REGOLA DEL MAESTRO
CAPITOLO VII.
Domanda dei
discepoli:
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI: COME DEVE ESSERE.
Il Signore ha
risposto per mezzo del Maestro:
1 Il primo grado dell’umiltà è l'obbedienza senza indugio. 2 Ma
questa forma conviene al piccolo numero dei perfetti; a quelli cioè che,
ritenendo di non avere nulla più di caro di Cristo, 8 a motivo del
servizio santo a cui si sono consacrati, o a causa del timore dell’inferno e
delle ricchezze della vita eterna, 4 non appena intendono un comando
di un superiore non possano sopportare nessun indugio nell'eseguirlo. 5
E’ di loro che il Signore dice: “All’udirmi, subito mi obbedivano „ (Sal 18
(17),45) 6 e dice ancora ai dottori: “Chi ascolta voi, ascolta me„
(Lc 10,16). 7 Quindi questi monaci, che si distaccano subito dalle
loro preferenze e rinunciano alla propria volontà, si liberano all'istante dalle
loro occupazioni, lasciandole a mezzo, e si precipitano ad obbedire, in modo che
alla parola del superiore seguano immediatamente i fatti. Quasi allo stesso
istante, il comando del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo si
compiono di comune accordo con quella velocità che è frutto del timor di Dio.
10 Ma questa forma d'obbedienza del piccolo numero dei perfetti non deve
troppo stupire e scoraggiare gli spiriti deboli e pigri, ma incitarli piuttosto
all'imitazione. 11 Considerando infatti che si trovano fra di noi
diversi vasi fragili, poiché una natura meno generosa ha destinato in diversi
individui molta pigrizia. 12 Infatti, ve ne sono alcuni il cui udito
è indebolito da una insensibilità che li assorda, se ne vedono anche altri il
cui animo si smarrisce nella foresta dei loro pensieri che si diffondono
improvvisamente. 13 Per questo motivo ammorbidiamo e mitighiamo il
rigore dell'obbedienza da parte dei responsabili affinché, ripetendo il suo
ordine ai discepoli, al maestro non rincrescerà di dovere anche ripetere un suo
ordine, 14 secondo questa testimonianza del Signore che, chiamando
Abramo, ripeté il suo nome una seconda volta e disse: «Abramo, Abramo!» (Gn
22,11) 18 Questa ripetizione ci fa dunque vedere che il Signore ha
mostrato che una sola chiamata non può bastare per essere ascoltato.
16 Infatti, nelle stesse interrogazioni la voce ripetuta del maestro sollecita
i discepoli una seconda volta. Questa seconda interrogazione è proprio per
assecondare a ragione quelli che non hanno risposto, 17 di modo che il
primo silenzio che il discepolo mantiene non sia imputato come una colpa, ma
come un segno di rispetto riservato al maestro. 18 Si presume che sia
questo rispetto a trattenere il discepolo virtuoso dal rompere il silenzio che
conserva, 19 perché non vuole lasciare che la sua lingua si muova
precipitosamente non appena tu lo interroghi, precedendoti con le sue risposte.
20 Senza dubbio nei comandi l'ordine del maestro viene ripetuto perché, per
quanto lenti e negligenti siano gli ascoltatori, quando ciò che è stato detto
una volta è ripetuto loro una seconda, sia cosa del tutto giusta che
l’attuazione dell'obbedienza venga a interrompere il secondo indugio. 21
Se poi nei discepoli vi sarà un terzo indugio ad obbedire, — Dio non voglia che
succeda ciò! — sia considerato come colpa con l'imputazione di contumacia.
