Sant'Aureliano d'Arles
AURELIANO, VESCOVO DI
ARLES.
REGOLA PER I MONACI
PROLOGO
Aureliano, vescovo, ai fratelli santi e venerabili in
Cristo stabiliti nel monastero che noi abbiamo fondato grazie alla misericordia
di Dio e su ordine del re Childeberto.
Su ispirazione di Dio, che ci ha prevenuti con la sua
ineffabile misericordia, noi abbiamo provveduto affinché poteste scegliere lo
splendore di una vita santa, dopo aver rigettato i piaceri del secolo e
disdegnato e disprezzato le gioie temporali. Abbracciando la grazia della
verginità e della castità, cercando l'amore di Dio e con tutto il desiderio
delle vostre viscere e del vostro cuore voi potrete trafiggere la vostra carne
con timore del Signore e dire: "Ho giurato, e lo confermo, di osservare i tuoi
giusti giudizi" (Sal 118,106), ed ancora: "Il mondo per me è stato crocifisso,
come io per il mondo" (Gal 6,14). Così noi abbiamo deciso, su ordine del Signore
che opera anche in noi il volere e l'operare, di costruirvi un monastero per il
progresso delle vostre anime, ed è ciò che abbiamo fatto. Per questo motivo noi
istituiamo per voi una regola ed una norma di disciplina che vi permettano di
avanzare sul cammino della perfezione e di pervenire felicemente al regno dei
cieli su una retta via.
CAPITOLI DELLA REGOLA DI
S. AURELIANO
1. Se qualcuno viene alla vita di conversione, gli si
legga la regola nel parlatorio
2. Chi entra nel monastero non ne esca fino alla sua
morte.
3. Non riceva gli abiti monastici se non avrà fatto un
atto di donazione dei suoi beni a chiunque egli vorrà.
4. Chi riceve la tonsura nel monastero metta alcuni
capelli nell'urna delle reliquie e non si riservi nulla per sé. Ciò che ha lo
consegni all'autorità dell'abate.
5. Nessuno riceva qualcosa di nascosto ma, se gli fosse
trasmesso qualcosa e non ne avesse bisogno, sia messo in comune e assegnato a
chi ne abbisogna.
6. Non si devono dare o ricevere lettere senza che
l'abate lo sappia o che ne abbia dato il permesso.
7. Nessuno riponga presso il proprio letto qualcosa da
mangiare o da bere.
8. Nessuno abbia una cella od un armadietto suo
personale.
9. Non si giuri assolutamente.
10. Non si maledica.
11. Non si deve mentire.
12. Non bisogna affatto rimanere nell'ira.
13. Un fratello non levi la mano sull'altro fratello.
14. I laici non entrino nel monastero o nella basilica,
ma solo nel parlatorio.
15. Le donne non entrino neanche nel parlatorio.
16. A nessun monaco sia permesso di uscire a salutare
qualcuno, se non col preposito o qualche anziano.
17. Nel monastero non siano accolti giovani che non
abbiano almeno dieci o dodici anni.
18. Non si accolgano schiavi. Se è un liberto e se
l'abate l'avrà giudicato attentamente, allora sia accolto.
19. Neanche agli amministratori sia permesso entrare nel
monastero, se non per qualche necessità che abbiamo stabilito in questa Regola.
20. Non si accettino bambini a battesimo.
21. Chi riceve un incarico, riceva le chiavi sopra
l'evangelario.
22. In tutti i servizi si alternino a vicenda, tranne
l'abate, coloro che sono troppo vecchi ed i bambini piccoli.
23. Nessuno faccia qualcosa a suo piacimento, ma
eseguano ciò che è stato ordinato dall'abate o dal preposito.
24. Durante i lavori manuali non cessi mai nel cuore la
santa meditazione.
25. Ogni cosa sia in comune tra di voi e nessuno presuma
di dire o di rivendicare qualcosa come suo.
26. Non si indossino indumenti di colore diverso dal
grezzo, latte e nero naturale.
27. Non si utilizzino panni per i letti come quelli dei
secolari e neanche per l'ornamento del monastero.
28. Dopo le preghiere del mattino non sia permesso
tornare a dormire.
29. Durante le veglie bisogna che nessuno dorma, ma che
si faccia qualche lavoro manuale.
30. Al segnale nessuno arrivi in ritardo.
31. Mentre si salmeggia nessuno parli e neanche faccia
lavori manuali.
32. Tutti i monaci imparino a leggere.
33. Tutti dormano in letti divisi.
34. Il santo abate rimanga in comunità.
35. Nessuno parli a tu per tu con un altro: se venissero
trovati così, siano corretti molto severamente.
