Regola per le vergini di s. Cesario d’Arles
Libera traduzione dal latino (si veda a questo link il testo latino con traduzione a fronte)
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PROLOGO DI SAN CESARIO ALLE VERGINI
Il vescovo Cesario alle sante e molto venerabili sorelle in Cristo,
stabilite nel monastero che abbiamo fondato su ispirazione e con l’aiuto
di Dio.
Dato che il Signore, per sua misericordia, si è degnato di ispirarci ed
aiutarci a fondare per voi un monastero, vi abbiamo preparato delle
norme spirituali e sante sul modo in cui dovete vivere nel monastero
stesso secondo le regole degli antichi Padri affinché, con l'aiuto di
Dio, possiate osservarle. Implorate dunque con assidue preghiere il
Figlio di Dio perché venga a visitarvi, rimanendo nella cella del
monastero, affinché possiate poi dire con fiducia: “trovai l’amore
dell’anima mia” (Ct 3,4). Perciò vi prego, sante vergini e anime
consacrate a Dio - che siete pronte, con le lampade accese e con
coscienza tranquilla, alla venuta del Signore - di chiedere con le
vostre sante preghiere che anch’io possa accompagnarvi nel vostro
percorso, dato che conoscete il lavoro da me fatto per fondare il vostro
monastero. Così, quando entrerete felicemente nel Regno con le sante e
sagge vergini, otterrete col vostro suffragio che io non rimanga fuori
con le stolte. La protezione divina possa concedere al vostro splendore,
che intercede a mio favore e che risplende fra le gemme più preziose
della Chiesa, di riempirvi dei beni presenti e di rendervi degne di
quelli eterni.
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Regola per le vergini
Indice dei capitoli
1.
Innanzitutto bisogna attenersi alla regola che nessuna esca dal
monastero fino alla sua morte.
2. Si astengano da imprecazioni e giuramenti.
3. Del cambio dell’abito e del mostrare obbedienza.
4. Nessuna tenga per sé ciò che mostra di possedere, e neppure faccia
elemosina per conto suo.
5. Non si accolgano bambine fino al sesto anno.
6. Nessuna faccia ciò che vuole, ma ciò che le è stato comandato.
7. Nessuna abbia una cella particolare.
8. Nessuna parli mentre si salmeggia.
9. Nessuna tenga a battesimo la figlia di chicchessia.
10. Quando viene dato il segnale nessuna tardi.
11. Come deve comportarsi la serva del Signore quando viene punita.
12. In che modo deve umiliarsi colei che si fosse comportata con
negligenza. (Il testo della Regola in questo capitolo parla invece
dell’alternarsi nei lavori. Ndt)
13. Durante le vigilie bisogna fare attenzione che nessuna dorma.
14. Nel lavorare la lana si compia il proprio dovere quotidiano.
15. Nessuna consideri qualcosa come suo personale.
16. Si obbedisca alla madre badessa e alla priora: a tavola non si parli
affatto.
17. In ogni stagione si dedichino due ore alla lettura.
18. Nel sedersi per lavorare si meditino cose sante oppure si taccia.
19. Coloro che sono di famiglia nobile non si esaltino delle ricchezza e
della nobiltà dei genitori.
20. Quando si salmeggia, si manifesti nel cuore ciò che si canta con la
bocca.
21. Del custodire lo sguardo.
22. Non si nasconda il peccato altrui.
23. Non si riceva niente di nascosto.
24. In quale modo devono essere punite coloro che commettono un furto o
vengono alle mani con un’altra.
25. La priora deve provvedere con sollecitudine agli abiti che saranno
dispensati dalla madre badessa.
26. Gli abiti delle sante monache siano riposti in un (unico) armadio.
27. Nessuna faccia un lavoro per sé stessa.
28. Quale (tra le sorelle) e in quale modo deve essere incaricata la
celleraria.
29. In che modo devono essere utilizzati i bagni.
30. Che qualità deve avere la priora che si occupa delle inferme e che
tipo di dispensa propria devono avere le stesse inferme.
31. Come debba essere castigata colei che abbia offeso le sue sorelle
con insulti, maldicenze o con qualunque colpa.
32. In che modo deve agire la madre badessa.
33. In che modo gli intendenti del monastero devono entrare nel
monastero.
34. Gli uomini o le donne secolari non entrino nel monastero.
35. In che modo la madre badessa debba presentarsi nel parlatorio.
36. Non si faccia nessun invito a pranzo nel monastero, a meno che non
siano donne religiose provenienti dalla città o da altri luoghi.
37. In che modo la serva di Dio debba salutare i suoi parenti.
38. La madre badessa non mangi mai fuori dalla comunità, se non in caso
di malattia.
39. In che modo la madre badessa, la priora e la celleraria debbano
rispettare le sollecitazioni o le contestazioni delle inferme.
40. Le serve di Dio non ricevano nulla di quanto spedito dai parenti
senza il parere della madre badessa; ciò che non sarà essenziale alle
sue necessità, sia distribuito a quelle che ne avranno bisogno.
41. Di quale colore debbano essere gli abiti e come debbano essere
arredati i letti.
42. I ricami e gli ornamenti del monastero.
43. Contestazioni e ricapitolazioni non sminuiscano in nulla la Regola
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Regola di S. Cesario (per le vergini
Dato che osserviamo che nei monasteri femminili molte norme sono diverse
da quelle dei monaci, tra le tante ne abbiamo scelte poche con le quali
possa essere regolata la vita comune di anziane e giovani, in modo che
cerchino di realizzare spiritualmente ciò che considerarono
particolarmente adatto al loro sesso; queste sono le cose più importanti
che convengono alle vostre sante anime.
I. Se una, lasciati i suoi parenti, ha voluto rinunciare al mondo ed
entrare nel santo ovile, per potersi sottrarre con l'aiuto di Dio alle
fauci dei lupi spirituali, non esca dal monastero fino alla morte,
neanche per entrare in Basilica, dove si vede una porta.
II. Si impegnino a respingere ed evitare il giuramento e l’imprecazione,
come veleno del demonio.
III. A colei che, ispirata da Dio, si converte alla vita monastica, non
sia lecito indossare subito l'abito religioso, se non prima che la sua
scelta sia stata messa alla prova con molta pratica; ma, affidata ad una
delle anziane, stia per un anno intero con l'abito con cui è venuta.
Tuttavia decida la priora questo cambio d'abito o l'avere il letto nel
dormitorio; la stessa priora cerchi di regolare i tempi, più o meno
lunghi, quando conoscerà la persona e la sua compunzione.
