PLACIDO,
discepolo di s. Benedetto, santo.
Estratto da “Bibliotheca Sanctorum – Vol. 10”, Città Nuova Editrice, 1968
Sommario:
I. La vita. –
II. Il culto. - III. Iconografia.
I. La vita. Per conoscere la vita di questo santo monaco, affidato alle cure di s. Benedetto (v.) in giovanissima età, abbiamo soltanto la narrazione del libro II dei Dialogi di s. Gregorio Magno. Da questa fonte letteraria sappiamo che il patrizio romano Tertullo affidò il figlioletto Placido a s. Benedetto, il quale aveva allora organizzato in Subiaco le prime sue comunità di monaci, mentre Eutichio condusse, egli pure da Roma, per lo stesso scopo il figlio Mauro. S. Benedetto aveva distribuito nei dodici monasteri sublacensi i monaci accorsi sotto la sua guida, ma trattenne con sé i due giovani romani ed altri fanciulli che venivano a lui affidati per essere educati alla vita monastica (Dialogi, II, 3). II testo gregoriano non segue un ordine cronologico per indicare lo sviluppo della fondazione di s. Benedetto, ma espone una serie di episodi edificanti, dai quali risaltano le straordinarie virtù del santo patriarca, distribuendoli in parte a Subiaco e quindi nella definitiva dimora di Montecassino. È pertanto impossibile stabilire in quale anno Placido sia stato affidato a s. Benedetto; il Mabillon (v. Annales, p. 38) propone il 522, in base alla Vita Placidi dello pseudo-Gordiano, priva però d’ogni fondamento storico (v. infra).
Filippo Lippi - San Benedetto ordina a San Mauro di salvare San Placido (Fonte: Wikipedia) |
Tra i « fioretti »
gregoriani due soli ricordano il monaco Placido e si riferiscono al
periodo della sua fanciullezza a Subiaco. Nel primo (Dialogi, II, 5) egli
appare accanto a s. Benedetto, quando nella notte questi si recò («
cum parvulo puerulo nomine Placido ») nella parte più rocciosa della
regione sublacense, dove erano stati edificati tre monasteri, e con
la preghiera ottenne l’acqua per quei monaci. Neanche nel secondo
episodio (narrato in
Dialogi,
II, 7, ed assai più noto del precedente) la figura di
Placido appare come quella del protagonista. Un giorno, mentre il
giovanissimo monaco (« Placidus puer, sancti viri monachus ») si
reca ad attingere acqua, inavvertitamente scivola nel lago per
riprendere l’anfora che gli era sfuggita di mano, e sta per
annegare. S. Benedetto, benché raccolto in preghiera nella propria
cella, s’accorge del pericolo nel quale si trova Placido e manda
Mauro in suo aiuto. Questi, senza frapporre indugio, raggiunge il
fanciullo e lo porta in salvo. Mauro comprende allora d’aver
camminato sulle acque e ne attribuisce il merito all’uomo di Dio, il
quale ritiene invece il fatto premio alla pronta ubbidienza del
discepolo. Arbitro in questa gara di umiltà, il fanciullo Placido
assicura d’aver visto il mantello dell’abate proteso sul suo capo,
quasi fosse lui a salvarlo, mentre veniva ricondotto alla riva.
Nell’uno e nell’altro episodio egli appare unito a s. Benedetto con
il vincolo di una tenerezza e di un’intimità che lo distinguono
dagli altri pii personaggi del libro II dei
Dialogi.
Altro non
conosciamo della sua vita. Possiamo senz’altro ritenere che abbia
accompagnato s. Benedetto a Montecassino (verso l’anno 529), ed ivi
sia rimasto, monaco esemplare, fino alla morte. La missione in
Sicilia ed il successivo martirio si devono ad una leggenda priva di
ogni fondamento storico, come appare dalle vicende del suo culto.
II.
Il culto. Le prime testimonianze del culto a s.
Placido non si hanno nei calendari di Montecassino dei secc. VIII e
IX (pubblicati dal Morin in
Revue
bénédictine, XXV [1908], pp. 495 sgg.), bensì nelle
invocazioni delle Litanie dei santi in testi liturgici dal sec. IX
in poi. Sono stati indicati già dal Berlière (v. art. cit. in bibl.,
pp. 20-24) diversi mss. dei secc. IX-XII nei quali il nome di s.
Placido appare invocato sempre tra i confessori, accanto a s.
