REGOLA DEL MAESTRO
Domanda dei discepoli:
LIII
l’astinenza di cibi e
bevanda in quaresima.
[RB
49]
Il Signore ha risposto per bocca del Maestro:
1
Una sola pietanza cotta basti per tutti, e per secondo piatto qualcosa di crudo,
come che sia, con frutta; due fette di pane d’orzo,
2
Dal giorno stesso che dà inizio alla quarantena fino alla Trigesima, a causa
della fatica del lavoro, i fratelli abbiano due bevute al giorno, non di più,
cioè una di vino puro e una di temperato caldo. 3 Dalla Trigesima
fino alla Vigesima abbiano il solo calice di vino puro. 4 Dalla
Vigesima fino a Pasqua sia tolto a tutti il vino tranne ai malati, ai ragazzi
sotto i dodici anni e a quelli che sono ormai stremati di vecchiezza. 5
Ma a proposito dei malati l’abate stia attento che qualcuno non menta e faccia
il finto malato. 6 Ai sani poi e agli astinenti volontari si dia una
miscela di acqua calda con sale e aggiuntovi del cumino e semi di sedano. 7
L’olio non sia messo nelle pentole, ma nei piatti di portata, a motivo degli
astinenti. 8 Questi astinenti restino alle tavole delle loro decadi,
ma quanti ce ne saranno del loro gruppo siano fatti sedere in ciascuna tavola
l’uno accanto all’altro, secondo che disporrà il preposito, in modo che gli
astinenti della medesima tavola mangino da un unico tegame. 9 Abbiamo
detto che gli astinenti siedano alle tavole con gli altri fratelli, perché gli
ingordi arrossiscano di non sapere, con una comune natura, frenare alla pari di
loro i desideri della gola, io e di non esser capaci di meritare con gli
astinenti la divina grazia, nello scegliere il bene.
11
Infatti nel giorno stesso che dà inizio alla quarantena, quando fanno la
Comunione al termine del primo digiuno, prima che si comunichino, sia dato
dall’abate nell’oratorio un permesso così concepito. 12 L’abate cioè
dica a tutti: «Fratelli, se qualcuno vuol lavorare spiritualmente a vantaggio
della propria anima e fare astinenza da qualcosa, gli concediamo ai fini di
questa buona opera libertà di volere. 13 Chi invece non vuole,
accetterà ciò che è stabilito dalla regola in questo capitolo e si accontenterà
del regime quaresimale». 14 Allora quanti tra i fratelli vorranno
fare qualche speciale astinenza, qui nell’oratorio stesso, vadano a umiliarsi
alle ginocchia dell’abate ringraziandolo per aver loro concesso di fare una
buona azione di propria scelta. 15 E dopo questa attestazione di
umiltà, ciascuno manifesti subito e di sua bocca all’abate ciò da cui vuole
astenersi.
16
Abbiamo detto che gli astinenti risultino tali pubblicamente nell’oratorio,
perché quando a tavola rinunciano a quel tale alimento, per privare il corpo di
cibo in Quaresima, 17 non si lascino poi persuadere da fratelli
tepidi e golosi - dato che nessuno si rassegna a vedere un altro migliore di sé
- a prenderne lo stesso abusivamente e a mangiarne con loro. 18
Questi tali abbiano dunque l’oratorio a testimone che sono stati eletti fra
tutti davanti a Dio, e qualificati da allora come astinenti. 19 È
giusto in verità che col Cristo a Pasqua si rallegrino della resurrezione del
Signore coloro che hanno crocifisso con lui il proprio corpo mediante
l’astinenza in Quaresima, 20 conforme a ciò che dice la Scrittura
della tristezza: «Chi semina nelle lacrime, miete nel gaudio»
(Sal.
125,5) 21 e «Fatti soffrire nel poco, si troveranno bene nel molto»
(Sap.