IV. A loro volta quelle che vengono al monastero da vedove o dopo aver
lasciato i mariti o con l'abito già cambiato, siano accolte solo dopo
che abbiano fatto atti di donazione o di vendita a chi vogliono di tutto
il loro patrimonio, in modo che non si riservino niente di proprio da
amministrare o da possedere, secondo le parole del Signore: “Se vuoi
essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi” (Mt 19,21) e: “Così
chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, e non viene dietro a
me, non può essere mio discepolo” (Lc 14,27:33). Per questo motivo vi
dico ciò, venerabili figlie, perché le monache che avranno qualcosa in
loro possesso, non potranno giungere alla perfezione. Se anche quelle
che scelgono la vita monastica ancora vergini non vorranno adempiere
questo impegno, non siano accolte o perlomeno, non si permetta loro di
ricevere l'abito religioso, fino a che non si siano liberate da tutti i
vincoli di questo mondo.
Invece, quelle che non possono avere la disponibilità della loro
sostanza, essendo vivi
i
genitori o perché ancora minorenni, siano costrette a fare un atto di
vendita quando potranno avere a disposizione i beni dei genitori o
quando saranno giunte all'età legale. Stabiliamo così alle sante anime
vostre, per il timore dell'esempio di Anania e di Safira (At 5,1 ss.)
che, avendo detto agli Apostoli di aver consegnato tutto, consegnarono
(solo una) parte e tennero infedelmente per sé la parte (rimanente);
cosa che non è bene fare, né è lecito, né conviene. A nessuna, nemmeno
alla madre badessa, sia lecito avere al proprio servizio un’ancella
personale; ma se fosse necessario, riceva in sua aiuto una delle più
giovani.
V. Se è possibile, nel monastero si accolgano difficilmente o per niente
le bambine piccole, se non dai sei o sette anni, in modo che possano già
imparare a leggere e scrivere e a mettere in pratica l’obbedienza. Non
si accolgano assolutamente le figlie, sia di nobili o che di non nobili, da assistere o da
istruire.
VI. Nessuna scelga di svolgere secondo il suo capriccio un lavoro o
un'attività; ma spetterà al parere dell'anziana di ordinare ciò che
troverà utile.
VII. A nessuna sia concesso di scegliersi un alloggio privato né di
avere una camera o un armadietto o simile che si possa chiudere a chiave
per uso esclusivo; ma tutte stiano in letti separati dentro un unico
locale. Riguardo a quelle che sono anziane o malate, è bene prestare
attenzione e disporre che non abbiano ognuna la propria cella, ma che si
riuniscano tutte in una sola e qui risiedano.
VIII. Non parli mai ad alta voce, secondo ciò che disse l'Apostolo:
“Scompaiano da voi ogni (asprezza, sdegno, ira,) grida” (Ef 4,31).
Similmente, mentre si salmeggia, non sia assolutamente consentito
chiacchierare né lavorare.
IX. Nessuna si permetta di tenere a battesimo i figli né di un ricco né
di un povero.
X. Dato il segnale dell'ufficio divino o del lavoro, colei che arriverà
in ritardo subirà, come è giusto, un rimprovero. Che se, ammonita una
seconda e una terza volta, non avrà voluto correggersi, sia tenuta in
disparte dalla preghiera o dal refettorio.
XI. Colei che viene ammonita, castigata, rimproverata per qualsiasi
colpa, non osi affatto rispondere a chi la rimprovera; se poi non vorrà
eseguire ciò che le è stato ordinato, sarà lasciata fuori dalla
preghiera comune o dalla mensa a seconda del tipo di colpa.
XII. Quelle che lavorano in cucina, ricevano ognuna un bicchiere in più
di vino puro per la loro fatica. In ogni servizio fisico, sia in cucina
come per tutto ciò che serve alle necessità quotidiane, tutte (le
sorelle) devono alternarsi, tranne la madre badessa e la priora.
XIII. Durante le veglie, per evitare che (le sorelle) si assopiscano per
l’inattività, svolgano
un’attività che non distragga la mente dall'ascolto delle letture. Se
qualcuna è gravata dal sonno, la si inviti a rimanere in piedi tra le
sorelle sedute, affinché possa tener lontana da sé l’indolenza del sonno
e non sia trovata tiepida o negligente nell'Opera di Dio.
XIV. Anche nel lavoro di filatura ricevano ogni giorno con umiltà la
quantità di lana assegnata a ciascuna e facciano a gara per compiere il
lavoro con grande operosità.
XV. Nessuna consideri qualcosa come di sua proprietà, sia per il
vestiario sia per qualunque altra cosa.
XVI. Nessuna faccia alcunché mormorando,
per non perire nella stessa condanna dei mormoratori, secondo
quanto dice l'Apostolo: “Fate tutto senza mormorare”
(Fil 2,14). 2.
Tutte obbediscano alla madre badessa dopo Dio, siano rispettose verso la
priora. Quando siedono a mensa stiano in silenzio; e volgano l’animo
alla lettura. Quando poi cesserà la lettura, non venga meno la sacra
meditazione nel cuore. Se però ci fosse qualche necessità, se ne prenda
carico chi è incaricata della mensa, ma si chieda ciò che serve
piuttosto con un cenno che con la voce. Non sia soltanto la
vostra bocca a prendere il cibo, ma anche le orecchie ascoltino la
parola di Dio.
XVII. Tutte imparino a leggere e a scrivere; in ogni stagione siano
dedicate (quotidianamente) due ore alla lettura, cioè dal sorgere del
sole fino all'ora seconda.
XVIII. Invece nel tempo rimanente della giornata facciano il proprio
lavoro, e non perdano tempo in chiacchiere, secondo ciò che disse
l'Apostolo: “Lavorando in silenzio”
(2 Ts 3,12) ; ed
ancora: “Nel molto parlare non manca la colpa”
(Pr 10,19). Per
questa motivo dovete parlare esclusivamente di ciò che riguarda
l'edificazione o l’utilità dell’anima. Quando però lo esige la necessità
del lavoro, allora parlino. Invece, mentre le altre lavorano insieme,
una delle sorelle legga fino all'ora terza, nel tempo rimanente
non si interrompa la meditazione della parola di Dio e la
preghiera interiore. Abbiate “un
cuore solo e un’anima sola” nel Signore, “Fra
voi tutto sia comune”; infatti così si legge negli Atti degli
apostoli: “Fra
loro tutto era comune... veniva distribuito a ciascuno secondo il suo
bisogno”
(At 4,32:35).