Benedetto, a s. Mauro e ad altri santi monaci. Indagini recenti del
Grégoire (v. bibl.) hanno confermato quei dati. Risulta così che
almeno dal sec. IX a Montecassino, e poi anche in altre parti
d’Italia (S. Vincenzo al Volturno, Farfa, Roma e Vallombrosa), il
discepolo di s. Benedetto è invocato come santo. Non si hanno invece
le stesse testimonianze in codd. francesi o di altre regioni.
Verso la fine del
sec. XI il culto di s. Placido subisce, proprio a Montecassino,
un’evoluzione. Mentre nel Breviario cassinese, scritto durante
l’abbaziato di Oderiso, tra il 1098 e il 1105, il nome di Placido è
ricordato ancora tra i santi confessori, Leone di Ostia, che pur
scriveva la sua cronaca per ordine dello stesso abate, riporta
un’opinione che circolava allora nel suo ambiente: « Beatum etiam
Placidum opinio est quod vir Domini Benedictus tunc ad Siciliani
miserit, ubi pater eiusdem Placidi Tertullus patricius decem et octo
patrimonii sui curtes eidem viro Dei concesserat » (in MGH,
Script., VII, p. 580).
Intanto una aggiunta al Calendario del cod. 230 di Montecassino, del
sec. X-XI, fissa al 5 ott. il ricordo di s. Placido, senza alcun
accenno al martirio. Ma il fatto di trovare il nome di s. Placido in
quella data, congiunto all’opinione testimoniata dalla cronaca di
Leone di Ostia circa il presunto viaggio in Sicilia, era una forte
tentazione per identificare il discepolo di s. Benedetto con il
martire siciliano omonimo, ricordato dai più antichi martirologi (v.
Placido, Eutichio, e cc.). I codd. liturgici cassinesi
della seconda metà del sec. XII testimoniano il progressivo
tentativo di unire in un solo episodio i martiri del 5 ott. degli
antichi martirologi, quasi come una corona al discepolo di s.
Benedetto, ormai onorato con il titolo di martire.
Chi conferì a
questa leggenda un’apparente giustificazione storica fu Pietro
Diacono (m. 1159), bibliotecario ed archivista di Montecassino, il
quale intervenne, con una disinvoltura per noi sorprendente, nel
decidere le varie tradizioni in favore del suo monastero, mediante
la redazione di falsi. A lui si deve una triplice redazione della
Vita di s. Placido, i cui fatti sono stati inventati
per assicurare la gloria del martirio all’umile figlio di s.
Benedetto. Secondo il racconto che egli attribuisce ad un
immaginario Gordiano, presunto compagno di Placido e fuggito a
Costantinopoli al momento della persecuzione, Placido sarebbe stato
inviato in Sicilia, a Messina, dove s. Benedetto avrebbe avuto
diciotto proprietà in donazione da Tertullo, quando questi venne a
Montecassino nel 532 — sempre secondo la leggenda — accompagnato da
Simmaco, Boezio, Equizio, Gordiano e Vitaliano (ma Simmaco e Boezio
erano già morti nel 532!). L’atto di donazione è conservato a
Montecassino in una pergamena del sec. XII, copia di falsificazione
in forma di originale (v. descrizione, in
I regesti
dell’Archivio dell'Abbazia di Montecassino, a cura di
T. Leccisotti, II, Roma 1965, p. 104).
Secondo il racconto
di Gordiano, dopo un viaggio ricco di prodigi e di incontri con
personaggi celebri, come Germano di Capua (v.), Placido avrebbe
fondato un monastero nella città di Messina e nell’anno 541,
all’arrivo dei Saraceni comandati dall’odioso Mamucha, sarebbe stato
preso prigioniero e martirizzato con la sorella Flavia, i fratelli
Eutichio e Vittorino e molti altri compagni. Gordiano avrebbe avuto
l’ordine di scrivere questa
Vita Placidi
dall’imperatore Giustiniano. Per accreditare tante notizie, Pietro
Diacono è ricorso ad ingegnose invenzioni: una prima succinta
Vita Placidi,
conservata nel cod. 361 di Montecassino, ne annuncia il martirio, ma
non lo precisa nei particolari; quindi, inserita nel
Registrum s. Placidi,
la più ampia
Vita ricca di notizie sul martirio stesso e sui
miracoli che lo avevano accompagnato; infine una terza biografia,
attribuita ad uno Stefano Aniciense, il quale afferma di tradurre il
suo testo dal greco: in tal modo non mancherebbe al martirio di
Placido il contributo della tradizione orientale.
