EVAGRIO MONACO
SUGLI OTTO PENSIERI - Recensione B (lunga)
o TRATTATO SUGLI OTTO SPIRITI MALIGNI - Recensione A (corta)
Estratto e tradotto da "Evagrius of Pontus - The Greek Ascetic Corpus", Oxford University Press 2003
- La gola
- L'ira
Capitolo 1.
1. (Cap. 1, PG) [1145A] L'origine del frutto è il fiore e l'origine della
vita attiva è la temperanza.
2. Chi domina il proprio stomaco fa diminuire le passioni, al contrario chi
è soggiogato dai cibi accresce i piaceri.
3. Come Amalek è l'origine dei popoli così la gola lo è delle passioni (Nm
24,20).
4. Come la legna è alimento del fuoco così i cibi sono alimento dello
stomaco.
5. Molta legna anima una grande fiamma e un'abbondanza di cibarie nutre la
cupidigia.
6. La fiamma si estingue quando viene meno la legna e la penuria di cibo
spegne la cupidigia.
7. Colui che ha potere sulla mascella sbaraglia gli stranieri e scioglie
facilmente i vincoli delle proprie mani (Gdc 15,9-20).
8. Dalla mascella gettata via sgorga una fonte d'acqua e la liberazione
dalla gola genera la pratica della contemplazione.
9. Il palo della tenda, irrompendo, uccise la mascella nemica (Gdc 4,21) ed
il lògos (la ragione) della
temperanza [1145B] uccide la passione.
10. Il desiderio di cibo genera disobbedienza e una dilettosa degustazione
caccia dal paradiso (Gen 3,6-23).
11. Saziano la gola i cibi fastosi e nutrono l'insonne verme
dell'intemperanza.
12. Un ventre indigente prepara ad una preghiera vigile, al contrario un
ventre ben pieno invita ad un lungo sonno.
13. Una mente sobria si raggiunge con una dieta molto scarna, mentre una
vita piena di mollezze tuffa la mente nell'abisso.
14. La preghiera di chi digiuna è simile ad una giovane aquila che sale in
alto, mentre quella di un ubriacone scende verso il basso sotto il peso
della sazietà.
15. La mente di chi digiuna è come una stella radiosa nell'aria limpida
della notte; quella di un ubriacone è nascosta in una notte senza luna.
16.La nube nasconde i raggi del sole e la grassa digestione dei cibi offusca
la mente. [1145C]
17. (Cap. 2, PG) Uno specchio sporco non riflette distintamente la forma che
gli si pone di fronte e l'intelletto, ottuso dalla sazietà, non accoglie la
conoscenza di Dio.
18. Una terra incolta genera spine e da una mente corrotta dalla gola
germogliano cattivi pensieri.
19. Come la melma non può emanare fragranza neppure nel goloso sentiamo il
soave profumo della contemplazione.
20. L'occhio del goloso scruta con curiosità i banchetti, mentre lo sguardo
del temperante osserva i simposi dei saggi.
21. L'anima del goloso enumera i ricordi dei martiri, mentre quella del
temperante imita il loro esempio.
22. Il soldato vigliacco rabbrividisce al suono della tromba che preannuncia
la battaglia, ugualmente trema il goloso di fronte ai proclami di
temperanza.
23. Il monaco goloso, sottomesso a sferzate dal proprio stomaco, [1148A]
esige il suo tributo giornaliero.
24. Il viandante che cammina di buona lena raggiungerà presto la città e il
monaco temperante arriverà presto ad uno stato di pace;
25. il viandante lento si fermerà solo, all'aperto, ed il monaco ghiottone
non raggiungerà la casa dell'apátheia
(dell’impassibilità).
26. L'umido vapore del suffumigio profuma l'aria, come la preghiera del
temperante delizia l'olfatto divino (Cfr. Ap 8,4).
27. Se ti concedi al desiderio dei cibi nulla più ti basterà per soddisfare
il tuo piacere: il desiderio dei cibi, infatti, è come il fuoco che sempre
accoglie e sempre avvampa.
28. Una misura sufficiente riempie il vaso mentre un ventre sfondato non
dirà mai: "basta!".
29. L'estensione delle mani mise in fuga Amalek (Es 17,11) e una vita attiva
elevata sottomette le passioni carnali. [1148B]
30. (Cap. 3, PG) Stermina tutto ciò che ti ispirano i vizi e mortifica
fortemente la tua carne (Cfr. Col 3,5). In qualunque modo, infatti, sia
ucciso il nemico, esso non ti incuterà più paura, così un corpo mortificato
non turberà l'anima.
31. Un cadavere non avverte il dolore del fuoco e tantomeno il temperante
sente il piacere del desiderio estinto.