XIX. Quelle che possiedono qualcosa nel mondo, quando entrano in
monastero con umiltà lo offrano alla madre badessa, affinché sia utile
alle necessità comuni. E quelle che non possiedono nulla, non cerchino
in monastero quelle cose che non poterono avere neanche fuori. Invece,
le altre che nel mondo mostravano di possedere qualcosa, non disprezzino
le loro sorelle che vennero a questa santa fraternità da una condizione
di povertà, né si insuperbiscano dei loro averi, offerti al monastero,
come se ne usufruissero ancora nel mondo. A che serve distribuire (i
propri averi), e farsi povero donando ai poveri, se la misera anima si
gonfia di superbia diabolica? Vivete dunque tutte in unanimità e
concordia, e ognuna onori nell’altra Dio, di cui avete meritato di
essere tempio. Perseverate senza interruzione nella preghiera, secondo
ciò che dice il Vangelo: ”Vegliate in ogni momento pregando”
(Lc 21,36) per
essere ritenuti degni; e l'Apostolo: “pregate ininterrottamente”
(1 Ts 5,17).
XX. Quando invece pregate Dio con salmi ed inni, riflettete nel cuore
ciò che pronunciate con la voce. Qualsiasi lavoro compiate, quando non
state leggendo, meditate sempre qualcosa delle Sacre Scritture. Le
sorelle inferme devono essere trattate in modo che guariscano il prima
possibile ma, quando avranno ricuperato la vitalità di prima, ritornino
alla più salutare consuetudine dell'astinenza. Il vostro abito non sia
appariscente, e non cercate di piacere per come siete vestite, ma per il
vostro contegno, come conviene alle vostre intenzioni (di vita).
XXI. Non scaturisca in voi, per istigazione diabolica, nessuna
concupiscenza degli occhi verso un qualunque uomo; non dite di avere
pensieri puri, se avete impudichi gli occhi, perché l'occhio impuro è
sintomo di un cuore impuro. E colei che guarda un uomo in modo malizioso
non deve credere di non essere vista da altri, quando fa questo; senza
dubbio è vista da chi non credeva di essere guardata. Ma eccola
nascosta, tanto da non essere vista da nessun uomo, come farà con colui
che scruta dall'alto e al quale non ci si può nascondere per niente?
Tema dunque di dispiacere a Dio, abbia in animo di non piacere all'uomo
in modo malvagio. Quando dunque siete insieme, se arriva l'intendente
del monastero o qualche uomo insieme con lui, custodite a vicenda la
vostra riservatezza. Infatti, il Signore che abita in voi vi custodisce
anche in questo modo.
XXII. Se poi vedrete qualcuna agire in modo più sfacciato di quanto
sarebbe bene, riprendetela in segreto, come sorella; se non vuol
ascoltare, informate la madre badessa; e non si pensi che voi siete
maldicenti, quando rivelate ciò con onesto pensiero: infatti, siete
maggiormente colpevoli e vi rendete complici dello stesso peccato se,
col vostro silenzio,lasciate perire la vostra sorella, mentre avreste
potuto correggerla con la punizione. Se infatti avesse nel corpo una
freccia o fosse stata morsa da un serpente e volesse occultare il fatto
per paura di essere operata, non sarebbe crudele il tacere e
misericordioso lo svelare la cosa? Quanto più dovete manifestare le
istigazioni del diavolo e le sue insidie, affinché la lacerazione del
peccato non diventi più grave nel cuore, né il male della concupiscenza
trovi più a lungo alimento nell'animo. E fate ciò con amore per le
sorelle ed in odio ai vizi.
XXIII. Chiunque poi, Dio non voglia, si sia spinta così tanto nel male
da ricevere di nascosto lettere o qualsivoglia messaggio o piccolo dono;
se lo confesserà da sé, meriti indulgenza e si preghi per lei; se invece
sarà scoperta nel nasconderlo o dimostrata colpevole, sia gravemente
punita secondo le regole del monastero. Soggiaccia ad un simile rigore
anche colei che abbia osato con sacrilega presunzione recapitare a
chiunque lettere o piccoli doni; tuttavia se qualcuna, per affetto verso
i genitori o per qualunque rapporto di familiarità, volesse far
pervenire un pane benedetto, si consigli con la madre badessa; e se la
stessa lo permetterà, lo dia
tramite le portinaie, ed esse lo trasmettano a suo nome a chi
vorrà: la stessa sorella non presuma di dare o di ricevere qualcosa per
conto suo, senza la priora o la portinaia.
XXIV. Non solo non si
dovrebbe pensare, ma neppure assolutamente credere che le vergini si
possano offendere con aspre maldicenze ed insulti; tuttavia se per caso,
a causa dell'umana fragilità, alcune delle sorelle, per istigazione del
demonio, osassero cadere in tanta indecenza da commettere persino un
furto o di mettersi le mani addosso, è giusto che subiscano la punizione
prevista coloro che avranno violato le norme della Regola. Infatti, è
necessario che si realizzi in loro ciò che lo Spirito Santo prescrisse
riguardo ai figli indisciplinati, per bocca di Salomone: “Chi
ama il proprio figlio usa spesso la frusta per lui” (Sir 30,1) E
ancora: “Se lo percuoti con il
bastone, lo salverai dal regno dei morti “ (Pr 23,14) Ricevano
questa punizione alla presenza della Comunità conforme al detto
dell'Apostolo: “Quelli poi che
risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti” (1 Tm
5,20).
XXV.
E poiché la madre badessa del monastero deve
prendersi cura della salvezza delle anime e deve sempre pensare, con il
piccolo patrimonio del monastero, a ciò che occorre per le necessità del
corpo. Inoltre deve accogliere premurosamente i visitatori e rispondere
alle lettere di fedeli di ogni tipo; competerà alla sollecitudine della
priora e dell’addetta alla distribuzione della lana di curare la
lavorazione della lana, onde si procurino alle sante sorelle i vestiti.
Grazie al loro lavoro, con zelo e amore di Dio, si preparino tanto
accuratamente tutti i vestiti che sono necessari, in modo che ogni volta
che occorrono alle sante sorelle, (la madre badessa) li distribuisca con
santa discrezione.
XXVI. Pertanto si facciano
questi abiti nel monastero con tanta operosità in modo che la badessa
non debba mai comperarne fuori del monastero. E non spetterà a voi
stabilire quale indumento vi viene assegnato in conformità della
stagione. Se poi a causa di ciò nascono tra voi contrasti e mormorazioni
– se per caso alcune di voi riceveranno qualcosa di meno adatto di ciò
che avevano prima- giudicate voi quanto sia difettoso quel santo abito
interiore del cuore, voi che mormorate per l'abito del corpo. Tuttavia
se la vostra inadeguatezza viene tollerata, in modo che abbiate più di
quanto esige la necessità quotidiana, riponete quello che avete ricevuto
in un unico posto custodito in comune, e la tesoriera tenga le chiavi
dei vostri cofanetti ed armadietti.