Prima di ricordare
l’enorme sviluppo che questa leggenda era destinata ad avere nella
storia del culto di s. Placido (v. anche l’iconografia) è bene
accennare alle ragioni che hanno spinto Pietro Diacono a queste
falsificazioni. Il Morin, recensendo (in
Revue
bénédictine, XXVII [1910], p. 250) l’opera del Caspar
(v. bibl.) sulle falsificazioni di Pietro Diacono, che ha avuto il
merito di metter fine alla leggenda dello pseudo-Gordiano, presenta
il bibliotecario di Montecassino nel secondo quarto del sec. XII
come il rappresentante di una vanità, insieme puerile e senile, che
voleva fermare, con nuovi titoli di gloria, quel momento di
grandezza che l’abbazia cassinese aveva conosciuto al tempo
dell’abate Desiderio, il futuro papa Vittore III (fine sec. XI). Ma
ormai i tempi sono mutati, i Normanni sono sempre più forti, Lotario
III non tiene in gran conto le esigenze di Montecassino, d’altra
parte la cultura e la disciplina monastica non sono più tali da
raccomandare il più celebre cenobio dell’Occidente: i monaci se ne
accorgono e pensano di supplire alla vera grandezza che veniva a
mancare, con la vanità di titoli privi di consistenza. Inoltre, è
questa l’epoca nella quale a Montecassino si viene a conoscere la
Vita Mauri, composta
nel sec. IX da Odone di Glanfeuil, che rivela la meravigliosa vita
del primo discepolo di s. Benedetto; il fatto influisce sulla
redazione letteraria della
Vita Placidi
di Pietro Diacono: non si vuole, evidentemente, che
l’altro discepolo sia da meno del primo.
A Montecassino i
testi vengono accettati: l’abate Rainaldo già verso il 1137 compone
gli inni per la festa del protomartire benedettino. Ormai
nell’abbazia cassinese si festeggia al 5 ott. il martirio di s.
Placido, come è provato dai Messali cassinesi della seconda metà del
sec. XII (v. Berlière, art. cit., p. 27). Il culto, cosi deformato,
si diffonde. In Sicilia la leggenda è accolta, come testimoniano le
inserzioni nei Martirologi, ma, almeno nei secc. XIII e XIV, senza
grande entusiasmo. Le edizioni di Usuardo stampate verso la fine del
sec. XV accettano in parte la tradizione cassinese, mentre tra i
monasteri benedettini si è più restii, e sono gli ambienti monastici
italiani e quelli più legati a Montecassino che accolgono la festa
di s. P. martire (v. Berlière, art. cit., pp. 30-33).
Un fatto nuovo
doveva tuttavia vincere le riluttanze ad accettare il martirio di s.
Placido. Il 4 ag. 1588 furono rinvenuti in un sepolcro posto nel
coro di S. Giovanni Battista di Messina quattro corpi, tre di uomini
ed uno di donna, che vennero considerati per l’appunto quelli di s.
Placido, dei due « fratelli » e della « sorella », secondo il testo
della
Vita Placidi. In
seguito se ne trovarono altri. La notizia fece epoca, e
l’arcivescovo di Messina, il 13 nov. dello stesso anno, ottenne da
Sisto V che il martirio di s. Placido e dei suoi compagni fosse
inserito nel
Martirologio Romano e
la loro festa celebrata, con rito doppio a Messina e nella
provincia, e con rito semplice dalla Chiesa universale (v.
Acta SS. Octobris,
III, Parigi 1866, pp. 107-
108). Questi
fatti furono decisivi per il culto di s. Placido anche
nell’intero Ordine Benedettino. Le ultime resistenze cedettero
all’entusiasmo suscitato dall’invenzione dei corpi di Messina: nel
1600 il capitolo generale della Congregazione di Bursfeld decise di
celebrare la festa di s. Placido, « protomartire dell’Ordine », e
con il
Breviarium monasticum
riformato da Paolo V nel 1612, e imposto a tutti i monaci e le
monache dell’Ordine Benedettino nel 1616, la festa di s. Placido
raggiunse il massimo sviluppo. Gli episodi della
Vita Placidi di Pietro Diacono ispirarono i testi
liturgici propri, specialmente le lezioni del secondo Notturno.