36. Nessuno presuma di parlare con qualcuno che è stato
scomunicato.
37. Occorre obbedire ai prepositi.
38. Se un fratello viene corretto o castigato per una
qualsivoglia colpa, non osi rispondere a chi lo rimprovera.
39. Non si abbiano assolutamente liti.
40. Non si perdoni ai superbi, ai disobbedienti ed a chi
protrae l'ira.
41. Non si ecceda dai previsti colpi di verga per una
qualsiasi colpa.
42. Chi è a capo si comporti verso tutti con paterno
affetto.
43. Non sia concesso al santo abate di vendere o donare
i beni del monastero, né fare qualcosa contro i precetti della Regola.
44. Ciò che avanza dalle necessità del monastero, sia
destinato ai poveri tramite l'amministratore.
45. Gli indumenti vecchi siano dati all'abate affinché
li dia ai poveri.
46. Nessuno riceva l'onore (del presbiterato o del
diaconato). Se qualcuno, con l'aiuto di Dio, sarà degno di ricevere la dignità
vescovile, sia solo lui ad uscire dal monastero.
47. Coloro che sono in minore età siano obbligati a
redigere la carta (di donazione dei propri beni) quando saranno maturi in età.
48. Non si preparino banchetti per nessuno, se non per
pellegrini e servi di Dio che sopraggiungono.
49. Seduti a tavola stiano in silenzio.
50. Il santo abate non pranzi fuori dalla comunità.
51. Non si mangi mai carne. Polli e altri volatili siano
dati solo agli infermi: i pesci solo in certe festività.
52. Al di fuori del pasto comune non si permetta di
gustare del cibo o della bevanda, se non agli infermi ed ai bambini.
53. In qual modo occorre ottemperare ai malati.
54. Il santo abate distribuisca il necessario a
sufficienza.
55. La santa comunità cerchi fermamente di adempiere
tutti i precetti (della Regola).
- Abbiamo ritenuto opportuno di inserire in questo
libretto anche l'ordine col quale dovete salmeggiare.
- Abbiamo inserito in questa
regola anche l'ordine dei pasti.
- Quando un fratello muore
REGOLA
CAPITOLO PRIMO. Su ordine di Dio, noi decidiamo in primo
luogo che se qualcuno verrà per convertirsi gli si leggerà la regola al
parlatorio e, se prometterà di compiere tutto ciò che è scritto, allora sarà
ricevuto.
2. Fino alla sua morte colui che è stato ricevuto non si
permetterà di uscire dal monastero e neanche vi sarà autorizzato, a motivo di
questa parola del profeta: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io
cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita" (Sal 26,4).
3. Egli non riceverà gli abiti religiosi se non ha
redatto delle carte di donazione o di vendita di tutti i suoi beni, grandi o
piccoli che siano, in favore di chi egli vorrà, a causa del comandamento del
Signore: "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi" (Mt 19,21), e
anche: "Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere
mio discepolo" (Lc 14,33).
4. Se è un laico e deve essere tonsurato, una parte dei
suoi capelli saranno posti nel reliquiario (che è sotto l'altare), perché gli
serva di testimonianza. Se è venuto già tonsurato e con un abito religioso, non
sarà ricevuto se, come abbiamo detto prima, non redigerà delle carte riguardanti
i beni che possedeva nel secolo. Così egli non si riserverà nulla di ciò che
aliena da se; e tutto ciò che egli avrà portato con sé lo rimetterà nel potere
dell'abate, temendo l'esempio di Anania e Saffira che consegnarono una parte e,
per mancanza di fede, riservarono una parte per se stessi (cfr. At 5,1-10).
5. Non accettate nulla di nascosto, ma se un parente o
un amico dona o invia qualche abito o qualunque cosa d'altro, ciò sarà nel
potere dell'abate; se (questo oggetto) è necessario a colui al quale è stato
inviato gli sarà attribuito, se egli non ne ha nessun bisogno lo si verserà nel
fondo comune e lo si attribuirà a colui che ne ha la necessità.
6. Innanzitutto, non si devono né dare né ricevere
lettere senza che lo sappia l'abate o senza che l'abbia permesso.
7. Nessuno oserà depositare vicino al suo letto qualcosa
da mangiare o da bere, ma tutti disporranno queste cose nella dispensa comune; e
se una malattia lo esige, non si rifiuterà il necessario dietro ordine
dell'anziano
8. Nessuno sarà autorizzato ad avere una cella, un
armadio o qualche cosa di questo genere che possa chiudere (a chiave) per suo
uso personale.
