LA SALVEZZA
Prologo: Bisogna dunque istituire una scuola del servizio del Signore nella quale ci auguriamo di non prescrivere nulla di duro o di gravoso; ma se, per la correzione dei difetti o per il mantenimento della carità, dovrà introdursi una certa austerità, suggerita da motivi di giustizia, non ti far prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare la via della salvezza, che in principio è necessariamente stretta e ripida.
Capitolo II - L'Abate: D'altra parte è anche vero che, se il pastore avrà usato ogni diligenza nei confronti di un gregge irrequieto e indocile, cercando in tutti i modi di correggerne la cattiva condotta, verrà assolto nel divino giudizio e potrà ripetere con il profeta al Signore: "Non ho tenuto la tua giustizia nascosta in fondo al cuore, ma ho proclamato la tua verità e la tua salvezza; essi tuttavia mi hanno disprezzato, ribellandosi contro di me"... Soprattutto si guardi dal perdere di vista o sottovalutare la salvezza delle anime, di cui è responsabile, per preoccuparsi eccessivamente delle realtà terrene, transitorie e caduche, ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto.
Capitolo VII - L'umiltà: Il quarto grado dell'umiltà è quello del monaco che, pur incontrando difficoltà, contrarietà e persino offese non provocate nell'esercizio dell'obbedienza, accetta in silenzio e volontariamente la sofferenza e sopporta tutto con pazienza, senza stancarsi né cedere secondo il monito della Scrittura: " Chi avrà sopportato sino alla fine questi sarà salvato".
Capitolo XXV - Le colpe più gravi: Il monaco colpevole di mancanze più gravi .... Attenda da solo al lavoro che gli sarà assegnato e rimanga nel lutto della penitenza, consapevole della terribile sentenza dell'apostolo che dice: "Costui è stato consegnato alla morte della carne, perché la sua anima sia salva nel giorno del Signore".
Capitolo XXVIII - La procedura nei confronti degli ostinati: (L'abate), vedendo che la sua opera non serve a nulla, si affidi al rimedio più efficace e cioè alla preghiera sua e di tutta la comunità per ottenere dal Signore che tutto può la salvezza del fratello.
Capitolo XLI - L'orario dei pasti: L'abate regoli e disponga tutto in modo che le anime si salvino e i monaci possano compiere il proprio dovere senza un motivo fondato di mormorazione.
LA SALVEZZA
Colomban Lesquivit O.S.B. e Pierre Grelot
Estratto da ”Dizionario di Teologia Biblica” – Ed. Marietti 1976
Vecchio Testamento
I. LA SALVEZZA DI DIO NELLA STORIA E NELLA ESCATOLOGIA
L'idea di un Dio che salva i suoi fedeli è comune a tutte le religioni. Nel VT è un tema corrente ed antico, come dimostrano i nomi propri composti con la radice «salvare» (Giosuè, Isaia, Eliseo, Osea, per non citare che la radice principale yaša'). Ma l'esperienza storica del popolo di Dio gli dà una tinta particolare che spiega per una parte il suo uso nell'escatologia profetica.
1. L'esperienza storica. - Israele, quando si trova in momenti critici e Dio lo libera sia mediante un concorso provvidenziale di circostanze che può giungere fino al miracolo, sia mandandogli un capo umano che lo porta alla vittoria, esperimenta la «salvezza di Dio ». L'assedio di Gerusalemme da parte di Sennacherib ne offre un esempio classico: il re di Assiria lancia a Jahvé la sfida di salvare Israele (2 Re 18, 30-35); Isaia promette la salvezza (2 Re 19, 34; 20, 6); ed effettivamente Dio salva il suo popolo. Ora gli storici sacri mettono in rilievo nel passato molteplici esperienze dello stesso genere. Dio ha salvato David (cioè: gli ha dato la vittoria) dovunque andasse (2 Sam 8, 6. 14; 23, 10. 12). Per mezzo di David ha salvato il suo popolo dalla mano dei suoi nemici (2 Sam 3, 18), come aveva già fatto per mezzo di Saul (1 Sam 11, 13), di Samuele (1 Sam 7, 8), di Sansone (Giud 13, 5), di Gedeone (Giud 14), di tutti i giudici (Giud 2, 16. 18). Soprattutto al momento dell'esodo egli salvò Israele riscattandolo e liberandolo (Es 14, 13; cfr. Is 63, 8 s; Sal 106, 8. 10- 21). E, risalendo nel passato oltre questa esperienza capitale, lo vediamo che salva i figli di Giacobbe per mezzo di Giuseppe (Gen 45, 5), salva la vita di Lot (Sap 10, 6), salva Noè al tempo del diluvio (Sap 10, 4; cfr. Gen 7, 23)... Si comprende quindi come in ogni pericolo urgente Israele si rivolga a Jahve « per essere salvato » (Ger 4, 14) e si lamenti se la salvezza sperata non giunge (Ger 8, 20). Egli sa che, fuori del suo Dio, non c'è salvatore (Is 43, 11; cfr. 47, 15; Os 13, 4), e, pensando alle salvezze passate, ama invocarlo sotto questo titolo (cfr. Is 63, 8; 1 Mac 4, 30). È vero che, in questa stessa storia, si vede delinearsi in più di un caso una legge provvidenziale, le cui conseguenze si manifesteranno nel quadro dell'escatologia: nei pericoli causati dal peccato umano, solo un resto viene salvato (come Noè, al momento del diluvio). La salvezza non si realizza senza che l'accompagni un giudizio divino e senza che i giusti siano separati dai peccatori.