Ma proprio quando
il culto di s. Placido raggiunse, all’inizio del sec. XVII, il suo
apogeo, si iniziava da parte della storiografia erudita un esame
severo dell’opera di Pietro Diacono. Le prime osservazioni critiche
sono mosse dal Baronio (v.
Annales
Ecclesiastici, ad a. 541, parr. 27-29); giudizi severi
sulla
Vita Placidi
dello pseudo-Gordiano sono stati formulati dal
Mabillon, che ne rileva i numerosi errori, accettando però il fatto
del martirio soprattutto per deferenza verso la decisione di Sisto V
(v.
Acta
citt. in bibl.), e dai bollandista De Bue che ebbe il merito di
distinguere nettamente il culto ad un s. Placido
confessore fino al sec. XII dalla successiva aggiunta del martirio:
ma egli pure, per le stesse ragioni di prudenza, non raggiunse le
conclusioni alle quali le sue ricerche lo avrebbero condotto. Più
esplicite nel sec. XIX le critiche dell’Amari e del Wattenbach (v.
bibl.).
Il decreto
Ad
humillimas della S. Congregazione dei Riti del 1906
(in ASS, XXXIX [1906], p. 230) confermava il culto di s. Placido
martire per l’Ordine Benedettino. Era l’ultimo intervento notevole
in questo senso. Infatti nel 1909 il Caspar pubblicò il suo studio
sulle falsificazioni di Pietro Diacono (v. bibl.) dimostrando
l’inconsistenza della
Vita Placidi: secondo
quel testo infatti gli arabi sarebbero arrivati in Sicilia dalla
Spagna, dove nel sec. VI non esistevano; Gordiano afferma di essere
fuggito, ma è in grado di saper tutto, anche ciò che riguarda la
presunta ricostruzione del monastero di Messina; manca inoltre ogni
base documentaria: infatti il martire Placido del 5 ott. è riportato
in martirologi anteriori a s. Benedetto e a s. Gregorio Magno.
In tal modo, in
sede storica, la leggenda di s. Placido martire appariva priva
d’ogni fondamento; e tuttavia è stata ancora ripetuta in opere di
carattere divulgativo, anche se sempre più raramente. Il Berlière
nel 1921 esponeva la vera storia del culto di s. Placido, ed intanto
la S. Congregazione dei Riti fin dal 1916 aveva permesso all’Ordine
Benedettino di abbandonare per la festa di s. Placido i testi propri
accolti nel Breviario di Paolo V, ed usare il Comune dei martiri.
Infine con il Calendario perpetuo per l’Ordine Benedettino,
approvato dalla S. Congregazione dei Riti il 25 luglio 1961, secondo
un voto ripetutamente espresso dagli eruditi dell’Ordine stesso (v.
Berlière, art. cit., p. 45;
Vies des
Saints, X,
p. 121) s. Placido è tornato ad essere ritenuto un
santo confessore, ed è venerato con il condiscepolo Mauro al 5
ottobre. II Calendario del Breviario e del Messale Romano,
promulgato nel 1960, continua invece a ritenerlo martire, ma la
festa è ridotta a semplice commemorazione. Nell’archidiocesi di
Messina s. Placido martire continua ad esser il patrono principale
con festa di prima classe al 5 ottobre. La revisione degli Atti dei
martiri, auspicata dal Concilio ecumenico Vaticano II (Costituzione
sulla Sacra Liturgia, n. 92 c), non mancherà di
riportare il culto al santo discepolo di s. Benedetto nella sua
piena verità: i monaci continueranno a venerarlo come il fanciullo
educato alla santità dallo stesso s. Benedetto ed un esempio per
tutti coloro che giungono al monastero in giovane età (in alcuni
monasteri nella festa di s. Placido sono i novizi con il loro padre
maestro a celebrare le sacre funzioni: v.
Vies des Saints, X, p.
121), mentre in Sicilia il culto dovrà essere rivolto all’antico
martire, ricordato nei martirologi della Chiesa.
Bibl.:
I.
Vita. L’ed. critica dell’unica fonte, i
Dialogi
di s. Gregorio Magno, si ha in
Gregorii Magni Dialogi,
ed. U. Moricca, Roma 1924, pp. 86, 88, 89, 90. Sull’indole di
questa fonte letteraria, v. V. Monachino, s.v.