32. Se percuoti un egiziano, nascondilo sotto la sabbia (Es 2,11-12), e non
ingrassare il corpo per una passione vinta: come infatti nella terra grassa
germina ciò che è nascosto così nel corpo grasso rivive la passione.
33. La fiamma che illanguidisce si riaccende se viene aggiunta della legna
secca e il piacere che si va attenuando rivive nella sazietà dei cibi;
34. non compiangere il corpo che si lagna per lo sfinimento e non
rimpinzarlo con pranzi sontuosi: se [1148C] infatti lo rinforzerai ti si
rivolterà contro muovendoti una guerra senza tregua, finché renderà schiava
la tua anima e ti menerà servo della lussuria.
35. Il corpo indigente è come un docile cavallo e mai disarcionerà il
cavaliere: questo, infatti, costretto dal freno, arretra e obbedisce alla
mano di chi tiene le briglie, mentre il corpo, domato dalla fame e dalle
veglie, non recalcitra per un cattivo pensiero che lo cavalca né nitrisce
eccitato dall'impeto delle passioni.
Capitolo 2.
1. (Cap. 4, PG) La temperanza genera l'assennatezza, mentre la gola [1148D]
è madre della sfrenatezza;
2. l'olio alimenta il lume della lucerna e la frequentazione delle donne
attizza la fiaccola del piacere.
3. La violenza dei flutti infuria contro il mercantile mal zavorrato come il
pensiero della lussuria sulla mente intemperante.
4. La lussuria accoglierà come alleata la sazietà, la congederà, starà con
gli avversari e combatterà alla fine con i nemici.
5. Rimane invulnerabile alle frecce nemiche colui che ama la tranquillità,
chi invece si mescola alla folla riceve in continuazione percosse.
6. Vedere una femmina è come un dardo velenoso, ferisce l'anima, vi intrude
il tossico e quanto più perdura, tanto più prospera l’infezione.
7. Chi intende difendersi da [1149A] queste frecce sta lontano dalle
affollate riunioni pubbliche e non gironzola a bocca aperta nei giorni di
festa; è infatti assai meglio starsene a casa passando il tempo a pregare
piuttosto che compiere l'opera del nemico credendo di onorare le feste.
8. Evita la dimestichezza con le donne se desideri essere saggio e non dar
loro la libertà di parlare e neppure fiducia. Infatti all'inizio hanno o
simulano una certa cautela, ma in seguito osano di tutto spudoratamente: al
primo abboccamento tengono gli occhi bassi, pigolano dolcemente, piangono
commosse, l'atteggiamento è grave, sospirano con amarezza, pongono domande
sulla castità e ascoltano attentamente; le vedi una seconda volta e alzano
un poco il capo; la terza volta si avvicinano senza troppo pudore; hai
sorriso e quelle si sono messe a ridere sguaiatamente; in seguito si fanno
belle e ti si mostrano con ostentazione, cambiano il loro sguardo [1149B]
annunciando l'ardenza, sollevano le sopracciglia e ruotano gli occhi,
denudano il collo e abbandonano l'intero corpo al languore, pronunciano
frasi ammollite nella passione e ti sfoggiano una voce fascinosa ad udirsi
finché non espugnano completamente l'anima. Accade che questi ami ti
adeschino alla morte e queste reti intrecciate ti trascinino alla
perdizione; e dunque non farti neppure ingannare da quelle che si servono di
discorsi ammodo: in costoro infatti si occulta il maligno veleno dei
serpenti. [1149C]
9. (Cap. 5, PG) Accostati al fuoco ardente piuttosto che ad una giovane
donna, soprattutto se sei giovane anche tu: quando infatti ti avvicini alla
fiamma e senti un bel bruciore, ti puoi allontanare rapidamente, mentre
quando sei lusingato dalle ciarle femminili, difficilmente riesci a darti
alla fuga.
10. L'erba cresce quand'è vicina all'acqua, come germina l'intemperanza
bazzicando le femmine.
11. Colui che si riempie il ventre e fa professione di saggezza è simile a
chi afferma di frenare la forza del fuoco nella paglia. Come infatti è
impossibile contrastare il mutevole guizzare del fuoco nella paglia, così è
impossibile colmare nella sazietà l'impeto infiammato dell'intemperanza.
12. Una colonna poggia sulla base e la passione della lussuria ha le
fondamenta nella sazietà.
13. La nave preda delle tempeste si affretta a raggiungere il porto e
l'anima del casto cerca la solitudine: l'una fugge le minacciose onde del
mare, l'altra le forme femminili che portano dolore e rovina.