9. Non fate giuramenti, poiché il Signore ha detto: "Non
giurate" (Mt 5,34). Ed un'altra Scrittura dice: "Un uomo dai molti giuramenti
accumula iniquità; il flagello non si allontana dalla sua casa" (Sir 23,11).
10. Non calunniate, poiché sta scritto: "I calunniatori
non possederanno il Regno di Dio" (1 Cor 6,10).
11. Nessuno si permetta di mentire poiché: "La bocca
menzognera uccide l'anima" (Sap 1,11). Ed ancora: "Tu distruggi chi dice
menzogne" (Sal 5,7).
12. Nessuno osi protrarre la collera verso un fratello
fino al giorno dopo (cfr. Ef 4,26). Se, come succede alla fragilità umana, una
parola dura sopravviene tra fratelli, essi dovranno chiedersi perdono l'un altro
e rimettersi i loro debiti, a causa del comandamento del Signore dove egli dice:
" Se ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo
dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi
torna a offrire il tuo dono" (Mt 5,23-24). E ancora: "Se voi non perdonerete
agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe" (Mt 6,15). Ed
inoltre: "Se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette
volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai" (Lc 17,4). E
poi: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette" (Mt
18,22). Ed un'altra Scrittura: "Infatti l’ira dell’uomo non compie ciò che è
giusto davanti a Dio" (Gc 1,20). E l'Apostolo: "Non tramonti il sole sopra la
vostra ira" (Ef 4,26). Se, su istigazione del diavolo, Dio non permetta ciò,
qualcuno fosse pieno di furore al punto di disprezzare questi comandamenti con
un cuore ostinato; se uno di coloro che sono in discordia anticipa l'altro
chiedendogli perdono e se colui al quale egli chiede (perdono) non gli perdona,
costui subirà la disciplina regolare per correggersi e tornare alla carità. Se
questi fratelli si disprezzano a vicenda saranno tutti e due sospesi dalla
comunione e dal pasto, fino a che non si riconciliano.
13. Se un fratello osa colpire con le mani un fratello,
subirà una disciplina regolare.
14. Non si permetterà ad alcun laico, nobile o plebeo,
di entrare nella basilica o nel monastero; ma se qualcuno vuol rendere visita
per devozione o per una ragione di parentela, la visita avrà luogo nel
parlatorio del monastero.
15. Quanto alle donne, non se ne lascerà entrare neanche
una, né religiosa né secolare, neanche la madre dell'abate o di un qualunque
monaco, né alcuna parente o conoscente che vogliono salutare un monaco o
pregare; si seguirà così l'esempio del Signore e maestro quando dice: "Chi è mia
madre e chi sono i miei fratelli?" (Mt 12,48). E questa parola: "Se uno non
abbandona il padre o la madre, non può essere mio discepolo" (cfr. Lc 14,26). Ed
un'altra Scrittura: "Coloro che hanno detto al loro padre e alla loro madre:
"Noi non vi conosciamo", questi hanno conservato tutti i precetti, o Signore"
(cfr. Dt 33,9).
16. Quanto agli uomini laici ai quali abbiamo dato il
permesso di fare delle visite, non vedano e non parlino con nessun monaco senza
l'abate o il priore o un altro anziano delegato dall'abate; e non parlino mai a
voce alta.
17. Nel monastero non saranno mai ricevuti giovani
bambini, ma solo a partire da dieci o dodici anni, perché non ci sia bisogno di
allevarli e sappiano evitare le colpe.
18. Non si riceveranno schiavi; se uno schiavo
affrancato, ancora adolescente, si presenta con una lettera del suo patrono,
l'abate deciderà se lo si debba ricevere.
19. Anche gli economi del monastero, se portano l'abito
laico, non saranno autorizzati ad entrare, salvo per le ragioni che noi
indichiamo in questa regola: se si deve fare un lavoro o una riparazione o per
qualche altro motivo da sottomettere all'abate, essi entreranno con i muratori o
i carpentieri. Per il resto non avranno alcuna autorizzazione o libertà di
entrare.
20. Nessuno potrà fare (da padrino) al battesimo di un
bambino.
21 Coloro a cui saranno affidate le chiavi della
dispensa, della cantina, del granaio, della porta di servizio e dell'oratorio
saranno persone provate; essi riceveranno questi chiavi sull'altare o sul
Vangelo, sapendo che dovranno rendere conto a Dio del ministero che è stato loro
affidato.