22 Tuttavia, occorre anche qui sviluppare il tema delle due vie, poiché capita
a proposito ed in modo adatto: cioè la via larga che conduce alla perdizione e
la via stretta che conduce alla vita. 23 Su queste due vie procede
l'obbedienza delle diverse persone: 24 sulla via larga, l’obbedienza
dei secolari e dei monaci sarabaiti e girovaghi 25 che, vivendo soli,
a due o a tre senza superiore, su di un piano di uguaglianza e procedendo a modo
loro, 26 alternandosi al comando per imporre l’uno all’altro ciò che
sembra loro bene, e rivendicando la proprietà di ciò che vogliono: 27
e poiché nessuno vuole cedere sui suoi punti di vista, non mancano mai le liti
tra di loro. 28 Poi, dopo un appassionato litigio, essendo gente
riunita in malo modo si separano e 29 se ne vanno come un gregge
errante senza pastore, disperso in diverse direzioni, irrimediabilmente
destinato a cadere nelle fauci del lupo. 30 Non è Dio che procura
ancora loro delle nuove celle, ma la loro volontà e, poiché si conferiscono da
soli, in base alla loro sola autorità, il nome di abate, si vedono monasteri in
più grande numero dei monaci!
31 Si vede bene che costoro vanno nella via larga poiché, sotto il nome di
monaci, vivono nello stesso modo dei laici, da cui li separa soltanto la tonsura
che portano, e prestano obbedienza ai loro desideri piuttosto che a Dio. 32
Secondo il loro giudizio, pensano che sia loro permesso ciò che è male: 33
tutto ciò che vogliono lo chiamano santo e tutto ciò che non vogliono pensano
che non sia permesso. 34 Si immaginano che Dio gradisca che si
occupino loro stessi del loro corpo, provvedendo alle sue necessità piuttosto
che a quelle dell’anima: 35 e cioè cibo, abito, scarpe, di cui
pensano di potersene meglio occupare essi stessi di quanto non lo farebbe un
altro. 36 Nella loro negligenza si sentono sicuri di quanto la loro
anima dovrà rendere conto, così come, militando sotto il loro giudizio e senza
essere provati da superiori, si immaginano di compiere nella loro cella tutta la
legge e la giustizia di Dio. 37 Se per caso alcuni anziani vengono a
passare da lì, danno loro alcuni consigli per correggersi e insegnano loro che
questo modo di vivere solitario non vale nulla, immediatamente il consiglio è
considerato sgradito, così come la persona stessa del precettore; 38 e
subito, anziché promettere di correggersi dandogli il loro consenso ed
obbedendo a lui, rispondono soltanto che devono vivere da soli. 39
Essi ignorano ciò che ha detto il profeta: «Si sono corrotti e si sono resi
abominevoli seguendo le loro volontà» (Sal 13,1 Vulg.), 40 e questo
testo di Salomone che dice: «C’è una via che sembra diritta per l’uomo, ma alla
fine conduce su sentieri di morte» (Pr 14,12)
41 Questi tali camminano nella via larga poiché, dove li conduce il piede del
loro desiderio, immediatamente lo seguono con il loro consenso: 42
tutto ciò a cui ambisce la loro cupidigia, l'azione è subito prontissima al servizio
della medesima. 43 Aprendosi dei nuovi sentieri per la loro opportunità ed
il loro libero arbitro senza maestro, dilettano la via della loro vita con
diversi ed illeciti piaceri 44 e, dovunque portino le loro attrazioni,
si permettono di andarvi senza freni e con comodità. 45 Non vogliono
mai capire che «per la creatura
umana, la morte è messa alla soglia del piacere». 46 Quanto a ciò che
è stato detto per loro: «Non seguire le tuo cupidigie e ditogliti dalle tue
volontà» (Sir 18,30), passano oltre con l'orecchio sordo.
47 Ma, al contrario, coloro che sono spinti dal desiderio di andare alla vita
eterna, per questo motivo intraprendono la via stretta: 48 non
vivendo a modo loro e non obbedendo ai loro desideri ed ai loro piaceri, ma
camminando al giudizio ed al comando di un altro, 49 non soltanto si
trattengono da questi sopraddetti desideri e piaceri e rifiutano di agire a modo
loro, quando possono, 50 ma si sottopongono all'ordine altrui e,
rimanendo nei cenobi, desiderano avere un abate come superiore. 51
Questi tali, certamente, imitano la massima del Signore che dice: «Non sono
venuto a fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha inviato» (Gv 6,38).
