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480-543 ca |
- edito dall'Abbazia San Benedetto - Seregno (MI)
«Poté di più colei che amò di più»
Dialoghi, 11, 33
La sua sorella di nome Scolastica, consacrata al
Signore onnipotente fin dalla più tenera età, soleva
fargli visita una volta all'anno. L'uomo di Dio
scendeva ad incontrarla in una dipendenza del
monastero, non molto lontano dalla porta. Un
giorno, dunque, come di consueto ella venne, e il
suo venerabile fratello, accompagnato da alcuni
discepoli, scese da lei. Trascorsero l'intera giornata
nella lode divina e in colloqui spirituali, e quando
ormai stava per calare l'oscurità della notte, presero
cibo insieme. Sedevano ancora a mensa
conversando di cose sante, e ormai s'era fatto tardi,
quando la monaca sua sorella lo supplicò dicendo:
«Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo
fino al mattino a parlare delle gioie della vita
celeste». Ma egli le rispose: «Che dici mai, sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal
monastero».
Il cielo era di uno splendido sereno: non vi si
scorgeva neppure una nuvola.
Udito il rifiuto del fratello, la monaca pose sulla
mensa le mani intrecciando le dita e reclinò il capo su
di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò la testa, si scatenarono tuoni e lampi cosi
violenti e vi fu un tale scroscio di pioggia, che né il
venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui
poterono metter piede fuori della casa in cui si
trovavano. La vergine consacrata, reclinando il capo
sulle mani, aveva sparso sulla mensa un tale fiume di
lacrime da volgere in pioggia, con esse, il sereno del
cielo. E la pioggia torrenziale non seguì di qualche
tempo la sua preghiera, ma fu ad essa simultanea, a
tal punto che mentre ancora la donna alzava il capo
dalla tavola, già scoppiava il tuono; tutto avvenne nel
medesimo istante; col sollevare del capo la pioggia incominciò a scrosciare.
L'uomo di Dio, vedendo che in mezzo a tali lampi,
tuoni e tanta inondazione d'acqua non poteva affatto
ritornare al monastero, cominciò a rammaricarsene e,
rattristato, le disse:
«Dio onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?».
Ma ella rispose: «Vedi, io ti ho pregato, e tu non hai
voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli
mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e
torna al monastero».
Ma egli, non potendo uscire dal coperto, fu costretto
a rimanere suo malgrado là dove non aveva voluto
fermarsi di sua spontanea volontà.
Passarono cosi tutta la notte vegliando e saziandosi
reciprocamente di sante conversazioni concernenti la
vita dello spirito.
Per questo ti avevo detto che vi fu qualcosa che
l'uomo di Dio, pur volendolo, non poté ottenere. Se
infatti consideriamo la sua intenzione, appare in tutta
evidenza il suo desiderio che il cielo si mantenesse
sereno come quando era sceso dal suo monastero.
Ma contrariamente a quanto desiderava, egli si trovò
davanti a un miracolo operato per la potenza di Dio
dal cuore ardente di una donna. E non c'è da
meravigliarsi se in quell'occasione poté di più la
sorella, che desiderava trattenersi
più
a lungo con lui.
Secondo la parola di Giovanni, infatti, Dio
è amore;
per giustissimo giudizio, dunque, poté di più
colei
che amò di più
(SAN GREGORIO MAGNO, Dialoghi, libro II, c. 33).
Il volto di santa Scolastica
è
per sempre scolpito da
queste ultime parole del racconto di san Gregorio
Magno: «... quia enim juxta Johannis vocem,
Deus caritas est, justo valde judicio illa plus
potuit, quae amplius amavit». Poté di
più,
presso
Dio, colei che amò di
più.
Amore e preghiera e
desiderio del Cielo costituiscono il fascino spirituale
di questa donna che, secondo la tradizione, fu
sorella gemella del grande patriarca dei monaci
d'Occidente, Benedetto da Norcia.
«Consacrata a Dio onnipotente fin dall'infanzia», la
troviamo - al tramonto della sua santa esistenza - in
un monastero di sanctimoniales nelle vicinanze di
Montecassino, all'ombra, quindi, del grande fratello
di cui certamente osservano la Regola.
Null'altro sappiamo al di fuori di questo e di quanto
san Gregorio Magno dice nel capitolo 34° del
secondo libro dei Dialoghi, cioè che dopo tre giorni
da quel prolungato incontro (c. 33), san Benedetto,
stando alla finestra della sua cella, vide l'anima della
sorella Scolastica, in forma di colomba, penetrare
nelle altezze dei cieli.