22. Durante ogni servizio, sia nell'ordine della
salmodia, sia nella lettura che durante i lavori, i fratelli si succederanno a
turno, eccettuato il santo abate, i più anziani ed i bimbi più piccoli, così
come i malati assolutamente non in grado di alzarsi; non saranno costretti a
fare ciò per cui non hanno abbastanza forza.
23. Ognuno non sceglierà a suo piacimento quale mestiere
imparare o quale lavoro fare, ma sarà a carico dell'abate comandare ciò che
stimerà utile.
24. Durante il lavoro manuale di tutta la giornata non
si interromperà mai la recita dei testi sacri nel cuore (oppure: che si sanno a
memoria. Ndt.), a causa di quest'ordine dell'Apostolo: " ... con salmi, inni e
canti ispirati... cantando (e salmeggiando) a Dio nei vostri cuori". (Col 3,16).
25. Nessuno si permetta di dire qualcosa come suo o di
rivendicare come proprio bene una qualunque cosa; ma, secondo gli Atti degli
Apostoli, tutto sia comune tra di voi; abbiate una sola anima ed un solo corpo
nel Signore (At 4,32).
26. Non porterete vestiti che non abbiano altro colore
della stoffa grezza, di un bianco latte e di un nero naturale.
27. Voi non adopererete biancheria da letto colorata
come usano i secolari. Non acquisterete mai per gli altari delle tovaglie in
pura seta ornate d'oro o di pietre preziose. Se un fedele ne offre di sua
spontanea volontà, se l'abate lo decide o se la necessità lo esige, saranno
vendute.
28. Nessuno sarà autorizzato a tornare a dormire dopo il
mattutino; ma, terminato questo, si dirà subito (l'ufficio di) prima ed in
seguito tutti si impegneranno alla lettura fino all'ora terza.
29. Durante le vigilie, mentre si legge una lezione,
lavorate con le vostre mani intrecciando dei giunti, o della canapa, o qualche
cosa di simile per evitare il sonno. Ma se è una domenica o un giorno di festa,
colui sta per essere colpito dal sonno riceverà l'ordine di mettersi in piedi
mentre gli altri stanno seduti, al fine di poter cacciare da sé il torpore del
sonno e di non mostrarsi tiepido o negligente durante l'opera di Dio.
30. Dato il segnale, ogni lavoro sia abbandonato e fate
a gara nell'affrettarvi con veloce prontezza, come api molto accorte che volano
verso l'alveare. Se qualcuno arriva in ritardo sarà sottomesso alla correzione.
31. Durante la salmodia, le vostre sante anime tendano a
non vagare con lo spirito; inoltre, non si permettano di parlare o di fare dei
lavori. Salmeggiate invece con saggezza (cfr. Sal 46,8); come dice il profeta:
"Salmeggerò e comprenderò" (Sal 100,2, Volg.). E ancora: "Salmeggerò con lo
spirito, ma anche con la mente" (1 Cor, 14,15, Volg.); temendo questa minaccia:
"Maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore" (Ger 48,10).
32. Tutti devono imparare a leggere.
33. Tutti dormano in letti separati.
34. Il santo abate non dorma lontano dalla comunità.
35. Davanti a Dio, noi ordiniamo di osservare
soprattutto questa prescrizione: nessuno non potrà parlare o vedersi di nascosto
con un altro, soprattutto nelle ore della sera e della notte. Se si troveranno
(dei fratelli) appartati, costoro saranno castigati molto severamente anche se
ammetteranno la colpa, salvo coloro che sono di età e di santità provate.
36. Nessuno potrà parlare con colui che è scomunicato,
salvo colui che il santo abate gli avrà dato come custode.
37. "Obbedite ai vostri prepositi e state loro
sottomessi, perché essi vegliano sulle vostre anime e devono renderne conto a
Dio" (cfr. Eb 13,17).
38. Se qualcuno per una colpa qualunque o una
trasgressione della regola riceve un rimprovero o una punizione, non si
permetterà di replicare a colui che lo riprende, poiché il peccato che è
corretto qui sulla terra non sia punito al momento del giudizio eterno. E voi
dovete ricevere le cure portate alla vostra anima come un malato che riceve le
cure del medico, osservando questa parola della santa Scrittura: "Chi rifiuta la
correzione è infelice" (Pr 15,32, Volg.). E ancora: "Io sono pronto a subire il
castigo" (Sal 37,18, Volg.).
39. Non abbiate liti tra di voi, per obbedire al
precetto dell'Apostolo che dice: "Un servo del Signore non deve essere
litigioso, ma mite con tutti" (2 Tm 2,24).