3,5). 22 La Quaresima infatti è figura di questo breve tempo
presente. La Pasqua invece indica per i buoni l’eterna letizia della vita
futura, 23 in quanto ciò di cui ci si astiene per quaranta giorni, è
lecito poi mangiarlo per tutto l’anno. 24 Così pure, se uno nella
presente vita di questo mondo ha sottratto qualcosa ai suoi appetiti e alla
carne, è lecito alla sua anima nell’altro impinguarsi abbondantemente delle ben
più preziose delizie divine, in eterno. 25 Perché ha voluto in questo
tempo breve rattristarsi per il Signore, meriterà pure di rallegrarsi con lui in
quello futuro.
26
II giorno della Cena del Signore si radano la testa, si lavino e prendano tutto
ciò di cui facevano astinenza, tranne le carni sanguigne degli animali da terra;
27 quanto poi a mangiare le carni di uccelli o di animali da terra
pennuti e quadrupedi, l’abate dichiari ai fratelli che volerne mangiare è bene,
ma li ammonisca che astenersene è meglio. 28 Ognuno allora, secondo
«la grazia che in proporzione della sua fede» (Rom.
12,3;
Ef.
4,7) ha meritato da parte di Dio di trovare nella propria anima, scelga se debba
mangiare o meglio fare astinenza. 29 II giorno della Cena del Signore
dunque, dopo questa dichiarazione, i fratelli siano interrogati e si manifestino
di lor bocca su tutto ciò che vogliono e che non vogliono. 30
Ciascuno sia lasciato alla libertà della propria scelta, dato il carattere
festivo di tali giorni, e se così piace all’abate, egli stabilisca per essi un
regime alimentare di questo tenore: 31 da Pasqua fino a Pentecoste e
dal Natale del Signore fino all’Epifania sia data licenza di mangiare o no la
carne a proprio arbitrio. 32 Inoltre quei fratelli che intendono
mangiare la carne siedano alle loro tavole l’uno accanto all’altro, ma sempre
nelle proprie decadi, e si servano loro a parte le pietanze cotte di carne, in
piatti distinti, 33 perché non ne risulti inquinata la mondezza degli
astinenti e i mangiatori abbiano a riconoscere quanta distanza ci sia,
reciprocamente, tra coloro che sono schiavi dei propri desideri e coloro che
comandano al ventre.
34
I digiuni della Quaresima siano protratti fino alla sera, vale a dire si mangi
dopo il Lucernario per tutti questi 40 giorni, poiché si digiuna
anche il giovedì, eccezione fatta solo per le domeniche. 3j In queste
domeniche alla sera non abbiano affatto cena, in modo che in tali giorni il
pasto sia uno solo nella giornata. 36 In Quaresima poi i fratelli
della casa non rompano il digiuno per un forestiero che arrivi, 37 ma
soltanto al sopraggiunto, se si verrà a sapere che è in giro per un lungo
viaggio, sia permesso di infrangere l’ora del digiuno.
38
I fratelli poi che vorranno passare una giornata intera a digiuno, in questo
giorno di digiuno assoluto non siano reclamati al lavoro con gli altri. 39
Si limitino a fare la lettura ai fratelli, mentre questi lavorano, per non
restare in ozio, e si cibino della parola di Dio in sostituzione del pane.
40 Devono infatti lavorare almeno con la mente, leggendo, perché, come sta
scritto: «Chi non lavora, non mangi» (2
Tess.
3,10), così è giusto che chi non mangia, non lavori; 41 fatta
astrazione di quel pasto nel quale ci si nutre senza pane, cioè quando parla
Iddio, conforme al detto della Scrittura: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di
ogni parola di Dio» (Lc. 4,4).
