponio (II sec. d.C.) è un'opera di assoluta originalità e di grande efficacia descrittiva: i frammenti che ci sono pervenuti dai Digesta di Giustiniano (quasi 70) restituiscono quanto ci resta di un testo nel quale l'autore - adottando una prospettiva senza precedenti - indaga sull'origine del diritto e sul suo progredire, sulle magistrature e sulla storia della scientia iuris. La nostra lacunosa conoscenza del Manuale, così come, peraltro, di quella della biografia di Pomponio, rendono a volte difficile coglierne il punto di vista. Tuttavia, le indagini condotte nel corso degli ultimi anni consentono forse di dare avvio ad una nuova prospettiva di studi su quest'opera, la sua struttura e la sua destinazione. L'Enchiridion può essere considerato un manuale prevalentemente rivolto a un pubblico di lettori già educati alla conoscenza del diritto in cui emerge, con forza, la consapevolezza di Pomponio di quale sia il compito del giurista: quello di dedicarsi allinsegnamento e di garantire il quotidiano miglioramento del ius.

Estratto da "Sextus Pomponius, Enchiridion”, di Nasti Fara, Scriptores Iuris Romani 10, L'Erma Ed.2021.

 

Visio Pauli 7: RM 34,10

La Visio Pauli (conosciuta anche come Apocalisse di Paolo) è un testo apocrifo del Nuovo Testamento appartenente al genere visionario e apocalittico, in cui viene descritto, in una prospettiva escatologica, il presunto viaggio di Paolo di Tarso nei regni ultramondani; lo spunto da cui il testo si sviluppa è dato da un passaggio della seconda lettera ai Corinzi, nel quale l’apostolo accenna di essere stato rapito fino al terzo cielo, senza però procedere con la descrizione del suo viaggio celeste (2 Cor. 12, 2-5). Composta originariamente in lingua greca tra il II e il III sec. d.C. in Egitto, l’Apocalisse di Paolo fu oggetto di numerose traduzioni e rielaborazioni successive, sulla base delle quali è possibile ricostruire la struttura narrativa del modello greco perduto. Il testo esercitò nel corso dei secoli, grazie anche alla sua eccezionale popolarità e diffusione, una grande influenza su tutte le visioni medievali successive, delle quali può giustamente ritenersi il prototipo.

Il testo completo a questo link.

 

 

Vita Silvestri (o Actus beati Silvestri): RM 28,43.

Con il titolo di Actus Silvestri è stata tramandata nei più antichi manoscritti una delle opere letterarie più controverse della storia occidentale, oggetto di dibattito da più di un secolo fra gli studiosi in merito sia alla struttura testuale che alla collocazione culturale, geografica e cronologica. Si tratta di un testo agiografico, dedicato alla celebrazione del pontefice romano (Silvestro appunto, che occupò il soglio pontificio dal 31 gennaio del 314 al 31 dicembre del 335), sorto con scopo non tanto devozionale, quanto per correggere e riscrivere la memoria di Costantino, primo imperatore ufficialmente cristiano, il cui regno (306-337) coincise cronologicamente con il pontificato di Silvestro. Negli Actus Silvestri il pontefice è protagonista e principale artefice della conversione dell’imperatore, ispiratore e moderatore della sua azione religiosa; inoltre è lui a conferire a Costantino il battesimo. In questo modo la leggenda contraddice la versione del battesimo di Costantino ritenuta ancor oggi storicamente valida, quella che vuole l’imperatore battezzato poco tempo prima della morte da un vescovo ariano, Eusebio di Nicomedia (poi vescovo di Costantinopoli): versione, questa, autorevolmente trasmessa dal Chronicon di Girolamo, realizzato intorno al 380, che traduceva, aggiornandolo e proseguendolo, quello di Eusebio di Cesarea.

Fonte: “Enciclopedia Treccani”.