14. Una fattezza abbellita di donna affonda più di un maroso: ma l'uno ti dà
la possibilità di nuotare se vuoi salva la vita, invece la bellezza
muliebre, dopo l'inganno, ti persuade a disprezzare financo la vita stessa.
15. Il rovo solitario si sottrae intatto alla fiamma e la persona casta che
sa tenersi lontano dalle donne non si accende d'intemperanza: come infatti
il ricordo del fuoco non brucia la mente, così neppure la passione ha vigore
se manca la materia.
16. (Cap. 6, PG) Se avrai pietà per il nemico esso ti sarà nemico, e se
farai grazia alla passione essa ti si ribellerà contro.
17. La vista delle donne eccita l'intemperante, mentre spinge il casto
[1152A] a glorificare Dio;
18. se in mezzo alle donne la passione sta tranquilla non prestare fede a
chi ti annuncia che hai raggiunto l'apátheia
(l’impassibilità). E infatti il cane scodinzola quando è lasciato in mezzo
alla folla, mentre, quando se ne allontana, mostra la propria malvagità.
19. Solo quando il ricordo della donna affiorerà in te privo di passione,
allora ritieniti giunto ai confini della castità. Quando invece la sua
immagine ti spinge a vederla e i suoi strali accerchiano la tua anima,
allora ritieniti fuori dalla virtù. Ma non devi perdurare così in tali
pensieri, né la tua mente deve per molto familiarizzare con le forme
femminili, la passione è infatti recidiva e ha accanto il pericolo. Come
infatti accade che un'appropriata fusione purifichi l'argento, ma, se
prolungata, facilmente lo distrugga, così [1152B] una insistente fantasia di
donne distrugge la pudicizia acquisita:
20. non avere infatti familiarità a lungo con un volto immaginato affinché
non ti si appicchino le fiamme del piacere e non bruci l'alone che circonda
la tua anima: come infatti la scintilla, rimanendo in mezzo alla paglia,
sprigiona le fiamme, così il ricordo della donna, persistendo, incendia il
desiderio.
Capitolo 3.
1. (7) L'avarizia è la radice di tutti i mali (1 Tm 6,10) e nutre come
maligni ramoscelli le rimanenti passioni. Se tagli un ramo, ne mette
immediatamente un altro e non permette che inaridiscano quelle fiorite
da essa.
2. Chi vuole recidere le passioni ne estirpi la radice; se infatti poti per
bene i rami e l'avarizia permane, non ti gioverà a nulla, perché essi,
nonostante siano stati recisi, subito fioriscono [1152C].
3. Il ricco monaco è come una nave troppo carica che viene sommersa
dall'impeto di una tempesta: come infatti una nave che imbarca acqua è messa
alla prova da ogni onda, così il ricco è sommerso dalle preoccupazioni.
4. Il monaco che nulla possiede è invece un agile viaggiatore e trova dimora
ovunque.
5. Il monaco che nulla possiede è come l'aquila che vola in alto e scende
giù a cercare cibo quando vi è costretta.
6. Un uomo così è superiore ad ogni prova, se la ride del presente e si leva
in alto allontanandosi dalle cose terrene e accompagnandosi a quelle
celesti: infatti ha ali leggere mai appesantite dalle preoccupazioni.
Sopraggiunge l'oppressione ed egli lascia il luogo senza dolore; la morte
arriva e quegli se ne va con animo sereno: infatti l'anima non è stata
legata da vincolo terreno di sorta.
7. Il monaco che invece molto possiede soggiace alle preoccupazioni e, come
[1125D] un cane, è legato alla catena, e, se viene costretto ad andarsene,
si porta dietro, come un grave peso e un'inutile afflizione, i ricordi delle
sue ricchezze, è punto dalla tristezza e, quando ci pensa, soffre molto, ha
perso le ricchezze e si tormenta nello scoramento. E se arriva la morte
abbandona miseramente i suoi averi, rende l'anima, mentre l'occhio non
tralascia gli affari; a malincuore viene trascinato via come uno schiavo
fuggiasco, si separa dal corpo e non si separa dai suoi interessi: poiché la
passione (della proprietà) lo trattiene più di ciò che lo trascina via
[1153A].
8. (Cap. 8, PG) Il mare non si riempie mai del tutto pur ricevendo la gran
massa d'acqua dei fiumi (Qo 1,7), allo stesso modo il desiderio di ricchezze
dell'avaro non è mai sazio, egli le raddoppia e subito desidera
quadruplicarle e non cessa mai questo raddoppio, finché la morte non mette
fine a tale interminabile premura.