L'esordio della vita e della vocazione di Scolastica
lo si può, quindi, rintracciare seguendo le orme del
fratello. Se veramente furono gemelli anche per
nascita naturale, quale sarà stato il loro crescere
insieme nell'ambito della famiglia, in quella cittadina
umbra, dolcemente adagiata nel verde e tutta
pervasa di religioso senso della vita?
Nata verso il 480, Scolastica
è
- come il fratello -
fin dalla fanciullezza attratta verso la vita interamente
consacrata a Dio. E' probabile che la risoluta
partenza di Benedetto l'abbia spinta a seguirlo in una
forma di vita consona alla sua indole e al suo ideale
cristiano. Perciò l'indistruttibile legame di sangue
esistente tra lei e Benedetto divenne ancor
più
forte
e definitivo nella comune vocazione che li rendeva
uno in Cristo per l'eternità.
La nativa Norcia, dunque, la famiglia satura di fede
e aperta ai progetti di Dio plasmarono l'animo di
Scolastica, preparandola a quell'austera e insieme
serena vita monastica che san Benedetto propone
con la sua Regola ai
più
generosi seguaci di Cristo.
Per questo non ci sembra arbitrario fare in certo
modo una rilettura della «santa Regola» attraverso la figura stessa di santa Scolastica quale
traspare dall'unico episodio - unico, ma assai
emblematico! - che della sua vita ci è rimasto.
Notiamo anzitutto la «consuetudine» dei due fratelli di
vedersi una volta all'anno. Forse - e ci piace pensarlo -
nel tempo pasquale per la gioia di incontrarsi nella luce
del Signore risorto.
In quest'ultimo incontro, la sorella è quanto mai avida di
stare con il fratello per parlare delle gioie del cielo; ma
deve premere su Benedetto ligio alla norma che
prevedeva il rientro in monastero prima di sera.
Scolastica compie un prodigio in forza dell'intensità del
suo amore e della sua preghiera. E' un miracolo che si
iscrive sotto il segno della gratuità, quasi come quello
ottenuto da Maria alle nozze di Cana, per prolungare la
gioia conviviale.
San Benedetto nella Regola per i monaci dà il primato
alla ricerca di Dio - Si revera Deum quaerit...(Se
veramente cercano Dio)
(RB 5 8,
7), all'amore di Cristo - Nihil amori Christi
praeponere
(Nulla
anteporre all'amore di Cristo)
(RB 4, 2 1), e conseguentemente alla
preghiera - Nihil Operi Dei praeponatur
(Niente
venga anteposto all'Opera di Dio)
(RB 43, 3).
Scolastica realizza pienamente la sua vita in questo senso. Giunta ormai in vista della meta, altro non desidera che Dio, la comunione con lui nella luce del suo Regno. E' di questo che desidera ardentemente parlare con il santo fratello supplicandolo: «Ti prego... rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste».
Non stava forse anche scritto nella Regola: «Desiderare con tutto l'ardore dell'animo la vita eterna»? (RB 4, 46). Il forte affiato escatologico che caratterizza la spiritualità della Regola benedettina raggiunge in questa santa monaca la massima intensità. Traspare inoltre da questo unico episodio la consuetudine che Scolastica aveva alle sante veglie di meditazione e di preghiera. Proprio la preghiera, sgorgante da un cuore puro e ardente, è la forza con la quale la sorella vince.. la sfida con il fratello, più attento all'austera disciplina. Ma anche questa, anche la preghiera di Scolastica è la realizzazione splendida e fedele di quanto Benedetto ha proposto nella sua Regola: «... non dobbiamo forse elevare con tutta umiltà e sincera devozione la nostra supplica a Dio, Signore dell'universo? E rendiamoci ben consapevoli che non saremo esauditi per le nostre molte
parole, ma per la purezza del nostro cuore e la
compunzione fino alle lacrime» (RB 20, 2-3). Con
l'intensità della sua supplica e l'abbondanza delle sue
lacrime, Scolastica ottiene dal Signore dell'universo
un repentino mutamento di atmosfera. La pioggia
scrosciante impedisce a Benedetto di ripartire e dona
a Scolastica la gioia di rimanere
più
a lungo con lui
per pregustare, nella contemplazione, le gioie del
cielo.