XXVII. Nessuna si dedichi a qualche lavoro per sé, a meno che la badessa
glielo abbia prescritto o permesso; bensì tutti i vostri lavori siano
eseguiti in comune, con così santo scrupolo e così fervorosa alacrità
come se faceste qualcosa di esclusivo per voi.
XXVIII. Alla dispensa, alla portineria e al laboratorio della lana siano
destinate dall'anziana non coloro che considerano i desideri di alcune,
ma i bisogni di tutte con timore di Dio, e perciò nessuna delle sorelle
si azzardi a riporre o ad avere presso il letto qualcosa da mangiare o
da bere. Inoltre, chiunque abbia fatto ciò, subisca una gravissima
penitenza. Innanzitutto vi scongiuro, davanti a Dio ed ai suoi angeli,
che nessuna delle sorelle compri del vino o lo riceva di nascosto da
chiunque lo mandi; se però fosse inviato, le portinaie lo prendano alla
presenza della madre badessa o della priora e lo consegnino alla
cantiniera; e tramite suo, secondo la prescrizione della Regola, sia
dispensato alla sorella a cui fu inviato, nella misura che conviene alla
sua infermità. E poiché di solito succede che la dispensa del monastero
non abbia sempre del buon vino, spetterà alla solerzia della santa
badessa di procurare un vino tale che possa essere assaggiato dalle
ammalate o da quelle che vengono cibate in modo più delicato.
XXIX. Si neghino il meno possibile anche i bagni, quando lo richiede
l’infermità; ma lo si faccia senza mormorazioni dietro parere medico
così che, se anche la malata non vuole fare il bagno, faccia per ordine
dell'anziana ciò che è necessario per la salute. Se invece non vi è
costretta da alcuna infermità, non si assecondi la sua voglia.
XXX. La cura delle ammalate o di coloro che soffrono di qualche
infermità deve essere affidata ad una sorella molto diligente ed
affidabile, che chieda alla dispensa ciò che intuisca essere necessario,
e la si deve scegliere tale che custodisca l'austerità monastica e serva
con dolcezza le inferme. E se la necessità delle inferme lo esige, e
sarà ritenuto giusto dalla madre del monastero, le malate abbiano anche
una loro piccola dispensa e una cucina comune. Quelle che sono
responsabili della dispensa, o della cantina o del vestiario o della
biblioteca o della portineria o del laboratorio della lana, ricevano le
chiavi sopra il Vangelo, e servano tutte le altre senza mormorare. Se
poi qualcuna crederà di poter utilizzare o custodire con negligenza le
vesti, le scarpe e gli utensili, le sarà data una severa punizione, come
cattivo amministratore dei beni del monastero.
XXXI. Non vi sia nessuna litigio, secondo il detto dell'Apostolo: “Un
servo del Signore non deve essere litigioso” (2 Tm 2,24) e ancora: “Astieniti
dalle risse e diminuirai i peccati” (Sir 28,8), ma se ci fossero,
finiscano il più presto possibile, affinché l'ira non degeneri in odio,
e la pagliuzza non diventi una trave, e l'anima non diventi omicida;
infatti così leggete: “Chiunque
odia il proprio fratello è omicida” (1 Gv 3,15) e: “alzando
al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche” (1 Tm 2,8).
Chiunque abbia offeso una sua sorella con offese, maldicenze o anche per
accusare di un sopruso, si ricordi di espiare la colpa dandole
soddisfazione. Se osasse ricadere nello stesso peccato, sia colpita con
la più severa punizione, finché meriti di essere riconciliata
riconoscendo il proprio errore. Le giovani in particolare rispettino le
anziane.
Se però qualcuna per qualsiasi motivo sia stata scomunicata, viva
separata dalla comunità nel luogo che la badessa avrà comandato, con una
delle sorelle spirituali, fino a che, dopo umile pentimento, riceva il
perdono. Se poi, come suole succedere, per istigazione del demonio, si
offenderanno a vicenda, dovranno chiedersi perdono a vicenda e
rimettersi i debiti, grazie alle preghiere che devono essere in modo
particolare quanto più assidue, tanto più pure. E se colei a cui è
chiesto il perdono non vuole perdonare alla sua sorella, sia rimossa
dalla comunità e tema quello (che è scritto): “se
voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le
vostre colpe” (Mt 6,15). A sua volta chi non vuole mai chiedere
scusa o non la chiede col cuore, oppure non perdona se glielo si chiede,
dimostra non aver motivo di stare in monastero. Trattenetevi dunque da
parole troppo dure; se vi fossero scappate, non vi dispiaccia di fare
uscire il medicamento da quella stessa bocca con cui sono state fatte le
ferite.
Quando poi la necessità della disciplina costringe voi priore, per
correggere le cattive abitudini, a dire parole dure, anche se per caso
nel farlo vi sentite di aver superato il limite, da voi non si esige che
pretendiate perdono; affinché non succeda che, presso coloro che devono
essere obbedienti, venga danneggiata l'autorità del comando nel
praticare troppo l'umiltà. Ma tuttavia dovete chiedere perdono di tutte
loro al Signore, che sa anche con quanta benevolenza amiate quelle che
più rimproverate con ragione.
XXXII. Obbedite senza mormorare alla madre badessa che si prende cura di
tutte voi e alla priora, perché in loro non sia contristata la carità.
Esse poi che vi governano, cerchino di custodire con carità e vera pietà
la discrezione e la Regola. Diano loro stesse esempio di ben agire nei
riguardi di tutte: riprendano le indocili, confortino le timide,
sostengano le fragili, pensando sempre che di voi dovranno rendere conto
a Dio; per questo anche voi, con l'obbedire ancor più santamente, fate
opera di misericordia non solo a voi, ma anche a loro: poiché quanto
appaiono superiori tra voi per disposizione, tanto si trovano in maggior
pericolo. Perciò non solo alla madre badessa, ma anche alla priora, alla
precettrice o alla maestra (delle novizie) obbedite umilmente con
reverenza.
XXXIII. Innanzitutto, per conservare la vostra reputazione, nessun uomo
entri nella parte più interna del monastero e negli oratori, eccetto i
vescovi, l'intendente e il sacerdote, diacono e suddiacono, uno o due
lettori, fidati per età e per modo di vita, che alcune volte devono
celebrare la Messa. Quando poi si devono rinnovare i tetti o aggiustare
porte o finestre o riparare qualcosa di simile, per effettuare il lavoro
entrino soltanto gli operai e gli aiutanti insieme all'intendente, se lo
esige la necessità; ma neppure essi senza che la madre badessa lo sappia
e lo permetta. Inoltre, lo stesso intendente non entri nella parte
interna del monastero se non per questi servizi che abbiamo sopra
descritto; e non lo faccia mai o raramente senza che ci sia la badessa o
un’altra irreprensibile testimone: in modo che le (sorelle) consacrate
mantengano la loro intimità, come si addice e conviene.