9. Il monaco assennato baderà alle necessità del corpo e sopperirà con pane
e acqua allo stomaco indigente, non adulerà i ricchi per il piacere del
ventre, né asservirà la sua libera mente a molti padroni: infatti le mani
sono sempre sufficienti a servire il corpo e soddisfare le necessità
naturali.
10. Il monaco che non possiede nulla è un pugile che non può essere colpito
in pieno e un corridore veloce che raggiunge rapidamente il premio
dell'invito celeste (Fil 3,14).
11. Il monaco ricco gioisce [1153B] per i molti proventi, mentre quello che
non ha nulla gode per i premi che gli vengono dalle cose ben riuscite.
12. Il monaco avaro lavora duramente mentre quello che non possiede nulla
usa il tempo per la preghiera e la lettura.
13. Il monaco avaro riempie d'oro i suoi recessi, mentre quello che nulla
possiede tesoreggia in cielo (Cfr. Mt 6,20).
14. Che sia maledetto colui che foggia l'idolo e lo nasconde (Dt 27,15),
simile a colui che è affetto da avarizia: l'uno infatti si prostra di fronte
al falso e all'inutile, l'altro porta in sé l'immagine della ricchezza, come
un simulacro [1153C].
Capitolo 4.
1. (Cap. 9 PG) L'ira è una passione furente e con facilità fa uscire di
senno quelli che hanno la conoscenza, imbestialisce l'anima e degrada
l'intero consorzio umano.
2. Un vento impetuoso non piegherà la torre e l'animosità non trascina via
l'anima mansueta.
3. L'acqua è mossa dalla violenza dei venti e l'iracondo è agitato dai
pensieri dissennati.
4. Il monaco iracondo, come un cinghiale selvatico e solitario, vede
qualcuno e arrota i denti.
5. La diffusione della nebbia condensa l'aria e il moto dell'ira annebbia la
mente dell'iracondo.
6. La nube procedendo offusca il sole e così il pensiero rancoroso ottunde
la mente.
7. Il leone in gabbia scuote continuamente i cardini come l’iracondo nella
cella (quando è assalito) dal pensiero dell'ira.
8. È deliziosa la vista di un mare tranquillo, ma non è certo più dilettosa
di uno stato di pace: infatti i delfini nuotano nel mare in bonaccia e i
pensieri volti a Dio si immergono in uno stato di serenità. [1153D]
9. Il monaco magnanimo è una fonte tranquilla, gradevole bevanda offerta a
tutti, mentre la mente dell'iracondo è continuamente agitata ed egli non
darà l'acqua all'assetato e, se gliela darà, sarà intorbidata e nociva;
10. gli occhi dell'animoso sono sconvolti e iniettati di sangue e annunziano
un cuore in tumulto. Il volto del magnanimo mostra assennatezza e gli occhi
benigni sono rivolti verso il basso.
11. (Cap. 10 PG) La mansuetudine dell'uomo è ricordata da Dio (Cfr. Sal
131(130),1) e l'anima mite diviene il tempio dello Spirito Santo. [1156A]
12. Cristo reclina il capo su uno spirito mite (Cfr. Mt 8,20) e solo la
mente pacifica diviene dimora della Santa Trinità.
13. Le volpi prosperano nell'anima rancorosa e le fiere si appiattano nel
cuore sconvolto.
14. Fugge l'uomo onesto l'alloggio malfamato, e Dio un cuore rancoroso.
15. Una pietra che cade in acqua la agita, come un cattivo discorso il cuore
dell'uomo.
16. Allontana dalla tua anima i pensieri dell'ira e non bivacchi l'animosità
nel recinto del tuo cuore e non lo turbi nel momento della preghiera:
infatti come il fumo della paglia offusca la vista così la mente è turbata
dal livore durante la preghiera.
17. I pensieri dell'animoso sono prole di vipera (Cfr. Mt 3,7) e divorano il
cuore che li ha generati.
18. La sua preghiera è un incenso abominevole (Cfr. Is 1,13) ed il
salmodiare di un uomo adirato dà un suono sgradevole.
19. Il dono del rancoroso è come un'offerta colma di piaghe (Cfr. Lv 22,22)
e di certo non si avvicinerà agli altari aspersi di acqua lustrale.
20. L'animoso avrà sogni turbati e l'iracondo si immaginerà assalti di
belve.
21. L'uomo magnanimo ha la visione di consessi di santi angeli e colui che
non porta rancore si esercita con discorsi spirituali e nella notte riceve
la soluzione dei misteri.
Capitolo 5.