Gregorio 1, in BSS, VII, col. 268; l’ipotesi di J. H.
Wansbourgh
(St.
Gregory’s
Intention
in the
Stories
of St. Scholastica and
St. Benedict,
in
Revue
bénédictine,
LXXV [1965], pp. 145-51 ), secondo cui l’autore dei
Dialogi
avrebbe scelto anche i nomi dei personaggi per inculcare una
particolare virtù, non è sufficientemente documentata. Da queste
scarse informazioni non è possibile elaborare una
Vita di s. Placido.
Per il presunto anno della presentazione a s. Benedetto: v.
Mabillon,
Annales, I, p. 38.
Cenni a s. Placido in base agli episodi dei
Dialogi, si hanno in
tutte le biografie di s. Benedetto, v. le più importanti cit. in
BSS, II, s. v.
Benedetto
di Norcia, coll. 1162-63. Pare che gli episodi dei
Dialogi
non abbiano contribuito molto a diffondere il culto di
s. Placido (v. B. de Gaiffier,
À propos
des
saints
du
livre. II
des
Dialogues,
in
Anal.
Boll.,
LXXXIII 11965], pp. 73-74).
II.
Culto. Le
Vitae
composte da
Pietro Diacono sono state pubblicate più volte; v. L. Lippomano,
Vitae
Sanctorum,
V, 1581, ff. 202v-212r; Caetani,
Vit. SS. Sicul., I,
pp. 172 sgg.; Mabillon,
Acta,
I, pp. 42-74
(quella dello Pseudo-Gordiano), pp. 74-76 (la
Vita anonima, più
breve);
Acta SS.
Octobris, III, Parigi 1866, pp. 11438 (ps-Gordiano);
pp. 139-47 (ps-Stefano Aniciense). Sull’autore di queste
Vitae,
v. E.
Caspar,
Petrus
Diaconus
und
die
Montecassineser
Fälschungen,
Berlino 1909, specialmente pp. 47-72; A. Mancone, in
Enc. Catt., IX, col.
1435 (con bibl.), e le precisazioni di T. Leccisotti in
I Regesti
dell'Archivio dell'Abbazia di Montecassino, I, Roma
1964, pp. VI-XVII. La cronaca dell’invenzione delle presunte
reliquie di s. Placido in Messina nel 1588 è stata pubblicata da E.
Gotho,
Breve
ragguaglio dell'Inventione e feste de' gloriosi martiri Placido e
compagni, Messina 1591 (riportata in parte da
Mabillon,
Annales,
I, p. 92), ma già accolta da F. Passari,
Vita di s Placido e suo martirio,
Venezia 1589.
Notizie generali sul culto di s. P. (con brevi cenni agli episodi
dei
Dialogi
di s. Gregorio Magno) si hanno in: Mabillon,
Annales, I, pp. 38,
90-93; id.,
Acta,
I, pp. 42-76; A. Amari,
Storia dei
Musulmani in Sicilia, I, Firenze 1854, pp. 100-102
(Catania 19332, pp. 219-222);
Acta SS. Octobris, III, Parigi 1866, pp. 65-147
(l’ampia dissertazione è del De Bue); W. Wattenbach,
Deuschlands
Geschichtsquellen,
II, Berlino 18946, p. 237; U. Berlière,
Le culte de
S. Placide, in
Revue
bénédictine,
XXXIII (1921), pp. 19-45 (ancora fondamentale);
Zimmermann,
III, pp. 138-40;
IV, p. 92; L. T.
White,
Latin monasticism in Norman Sicily,
Cambridge 1938, pp. 8-10: I.
Müller,
Barocke Hymnen auf die hll.
Placidus und Sigibert, in
Revue d'histoire eccl. suisse,
XL (1946), pp. 23540; Ph. Schmitz,
Histoire de l’Ordre de St. Benoît, I,
Maredsous 19482, pp. 38-74;
Vies des Saints, X, pp. 119- 22
(con ampia
bibl.); I. Cecchetti, in
Enc.
Catt., IX,
col.
1597; P. Cousin,
Précis
d'histoire monastique, s. 1., s. d. [1959], p. 146;
A.