2. Le promesse escatologiche. - Proprio nel momento della grande prova nazionale Israele guarda con più fiducia al Dio che lo salverà (cfr. Mt 7, 7). Il suo titolo di salvatore diventa un motivo dominante dell'escatologia profetica (Sof 3, 17; Is 33, 22; 43, 3; 45, 15. 21; 60, 16; Bar 4, 22), e gli oracoli relativi agli « ultimi tempi » descrivono sotto aspetti diversi la salvezza finale di Israele. Jahvé, dice Geremia, salverà il suo popolo riconducendolo nella sua terra (Ger 31,-7) ed inviandogli il re - Messia (Ger 23, 6). Jahvé, dice Ezechiele, salverà le sue opere riconducendole ad un buon pascolo (Ez 34, 22); salverà il suo popolo da tutte le sue immondezze mediante il dono del suo spirito (Ez 36, 29). Il messaggio di consolazione e la letteratura affine evocano costantemente il Dio che viene a salvare il suo popolo (Is 35, 4) e, al di là di Israele, la terra intera (Is 45, 22). La salvezza è l'atto essenziale della sua giustizia vittoriosa (cfr. Is 63, l); proprio per realizzarla egli manderà il suo servo (Is 49, 6- 8). Il binomio « giustizia salvezza » tende quindi a diventare una designazione tecnica della sua opera escatologica, promessa e salutata in anticipo con entusiasmo (Is 46, 13; 52,740; 56, 1; 59, 17; 61, 10; 62, 1). Ma più ancora che nella storia di Israele, l'esperienza di questa salvezza sarà riservata a un resto (Am 3, 12; 5, 15; 9, 8; Is 10, 20 s; 25, 8): prima del suo avvento, quaggiù si opererà il giudizio di Dio. Le descrizioni postesiliche del giorno di Jahvé Canteranno la gioia di questa salvezza (Is 12,2; 25,9) accordata a tutti coloro che invocano il nome del Signore (Gioe 3, 5), a tutti coloro che sono scritti nel suo libro (Dan 12, 1). Infine la sapienza alessandrina descriverà la salvezza dei giusti nell'ultimo giorno (Sap 5, 2). Lungo i testi l'idea di salvezza si è così arricchita di tutta una gamma di risonanze. Legata al regno di Dio, essa è sinonimo di pace e di felicità (Is 52, 7), di purificazione (Es 36, 29) e di liberazione (Ger 31, 7). Il suo artefice umano, il re escatologico, merita quindi il titolo di salvatore (Zac 9, 9 LXX), perché salverà i poveri oppressi (Sal 72,4. 13). Tutti questi aspetti della profezia preparano direttamente il NT.
II. LA SALVEZZA DI DIO NELLA PREGHIERA DI ISRAELE
Con un simile sfondo di esperienza storica e di profezia, la preghiera di Israele dà un posto importantissimo al tema della salvezza.