1. (Cap. 11, PG) Il monaco affetto dalla tristezza non conosce il piacere
spirituale: la tristezza è un abbattimento dell'anima e si forma dai
pensieri dell'ira. Il desiderio di vendetta, infatti, è proprio dell'ira,
[1156C] l'insuccesso della vendetta genera la tristezza;
2. la tristezza è la bocca del leone e facilmente divora colui che si
rattrista.
3. La tristezza è un verme del cuore e mangia la madre che l'ha generato.
4. Soffre la madre quando partorisce il figlio, ma, una volta sgravata, è
libera dal dolore (Cfr. Gv 16,21); la tristezza, invece, mentre è generata,
provoca lunghe doglie e, sopravvivendo, dopo i travagli, non porta minori
sofferenze.
5. Il monaco triste non conosce la letizia spirituale, come colui che ha una
forte febbre non avverte il sapore del miele.
6. Il monaco triste non saprà muovere la mente verso la contemplazione, né
sgorga da lui una preghiera pura: la tristezza è un impedimento per ogni
bene.
7. Avere i piedi legati è un impedimento per la corsa, così la tristezza è
un ostacolo per la contemplazione.
8. Il prigioniero dei barbari è legato con catene e la tristezza lega colui
che è prigioniero delle passioni.
9. In assenza di altre passioni la tristezza non ha forza [1156D] come non
ne ha un legame se manca chi lega.
10. Colui che è avvinto dalla tristezza è stato vinto dalle passioni e come
prova della sconfitta porta le catene (della tristezza). Infatti la
tristezza deriva dall'insuccesso del desiderio carnale poiché il desiderio è
congiunto a tutte le passioni.
11. Chi vincerà il desiderio vincerà le passioni e il vincitore delle
passioni non sarà sottomesso dalla tristezza.
12. Il temperante non è rattristato dalla penuria di cibo, né il casto quando raggiunge una folle dissolutezza, né il mansueto che tralascia la vendetta, né l'umile se è privato dell'onore degli uomini, né il generoso quando incorre in una perdita finanziaria: essi evitarono con forza, infatti, il desiderio di queste cose: come infatti colui che è ben corazzato respinge i colpi, così l'uomo privo di passioni non è ferito dalla tristezza.
13. (Cap. 12, PG) Lo scudo è la sicurezza del soldato e le mura lo sono
della città: più sicura di entrambi è per il monaco l'apátheia (l’impassibilità). E infatti spesso una freccia scagliata
da un forte braccio trapassa lo scudo e la moltitudine dei nemici abbatte le
mura mentre la tristezza non può prevalere sull'apátheia.
14. Colui che domina le passioni [1157B] signoreggerà sulla tristezza,
mentre chi è vinto dal piacere non sfuggirà ai suoi legami.
15. Colui che si rattrista facilmente e simula un'assenza di passioni è come
l'ammalato che finge di essere sano; come la malattia si rivela dal colore
della carnagione, la presenza di una passione è dimostrata dalla tristezza.
16. Colui che ama il mondo (Cfr. 1 Gv 2,15) sarà molto afflitto mentre colui
che disprezza ciò che vi è in esso sarà allietato per sempre.
17. L'avaro, ricevuto un danno, sarà atrocemente rattristato, mentre colui
che disprezza le ricchezze sarà sempre indenne dalla tristezza.
18. Chi brama la gloria, al sopraggiungere del disonore, sarà addolorato,
mentre l'umile lo accoglierà come un compagno.
19. La fornace purifica l'argento di bassa lega e la tristezza di fronte a
Dio (Cfr. 2 Cor 7,10) purifica il cuore preda dell'errore;
20. la continua fusione impoverisce il piombo e la tristezza per le cose del
mondo sminuisce l'intelletto.
21. La caligine indebolisce la forza degli occhi [1157C] e la tristezza
inebetisce la mente dedita alla contemplazione;
22. la luce del sole non raggiunge gli abissi marini e la visione della luce
non rischiara un cuore rattristato;
23. dolce è per tutti gli uomini il sorgere del sole, ma anche di questo si
dispiace l'anima triste;
24. Colui che ama il Signore sarà libero dalla tristezza poiché la
pienezza dell'amore scaccia la tristezza.
25. la bile toglie il senso del gusto così come la tristezza sottrae
all'anima la capacità di percepire. Ma colui che disprezza i piaceri del
mondo non sarà turbato dai cattivi pensieri della tristezza.
Capitolo 6.
1. (Cap. 13, PG) L'accidia è una debolezza dell'anima che insorge quando non
si vive [1157D] secondo natura né si fronteggia nobilmente la tentazione.
Infatti la tentazione è per un'anima nobile ciò che è il cibo per un corpo
vigoroso.
2. Il vento del nord nutre i germogli e le tentazioni consolidano la
fermezza dell'anima.