XXXIV. Allo stesso modo sia proibito di entrare anche alle donne
secolari sposate, o alle ragazze e
alle altre donne ancora in abito laico.
XXXV. Si rispetti la regola che la badessa non vada ad incontrare gente
in parlatorio senza il riguardo che le spetta, cioè senza due o tre
sorelle.
I
vescovi, gli abati o gli altri religiosi, fidati per l’età avanzata, se
lo chiedono, devono poter entrare nell'oratorio per pregare. Si presti
inoltre attenzione a che la porta del monastero resti aperta ai
visitatori in ore opportune.
XXXVI. Non allestite mai pranzi, né in monastero né fuori monastero,
neppure a queste persone, cioè a vescovi, abati, monaci, ecclesiastici,
uomini secolari, donne in abito secolare, nemmeno ai parenti della
badessa o di alcuna monaca: né si offra il pranzo al vescovo di questa
città e nemmeno all'intendente del monastero stesso. Ed inoltre neanche
ad una religiosa della città, a meno che si abbiano relazioni importanti
(con loro) e che siano molto devote al monastero; ma ciò avvenga molto
di rado.
Ma se una donna viene da un'altra città per vedere la propria figlia, o
a visitare il monastero, se si tratta di una religiosa e sembrerà
opportuno alla badessa, la si deve invitare a pranzo; le altre
assolutamente mai, perché le sante vergini e le persone votate a Dio
devono piuttosto vivere per il Cristo e pregare per tutto il popolo, e
non preparare pranzi per il corpo.
XXXVII. Se però qualcuna vorrà vedere sua sorella, o figlia, o qualsiasi
parente o conoscente, non le si neghi il colloquio, alla presenza della
maestra (delle novizie) o di un'anziana qualsiasi.
XXXVIII. La badessa in ogni caso non mangi fuori dalla Comunità, se non
per qualcosa di straordinario, o per malattia, o per un impegno
improrogabile.
XXIX. Di questo soprattutto ammonisco e
scongiuro – te, o santa madre e te, venerabile priora, chiunque
tu sia, e poi chiunque deve assistere le malate e anche la precettrice e
la maestra (delle novizie) - controllate attentamente se ci sono alcune
fra le sorelle le quali, essendo abituate a nutrirsi in modo più
delicato o forse perché soffrono spesso a causa di un stomaco debole,
non possono fare astinenza come le altre o comunque digiunano con grande
fatica. E se esse per timidezza non osano chiedere, siate voi a
comandare alle cellerarie di servirle e a ordinare loro di accettare. E
stiano ben certe che qualunque cosa ricevano a qualsiasi ora per mano o
per ordine dell'anziana, in quel conforto ricevono Cristo. La celleraria
poi e colei che deve servire le inferme, saranno segnalate al cospetto
di Dio e degli angeli per la cura e lo zelo nei loro confronti, più che
per ogni altra sollecitudine. Raccomando anche ciò: che per evitare
troppo subbuglio non si facciano quotidiane o continue elemosine alla
porta del monastero, ma la badessa faccia dispensare ai poveri, per il
tramite dell'intendente, quel che Dio concede, purché ne rimanga per le
necessità del monastero.
XL. Innanzitutto, se qualcuno consegna o invia vestiti o qualunque altra
cosa alla propria figlia o a una (sorella) con cui abbia qualche
relazione di parentela, si badi a che non si prendano di nascosto: per
questo motivo supplico, in nome di Dio e dei suoi angeli, che tutte
quelle che sorvegliano la portineria non permettano che nulla sia dato
da dentro il monastero, né consentano che dall’esterno sia ricevuto
qualcosa nel monastero senza che lo sappia la badessa e che abbia dato
il suo consenso. Tuttavia se la badessa, come succede, sarà occupata con
dei visitatori, le portinaie mostrino alla priora qualunque cosa venga
offerta. E se trascureranno di
osservare questa regola, sia le portinaie che lo permettono, sia le
sorelle che ricevono, non solo subiranno i più gravi rigori del
monastero, ma sappiano che renderanno conto con me davanti a Dio in
merito alla trasgressione della santa Regola. Certamente l'oggetto
recapitato lo tenga lei, se le
occorre per suo uso; se invece non le manca nulla, resti a disposizione
comune e lo si offra a chi ne ha bisogno, secondo quel comando del
Signore: “Chi ha due tuniche ne
dia a chi non ne ha” (Lc 3,11).
Anche gli abiti stessi, quando ne ricevono di nuovi, se non hanno
bisogno di quelli vecchi, li rendano alla badessa perché siano
distribuiti alle sorelle povere o alle novizie o alle più giovani.
Inoltre (le sorelle) abbiano tutte le vesti solo di un colore semplice e
discreto, mai troppo scure, mai vistose, ma soltanto bianco opaco o
colore del latte e (queste vesti) siano accuratamente preparate in
monastero dalla priora e a cura della lanaiola, e siano consegnate dalla
madre badessa del monastero, secondo la ragionevole necessità di
ciascuna.
XLI. In monastero non si faccia nessun’altra tintura se non, come detto
prima, colore bianco opaco e bianco latte: perché all'umiltà di vergini
non conviene altro. Anche le coperte dei letti siano semplici, perché è
sicuramente scorretto che sul letto di una religiosa risplendano coperte
eleganti o copriletti ricamati. Non abbiate argenterie a vostro uso,
tranne che per gli arredi dell'oratorio.
XLII. Non si confezionino mai in monastero né stoffe decorate, né con
ricami, né tessuti variopinti o tappeti od ornamenti (pregiati). Anche i
paramenti stessi nell’oratorio del monastero devono essere semplici, mai
ricamati a colori, mai interamente di seta; e null’altro vi si aggiunga
se non croci, o nere o bianco latte, solamente in panno o in lino.
Neanche si devono appendere tendaggi incerati, né attaccare quadri, né
affrescare pitture sulle pareti o sui soffitti: perché nel monastero
deve stare non quello che piace agli occhi terreni, , ma soltanto quello
che è gradito agli occhi spirituali. Se poi saranno conferiti al
monastero, da voi o da alcuno dei fedeli, dei paramenti, siano venduti
per sostenere le necessità del monastero o siano assegnati alla Basilica
di Santa Maria, se ce ne fosse bisogno. Non si eseguano mai ricami, se
non nei fazzoletti e negli asciugamani,
dietro ordine della badessa.
