REGOLA DEL MAESTRO

 (Libera traduzione da "Patrologia Latina" - J. P. Migne)

 

CAPITOLO XXVI

Domanda dei discepoli:

La quantità di cibo. [RB 40]

Il Signore ha risposto per mezzo del maestro:

 

1 Tuttavia, riteniamo che sia sufficiente a tutti i tavoli per il pasto quotidiano, sia che si svolga alla sesta ora od alla nona, due pietanze cotte ed una terza costituita da eventuali verdure crude con della frutta. 2 Mezza pagnotta del peso di una libbra dovrebbe bastare per tutti i fratelli per un giorno, secondo l'esempio dato dalla divina provvidenza, quando un corvo provvedeva ogni giorno a Paolo, il servo di Dio, una mezza pagnotta celeste da mangiare (Cfr. Gerolamo, Vita Pauli, 10)

3 Così, quando consumiamo il pasto alla sesta ora, in estate e nelle altre stagioni, una delle tre fette di questo mezzo pane sarà tolta da tutte le razioni dal cellerario e messa nella dispensa; la sera sarà messa sui tavoli prima di deporvi il piatto crudo. 4 E se abbiamo detto di togliere in anticipo queste fette da tutte le razioni per riporle nella dispensa, è perché se mettiamo l'intera razione sulle tavole, 6 potrebbe accadere che un fratello nuovo arrivato, ancora ignaro della quantità fissata dalla regola e immaginando che gli venga ridata a cena, termini tutta (la razione) a pranzo ed alla sera non abbia nulla da mangiare con la frutta, oppure un fratello a cui piace molto mangiare, pur conoscendo la quantità fissata dalla regola, volendo soddisfare le esigenze della sua gola, preferisce consumare tutto in quel momento e immagina che la sera si accontenterà. 7 Tutte queste fette, messe in riserva nella dispensa, quando saranno tirate fuori la sera, 8 poste sulla tavola dell'abate e da lui benedette, come indica la consuetudine, ne prenderà prima per sé e per il suo tavolo 9 ed il resto sarà ricollocato dal cellerario nel cesto e posto sulle varie tavole affinché (i fratelli) se ne servano, 10 in modo che questi soli pezzi, con una qualunque pietanza cruda mista a frutta o con ciò che sarà forse avanzato dai piatti del pranzo, saranno sufficienti per la cena dei fratelli.

11 Tuttavia, la domenica e gli altri giorni di festa, così come nei giorni ordinari in onore di persone forestiere di passaggio, l'abate, in qualità di superiore, è autorizzato ad aggiungere ciò che vuole in termini di cibo, 12 così anche come di dolciumi, secondo il testo che leggiamo nelle Vite dei Padri, dove in onore dei giorni di festa chiesero al Signore cibo delizioso ed un angelo apparve loro con del miele. (Cfr. Rufino, Historia monachorum, 7). 13 Egli dovrà solo tener conto della moderazione ed evitare gli eccessi che corrompono.

14 Per i minori di dodici anni, sarà sufficiente meno di una libbra di pane al giorno.

 

CAPITOLO XXVII

Domanda dei discepoli:

La quantità di bevanda. (Cfr. RB 40)

Il Signore ha risposto per mezzo del Maestro:

 

1 Non appena i fratelli saranno seduti a tavola, prima di mangiare, riceveranno ciascuno un calice di vino puro. 2 Quando avranno ricevuto il loro vino, ciascuno lo presenterà all'abate perché lo benedica ed agli altri tavoli i prepositi faranno a turno per benedire (il vino dei) loro fratelli. 3 A tutti i tavoli ogni fratello intingerà nel suo vino tre bocconi del suo pane, non di più. 4 Non di più, perché un fratello, consumando così molto pane, potrebbe non averne più per le pietanze e, per la sua voracità nei confronti della sua razione di pane, potrebbe provocare gli sguardi denigratori degli altri fratelli.