3. La nube povera d'acqua è allontanata dal vento come la mente che non ha
perseveranza dallo spirito dell'accidia.
4. La rugiada primaverile accresce il frutto del campo e la parola
spirituale esalta la fermezza dell'anima.
5. Il flusso dell'accidia caccia il monaco dalla propria dimora, mentre
colui che è perseverante se ne sta sempre tranquillo.
6. L'accidioso adduce quale pretesto la visita degli ammalati, cosa che
garantisce il proprio scopo.
7. Il monaco accidioso è rapido a svolgere il suo ufficio e considera un
precetto la propria soddisfazione;
8. la pianta debole è piegata da una lieve brezza e immaginare la partenza
distrae l'accidioso.
9. Un albero ben piantato non è scosso dalla violenza dei venti [1160A] e
l'accidia non piega l'anima ben puntellata.
10. Il monaco girovago, secco fuscello della solitudine, sta poco tranquillo
e, senza volerlo, è sospinto qua e là di volta in volta.
11. Un albero trapiantato non fruttifica e il monaco vagabondo non dà frutti
di virtù.
12. L'ammalato non è soddisfatto da un solo cibo e il monaco accidioso non
lo è da una sola occupazione.
13. Non basta una sola femmina a soddisfare il voluttuoso e non è abbastanza una sola cella per l'accidioso.
14. (Cap. 14 PG) L'occhio dell'accidioso fissa le finestre continuamente e
la sua mente immagina che arrivino visite [1160B]: la porta cigola e quello
balza fuori, ode una voce e si sporge dalla finestra e non se ne va da lì
finché, sedutosi, non si intorpidisce.
15. Quando legge, l'accidioso sbadiglia molto, si lascia andare facilmente
al sonno, si stropiccia gli occhi, si stiracchia e, distogliendo lo sguardo
dal libro, fissa la parete e, di nuovo, rimessosi a leggere un po',
ripetendo la fine delle parole, si affatica inutilmente, conta i fogli,
calcola i quaternioni, disprezza le lettere e gli ornamenti e infine,
piegato il libro, lo pone sotto la testa e cade in un sonno non molto
profondo, e infatti, di lì a poco, la fame gli risveglia l'anima con le sue
preoccupazioni.
16. Il monaco accidioso è pigro alla preghiera e di certo non pronuncerà mai
le parole [1160C] dell'orazione; come infatti l'ammalato non riesce a
sollevare un peso eccessivo così anche l'accidioso di sicuro non si occuperà
con diligenza dei doveri verso Dio: all'uno infatti difetta la forza fisica,
all'altro viene meno il vigore dell'anima.
17. La pazienza, il far tutto con molta assiduità e il timor di Dio curano
l'accidia.
18. Disponi per te stesso una giusta misura in ogni attività e non desistere
prima di averla conclusa, e prega assennatamente e con forza e lo spirito
dell'accidia fuggirà da te.
Capitolo 7.
1. (Cap. 15, PG) La vanagloria è una passione irragionevole e facilmente
s'intreccia con tutte le opere di virtù. [1160D]
2. L'edera s'avvinghia all'albero e, quando giunge in alto, ne dissecca la
radice, così la vanagloria si origina dalle virtù e non si allontana finché
non avrà reciso la loro forza.
3. Il grappolo d'uva, buttato a terra, marcisce facilmente e la virtù, se si
appoggia alla vanagloria, perisce.
4. Il monaco vanaglorioso è un lavoratore senza salario: si impegna nel
lavoro e non riceve alcuna paga;
5. la borsa bucata non custodisce ciò che vi è riposto e la vanagloria
distrugge i compensi delle virtù.
6. La continenza del vanaglorioso è come il fumo del camino, entrambi si
disperderanno nell'aria.
7. Il vento cancella l'orma dell'uomo come l'elemosina del vanaglorioso.
8. La pietra lanciata [1161A] non raggiunge il cielo e la preghiera di chi
desidera piacere agli uomini non salirà fino a Dio.
9. (Cap. 16, PG) La vanagloria è uno scoglio sommerso: se vi urti contro
rischi di perdere il carico.
10. Nasconde il suo tesoro l'uomo prudente quanto il saggio monaco le
fatiche della sua virtù.
11.
Un monaco astuto imita l'ape; saccheggia i fiori all'esterno mentre
all'interno produce il favo.
12. La vanagloria consiglia di pregare nelle piazze, colui che invece vi si
oppone prega nella sua stanzetta (Cfr. Mt 6,5-6).
13. L'uomo poco assennato rende nota la propria ricchezza e spinge molti a
tendergli insidie. Nascondi invece le tue cose: durante il cammino ti
imbatterai in lestofanti finché non arriverai alla città della pace (Cfr. Eb
7,2) e potrai usare i tuoi beni tranquillamente.