Nessuna di voi osi ricevere, senza l’ordine della badessa, vesti di
chierici o di laici, né di parenti o di qualsiasi estraneo, sia uomo che
donna, da lavare, da cucire o da riadattare o da tingere; e ciò per
evitare che, a causa di questa familiarità incauta e nemica della
dignità, possa essere leso il buon nome del monastero. Inoltre, ogni
sorella che non vorrà osservare ciò, sia sottoposta alla disciplina del
monastero, come se avesse commesso una (grave) mancanza.
XLIII. Te poi, santa e venerabile madre del monastero, e te priora della
santa Comunità, esorto e scongiuro davanti e Dio ed ai suoi angeli, che
mai minacce o critiche o lusinghe di alcuno fiacchino il vostro animo,
tanto da sminuire l’insegnamento della santa e spirituale Regola. Credo
tuttavia che, per misericordia di Dio, non incorrerete in peccato per
qualche negligenza, ma potrete felicemente pervenire all'eterna
beatitudine, grazie
all’obbedienza santa e gradita a Dio.
Regola
per le vergini
RICAPITOLAZIONE
Con l'aiuto di Dio, all’origine della fondazione del monastero
abbiamo compilato per voi una Regola. In seguito tuttavia, e molte
volte, abbiamo inserito o tolto qualcosa: ora, dopo aver bene osservato
e verificato che cosa potete adempiere, abbiamo definito ciò che
conviene secondo ragionevolezza, possibilità e santità.
Infatti, in base a quanto abbiamo potuto trarre da una diligente
osservazione e con l’ispirazione di Dio,
la Regola stessa è stata da noi così temperata, affinché possiate
integralmente osservarla con l'aiuto di Dio e, quindi, al cospetto di
Dio e dei suoi angeli prescriviamo che niente in essa venga
ulteriormente mutato o ridotto.
Per questo motivo, qualunque foglio di carta abbiamo fatto prima
vogliamo che sia ritenuto nullo; questo invece, nel quale di mia mano ho
scritto la Ricapitolazione, vi prego e vi ammonisco di osservarlo
fedelmente e felicemente senza nessuna riduzione, con l'aiuto di Dio;
implorando senza sosta l'aiuto di Dio, affinché non vi trattenga col suo
velenoso consiglio l'antico nemico, il quale già tante volte dalla
sommità stesso del cielo trascinò fin nelle profondità dell'inferno
quelli che lo ascoltarono.
Perciò vi raccomando, sante e venerabili figlie, di cercare di
respingere le sue ispirazioni con ogni virtù e con vigilantissimo
impegno: “correte, con
l'aiuto di Dio, in modo da conquistare il premio” (1 Cor 9,24);
perché non chi ha incominciato, ma “chi avrà perseverato
fino alla fine sarà salvato”
(Mt 24,13). Sebbene io pensi che la vostra
santa pietà terrà sempre presenti le norme da me prima scritte e, con
l’aiuto di Cristo, si sforzerà di adempierle non solo con fedeltà, ma
anche con successo; tuttavia affinché le nostre risoluzioni possano
fissarsi più tenacemente nel vostro cuore, abbiamo voluto prepararvi
questa breve Ricapitolazione, che ho scritto di mia mano. Vi chiedo ciò:
che Dio vi ispiri a riceverla di buon animo e a cercare di rispettarla
regolarmente con il suo aiuto.
I. Ecco ciò che soprattutto vogliamo sia da voi osservato e senza
alcuna mitigazione: che nessuna di voi esca dal monastero, neanche per
accedere alla Basilica verso la quale avete una porta, fino alla sua
morte, né essendo autorizzata né di sua iniziativa.
II. Che nessuna abbia una cella per conto suo; che nessuna abbia in
segreto familiarità o qualsivoglia relazione né con religiosi né con
laici, sia uomini che donne.
III: Né (alle sorelle) sia permesso parlare neppure per un momento
da sole con qualunque persona: e neanche ne ricevano indumenti da
lavare, o da tingere o da rinnovare o da cucire. E come abbiamo
stabilito nella stessa Regola, non osino mandar fuori dall’interno (del
monastero) di nascosto qualche cosa, né riceverla (dentro) dall'esterno.
IV. Nessuna abbia niente di proprio né fuori dal monastero, né
dentro, nè riservi qualcosa a sua disposizione; ma, come abbiamo detto
precedentemente, (dopo avere) fatto un atto di donazione in favore di
chi vorrà, sarà libera da ogni impedimento, conforme a ciò che disse il
Signore: “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non
può essere mio discepolo” (Lc 14,33); e anche: “Se
qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso”
(Mt
16,24). Chi ha ricevuto il comando di rinnegare se stesso, con che
ardire presume di potersi
riservare qualcosa degli impedimenti di questo mondo? Tremi piuttosto
per ciò che sta scritto, che gli impedimenti del mondo ci resero
infelici. E attenetevi con impegno al detto dell'Apostolo: “Io
vorrei che foste senza preoccupazioni” (1 Cor 7,32). E osservando
con dedizione questi principi, dica con tranquilla coscienza: “il
mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”
(Gal 6,14). E anche: “considero
tutte queste cose spazzatura, per guadagnare Cristo” (Fil 3,8).
V. Non allestite pranzi, né al vescovo di questa città, né a quello
di un’altra, né a nessun altro uomo, come abbiamo prescritto nella
Regola.
VI. Non si ricevano di nascosto lettere da nessuno, neanche dai
genitori né, senza permesso della badessa, si inoltrino scritti di
qualsiasi tipo ad alcuno.
VII. Raccomando specialmente, come ho già detto, di non usare abiti
vistosi, né scuri, né color porpora o con pelli di castoro, ma solo bianco
opaco o colore del latte. Non si cingano il capo oltre la misura che
abbiamo qui indicata con un disegno. (Nei
manoscritti vi è qui disegnato uno schizzo con misure diverse secondo il
criterio di ogni amanuense. Ndt.). Facciano tutti i lavori in
comune.
VIII. Quando si presenta un’aspirante alla vita monastica, in
parlatorio le si legga più volte la Regola; e, se manifesterà di voler
adempiere tutte le prescrizioni della Regola con pronta e libera
volontà, vi rimanga per il tempo che sembrerà giusto e ragionevole alla
badessa; se invece dirà di non poter osservare la Regola, non la si
riceva affatto.
IX. Non si oltrepassi
mai per vostro volere o con vostra beneplacito la porta del monastero,
neanche per andare alla basilica; e non stia mai aperta di sera, di
notte o nelle ore di mezzogiorno; in queste ore e durante i pasti la
madre badessa tenga la chiave presso di sé.
X. Inoltre, con
l’intercessione di Dio, imploro la badessa di questa santa Comunità -
alla quale non è lecito possedere nulla, né si permette di avere
alcunché di proprio - di procurare, per quanto le sarà possibile, il
necessario alla sue sorelle.