1. Le certezze della fede. - La salvezza è un dono di Dio: questa è la certezza fondamentale, a sostegno della quale si può invocare l'esperienza della conquista (Sal 44, 4. 7 s). Inutile nutrire una fiducia presuntuosa nelle forze umane (Sal 33, 16-19): la salvezza dei giusti viene da Jahvé (Sal 37, 39 s); egli stesso è la salvezza (Sal 27, 1; 35, 3; 62, 7). Questa dottrina è corroborata da numerose esperienze. Quanti uomini in pericolo sono stati salvati da Dio quando lo hanno invocato (Sal 107, 13. 19. 28; cfr. 22, 6)! Parecchie preghiere di ringraziamento testimoniano fatti di questo genere (ad es. Sal 118, 14): preghiere di persone salvate dal pericolo (Sal 18, 20), dalla prova (Eccli 51, 11), dalla minaccia di morte (Sal 116, 6). I libri di epoca tarda si compiacciono nel raccontare storie simili: i tre fanciulli salvati dal fuoco (Dan 3, 28 = 95), e Daniele dalla fossa dei leoni (Dan 6, 28); perché Dio salva sempre chi spera in lui (Dan 13, 60). Lo assicura ad ognuno dei suoi servi (Sal 91, 14 ss), come ha promesso di farlo per il suo popolo (Sal 69, 36) e per il suo unto (Sal 20, 7). Ed i salmi enumerano tutti i clienti di Dio, che egli abitualmente salva quando lo invocano: i giusti (34, 16. 19), i poveri (34, 7; 109, 31), gli umili (18, 28; 76, 10; 149, 4), i piccoli (116, 6), i perseguitati (55, 17), i cuori retti (7, 11), gli spiriti abbattuti (34, 19) ed in generale tutti coloro che lo temono (145, 19). C'è qui di che dare fiducia ed incitare alla preghiera.
2. Gli appelli al Dio salvatore. - I supplicanti invocano Dio sotto il titolo di salvatore (Eccli 51, 1; « salvatore dei disperati », Giudit 9, 11) o di « Dio di salvezza » (Sal 51, 16; 79, 9). La loro preghiera consiste in una sola parola: « Salva, o Jahvé » (Sal 118, 25), « Salvami, ed io sarò salvato » (Ger 17, 14). Il seguito evoca generalmente circostanze Concrete, simili a quelle in cui tutti gli uomini vengono a trovarsi un giorno o l'altro: prova ed angoscia (Sal 86, 2), pericolo imminente e mortale (69, 2. 15), persecuzione dei nemici (22, 22; 31, 12. 16; 43, 1; 59, 2). E talvolta Jahvé stesso risponde alla supplica mediante un oracolo di salvezza (Sal 12, 2. 6). Al di là delle richieste individuali, lo spirito israelitico invoca d'altronde la salvezza escatologica promessa dai profeti (cfr. Sal 14, 7; 80, 3 s. 8. 20): « Salvaci, o Jahvé nostro Dio, e raccoglici di tra le nazioni! » (Sal 106, 47). Anche qui si dà il caso che Jahvé risponda mediante un oracolo (Sal 85, 5. 8. 10). L'influsso del messaggio di consolazione è così grande che taluni salmi cantano in anticipo la manifestazione di salvezza che esso annunziava (Sal 96, 2; 98, 1 ss), mentre altri esprimono la speranza di sperimentarne la gioia (Sal 51, 14). Attraverso tutti questi testi, si vede come lo spirito di Israele, alle soglie del NT, era teso verso la salvezza che Cristo apporterà al mondo.
Nuovo Testamento
I. LA RIVELAZIONE DELLA SALVEZZA
1. Gesù Cristo salvatore degli uomini.
a) Gesù si rivela come salvatore dapprima con atti significativi. Salva i malati guarendoli (Mt 9, 21 par.; Mc 3, 4; 5, 23; 6, 56); salva Pietro che cammina sulle acque ed i discepoli in balia della tempesta (Mt 8, 25; 14, 30). L'essenziale è credere in lui: a salvare gli ammalati è la loro fede (LC 8, 48; 17, 19; 18, 42), ed i discepoli vengono rimproverati per aver dubitato (Mt 8, 26; 14, 31). Questi fatti mostrano già qual è la economia della salvezza. Tuttavia bisogna vedere più in là della salvezza corporale. Gesù apporta agli uomini una salvezza molto più importante: la peccatrice è salvata perché egli le rimette i peccati (Lc 7, 48 ss), e la salvezza entra nella casa di Zaccheo penitente (Lc 19, 9). Per essere salvati, occorre dunque accogliere con fede il vangelo del regno (cfr. LC 8, 12). Quanto a Gesù, la salvezza è lo scopo della sua vita: egli è venuto in terra per salvare ciò che era perduto (LC 9,56; 19, 10), per salvare il mondo e non per condannarlo (Gv 3, 17; 12, 47). Se parla, lo fa per salvare gli uomini (Gv 5, 34). Egli è la porta: chi entra per lui sarà salvato (Gv 10, 9). b) Queste parole fanno vedere che la salvezza degli uomini è il problema essenziale. Il peccato li espone al pericolo della perdizione. Satana è pronto a tutto tentare per perderli e per impedire che siano salvati (Lc 8,12). Sono pecore perdute (Le 15, 4. 