Bernardo di Chiaravalle
Sermoni sul Cantico dei cantici
Breve introduzione
Estratto da “IL CRISTO” Volume IV, a cura di Claudio Leonardi
Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore 2001
Link al testo parziale italiano dei Sermoni
Bernardo (e con lui
Guglielmo di Saint-Thierry) ha espresso il vecchio tema monastico della
contemplazione nei termini dell’unione d’amore tra l’uomo e Dio. Per questo la
sua parola chiave è l’amore (e il suo testo ispiratore la prima lettera
dell'apostolo Giovanni, dove Dio viene definito come amore). Nei suoi
Sermoni sul Cantico dei cantici (di cui presentiamo qui una
piccolissima parte), una serie di testi dalle prediche che tenne, con
interruzioni continue, dal 1135 alla morte, ai monaci di Clairvaux,
l’incarnazione è definita un bacio: la bocca che bacia è il Verbo che si fa
carne e chi viene baciato è la carne assunta dal Verbo
(Sermone 2). E l’amore è gratuito, non ha altri scopi che sé
stesso. Esso trionfa anche su Dio, sulla sua terribilità
(Sermone 64). L’esperienza di Dio, la mistica, ha portato
Bernardo a questa alta rappresentazione del Cristo come luogo dell’amore
(non della giustificazione dovuta al peccato, come in Anselmo). In Cristo
appare non più solo il timore di Dio, la sua potenza: appare piuttosto la
sua misericordia, che è la vera qualità divina.
Di questa mistica
Cristo è il centro. «La mia filosofia più intima è conoscere Cristo e Cristo
crocifisso», confessa Bernardo nel
Sermone 43. La crocifissione è il gesto supremo che mostra la
natura misericordiosa della divinità, e chi accoglie questo gesto vede la
luce perfetta della resurrezione. Poiché Cristo genera e richiede un
rapporto d’amore, egli diventa il modello da imitare: l’amante imita l’amato
per forza d’amore. La stessa mortificazione non è più una privazione
ascetica, ma una mistica imitativa di amore. Cristo è lo sposo, l’umanità (o
l’anima umana) la sposa. Il linguaggio del Cristo è la misericordia, il
linguaggio dell’anima è il desiderio e la devozione (Sermone
43). La forza dinamica messa in atto dal Cristo si realizza nell’uomo quando
si affida allo Spirito santo, che gli rivela il Figlio e attraverso il
Figlio il Padre. Così il Cristo viene a visitare l’uomo, a parlargli
d’amore, non a rimproverarlo
(Sermone 57), e Cristo può dire della terra: «questa è la
nostra patria», non perché sia diventato come uno di noi, ma perché è
diventato uno di noi
(Sermone 59).
In Bernardo e in
Guglielmo di Saint-Thierry la mistica d’amore significa potenzialmente la
fine del monachesimo come istituzione. Se Dio è veramente sceso nella carne
così da renderla «sua», non si vede perché la carne sia un limite e un
ostacolo. Ma questa contraddizione rimane in Bernardo. Anche per lui il
«corpo» è un ostacolo
(Sermone 26), e la carne di Cristo è solo un’ombra in lui, la
carne non ha un ruolo alto nella divinità, lo ha solo lo spirito
(Sermone 20). L’eredità origeniana è giunta a questo punto di
non soluzione. L'umanità di Cristo occupa ormai tutto lo spazio, il suo
amore rivela la sua natura divina, mentre il dolore rivela la collera di Dio
(Sermone
26). Solo di fronte alla morte dell’amatissimo fratello Gerardo, Bernardo
scrive una pagina commossa e bellissima in cui arriva a vedere come Dio non
sia indifferente al dolore; anche il dolore, se ha fatto parte della vita di
Cristo, potrebbe far parte della vita di Dio.
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16 aprile 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net