52 Non agendo a modo loro, rinunciando ad essi stessi per Cristo,
seguono Dio ovunque li conduce l'ordine dell'abate.
53 Grazie all’attenzione dell’abate nei loro confronti, non soltanto non
devono preoccuparsi delle loro necessità temporali, cioè del cibo, dell'abito e
delle calzature, ma non devono neppure preoccuparsi del futuro rendiconto della
loro anima. 64 Basta che prestino obbedienza in tutto al loro
precettore, per essere al sicuro riguardo a tutti i loro altri interessi, sia
del corpo che dell’anima, 85 poiché, sia in bene, sia in male, è al
pastore che incombe la responsabilità di ciò che si attua nelle pecore; 86
ed al momento del giudizio è colui che ha dato gli ordini che dovrà fornire una
spiegazione, non colui che ha eseguito questi ordini, buoni o cattivi che
fossero.
87 Si ritiene vero che costoro camminino nella via stretta, poiché i loro
desideri non trovano compimento in se stessi; non fanno ciò che vogliono 68
ma, sotto il giogo del giudizio altrui, si rifiutano di andare dove vorrebbero
per seguire il loro piacere ed il maestro nega loro di fare o compiere ciò che
vogliono. 59 La loro volontà subisce amarezze ogni giorno nel
monastero, a causa del Signore, e tutto ciò che viene loro comandato per metterli
alla prova, lo sopportano con pazienza, come dei martiri. 60
Certamente nel monastero diranno ciò al Signore, assieme al profeta: «Per te
ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello (Sal 44 (43),23)
» 61 e più tardi, al giudizio, diranno ancora al Signore: «O Dio, tu
ci hai messi alla prova; ci hai purificati come si purifica l’argento.62
Ci hai fatto cadere in un agguato, hai stretto i nostri fianchi in una morsa.
68 Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre teste» (Sal 66 (65),
10-12). 64 Poiché diranno: «Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre
teste», si capisce che devono avere sopra di loro un superiore stabilito per
rappresentare Dio e che loro temono nel monastero. 65 E proseguendo
questo testo, diranno ancora al Signore, molto a proposito, quando saranno già
nel secolo futuro: «Siamo passati per il fuoco e per l'acqua, e ci hai fatto
entrare nel riposo», (Sal 66 (65), 12: Vulg.)
66 in altri termini: «Siamo passati attraverso le amarezze
imposte alle nostre volontà e, servendo nell'obbedienza, siamo giunti al riposo
offerto dalla tua bontà».
67 Ma questa obbedienza sarà accetta a Dio e gradevole agli uomini, se il
comando ricevuto verrà eseguito senza tiepidezza o lentezza e tantomeno con
mormorazioni o proteste. 68 Perché l'obbedienza che si presta agli
uomini è resa a Dio. Come dice il Signore ai dottori: «Chi ascolta voi, ascolta
me». (Lc 10,16) 69 E dice altrove: «All’udirmi, subito mi obbedivano»
(Sal 18 (17),45). 70 Dunque, i discepoli devono prestare obbedienza
con slancio e generosità, poiché «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7).
71 Infatti il discepolo obbedisce malvolentieri, non tanto se si lamenta
con noi a parole ma anche solo se si lamenta nel suo cuore con Dio di ciò che fa di malanimo.
72 E nonostante egli adempia ciò che gli è stato comandato, non
compie un atto gradito a Dio, il quale scorge 1a mormorazione nell'intimo della
sua coscienza. 73 E nonostante egli faccia ciò che gli viene
ordinato, tuttavia, siccome lo fa controvoglia, 74 il Signore non gli
concederà alcuna ricompensa per la sua azione perché Dio, che subito esplora il
suo cuore, avrà trovato in lui una disposizione triste nel compiere questa
azione.
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
10 gennaio 2017
a cura di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net