Lentini,
Sull’Ufficio dei SS. Mauro e Placido
nel calendario benedettino, in
Rivista Liturgica,
XLIX (1962), pp. 285-88; P. Minutoli,
Vita di s. Placido discepolo di san
Benedetto, martirizzato in Messina l'anno 541, Messina
1962 (opera divulgativa della leggenda del martirio); A. Amore,
Note
agiografiche sul Calendario perpetuo della Chiesa universale,
in
Antonianum,
XXXIX (1964), pp. 49-51; R. Grégoire,
Prières liturgiques médiévales en
l’honneur
de S. Benoît, de
Ste
Scolastique et de S. Maur,
in
Analecta
Monastica, 7° ser. (=
Studia Anselmiana, 54), Roma 1965, pp. 47, 55, 70, 72.
Giorgio Picasso
Iconografia.
La vita e la leggenda di Placido, con i particolari reali
dell’esistenza del monaco benedettino e quelli aggiunti dalle
narrazioni successive si rilevano dalla varia e ricca iconografia
del santo, che viene assai spesso associata, a s. Benedetto e a s.
Mauro. Accanto a s. Benedetto, che siede in trono circondato dai
santi dell’Ordine, lo vediamo in una miniatura della scuola
dell’Orcagna nella Collezione Holford di Londra, e in una serie
delle scene della vita di s. Benedetto stesso negli affreschi di
Spinello Aretino (sec. XIV) in S. Miniato a Firenze, negli affreschi
di scuola toscana del XV sec. a Badia di Passignano, negli affreschi
del Chiostro degli aranci nella Badia di Firenze, nella predella di
Lorenzo Monaco agli Uffizi, negli affreschi di Luca Signorelli a
Monte Oliveto maggiore.
Spinello Aretino a
S. Miniato ha pure rappresentato Placido salvato dalle acque ad
opera di s. Mauro, scena ripetuta in un dipinto di scuola francese
del sec. XIV e in una tavola di Filippo Lippi (Nat. Gal. Washington
USA) e nella predella di Andrea di Giusto (sec. XV) a Prato. La sua
presenza tra i martiri di Messina, Eutichio, Vittorino, Flavia
(detta sua sorella) e compagni viene attribuita alla confusione con
altro Placido, martirizzato in Sicilia.
Placido veste
l’abito benedettino, ha un aspetto ancora giovanile, talvolta porta
la croce o la palma, talaltra il libro o il pastorale e la mitra.
Tra le rappresentazioni più antiche vi sono quelle degli affreschi
nella Grotta del Salvatore a Vallerano presso Viterbo (scuola romana
del sec. X), assai danneggiati, ma dove risulta chiaro il nome; il
mosaico del sec. XII di Monreale, anche contraddistinto dal nome,
l’affresco, col nome, nel Sacro Speco di Subiaco, in cui il santo
appare giovanissimo, col rotolo fra le mani. Nello stesso Sacro
Speco affreschi di scuola umbra del sec. XV narrano il ciclo della
vita, con gli episodi del rifiuto dell’apostasia, il gruppo dei
martiri e l’opera di sostegno e conforto esercitata dal santo a
favore dei compagni durante il martirio.
Ancora al martirio
si riferisce il dipinto del Coreggio nella Gall. Naz. di Parma in cui,
secondo la leggenda messinese, Placido è inginocchiato accanto alla
sorella Flavia, essa pure in preghiera.
Immagini di Placido
troviamo poi a Spoleto, in un polittico di scuola umbra del XV sec.
insieme con s. Eutichio e, ancora della stessa scuola, sempre a
Spoleto, in un affresco della chiesa di S. Giuliano.
La diffusione del
culto nelle chiese dell’Ordine ci ha dato numerose rappresentazioni
di Placido nell’arte tedesca. Ricordiamo fra l’altro le statue del
sec. XVIII nella chiesa di S. Vincenzo a Breslavia e quella,
movimentata e drammatica, nella chiesa di Niederaltaich, in cui il
santo porta un ricco pastorale.
Bibl.:
A. Bertini Calosso,
Gli affreschi della Grotta del Salvatore presso Vallerano,
in
Arch. R.
Soc. Rom. di Storia patria, XXX (1907), p. 205, tav.
IV; Braun, coll. 610-11; C. Bandini,
Spoleto
(Italia Artistica), Bergamo [s.d.]; Réau, III, pp.
1112-13; Kaftal, coll.
853; G. Kaftal,
The iconography
of the Saints in Central and South Italian Painting,
Firenze 1965, coll.
926-27.
Caterina
Colafranceschi
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9 ottobre 2024
a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net