14. Pensa alla vita presente come ad una strada piena di briganti e ad una
città ben ordinata rispetto all'era futura.
15. Non vantarti sulla strada, perché ciò è sciocco e provoca facilmente la
gente a complottare contro di te; ma se riuscirai ad entrare nella città,
godrai di ogni bene senza pericolo e nessuno ti toglierà le tue opere.
16. La virtù del vanaglorioso è un sacrificio consunto (Cfr. Lv 22,22) e non
è certo offerto [1161B] all'altare di Dio.
17. Un disegno tracciato nell'acqua si confonde, come la fatica della virtù
nell'anima vanagloriosa.
18. Nella notte mangia la carne di Pasqua (Es 12,8) e non rendere pubblica
la tua astinenza segreta, né rivelarla chiaramente a molti testimoni,
affinché "il Padre che vede nel segreto possa darti la tua ricompensa" (Mt
6,6).
19. Una mano diventa bianca se è nascosta nel seno (Es 4,6), ed un atto che
è nascosto brilla più della luce.
20. L'accidia dissolve il vigore dell'anima, mentre la vanagloria fortifica
la mente che dimentica Dio, rende robusto l'astenico e il vecchio più forte
del giovane, solo finché sono molti i testimoni che assistono a tutto
questo: allora saranno inutili il digiuno, la veglia e la preghiera, è
infatti la pubblica approvazione che eccita lo zelo.
21. Né metterai in vendita le tue fatiche per la fama, né rinuncerai alla
gloria futura per essere acclamato. Infatti l'umana gloria si accampa in
terra (Cfr. Sal 7,6) e sulla terra la sua fama si estingue, mentre la gloria
della virtù rimane in eterno. [1161C]
Capitolo 8.
1. (Cap. 17, PG) La superbia è un tumore dell'anima pieno di sangue. Se
matura scoppierà, emanando un orribile fetore.
2. Il bagliore del lampo annuncia il fragore del tuono e la presenza della
vanagloria annuncia la superbia.
3. L'anima del superbo raggiunge grandi altezze e da lì cade nell'abisso.
4.
Una roccia che si stacca da una montagna scende in fretta; la persona che si
è ritirata da Dio cade rapidamente.
5. Si ammala di superbia l'apostata di Dio ascrivendo alle proprie capacità
le cose ben riuscite.
6. Come colui che sale su una tela di ragno precipita, così cade colui che
si appoggia alle proprie capacità.
7. Un'abbondanza di frutti piega i rami dell'albero e un'abbondanza di virtù
umilia la mente dell'uomo.
8. Il frutto marcio è inutile al contadino e la virtù del superbo non è
accetta a Dio.
9. Il palo sostiene il ramo carico di frutti e il timore di Dio l'anima
virtuosa. Come il peso dei frutti spezza [1161D] il ramo così la superbia
abbatte l'anima virtuosa.
10. Non consegnare la tua anima alla superbia e non avrai terribili
fantasie. L'anima del superbo è abbandonata da Dio e diviene oggetto di
gioia maligna per i demoni. Di notte egli si immagina branchi di belve che
l'assalgono e di giorno è sconvolto da pensieri di viltà. Quando dorme
facilmente sussulta e quando veglia lo spaventa l'ombra di un uccello. Lo
stormire delle fronde atterrisce il superbo e il suono dell'acqua spezza la
sua anima. Colui che infatti poco prima si è opposto a Dio respingendo il
suo soccorso, viene poi spaventato da volgari fantasmi. [1164A]
11. (Cap. 18, PG) La superbia precipitò l'arcangelo dal cielo e come un
fulmine lo fece piombare sulla terra (Cfr. Is 14,12; Lc 10,18). L'umiltà
invece conduce l'uomo verso il cielo e lo prepara a far parte del coro degli
angeli.
12. Di che ti inorgoglisci, o uomo, quando per natura sei melma e putredine
(Cfr. Gb 4,19; 25,6), e perché ti sollevi sopra le nuvole? Guarda alla tua
natura poiché sei terra e cenere (Cfr. Gen 18,27) e fra un po' tornerai alla
polvere, ora superbo e tra poco verme (Cfr. Sal 21,7). A che pro sollevi il
capo che tra non molto marcirà? Grande è l'uomo soccorso da Dio; una volta
abbandonato egli riconobbe la debolezza della natura. Nulla possiedi che tu
non abbia ricevuto da Dio (Cfr. 1 Cor 4,7). Perché dunque ti scoraggi per
ciò che appartiene ad altri come se fosse tuo? Perché ti vanti di quel che
viene dalla grazia di Dio come se fosse una tua personale proprietà?