6 Così, dopo questo iniziale vino puro, in estate, sia che si mangi alla sesta ora che alla nona, tutti si sazieranno con quattro sorsi di bevanda calda, oltre a questo vino puro. 6 Tuttavia, in questa stagione, quando si prende il pasto alla sesta ora, la sera tutti si accontenteranno di tre bevute a testa. 7 Completate queste erogazioni, sia durante il pasto di sesta che di nona o alla cena, il cellerario, in piedi in mezzo al refettorio, dirà ad alta voce: "Se qualcuno ha sete, non abbia paura di dirlo". 8 A queste parole, coloro che hanno sete risponderanno subito, dalla loro tavola, "Benedic". 9 Si mescoli poi in un recipiente acqua calda e aceto o, se i fratelli lo desiderano, con (aggiunta di) bietolone rosso: (questa bevanda) deve essere sempre preparata in aggiunta alle pietanze sostanziose per chi ha sete e la si offrirà agli assetati in un capiente boccale o in una coppa.

10 In questi giorni estivi, quando si consuma il pasto alla nona ora, la sera prima di dire Compieta, si accontenteranno tutti di due giri di bevute, non senza fare una preghiera prima di bere ed una nuova preghiera dopo aver bevuto. 12 Anche in questi giorni d'estate, quando si mangia a sesta, ogni giorno quando si esce dall'oratorio dopo aver detto Nona, l'abate andrà a sedersi sul suo seggio 13 e tutti (i fratelli) staranno in piedi tutti intorno a lui in buon ordine. Il cellerario tirerà fuori il vino 14 e gli ebdomadari mescoleranno nel consueto vaso una coppa di bibita a testa per ogni decania a tutti i tavoli, secondo il numero della comunità, compresi loro stessi. Allora l'abate si alzerà, farà una preghiera con tutti 16 e dopo la preghiera, prima di sedersi, gli sarà presentato il vaso con il misto ed egli lo benedirà. 17 Poi comanderà a tutti loro di sedersi come lui ai loro tavoli, come al solito, 18 e bevendo lui per primo, farà poi versare il misto per tutti, uno dopo l'altro, a ciascuna tavola. 19 Fatto ciò, si alzeranno di nuovo, faranno una preghiera 20 e, dopo la preghiera torneranno tutti ai lavori che avevano smesso di fare. 21 Così tutti quelli che hanno sete berranno subito dopo la recita di Nona. 22 Ma quando sarà iniziata la decima ora, nessuno berrà più se non dopo i Vespri.

23 Inoltre, se un fratello ha ancora sete a questa stessa ora nona, prima che arrivi la decima ora, come abbiamo detto, e vuole bere acqua, non berrà d'un fiato dalla brocca, ma nella misura di una coppa, di un boccale o di un calice, 24 poiché ciò che eccede la misura è eccessivo e ingiustificato e lo si considererà come una soddisfazione accordata a dei desideri corrotti. 25 Infatti, in virtù della massima che dice: "Nessun eccesso", anche un eccesso di acqua può intossicare la mente con fantasie nei sogni ed invadere il corpo di urgenti bisogni: 26 e cioè un ribollire (di sangue) nelle vene, brividi nelle viscere, peso alle sopracciglia, vertigini alla testa, sonno negli occhi, continui starnuti nel naso.

27 Nella stagione invernale, al pasto della sesta e della nona ora, si accontentino tutti di tre sorsate di bevanda calda, perché non c'è la calura che provoca sete. 28 Ma nei giorni invernali, quando si mangia a sesta, non si ceni assolutamente la sera, tranne un sorso di bevanda calda di cui tutti si accontenteranno, 29 non senza fare una preghiera prima di bere ed una nuova preghiera dopo aver bevuto. 30 Quanto a quella sorsata che abbiamo preso dalla dispensa tutti i giorni d'estate dopo nona per coloro che avevano sete, non la porgeremo d'inverno, perché la sete non si fa sentire e non rimane molto tempo dal pasto fino alla sera. 31 Quanto ai giorni in cui mangiamo a nona in inverno, dopo aver detto i Vespri non prenderemo nulla oltre un sorso di bevanda calda, 32 non senza fare una preghiera prima di bere ed una nuova preghiera dopo aver bevuto.