XI. Non si facciano mai in monastero stoffe decorate e orlature,
abiti color porpora e qualsiasi tessuto variopinto, conforme al detto
dell'Apostolo: “Nessuno, quando
presta servizio militare, si lascia prendere dalle faccende della vita
comune, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato” (2 Tm 2,4).
XII. Quando la santa badessa si avvierà verso Dio, nessuna di voi
voglia che sia eletta una meno capace, per un sentimento terreno o per
motivo di nascita o per parentela; ma tutte, con l'ispirazione di
Cristo, unanimemente sceglierete una (sorella) santa e spirituale, che
possa custodire in modo
adeguato la Regola del monastero ed insieme sappia dare in modo saggio
una risposta ai visitatori, per loro edificazione, con prudenza e santo
affetto; in modo che tutte le persone che verranno a voi con grande fede
e reverenza per la loro edificazione, benedicano grandemente Iddio, e si
congratulino spiritualmente dell'elezione da voi fatta e della vita
spirituale di colei che avete eletto.
XIII. E sebbene, o mie sante e venerabili figlie nel singolare
amore di Cristo, io sia sicuro dell'obbedienza che scaturisce dalla
vostra santa devozione, tuttavia, ed in nome di quella paterna
sollecitudine che mi fa desiderare che siate simili agli angeli, vi
prego e vi scongiuro senza sosta per l'onnipotente Iddio, che non
permettiate di togliere nulla di quanto prescrive la santa Regola, ma
che vi sforziate di custodirla con tutte le forze e con l'aiuto del
Signore: sapendo bene che “ciascuno riceverà la propria ricompensa
secondo il proprio lavoro”
(1 Cor 3,8). E per prima cosa vi prego di ciò, che la
vostra santità non accolga il nostro ammonimento solo transitoriamente:
perché non parliamo per nostra ambizione, ma vi ammoniamo a vostro
vantaggio e con grande affetto e vera carità, conformemente a ciò che si
legge nelle Scritture canoniche ed è contenuto in grande abbondanza nei
libri degli antichi Padri; e poiché leggete che: “Chi
dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti …, sarà
considerato minimo nel regno dei cieli” (Mt 5,19), non vogliate
disprezzare come insignificanti le parole indicate dalla nostra umiltà,
tenendo presente ciò che sta scritto: “Chi disprezza voi,
disprezza me” (Lc 10,16)
e ancora: “Chi
disprezza le piccole cose cadrà a poco a poco” (Sir 19,1).
Allo stesso modo che in qualunque
gara fisica uno risulta tanto più miserabile quanto più piccola e debole
è la persona che lo ha superato così, anche nella lotta spirituale in
colui che sarà stato negligente nelle piccole cose, si realizzerà ciò
che sta scritto: “Poiché chiunque
osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo,
diventa colpevole di tutto” (Gc 2,10). Quando rifletto su ciò, non
solo con grande timore, ma anche con tremore, il mio animo teme che si
insinui in voi un pur piccolo peccato ed è perciò che non solo vi
raccomando, ma nello stesso tempo vi supplico e scongiuro e con gran
impulso di carità vi imploro, che possiate pervenire senza rossore alla
beatitudine eterna, nel consorzio degli angeli e di tutti i Santi, e io
meriti felicemente di vedervi insieme a Santa Maria e con tutte le altre
vergini ricevere la corona di gloria e seguire l'Agnello celeste; a tal
fine sforzatevi di osservare con tutto il cuore e con tutta l'anima le
regole dette sopra, grazie alle quali possiate felicemente giungere al
premio eterno.
XIV. Tuttavia se in
qualunque momento una qualsiasi badessa tentasse di modificare o di
addolcire una delle prescrizioni di questa Regola, cosa che non penso
potrà avvenire e che Dio con la sua misericordia non permetterà, o
volesse a causa della parentela o di una motivo qualsiasi avere rapporti
di dipendenza o di familiarità con il vescovo di questa città, nel modo
che Dio vi ispirerà noi vi autorizziamo a resistere su questo punto con
rispetto e gravità e a non permettere che ciò avvenga per nessun motivo;
ma cercate di difendervi in tutto, con l'aiuto di Dio, secondo i sacri
diritti (da voi ricevuti) dal santissimo Papa della città di Roma. In
modo particolare vi scongiuro di non ridurre assolutamente nulla della
soprascritta Ricapitolazione che ho scritto e firmato di mio pugno.
Infatti qualunque badessa o qualunque priora che tenterà di fare
qualcosa contro le prescrizioni della santa Regola, sappia che ne
renderà conto con me davanti al tribunale di Cristo.
E se per caso, Dio non lo permetta, ci sarà alcuna delle nostre
figlie d'animo così testardo tale da rifiutare di adempiere alla
ricapitolazione di questa Regola, scritta (anche) a (suo) vantaggio e
conforme alle istituzioni dei santi Padri, infiammate di ardore dello
Spirito Santo, rimuovetela dalla comunione con la vostra santa Comunità;
e costei stia isolata nella cella del parlatorio, fino a che, dopo aver
subito un’adeguata penitenza, chieda umilmente perdono; e
non rientri dentro finché non si sarà uniformata agli statuti
della Regola. Diciamo ciò perché c'è da temere che, trascurando la
negligenza di una sola e non punendola secondo la Regola, si corrompano
le altre che avrebbero potuto perfezionarsi. Ma, per la misericordia di
Dio, noi abbiamo fiducia che voi, procedendo santamente e spiritualmente
e correggendo con vera carità le disobbedienti, possiate giungere
felicemente e tutte insieme ai premi eterni, con l’aiuto di nostro
Signore Gesù Cristo, al quale è onore e potere per tutti i secoli dei
secoli. Amen.
XV.
Da Pentecoste fino alle calende di settembre stabilite come regolare il
digiuno, così come la madre del monastero avrà pensato in funzione delle
virtù e delle possibilità; dalle calende di settembre fino alle calende
di novembre si deve digiunare la seconda, la quarta e la sesta feria
(lunedì, mercoledì e venerdì: Ndt). Dalle calende di novembre al Natale
del Signore tranne i giorni di festa e il sabato, è bene digiunare tutti
i
giorni. Prima dell'Epifania bisogna digiunare sette giorni. Invece
dall'Epifania fino alla settimana prima della Quaresima bisogna
digiunare la seconda, la quarta e la sesta feria. Nel Natale del Signore
e nel giorno dell’Epifania si devono celebrare le veglie dalla terza ora
di notte fino all’alba.