 

Passio Iuliani 11, RM 91,4: Passio Iuliani 36, RM 90,47

Passione di San Giuliano. Giuliano, martire in Antinoe (Egitto) sotto Diocleziano; secondo una Passio leggendaria, marito di s. Basilissa, con la quale visse in perfetta castità. I Santi Giuliano e Basilissa sono ricordati assieme ad altri compagni martiri ad Antinoe. Secondo alcune notizie in circolazione sulla vita del Santo del giorno, i due giovani sposi decisero di fare voto di castità al Signore, anche dopo il matrimonio. Basilissa fonda un monastero, ma poco dopo dovrà fare i conti con la feroce persecuzione di Diocleziano e Massimiano. La Santa viene uccisa nel monastero insieme ad altre suore, mentre S. Giuliano è denunciato al governatore Marciano e imprigionato. Dopo numerose torture e tormenti, S. Giuliano martire sarà decapitato ed ucciso insieme ad altri numerosi cristiani il 9 Gennaio tra secondo e terzo secolo.

Fonte “Wikipedia”.

 

Passio Sebastiani 14: RM 7, 45; 10, 35.

Passione di San Sebastiano. Sebastiano (Narbona, 256 – Roma, 20 gennaio 288) è stato un militare romano, martire per aver sostenuto la fede cristiana. Secondo il testo leggendario della Passio sancti Sebastiani, opera a cura di Arnobio il Giovane, monaco del V secolo, e poi nella Legenda Aurea scritta da Jacopo da Varagine, Sebastiano era un pretoriano dell’imperatore Diocleziano. Convertitosi segretamente al cristianesimo ed ardente di carità cristiana si dedicò con grande impegno ad alleviare le sofferenze altrui. Allorché intervenne pubblicamente per salvare due compagni di fede condannati a morte, venne a sua volta condannato ad essere ucciso trafitto da frecce. Miracolosamente sopravvisse al supplizio e, curato da una matrona di Roma a nome Irene, si presentò all’imperatore Diocleziano, nonostante i suoi amici gli consigliassero di abbandonare la città, che lo fece flagellare sino alla morte. Commemorato il 20 gennaio.

Fonte “Wikipedia”.

   

Girolamo, Epistola XXII, 35: RM 27,36; 28,38.

La lettera a Eustochio è la più lunga e nota. Eustochio figlia preferita di Paola, in realtà si chiama Giulia; il vecchio Girolamo preferisce invece chiamarla così, con un termine greco vezzeggiativo di "tenerezza". Fin dalla nascita è consacrata alla verginità. Non ha ancora vent’anni quando la madre incarica Girolamo della sua educazione, in precedenza affidata a Marcella. Per lui, essa resta la figura ideale della vergine, la prima giovane della nobiltà che ha offerto a Roma lo spettacolo di una verginità consacrata (Ep XXII, 15). Assieme alla madre, impara così bene la lingua ebraica da cantare i salmi nel testo originale senza la minima inflessione latina (Ep CVII, 26). Eustochio, unica tra le figlie, segue in Oriente la madre Paola, fa vita monastica e diventa superiora del monastero di Betlemme alla morte della madre. Cura in modo particolare la nipote Paola (figlia di Leta e di Tassozio), che Girolamo le ha affidato "come compagna, perché diventasse erede della sua santità" (Ep. CVII. 13). Muore nel 418, lontano dal monastero costruito da Paola, ridotto ad un mucchio di rovine da monaci esaltati seguaci di Pelagio. La lettera, scritta negli anni 383-384 durante la sua permanenza a Roma, è un invito pressante a non lasciarsi lusingare dal mondo e a continuare il cammino nel santo ideale scelto. Non è un panegirico della verginità, dice Girolamo, ma piuttosto un quadro dei pericoli che la insidiano. Citazioni bibliche, bozzetti di vita vissuta e principi ascetici si intrecciano, senza un ordine logico prestabilito, ma pieno di vivacità ed attraente.

Estratto da “San Girolamo: Lettera XXII a Eustochio, …” Di Martina Zuccolo, Università degli studi di Padova 2005.

 

 


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22 dicembre 2020                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net