Per essere pervenuta a tale intensità di vita interiore e
di preghiera da poter essere esaudita dal Signore
all'istante e oltre misura, la santa sorella del patriarca
dei monaci aveva certamente compiuto un generoso
e alacre cammino di fede, di umiltà, di povertà, di
obbedienza, di carità, di essenzialità e di unificazione
interiore. Aveva vissuto fedelmente la vocazione
monastica secondo le direttive della Regola di
Benedetto e «per ducatum evangelii» si era
lasciata condurre là dove l'unica legge
è
quella dello
Spirito che è amore e libertà.
Colpisce, nel racconto dei Dialoghi, la personalità di
Scolastica. E' veramente donna, con tutte le
caratteristiche della femminilità: dolcezza e affettività,
costanza e persino audacia nell'intento di ottenere quanto desidera; ma
presenta anche una vena di simpatica ilarità, quando
dal fiume di lacrime passa al radioso sorriso per il
miracolo avvenuto: «Vedi - risponde al fratello
rammaricato per il temporale - io ti ho pregato e tu
non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore,
ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami
pure e torna al monastero». E' una rivincita che non
dispiace certamente a Benedetto, poiché proprio lui
le aveva insegnato a rivolgersi - nelle difficoltà - a
Colui cui tutto è possibile (cfr. Prologo 4, 4 1; RB
68, 5). Per coloro che servono il Signore con totale
dedizione si realizza la promessa: «I miei occhi
saranno su di voi, le mie orecchie si faranno attente al
vostro grido, e ancor prima che mi invochiate, dirò:
Eccomi!» (Prol. 18). Dio obbedisce prontamente a
coloro che gli hanno totalmente sottomessa la loro
propria volontà.
Scolastica ha consumato la sua esistenza in assoluta
fedeltà alla vocazione che le era sbocciata nel cuore
fin dall'infanzia; ora, giunta alla piena maturità,
dimostra di avere conservato la stessa fede semplice
e sicura in un animo fresco come polla d'acqua
sorgiva.
In lei si incarna splendidamente la tensione
escatologica che percorre tutta la Regola benedettina.
Dire Scolastica è immergere lo sguardo nelle azzurre
«misteriose profondità del cielo» dove la sua anima,
sotto la candida sembianza della colomba, è
penetrata, attratta dalla forza dell'Eterno Amore. Così
la poté contemplare - con quali occhi? - il santo
padre Benedetto mentre pregava affacciato alla
finestra della sua cella, specola del cielo. L'itinerario
tracciato dalla Regola si era concluso per Scolastica
con il «miracolo» segno della «perfetta carità»
raggiunta. Carità verso Dio ardentemente desiderato,
e carità verso i fratelli teneramente amati (cfr. RB 72).
La preghiera - subito esaudita dal Signore - appare
come il puro ed efficace linguaggio dell'Amore.
Non è forse questo il messaggio essenziale che ci
viene, ancora oggi, dalla santa sorella del patriarca
dei monaci d'Occidente? Perché rammaricarci di non
avere di lei altre notizie per poterne scrivere una
biografia? Tutto quello che ella visse prima della
«santa notte» del fraterno colloquio e dell'ora del suo
altissimo «volo» non poteva che essere cammino
decisamente orientato alla meta, così come tutto il lavoro della radice, dello stelo e delle foglie è ordinato allo sbocciare del
fiore.
Scolastica, la prima monaca benedettina, è una
docilissima «scolara» alla scuola del divino servizio
nella quale apprende la sapienza del cuore a tal punto
da... vincere il Maestro ed arrivare prima
là
dove
insieme, correndo, erano diretti.
San Gregorio riferisce che Benedetto volle deporre il
corpo della sorella «nel sepolcro che aveva preparato
per sé» sulla santa montagna di Cassino. «E così,
essendo sempre stati un solo spirito in Dio, neppure i
loro corpi furono separati nella sepoltura» (Dialoghi, II, 34). La comunione dei Santi inizia sulla terra, nel
tempo, e si compie in cielo, nell'eternità.
Chi sale oggi - dopo quindici secoli di storia -, alla
maestosa abbazia di Montecassino, non può non
essere preso da un fremito di commozione nel
trovarsi davanti alla tomba dei Santi fratelli che stanno
all'origine di una numerosa stirpe di cercatori di Dio.
(voce di A. Lentini, in Bibliotheca Sanctorum, XI, Roma 1968, col. 742-749; B. Fiore, Santa Scolastica, Montecassino 1981).
Riguardo a santa Scolastica si veda anche questo testo: "Sorella Sposa: la forza nella debolezza"
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3 febbraio 2018 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net