REGOLA DEL MAESTRO
CAPITOLO IX.
Domanda dei discepoli:
IN CHE MODO I FRATELLI CHE SONO TENUTI AL SILENZIO RIVOLGERANNO DOMANDE
ALL'ABATE.
Il Signore ha risposto per mezzo del Maestro:
1 Poiché il freno del silenzio obbliga i discepoli a
trattenersi da ogni parola, cattiva o buona, e dato che la presenza del maestro
sorveglia con vigilanza le vie di accesso alla facoltà di parlare, 2
se si presenteranno loro delle domande da porre per qualche necessità urgente,
3 conserveranno la bocca chiusa e vi imprimeranno in silenzio il
sigillo della gravità: resteranno in piedi dinanzi al superiore, con la testa
umilmente inclinata, ed apriranno con la chiave del
Benedicite la loro bocca chiusa e
silenziosa. 4 Se al primo Benedicite che si dice per chiedere la parola, il maestro non
risponde accordandone il permesso, 5 si rinnoverà l'umile inchino del
capo e ci si accontenterà di ripetere nuovamente
Benedicite per sollecitare una seconda
volta l'autorizzazione dell'abate. 6 Se questa volta ancora non
risponde, il discepolo si inchinerà umilmente come prima e soltanto allora il
fratello si allontanerà, 7 per non sembrare all'abate troppo
insistente o importuno. 8 Tornando al suo lavoro e continuando a
svolgere il suo ruolo in silenzio 9 penserà, nella sua silenziosa
umiltà, che l'abate l’abbia giudicato indegno di parlare. 10 Oppure,
penserà ancora il discepolo, se per lui non si è aperta la chiusura del silenzio
è stato proprio per verificare se in lui ci fosse umiltà.
11 Se abbiamo detto di ripetere una seconda volta solo il
Benedicite, è perché, con solo questa
e nessun’altra parola, il silenzio si conservi a lungo intatto; 12
d'altra parte, grazie alla ripetizione seguita dall’allontanamento del fratello
nel caso in cui l'abate rifiuti, l'umiltà è messa alla prova e si verifica che è
conservata. 13 Se, del resto, il discepolo rinnova al maestro la sua
domanda 14 non è soltanto perché il maestro possa prolungare il suo
silenzio, come prova spirituale per verificare l'umiltà del discepolo, 15
è anche per evitare che avendo lo spirito assorbito da preoccupazioni corporali
e lo sguardo distratto da altre preoccupazioni, egli faccia l'orecchio sordo e
trascuri la voce del discepolo che lo supplica. 16 Occorre evitare
che, come conseguenza ad un'eccessiva ed importuna umiltà del discepolo, il
maestro sia indotto a cedere al vizio dell’ira, 17 e l'umiltà
dell'importuno sia incolpata di provocare una discussione.
18 Ecco dunque perché abbiamo detto che, dopo la seconda
richiesta tramite il Benedicite, non
occorresse più ripeterla una terza volta, se il superiore avesse rifiutato di
rispondere, 19 ma che il discepolo dovesse immediatamente andarsene e
completare in silenzio il lavoro che stava facendo.
20 Questa interrogazione tramite il
Benedicite, che si concede a mala pena a scapito del silenzio, i
discepoli la esporranno chinando umilmente il capo. 21 Vale a dire
che ovunque e ad ogni ora, cioè nel monastero, nel campo, per strada, nell’orto
ed in qualsiasi luogo, 22 al nostro spirito non deve mai mancare la
memoria di Dio, per il quale si fa tutto ciò. 23 Se dunque per caso
qualcuno non informato interroga questo fratello dicendo: “Perché sei silenzioso
e triste e cammini con lo sguardo abbassato? „ 24 gli risponderà: “È
perché fuggo il peccato e temo Dio, ed è per difendermi da tutto ciò che Dio
detesta che sono sempre vigile„. 25 A tavola, tuttavia, quando ci si
siede, se si vuole segnalare all'abate che si ha una domanda da porre, 26
prima di dire Benedicite, il discepolo
batterà con il suo coltello, il suo cucchiaio od il suo pane per segnalare che
chiede al maestro il permesso di parlare.
