REGOLA DEL MAESTRO

Estratto dal libro "Regola del Maestro" a cura di Marcellina Bozzi O.S.B. - Paideia Editrice 1995

 

Domanda dei discepoli

LXXIV

IL LIBERO ARBITRIO DEI FRATELLI DEVE ESSERE TENUTO A FRENO.

[cf. RB 49,8-10]

Il Signore ha risposto per bocca del Maestro:

1 II fratello che si sia proposto di fare un digiuno o di prolungarlo per l’intera giornata o di praticare un’astinenza al di sopra delle misure regolamentari, 2 e che senza ordine dell’abate voglia fare qualcosa ad arbitrio della sua volontà, 3 non ne abbia, anzi, il permesso, perché anche attraverso il bene si insinua in lui il demonio, per indurre il fratello a fare la volontà propria, 4 mentre in monastero non è lecito a un fratello di fare quel che vuole, seguendo la sua volontà.

 

LXXV

IL RIPOSO DOMENICALE. [RB 48,22-25]

1 D’estate, al sabato, a partire dall’ora nona, dopo il pasto non facciano lettura. 2 D’inverno, a partire dall’ora nona, il sabato, non lavorino, come invece fu stabilito più sopra. 3 Anche nella domenica seguente, si astengano da qualsiasi lavoro, 4 e così pure dallo studio, al quale è consuetudine quotidiana di dedicarsi per tre ore al giorno in ambedue le stagioni, invernale ed estiva. 5 Invece dopo la messa alla chiesa, ciascuno di sua volontà legga quel che desideri o gli piaccia, a sua scelta; 6 oppure abbiano piena licenza di dormire, 7 in modo che tutti si rallegrino di avere la domenica riservata al riposo.

 

Domanda dei discepoli:

LXXVI

COME DEVONO ESSERE RICEVUTE IN MONASTERO LE EULOGIE

INVIATE DA UN SACERDOTE, [cf. RB 54]

Il Signore ha risposti per bocca del Maestro:

1 Quando arrivano al monastero eulogie da parte di un vescovo o di sacerdoti di rango minore, 2 subito l’abate baci l’eulogia mandata in dono, e alzandosi con tutti i presenti 3 facciano orazione e dicano questo versetto: «Riceviamo, o Signore, le tue misericordie in mezzo al tuo tempio» (Sal. 47,10) col Gloria. 4 Poi faccia la conclusione e segga.

 

LXXVII

LA BENEDIZIONE E IL SEGNO DI CROCE DEI SACERDOTI.

1 Quando dei sacerdoti sono trattenuti in monastero per il pasto, siano essi a tracciare il segno di croce su ogni cibo e sulle razioni di temperato e, alla loro tavola, sui calici di vino puro che si servono all’inizio; i e diano essi la benedizione, in risposta a chi la chiede. 3 Ma quando questi sacerdoti chiedono ad altri la benedizione nell’atto di mangiare o di bere, non è lecito che sia loro risposto da persone ad essi inferiori, 4 perché ciò che quelli danno in quanto consacrati, non possono riceverlo da chi non è consacrato.

5 Quanto ai chierici, se intervengono alla mensa dei servi di Dio, sia riservata anche ad essi la facoltà di tracciare i segni di croce. 6 Parimenti sia riservato ad essi di fare la conclusione alla fine di un’orazione.

 

LXXVIII

NON SI DEVE MANTENERE PER PIÙ DI DUE GIORNI CHI ARRIVA,

SIA FRATELLO O SIA LAICO, SENZA CHE LAVORI.

1 Quando un fratello arriva al monastero in qualità di ospite, 2 per l’onore dovuto all’ospite e considerata la stanchezza del viaggio, anche se vuol starsene ozioso, segga per due giorni alla mensa dei fratelli, all’ora consueta e in comune con essi. 3 Al terzo giorno però, dopo la recita di Prima, mentre l’abate esce dall’oratorio, gli ebdomadari e il cellerario trattengano dentro l’ospite, nell’oratorio, 4 e gli dicano: «Abbi la compiacenza di fare insieme ai fratelli qualsiasi lavoro ordinerà l’abate, o nell’orto o in un mestiere. 5 Se tale compiacenza non hai, vattene, perché nello spazio di due giorni la Regola ha portato a termine l’ospitalità che vi è dovuta». 6 E se acconsente a lavorare, subito gli sia assegnato un lavoro insieme ai fratelli. 7 Ma se rifiuta di eseguirlo, se ne vada 8 e il suo letto sia immediatamente disfatto, 9 finché non arrivi un altro forestiero, per il quale sarà rifatto di fresco; se mai sopraggiunga qualcuno che sia un vero spirituale.

10 Se dunque non vuol lavorare, gli sia detto dagli ebdomadari e dal cellerario di andarsene, 11 affinché i fratelli che faticano per il loro monastero, non siano indotti con ragione a prendere in uggia l’ospitalità offerta a dei «mangia a ufo» e a dei pigri, 12 e dandosi a mormorazioni e a critiche, si mettano a detestare siffatti viandanti, 13 che nella loro miserabile indolenza, non stando mai fermi in nessun luogo, divorano senza far niente il pane ben meritato di chi lavora, girando per i monasteri sotto pii pretesti. 14 Essi né si inseriscono manifestamente come membri in un monastero, perseverandovi, né si qualificano apertamente come inabili al lavoro, mendicando. 15 D’altra parte fare elemosina a gente di tal specie per più di due giorni, come abbiamo detto più sopra, è un danno per chi la dà, mentre sarebbe un guadagno, in vista della ricompensa celeste, per chi la offrisse a un povero che mendica in una manifesta inabilità. 16 Questi tali dunque, quando dopo due giorni si rifiutano di lavorare, secondo giustizia devono rendersi conto 17 che l’essere stati ricevuti e nutriti in considerazione della fatica del lungo viaggio, e per due giorni, pur restando essi in ozio, fu conforme al precetto dell’apostolo: «Siate solleciti di dare ospitalità» (Rom. 12,13), 18 ma anche l’essere costretti a fare un lavoro coi fratelli è egualmente conforme a un precetto dello stesso apostolo che dice: 19 «Voi stessi ben sapete in qual modo dovete imitarci, poiché non siamo vissuti in mezzo a voi quali irrequieti perdigiorno, 20 né abbiamo mangiato gratis il vostro pane ricevendolo da alcuno, ma con fatica e sforzo abbiamo lavorato notte e giorno, per non essere di peso a nessuno di voi. 21 E non perché non ne avessimo il diritto, ma per darvi in noi stessi un modello da imitare. 22 Infatti mentre eravamo fra voi, vi davamo questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. 23 Siamo venuti invece a sapere che fra di voi ci sono alcuni i quali vivono sempre in agitazione senza far nulla, ma impicciandosi di tutto. 24 Noi interdiciamo a questi tali di agire così e li esortiamo nel Signore Gesù Cristo a volersi guadagnare il pane lavorando in pace» (2 Tess. 3,7-12).

25 Al contrario, gli ospiti che sono dei veri spirituali, anche se il giorno stesso dell’arrivo non sono in grado di faticare sul lavoro per la fatica già estenuante del viaggio, 26 il giorno dopo tuttavia si sobbarcano da sé spontaneamente a quel che vedono fare dai fratelli, 27 per non essere giudicati da chi lavora non solo degli oziosi, ma addirittura dei miserabili.


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10 gennaio 2017      a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net