Riconosci colui che dona e non ti inorgoglire tanto: [1164B] sei creatura di
Dio, non disprezzare perciò il creatore. Dio ti soccorre, non respingere il
beneficatore. Sei giunto alla sommità della tua condizione, ma lui ti ha
guidato; hai agito rettamente secondo virtù ed egli ti ha condotto.
Glorifica chi ti ha innalzato per rimanere al sicuro nelle altezze; Sei
un essere umano; rimani entro i limiti della tua natura, riconosci colui
che ha le tue stesse origini perché la sostanza è la medesima e non
rifiutare per arroganza questa parentela.
Umile e moderato è colui che riconosce questa parentela; ma il demiurgo
plasmò sia lui sia il superbo. Non disprezzare l'umile: infatti egli è più
al sicuro di te: cammina sulla terra e non precipita; ma colui che sale più
in alto, [1164C] se cade, si sfracellerà.
13. L'orgoglio è un veicolo insano, e chi vi entra viene rapidamente
sbalzato fuori. La persona umile rimane sempre ferma e il piede del superbo
(Sal 36(35),12) non lo farà mai inciampare.
14. Il monaco superbo è come un albero senza radici e non sopporta l'impeto
del vento.
15. Una mente senza boria è come una cittadella ben munita e chi vi abita
sarà imprendibile.
16. Un soffio di vento solleva la paglia e l'insulto porta il superbo alla
follia.
17. Una bolla scoppiata svanisce e la memoria del superbo perisce.
18. La parola dell'umile addolcisce l'anima, mentre quella del superbo è
ripiena di millanteria.
19. Dio si piega alla preghiera dell'umile, è invece esasperato dalla
supplica del superbo.
20. La pietra preziosa si addice al bracciale d'oro e l'umiltà umana
risplende di molte virtù.
21. Chi celebra la Pasqua mangia spesso pane azzimo (cfr. Es 12,18-20);
un'anima virtuosa si nutre della libertà dall'arroganza. Poiché come il pane
lievitato sale a partire dal momento in cui rimane vicino a un fuoco, ma il
pane non lievitato rimane in una forma umile, così la virtù esalta la
persona superba, ma non gonfia la persona umile con presunzione.
22. Se fuggite da Labano il Siro, fuggi in segreto e non fidarti della sua
promessa di scortarti, perché attraverso quei mezzi con cui ha detto che ti
avrebbe scortato, ti tradirà. Infatti, scortandoti con musicisti, flauti e
tamburi, egli riesce a tirare indietro la mente in fuga seducendola con il
suono della musica e dissipando la sua determinazione morale con l'armonia
della melodia (Gen 31, 20-7).
23. Il bastone è simbolo di istruzione; chi lo regge attraversa il Giordano
della vita (cfr. Gen 32,10).
24. Un bastone nella mano di un viaggiatore è utile per ogni scopo;
l'istruzione nella vita pratica dirige la vita di una persona.
25. Un bastone gettato via diventa un serpente (Es 4,3); l'istruzione che si
allontana dalla vita pratica diventa piacere.
26. Non ti spaventi il serpente che striscia per terra; né la passione del
piacere che si insinua tra le preoccupazioni materiali terrene. Perché se lo
afferri per la coda, sarà di nuovo un bastone in mano (Es 4,4); se si
ottiene il controllo di una passione esso diventerà di nuovo istruzione.
27. Nel deserto un serpente morde ed uccide l'anima (cfr. Nm 21,6); il
piacere ferisce e distrugge la mente con facilità.
28. Colui che guarda il serpente di bronzo sfugge alla morte (Nm 21,9); chi
guarda alle ricompense della castità vivrà per sempre.
29. Un serpente morde lo zoccolo di un cavallo (Gen 49,17-18); la ragione
della castità tocca la passione.
30. Un'infezione di lunga data è curata con un cauterio; un'abitudine di
vanagloria dal disonore e dalla tristezza.
31. Il bisturi e la cauterizzazione causano molto dolore, ma limitano la
diffusione della ferita; da un lato, il disonore addolora colui che viene
curato con esso, ma dall'altro, mette fine alle passioni dolorose, vale a
dire la vanagloria e l'orgoglio.
32. L'umiltà è la corona della casa e tiene al sicuro chi vi entra (Dt
22,8). Quando salirai al sommo delle virtù allora avrai molto bisogno di
sicurezza. Infatti colui che cade sul pavimento rapidamente si rialza, ma
chi precipita da grandi altezze, rischia la morte.
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19 aprile 2021 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net