27 Tutto ciò è necessario all’anima in nome di Dio e, se
abbiamo deciso che si dovesse osservarlo mantenendo una così rigorosa chiusura
di silenzio, 28 è affinché non ci si lasci fuorviare troppo
facilmente dalla dimenticanza ed affinché la propria lingua non sia precipitosa
nel parlare. 29 Del resto, conservando il silenzio a bocca chiusa, si
mediti lungamente e si purifichi nel proprio cuore ciò che si dirà, affinché la
bocca possa emettere una parola pura e senza peccato. 30 L'apostolo
dice infatti: «Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto
parole buone che possano servire per un’opportuna edificazione» (Ef 4,29)
31 e la Scrittura dice ancora: «Il saggio si riconosce dalle sue poche
parole» (Sextus, Enchiridion (Sesto, Sentenze) 145). 32 E se dobbiamo essere nel timore e
conservarci delle chiacchiere ad ogni istante, 33 è soprattutto
perché è impossibile che, tra le molte parole, non ne sfuggano alquante cariche
di peccato, 34 secondo la parola della Scrittura: «Nel molto parlare
non manca la colpa» (Pr 10,19) 35 Anche il profeta ce ne dà
l'esempio, mostrando di essere preoccupato di ciò e di dover tacere tanto dei
discorsi cattivi che da quelli buoni, 36 quando dice: “«Ho detto:
«Vigilerò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; metterò il morso
alla mia bocca». Ammutolito, ho taciuto anche le cose buone» (Sal 39 (38),2-3:
Volg.) 37 Vale a dire, si mostra al discepolo perfetto che deve
rinunciare ad ogni parola, cattiva o buona, 38 poiché, sebbene
occorra pronunciare parole buone, non è ai discepoli, ma al maestro che spetta
di insegnare. 39 Del resto, come dice la Scrittura, «morte e vita
sono in potere della lingua» (Pr 18,21). 40 Conviene dunque a ragione
tenerla molto a freno con diligenza.
41 Questa custodia così rigorosa del silenzio, è
giustamente da prescrivere ai perfetti, ai puri di cuore, a coloro che sono
purificati dal peccato, che temono il fuoco perpetuo della gehenna e cercano le
ricchezze immortali della vita eterna. 42 E così, in presenza
dell'abate, i discepoli non parleranno, a meno di essere interrogati. 43
In mancanza dell'abate, se si tratta della parola di Dio ne potranno parlare tra
di loro, pacatamente ed umilmente, a bassa voce, poiché ogni parola pacata viene
dall'umiltà. 44 Se, al contrario, i discepoli si mettono a parlare di
argomenti vani, profani, o di qualsiasi altra cosa che non riguardi Dio,
immediatamente i loro prepositi imporranno loro il silenzio. 45
Quanto ai Salmi ed alle Scritture, oltre alle tre ore quotidiane dove la lettura
senza lavorare è di regola, i fratelli avranno il permesso di ripetersele a
memoria durante il lavoro.
46 Questa disciplina così rigorosa del silenzio, in
presenza dell'abate, l’abbiamo prescritta prima per quelli che sono perfetti
dinanzi a Dio, 47 quelli che non si lasciano mai sorprendere dalla
dimenticanza di Dio, ma cercano con scrupolo di difendersi dai vizi della bocca,
essendo interamente puri come angeli, e cercano di non dire una sola parola,
buona o cattiva, a causa del Signore. 48 Ma poiché la grazia,
accordata in modo diverso «secondo la misura di fede», (Rm 12,3) potrà fare
difetto soprattutto ai negligenti, facciamo questa concessione ai tiepidi ed
agli imperfetti, a quelli meno vigili: 49 se vogliono informarsi di
questioni secolari, ovviamente solo senza peccato, di questioni che non
riguardano l’edificazione spirituale, non si permetterà di parlarne senza avere
chiesto la benedizione ed avere ottenuto l'autorizzazione. 50 Se
invece vogliono porre una questione di carattere spirituale, dopo aver chiesto
la benedizione, il discepolo dovrà subito dopo parlare. 81 Escludiamo
poi sempre e dovunque la trivialità, le frivolezze e le buffonerie e non
permettiamo assolutamente che il discepolo apra la bocca per discorsi di questo
genere. Quanto alle trivialità, alle chiacchiere ed alle parole che portano a
ridere, le condanniamo alla reclusione perpetua, e non permettiamo al discepolo
di aprire la bocca a tale linguaggio.
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28 gennaio 2017
a cura di Alberto "da Cormano"
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