40. Quanto agli orgogliosi, ai disobbedienti ed a coloro
che protraggono la loro collera, non bisogna mai dar loro perdono prima che essi
si correggano.
41. Se, per una colpa
qualunque, qualcuno deve ricevere la disciplina della verga, non si superi mai
il numero legittimo dei colpi, cioè trentanove (cfr. 2. Cor 11,24 e Dt 25.3)
[1].
42. E benché sia giusto infliggere la correzione
disciplinare, si seguirà tuttavia la parola del salmo: "Bontà e disciplina" (Sal
118,66, Volg.). Il santo abate avrà dunque verso tutti l'affezione di un padre,
conformemente a ciò che dice l'Apostolo: "Come una madre che ha cura dei propri
figli" (1 Ts 2,7). Ed anche: "Mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni
costo qualcuno" (1 Cor 9,22).
43. Non è permesso al santo abate di donare o vendere
nessuno dei beni del monastero e di fare qualcosa contro le disposizioni della
regola. Se egli tenta di fare ciò, noi vi permettiamo di non acconsentire;
riuniti in una santa assemblea e con un accordo fraterno unanime, non permettete
in alcun modo che ciò succeda, poiché egli deve sapere che dovrà giustificarsi
davanti a Dio.
44. Se, dopo che si è provveduto alle spese ed al
bisogno dei fratelli, resta qualche cosa in oro, in vestiti o in provvigioni, il
santo abate lo farà distribuire ai poveri, agli stranieri o ai prigionieri per
mano dell'economo o tramite qualunque persona degna di fiducia.
45. Quando si ricevono degli abiti nuovi, si rendano i
vecchi all'abate, perché siano assegnati ai novizi od ai poveri.
46. Nessuno riceverà l'onore del sacerdozio o del
diaconato, ma, se l'abate vorrà far ordinare un presbitero, un diacono o un
suddiacono, potrà far ordinare chi vorrà e quando vorrà. Se, per grazia di Dio,
voi progredirete a tal punto che uno di voi sia richiesto come vescovo, sia da
solo a lasciare il monastero.
47. Coloro che sono minori o entrano nel monastero
mentre vivono i loro genitori, saranno costretti a fare le loro carte (di
donazione) nel momento in cui avranno raggiunto l'età matura o quando
disporranno dei beni dei loro genitori.
48. Non si prepareranno nel monastero dei pasti per
nessuno, né vescovi, né abati, né economi, né per religiosi o laici, parenti o
amici, originari di questa città (di Arles). Ma se, come succede spesso, un
abate o dei monaci stranieri di passaggio arrivano e vogliono visitare il
monastero, sarà in potere del santo abate invitarli a tavola, se lo desidera.
Poiché noi vogliamo che la vostra santa carità si applichi senza sosta alla
preghiera ed alla lettura e si dedichi solo a Dio; è perciò che noi prescriviamo
di liberarvi da questi preparativi o da queste agitazioni.
49. A tavola tutti tacciano; ogni giorno sarà fatta una
lettura mentre si prende il pasto, affinché, nello stesso tempo, l'uomo
esteriore si ristori col nutrimento e l'uomo interiore con la parola di Dio.
Poiché sta scritto: "Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce
dalla bocca di Dio" (Mt 4,4; cfr. Dt 8,3).
50. Il santo abate non deve prendere il pasto al di
fuori della comunità, a meno che non lo obblighi la malattia.
51. Non si mangerà mai carne. Non si servirà del pollo
né del volatile in comunità, ma sarà procurato solo per i malati che avranno il
diritto di riceverne. Sarà servito del pesce durante certe feste o quando il
santo abate vorrà accordare una benevolenza.
52. Al di fuori della tavola comune nessuno potrà
prendere del cibo o della bevanda, salvo i malati e coloro la cui età esige
ancora dei supplementi di cibo.
53. Occorre ottemperare (ai desideri) dei malati; se il
santo abate giudica giusto così, avranno anche loro una piccola dispensa in
comune ed una cucina separata; tutti dovranno prendersi cura di loro con
devozione, finché non si ristabiliscano.
54. Per grazia di Dio, vi sono state accordate delle
risorse degne e sufficienti, che possano bastare al vostro monastero. Così io vi
avverto e giuro davanti a Dio ed ai suoi angeli, tu, santo fratello abate, e tu,
venerabile priore, di fornire a sufficienza tutto ciò che è necessario in
vestiti e viveri alla santa comunità che, su ispirazione e ordine di Dio, vive
regolarmente seguendo le disposizioni che noi abbiamo preso. Se voi trascurate
ciò e se (i fratelli) cominciano a mormorare, pressati dalla necessità o per la
mancanza di qualche cosa, sappiate che voi dovrete giustificarvi di ciò in mia
presenza davanti al tribunale di Cristo.