42
In questi 40 giorni inoltre nel monastero i settimanari non lavino i
piedi ai fratelli, ma soltanto tolgano loro le scarpe. 43 Li lavino
invece a qualsiasi forestiero possa arrivare, in base alla testimonianza della
donna che lavò i piedi al Salvatore, mentre cenava, e glieli sparse d’unguento
versato da un vasetto d’alabastro (Lc. 7,37-38 par.). 44 Nel giorno
della Cena del Signore però mettano mano in pio ossequio a lavare i piedi
all’abate, e in seguito l’abate li lavi a tutti i prepositi, facendosi aiutare
dai fratelli, ma incominciando lui per il primo. 45 Egli che è «il
superiore» lavi di persona i piedi anche ai portinai e così, dando prova di
umiltà anche verso di essi con questo servizio, sarà degno di essere considerato
più alto in onore di fronte a tutti. 46 Di poi i prepositi lavino e
asciughino i piedi a tutti i fratelli, nella loro decania.
47
Al primo albore del venerdì che precede il Sabato Santo celebrino solamente
l’ufficio notturno, perché l’ufficio notturno, dato che si dice prima del canto
del gallo, appartiene ancora al giovedì; 48 ma non celebrino più
quello mattinale, né tutte le altre ore e parti regolamentari dell’ufficiatura
divina fino alla celebrazione del sabato, 49 quando il nuovo alleluia
della festosa resurrezione infranga, sulla bocca dei fratelli intenti a
salmodiare, un così lungo silenzio dei salmi. 50 Benché dunque,
celebrato l’ufficio notturno del giovedì, non dicano più salmi fino alla
celebrazione del sabato, facciano però quelle orazioni semplici che si usano in
Quaresima 51 e nella giornata stessa del venerdì parlino fra di loro
sommessamente della tristezza che suscita la Passione del Signore e non si
salutino, quando si incontrano.
52
Inoltre, fatta eccezione dei malati, dei bambini e dei vecchi stremati dall’età,
chiunque dei sani vorrà prendere il pasto, lo faccia senza ricevere benedizione
e con cibo non benedetto: 53 in modo che riuniti in comunione per
opera della loro gola e da se stessi, arrossiscano di non saper passare di loro
propria volontà un sol giorno a digiuno, nella speranza della ricompensa divina,
insieme agli altri che digiunano al completo, 54 mentre ci sono di
quelli che talvolta la miseria forzatamente costringe a passare a digiuno tre
giorni, loro malgrado. 55 E con che faccia può pretendere di
banchettare nella futura ottava di Pasqua, festeggiando la vittoria della
resurrezione del Signore, colui che non ha voluto per un sol giorno crocifiggere
la propria carne insieme a Cristo, nella tristezza della sua Passione? 56
Quanto poi alle sacre specie dell’altare nella grande patena di vetro, siano
interamente consumate. Così quando al venerdì i giudei cercheranno Cristo per
fargli subire la passione, egli in tal giorno sia al sicuro nei nostri cuori,
57 per apparirci il sabato in un sacramento nuovo, in virtù della sua
resurrezione. 58 Coloro che il venerdì intendono fare il pasto, lo
dovranno fare quindi senza Comunione, perché si riconosca che ristorarsi senza
il Cristo è cosa non giusta.
59
In questo stesso giorno si abbia cura di fare il lavaggio degli oggetti e i
preparativi della Pasqua.
60
Nel medesimo venerdì si tolga anche il velo dell’altare e tutti gli ornamenti
dell’oratorio, 61 e si facciano pure sparire dalla vista lampade e
lumi nell’interno del monastero, 62 in modo che in tal giorno tutto
sia lutto intorno a noi, poiché si è allontanata dal mondo con la passione la
vera luce che è il Signore. 63 E all’indomani, sabato, al- l’apparire
della luce, tutto ben ripulito possa essere rimesso festosamente al suo posto,
poiché ritornerà a noi, mediante la resurrezione di Cristo, la luce della
letizia. 64 In ogni tempo del resto il monastero deve essere così ben
ornato e pulito che, essendo tutti i luoghi di accesso in ordine e parati di
tendaggi, dappertutto sembri estendersi quasi un’unica grande chiesa. 65
Così ovunque i fratelli si trovino insieme fra loro, il pregare apparirà
decoroso e gradevole, ed essi lo faranno con gioia.
FINISCE LA REGOLA DELLA
QUARESIMA
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10 gennaio 2017
a cura di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net