7); ma Gesù è stato proprio mandato per esse (Mt 15, 24): non si perderanno più, se entrano nel suo gregge (Gv 10, 28; cfr. 6, 39; 17, 12; 18, 9). Tuttavia la salvezza che egli offre ha una contropartita: per chi non ne afferra l'occasione, il rischio di perdizione è imminente ed irreparabile. Bisogna fare penitenza in tempo, se non si vuole andare alla perdizione (Lc 13, 3. 15). Bisogna entrare per la porta stretta, se si vuole appartenere al numero di salvati (Lc 13, 23 s). Bisogna perseverare in questa via sino alla fine (Mt 24, 13). L'obbligo del distacco è tale che i discepoli si domandano: « Ma allora chi sarà salvato? ». Effettivamente ciò sarebbe impossibile agli uomini, occorre un atto della onnipotenza di Dio (Mt 19, 25 s par.). Infine la salvezza che Gesù offre si presenta sotto la forma di un paradosso. Chi vuole salvarsi, si perderà; chi accetta di perdersi, si salverà per la vita eterna (Mt 10, 39; Lc 9, 24; Gv 12, 25). Questa è la legge, e Gesù stesso vi si sottomette: egli, che ha salvato gli altri, non salva se stesso nell'ora della croce (Mc 15, 30 s). Certamente il Padre potrebbe salvarlo dalla morte (Ebr 5,7); ma proprio per quest'ora egli è venuto in terra (Gv 12, 27). Chi cercherà la salvezza nella fede in lui, dovrà dunque seguirlo fin là.
2. Il vangelo della salvezza.
a) Dopo la risurrezione e la Pentecoste, il messaggio della comunità apostolica ha come oggetto la salvezza realizzata conformemente alle Scritture. Con la sua risurrezione, Gesù è stato stabilito da Dio « capo e salvatore » (Atti 5, 31; cfr. 13, 23). I miracoli operati dagli apostoli confermano il messaggio: se gli ammalati sono salvati in virtù del nome di Gesù, si è perché non c'è alcun altro nome per mezzo del quale noi possiamo essere salvati (Atti 9, 9-12; cfr. 14, 3). Il vangelo quindi viene definito come la « parola della salvezza » (Atti 13, 26; cfr. 11, 14), rivolta dapprima ai Giudei (Atti 13, 26) poi alle altre nazioni (Atti 13, 47; 28, 28). In cambio, gli uomini sono invitati a credere « per salvarsi da questa generazione sviata » (Atti 2, 40). La condizione della salvezza è la fede nel Signore Gesù (Atti 16, 30 s; cfr. Mc 16,16), l'invocazione del suo nome (Atti 2,21; cfr. Gioe 3,5). A questo riguardo Giudei e pagani sono in identica posizione. Non si salvano da soli; li salva la grazia del Signore Gesù (Atti 15, 11). Gli apostoli apportano quindi agli uomini l'unica « via della salvezza » (Atti 16, 17). I convertiti ne sono coscienti a tal punto che considerano se stessi come il resto che dev'essere salvato (Atti 2, 47).
b) Questa importanza del tema della salvezza nella predicazione primitiva spiega come gli evangelisti Matteo e Luca abbiano voluto sottolineare fin dall'infanzia di Gesù la sua futura funzione di salvatore. Matteo pone questa funzione in rapporto con il suo nome, che significa « Jahvé salva » (Mt 1, 21). Luca gli dà il titolo di salvatore (LC 2, 11); fa salutare da Zaccaria l'alba vicina della salvezza promessa dai profeti (1, 69. 71.77), e da Simeone la sua comparsa in terra in una prospettiva di universalismo totale (2, 30). Infine la predicazione di Giovanni Battista, secondo le Scritture, prepara le vie del Signore affinché « ogni carne veda la salvezza di Dio » (3, 2-6; cfr. Is 40, 3 ss; 52,10). I ricordi conservati nel seguito dei vangeli presentano in modo concreto questa manifestazione della salvezza che culminerà nella croce e nella risurrezione.
II. TEOLOGIA CRISTIANA DELLA SALVEZZA
Benché gli scritti apostolici ricorrano ad un vocabolario vario per descrivere l'opera redentrice di Gesù, si può tentare di costruire una sintesi di dottrina cristiana attorno all'idea di salvezza.