55. E voi, santa comunità, io vi scongiuro, in nome del
vostro progresso (spirituale) e di Dio onnipotente, di conservare integralmente
ed irreprensibilmente ciò che noi abbiamo stabilito in questa regola come
rimedio per la nostra anima e per la salvezza delle vostre. E, affinché non
trascuriate qualcosa per dimenticanza, rileggete questa regola una volta ogni
trenta giorni, cioè alle calende del mese.
- Noi abbiamo ritenuto di
dover inserire in questo piccolo libro anche la regola secondo la quale dovete
salmodiare.
Il primo
giorno di Pasqua, all'ora
terza, si diranno
tre
Kyrie eleison
e dodici salmi: ovvero, quattro fratelli diranno
ciascuno due salmi e poi un terzo (salmo) alleluiatico
[2]. Detti i salmi, (si dica) il
Kyrie eleison,
sei salmi antifonali e tre letture: una dagli Atti degli Apostoli, l'altra
dall’Apocalisse ed una terza dal Vangelo; poi l’inno
Iam surgit hora tertia
[3]
ed il
versetto; poi il
Kyrie eleison.
Ugualmente, ad ogni ufficio divino dite tre volte il
Kyrie eleison:
prima di iniziare, dopo aver detto i salmi e dopo aver detto il versetto.
A sesta, lo
stesso numero di salmi, un salmo antifonale, l’inno
Iam sexta sensim volvitur,
una lettura
dal Vangelo ed il versetto.
A
nona si osservi lo stesso ordine, e come inno il
Ter hora trina volvitur.
Al lucernario
[4] un breve (salmo) senza antifona
[5], cioè
Regna terrae, cantate Deo, psallite Domino (Sal 67,33).
Il giorno dopo:
Laudate, pueri, Dominum (Sal 112,1);
tre salmi antifonali, l’inno
Hic est dies verus Dei,
ed il
versetto. Recitate questo inno per tutto il tempo di Pasqua al mattutino ed al
lucernario.
Alla
dodicesima ora, per primo il breve (salmo), senza antifona,
Sol cognovit occasum suum (Sal 103,19).
Sei fratelli reciteranno ognuno due salmi, ciascuno con i suoi (salmi)
alleluiatici, tre salmi antifonali, due letture: una dall’Apostolo ed un’altra
dal Vangelo.
Ai notturni
della settimana pasquale dite tutti (gli elementi dell'ufficio) secondo il
numero che abbiamo indicato per l’ora dodicesima.
Ai
mattutini, anzitutto il (salmo) senza antifona
Exaltabo te, Deus meus et Rex meus (Sal 144).
Poi:
Iudica me, Deus,
(Sal 42)
e
Deus, Deus meus, ad te de luce vigilo (Sal 62),
con l’alleluia.
Dopo, il
(salmo)
Confìtemini Domino
(Sal 117)
con
l’alleluia, poi
Cantemus Domino (Es 15),
alla stessa
maniera. Dopo,
Lauda, anima mea, Dominum (Sal 145),
Laudate Dominum, quia bonus est psalmus (Sal 146),
Lauda, Ierusalem, Domino (Sal 147),
tutti e tre
con l’alleluia. Poi si dirà la Benedizione (dei tre fanciulli) (Dn 3,57-88).
Dopo la Benedizione:
Laudate Dominum de coelis (Sal 148),
Cantate Domino canticum novum (Sal 149),
e
Laudate Dominum in sanctis eius (Sal 150),
con
l’alleluia. Il
Magnificat anima mea Dominum
(Lc 1,46-55)
o con
l’antifona o con l’alleluia; l’inno,
Gloria in excelsis Deo,
ed il
versetto. Celebrate i mattutini secondo questo ordine per tutta (la settimana
di) Pasqua. Allo stesso modo tutte le domeniche ed a tutte le feste principali
nelle quali sarete liberi dal lavoro.
Nei giorni
ordinari, ai notturni, si dirà anzitutto, senza antifona:
Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam (Sal 50),
e
poi diciotto
salmi. Tre brevi salmi antifonali, due letture dell’Apostolo o dei Profeti ed il
versetto.