XVI. Riteniamo anche di inserire in questa Regola l'ordinamento dei
pasti. In tutti i giorni di digiuno si preparino tre pietanze (per
l’unico pasto), se c'è pranzo (e cena)solo due. Nelle maggiori festività
a pranzo e a cena si aggiungano delle portate e, a chi vi rinuncia, si
aggiungano dei dolci. In estate tutti i giorni a pranzo due bicchieri di
vino annacquato caldo; d'inverno a pranzo due bicchieri; per l'unico
pasto (dei giorni di digiuno) ne ricevano tre bicchieri, mentre per la
cena ne bastino due. Invece le più giovani a pranzo, a cena e alla
refezione ne ricevano due.
XVII. Si serva del
pollame solo alle malate; alla Comunità poi non se ne serva mai. Per di
più non si mangino assolutamente altre carni. Se eventualmente qualcuna
fosse in condizioni disperate di infermità, le riceva su ordine e
disposizione della badessa.
XVIII. Tuttavia vi prego e vi scongiuro, piissime sorelle, davanti
al Signore Iddio, di ricambiare in eterno questa benevolenza alla mia
umiltà e a quella delle vostre sante madri, cioè a coloro che sono gli
istitutori della Regola e i fondatori del monastero: che giorno e notte
vigili per noi l'intercessione della vostra carità. E così salga al
cospetto del Signore la vostra invocazione nella preghiera comune, sia
nelle solennità del giorno che nelle veglie notturne affinché, grazie
alla supplica della vostra santità, egli stabilisca e conceda a me di
essere degno pontefice della sua Chiesa e a loro di essere degnamente
preposte al servizio delle sante vergini: e quando inizieremo a render
conto dei talenti affidatici davanti al suo tribunale, se ci sono colpe
e negligenze, sia mie riguardo alla cura della Chiesa che delle vostre
madri nei confronti di coloro che sono state loro affidate, con la
vostra intercessione il Signore si degni di perdonarci e di sanare le
ferite delle colpe con la medicina del perdono. Poiché le colpe non si
emendano se (il Signore) non le perdona grazie alle preghiere dei santi;
e neppure le rimette, se non sono state emendate.
XIX. E poiché per la custodia del monastero ho chiuso e proibito
alcune porte (di uscita), sia nel vecchio battistero, sia nel
dormitorio, sia nella tessitoria e nella torre presso il frutteto,
nessuna presuma mai di aprirle per un qualche motivo di utilità: la
santa Comunità deve invece opporsi e non deve permettere che succeda ciò
che sanno essere in contrasto con il loro onore e con la loro vita
appartata.
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Regola per le vergini
Questi due ultimi capitolo non sono di S. Cesario, ma sembrano essere
stati aggiunti alla Ricapitolazione da un altro, prendendo dalla Regola
di S. Benedetto
(La Patrologia latina riporta questi due ulteriori capitoli, presi integralmente dalla Regola di s. Benedetto
e
cambiando i soggetti da maschile a femminile. Ndt)
XX. Come celleraria del monastero si scelga una sorella saggia, matura,
sobria, che non ecceda nel mangiare e non abbia un carattere superbo, né
turbolenta, né facile alle male parole, né indolente e prodiga, ma sia
timorata di Dio e una vera madre per la comunità, si prenda cura di
tutto e di tutte. Non faccia nulla senza il permesso della badessa ed
esegua fedelmente gli ordini ricevuti; non dia alle sorelle motivo di
irritarsi. Se qualcuna di loro avanzasse pretese assurde, non la
mortifichi sprezzantemente, ma sappia respingere la richiesta
inopportuna con ragionevolezza e umiltà. Custodisca l'anima sua,
ricordandosi sempre di quella sentenza dell'Apostolo che dice: "infatti
quelli che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno
un grado degno di onore" (1Tm 3,13). Si interessi dei malati, dei
ragazzi, degli ospiti e dei poveri con la massima diligenza, ben sapendo
che nel giorno del giudizio dovrà rendere conto di tutte queste persone
affidate alle sue cure. Tratti gli oggetti e i beni del monastero con la
reverenza dovuta ai vasi sacri dell'altare; non tenga nulla in poco
conto e non si lasci prendere dall'avarizia né si abbandoni alla
prodigalità, ma agisca sempre con criterio e secondo le direttive della
badessa; soprattutto sia umile e se non può concedere quanto le è stato
richiesto, dia almeno una risposta caritatevole, perché sta scritto:
"Ecco, una parola non vale più di un dono ricco?" (Sir 18,17). Si
interessi solo delle incombenze che le ha affidato la badessa, senza
ingerirsi in quelle da cui l’ha esclusa. Distribuisca alle sorelle la
porzione di vitto prestabilita senza alterigia o ritardi, per non dare
motivo di scandalo, ricordandosi di quello che toccherà, secondo la
divina promessa, a "chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli" (Mt
18,6). Se la comunità fosse numerosa, le si concedano degli aiuti con la
cui collaborazione possa svolgere serenamente il compito che gli è stato
assegnato. Nelle ore fissate si distribuisca quanto si deve dare e si
chieda quello che si deve chiedere, in modo che nella casa di Dio non ci
sia alcun motivo di turbamento o di malcontento.
XXI. Alla porta del monastero sia destinata una sorella anziana ed
assennata, che sappia ricevere e riportare le commissioni e sia
abbastanza matura da non disperdersi, andando in giro a destra e a
sinistra. Questa portinaia deve avere la sua residenza presso la porta,
in modo che le persone che arrivano trovino sempre una sorella pronta a
rispondere. Quindi, appena qualcuno bussa o un povero chiede la carità,
risponda: "Deo gratias!" e benedica con tutta la delicatezza che ispira
il timor di Dio venendo incontro alle richieste del nuovo arrivato,
dimostrando una grande premura e un'ardente carità. La stessa portinaia,
se ha bisogno di aiuto, sia coadiuvata da una sorella più giovane. Amen.
|
(Questa aggiunta non è riportata nella
Patrogia latina del Migne, ma solo dal codice
Turonensis 617 (T). Nello
stesso codice sono anche riportati altri capitoli riguardanti in
particolare lo svolgimento dell’Ufficio divino : Ndt)
Io Cesario peccatore ho riletto e firmato questa Regola delle sacre
vergini: e l'ho registrata al giorno X delle calende di luglio, al tempo
del Console Paolino (534).
1. Simplicio peccatore: ho approvato e firmato.
2. Severo vescovo: ho approvato e firmato.
3. Luperciano vescovo: ho approvato e firmato.
4. Giovanni: ho approvato e firmato.
5. Cipriano vescovo: ho approvato e firmato.
6. Montano: ho approvato e firmato.
7. Firmino peccatore: ho approvato e firmato.
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1 aprile 2015 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net