1. Senso della vita di Cristo. - « Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini » (1 Tim 2, 4; cfr. 4, 10).
Perciò ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo (1 Gv 4,14). Quando è apparso in terra « il nostro Dio e salvatore » (Tito 2, 13), che veniva a salvare i peccatori (1 Tim 1, 15), si sono manifestati la grazia e l'amore di Dio nostro salvatore (Tito 2, 11; 3, 4); infatti con la sua morte e la sua risurrezione Cristo è diventato per noi « principio di salvezza eterna » (Ebr 5, 9), salvatore del corpo che è la Chiesa (Ef 5, 23). Il titolo di salvatore conviene così ugualmente sia al Padre (1 Tim 1, 1; 2, 3; 4, 10; Tito 1, 3; 2, 10) che a Gesù (Tito 1, 4; 2, 13; 3, 6; 2 Piet 1, 11; 2, 20; 3, 2. 18). Perciò il vangelo che riferisce tutti questi fatti è «una forza di Dio per la salvezza di ogni credente» (Rom 1, 16). Annunziandolo, l'apostolo non ha altro scopo che la salvezza degli uomini (1 Cor 9,22; 10, 33; 1 Tim 1, 15), sia che si tratti di pagani (Rom 11, 11) oppure di Giudei, un Resto dei quali almeno è stato salvato (Rom 9, 27; 11, 14) in attesa che infine lo sia tutto Israele (Rom 11, 26).
2. Senso della vita cristiana. - Una volta che il vangelo è proposto loro dalla parola apostolica, gli uomini devono fare una scelta, che determinerà la loro sorte: la salvezza o la perdizione (2 Tess 2, 10; 2 Cor 2, 15), la vita o la morte. Coloro che credono e confessano la loro fede sono salvati (Rom 10, 9 s. 13), e la loro fede viene d'altronde suggellata col ricevere il battesimo che è una vera esperienza della salvezza (1 Piet 3, 21). Dio li salva per pura misericordia, senza considerare le loro opere (2 Tim 1, 9; Tito 3, 5), per grazia (Ef 2, 5. 8), donando loro lo Spirito Santo (2 Tess 2, 13; Ef 1, 13; Tito 3, 5 s). A partire da questo momento il cristiano deve custodire con fedeltà la parola che può salvare la sua anima (Giac 1, 21); deve nutrire la sua fede mediante la conoscenza delle Scritture (2 Tim 3, 15) e farla fruttificare in opere buone (Giac 2, 14); deve lavorare con timore e tremore a «compiere la sua salvezza » (Fil 2,12 ). Ciò suppone un esercizio costante delle virtù salutari (1 Tess 5, 8), grazie alle quali egli crescerà in vista della salvezza (1Piet 2,2). Non è permessa nessuna negligenza; la salvezza viene offerta ad ogni istante della vita (Ebr 2, 3); « ora è il giorno della salvezza » (2 Cor 6, 2).
3. L'attesa della salvezza finale. - Se noi siamo così eredi della salvezza (Ebr 1, 14) e pienamente giustificati (Rom 5, 1), tuttavia non siamo ancora salvati se non nella speranza (Rom 8, 24). Dio ci ha riservati per la salvezza (1 Tess 5, 9), ma si tratta di un'eredità che non si rivelerà se non alla fine dei tempi (1 Piet 1, 5). Lo sforzo della vita cristiana si impone, perché ogni giorno che passa ce l'avvicina (Rom 13, 11). La salvezza, nel senso stretto della parola, si deve quindi considerare nella prospettiva escatologica del giorno del Signore (1 Cor 3, 1 ss; 5, 5). Già riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figlio e giustificati mediante il sangue suo, noi allora saremo salvati per mezzo suo dall'ira (Rom 5, 9 ss). Cristo apparirà per darci la salvezza (Ebr 9, 28). Attendiamo quindi questa manifestazione finale del salvatore, che porterà a termine la sua opera trasformando il nostro corpo (Fil 3, 20 s); in tal senso la nostra salvezza è oggetto di speranza (Rom 8,23 ss). Allora saremo salvati dalla malattia, dalla sofferenza, dalla morte; tutti i mali, da cui i salmisti domandavano di essere liberati e di cui Gesù, durante la sua vita, trionfava mediante il miracolo, saranno definitivamente aboliti. Il compimento di una simile opera sarà la vittoria per eccellenza di Dio e di Cristo. In questo senso le acclamazioni liturgiche dell'Apocalisse attestano: « La salvezza appartiene al nostro Dio e all'agnello » (Apoc 7, 10; 12, 10; 19, 1).
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6 luglio 2024 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net