Una volta terminati i notturni, dite i mattutini. In
estate, cioè dopo la Pasqua e fino alle calende di ottobre, si osserverà la
medesima disposizione. Il venerdì, dopo i notturni, in estate si diranno due
serie di letture, in inverno tre. Però la domenica, in ogni stagione, sia in
estate che in inverno, si facciano sei serie di letture dopo i notturni. Se
capitasse di alzarsi in ritardo per le vigilie, si leggerà soltanto ciò che
all’abate sarà sembrato opportuno. Quando (l'abate) avrà dato il segnale, il
lettore si alzerà senza indugio in modo che possa essere adempiuto il numero
canonico delle serie di letture.
A partire
dalle calende di ottobre si aggiungeranno altri notturni. Ai primi si dirà:
Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam (Sal 50);
ai secondi:
Miserere mei, Deus, miserere mei (Sal 56),
senza antifona; poi diciotto salmi; due letture dai Profeti o da Salomone.
L'inno ai primi notturni:
Rex aeterne Domine.
Ai secondi:
Magna et mirabilia.
Terminati i notturni, dato che le notti si allungano,
fate ogni giorno tre serie di letture seguendo il libro. Un fratello leggerà tre
o quattro pagine, secondo la dimensione del libro: se è scritto piccolo o se di
formato grande, tre pagine; se è (di formato) piccolo, quattro (pagine) e si
farà l’orazione; di nuovo, si leggerà altrettanto e si farà un’altra orazione.
Per la terza volta si leggerà altrettanto, ed allora alzatevi, dite un salmo
antifonale preso dall’ordine del salterio, poi un responsorio ed un salmo
antifonale. Un altro fratello legga a sua volta e, compiute le tre serie di
letture, recitate i (salmi) mattutini canonici. E cioè: anzitutto, il cantico
con l’antifona, poi, senza antifona: Iudica
me, Deus,
Deus Deus meus, ad te de luce vigilo (Sal 42).
Laudate Dominum, quoniam bonus est psalmus.
Lauda, Ierusalem, Dominum (Sal 145-147).
Poi,
Laudate Dominum de coelis.
Cantate Domino canticum novum (Sal 148-149).
Laudate Dominum in sanctis eius (Sal 150),
con
l’antifona. Dite l’inno:
Splendor paternae gloriae;
il giorno dopo,
Aeternae lucis conditor,
poi
il versetto
e
Kyrie eleison
dodici
volte. Così si farà (l'ufficio) in tutti i giorni ordinari.
Dopo i
mattutini, all'ora prima, si diranno dodici salmi, l’inno
Fulgentis Auctor aetheris,
due letture, l'una dall’Antico e l'altra dal Nuovo Testamento, ed il versetto.
Dopo ciò, tutti si dedicheranno alla lettura fino all’ora terza: nel resto del
giorno compiranno i loro lavori, secondo ciò che disse il Signore: «Il Padre mio
agisce anche ora e anch'io agisco» (Gv 5,17). Ed anche l’Apostolo: «Lavorando
con le nostre mani» (1 Cor 4,12). E ancora: «Chi non vuole lavorare neppure
mangi» (2 Ts 3,10). Poiché sta scritto: «La strada del pigro è come una siepe di
spine» (Pr 15,19). Ed ancora: «Il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre»
(Mt 25,30).
Nei giorni
ordinari, dunque, all'ora terza si diranno dodici salmi, un salmo antifonale,
l’inno
Iam surgit hora tertia,
una lettura ed il versetto
Fiat, Domine (Sal 32,22).
A
sesta, vi sia il medesimo numero di salmi, un salmo antifonale, l’inno
Iam sexta sensim volvitur,
una lettura ed il versetto.
A
nona, si dirà tutto nel medesimo ordine, ma con l’inno
Ter hora trina volvitur.
Al
lucernario, in ogni stagione, sia nei giorni festivi che in quelli feriali, si
dica anzitutto un (salmo) senza antifona, poi due salmi antifonali; il terzo
salmo antifonale sia detto sempre con l’alleluia. Come inno, un giorno
Deus qui certis legibus,
un altro giorno
Deus Creator omnium
[6],
ed il versetto.
All’ora dodicesima diciotto salmi, un salmo antifonale, l’inno, una lettura ed
il versetto.
Quando
andate a coricarvi, nel locale dove vi trovate si dirà compieta: per primo si
dirà il salmo novanta senza antifona, poi i consueti versetti.
Nel Natale
del Signore ed all’Epifania alzatevi all’ora terza, recitate un notturno ed (a
Natale) fate sei serie di letture dal profeta Isaia; poi dite un secondo
notturno e si leggano altre sei serie di letture dal Vangelo.
All’Epifania si faccia così: anzitutto un notturno, poi fate le sei serie di
letture dal profeta Daniele ed i notturni; e così anche sei serie dal Vangelo.
Poi i mattutini, nello stesso ordine che abbiamo esposto per la Pasqua o per le
domeniche. Nelle feste dei martiri si faranno tre o quattro serie di letture.
Leggete la prima serie dal Vangelo, le altre dalle passioni dei martiri. Ogni
venerdì, dopo (l'ufficio dell’ora) dodicesima si leggano sei serie di letture
seguendo il libro, e dopo i notturni tre. Ogni sabato, ai mattutini:
Cantemus Dominum (Es 15) e Te Deum Laudamus.
A
terza si leggano tre letture: una dai profeti, l'altra dall’Apostolo e la terza
dal Vangelo.
Tutte le
domeniche, dopo i notturni, quando si legge la prima serie di letture, cioè (un
racconto) della resurrezione, nessuno oserà stare seduto, ma tutti staranno in
piedi. La domenica seguente si leggerà un altro (racconto) della resurrezione, e
così si leggeranno nell'ordine tutti e quattro i racconti della resurrezione,
uno per ogni domenica. Dopo l'ora terza, poi, dite il Padre nostro, e tutti si
comunichino salmodiando. Fate allo stesso modo anche nei giorni festivi. Per
quanto riguarda la messa, essa avrà luogo quando il santo abate giudicherà
opportuno.
- Quando un fratello muore
Quando un (fratello) muore, alcuni fratelli lo
veglieranno nell'oratorio fino a mezzanotte e si faranno delle letture. Dopo
mezzanotte coloro che hanno vegliato si riposeranno ed altri veglieranno a loro
volta. Informate di ciò il santo vescovo, perché dia l'ordine di trasportarlo
nel luogo della sua sepoltura. Se il vescovo disdegna di farlo, domandate ai
chierici di una qualunque chiesa di condurre il corteo funebre ed elargite loro
dei doni.
- Noi abbiamo anche
inserito in questa regola l'ordinamento dei pasti.
Ogni giorno vi saranno tre
alimenti nel pasto unico (dei giorni di digiuno), (quando vi sono due pasti vi
saranno) due alimenti a pranzo e due a cena. Come bevanda: per il pasto unico,
in estate, del vino puro e tre coppe di bevanda calda; (quando vi sono due
pasti) a pranzo solo tre ed alla cena, in estate, durante il mese di giugno,
luglio e agosto, tre; per il resto del tempo si berranno due coppe ad ogni
pasto. Nelle feste, e quando l'abate vorrà accordare una benevolenza, si
aggiungeranno delle pietanze, nella misura in cui deciderà lui, e delle bevande
fresche
[7]. Tutti i giorni saranno
preparati dei legumi con formaggio e olio.
I più giovani
[8] riceveranno due (legumi) a
pranzo e due a cena; se si digiuna tre (al pasto unico). Quanto al digiuno,
dalle calende di settembre alle calende di ottobre si digiuna di lunedì, di
mercoledì e di venerdì. Dalle calende di novembre fino a Natale, si digiunerà
ogni giorno, salvo il sabato e la domenica: dall'Epifania a Pasqua si digiunerà
ogni giorno, salvo durante le feste maggiori, il sabato e la domenica. Dopo
Pasqua, fino a Pentecoste, si digiunerà soltanto il venerdì. Dopo Pentecoste,
nel mese di giugno, luglio e agosto, l'abate avrà il potere di decidere se si
digiuna o se si pranza e cercherà di regolare il digiuno secondo le possibilità
dei fratelli.
Io, Aureliano, peccatore, ho istituito questa regola nel nome di Cristo.
[1] Il Deuteronomio prescrive le punizioni corporali per alcune colpe, ma pone il limite di quaranta battiture, affinché la punizione non sia troppo grave. San Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi, dice di "aver ricevuto cinque volte dai Giudei quaranta colpi meno uno", per evitare di superare il limite posto dalla Legge.
[2] Sono detti così
quei salmi che iniziano con "Alleluia", che in ebraico significa
"Lodate il Signore". Nella numerazione della "Vulgata" sono i
salmi: 104-106; 110-117; 134-135; 145-150.
[3] Inno ambrosiano.
[4] Si indicava così
l'ufficio dei Vespri che veniva recitato al calar del sole, poiché a
quest'ora venivano accese le lampade ("lucernae").
[5] In latino "directaneus".
[6] Inno ambrosiano.
[7] In latino "recentes"
può significare sia l'acqua fresca che il vino novello:
[8] In latino si
trova sia "iuniores", sia "biberes" in altri manoscritti.
Ho preferito prendere in considerazione il primo termine.
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27 giugno 2018 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net