33 Per quanto riguarda i giorni tra Pasqua e Pentecoste, quando si consuma il pasto a sesta, eccetto il giovedì e la domenica, negli altri giorni non si consumerà nulla la sera, tranne due razioni di bevanda calda in onore di questi giorni: 34 all’infuori della settimana dopo la Pasqua (lett. “la massima delle ottave”), dove ceneremo per tutta la settimana. 35 Se nei suddetti giorni fino a Pentecoste abbiamo soppresso la cena eccetto il giovedì e la domenica, è affinché anche in questi giorni sia mantenuto l'unico pasto 36 e, nonostante l'orario modificato, affinché resti in vigore la consueta regola del digiuno, "anticipando la loro cena nel pranzo" (Gerolimo, Ep. 22,35). 37 Il giovedì e la domenica cenino la sera con quanto abbiamo prescritto sopra per quanto riguarda il cibo, 38 ma aggiungendo ogni giorno a pranzo una pietanza cotta, così come una degustazione di una qualsiasi bevanda se ne è avanzata dalla Pasqua.

39 La coppa o il boccale con cui si farà il servizio nei diversi turni sarà di tale capacità che, mescolando un terzo di vino, abbia la capacità di un’emina. 40 Ma questa misura uniforme deve essere somministrata al servizio del refettorio con due o tre coppe o boccali, in modo che, grazie a più recipienti, si possa distribuire più rapidamente a tutti.

41 I bambini fino all'età di dodici anni riceveranno due sorsate di bevanda calda in inverno ed una alla sera. 42 In estate riceveranno tre sorsate di bevanda durante il pasto e due alla sera, per motivo della temperatura estiva.

43 D'altra parte, come abbiamo decretato sopra riguardo al cibo, diamo lo stesso permesso anche riguardo al bere: 44 alla domenica, nelle feste ed in onore di persone forestiere di passaggio, l’abate è autorizzato, in quanto superiore, ad aggiungere ciò che ritiene opportuno. 45 Inoltre, in onore della gioiosa carità dei giorni santi e degli amici di passaggio, può aggiungere qualsiasi bevanda locale desideri: 46 si ricordi però della temperanza ed eviti l'ubriachezza da vino. Perché se il corpo non osserva la temperanza, non può rimanere sveglio per l'opera di Dio e l'anima non è libera da pensieri impuri.

47 Se a tavola uno dei discepoli vuole rinunciare a un po' della sua razione di bevanda regolamentare o ad un pezzo di pane che gli rimane, costui dimostra di essere più amico dello spirito che della carne 48 e mette un freno di castità alla lussuria. 49 Compiendo questo atto di rinuncia, il fratello sobrio dirà a bassa voce al cellerario che raccoglie (gli avanzi): "Prendi, e ciò che è stato negato alla carne, giovi a Dio!". 50 Allora il cellerario metterà da parte questo cibo in un vaso, in modo che possa giovare con gioia a Dio. 51 (Questo avanzo) verrà aggiunto in dono all'elemosina del monastero ed il cellerario lo metterà nelle mani di un povero mendicante.

52 Tutto questa razione è da prelevare dalla dispensa del monastero. 53 Ma se il Signore fornirà alla sua comunità un dono inviato dall'esterno, si riceverà con gratitudine il dono del Signore così inviato, 54 e se l'Abate lo riterrà opportuno, lo si aggiungerà al pasto, perché è chiaro che ci è giunto solo per disposizione del Signore.

 

CAPITOLO XXVIII

Domanda dei discepoli:

I giorni di digiuno e l'ora del pasto. [RB 41; 37)

Il Signore ha risposto per mezzo del Maestro:

 

1 In ogni stagione, si deve consumare un pasto alla sesta ora due giorni alla settimana, vale a dire il giovedì e la domenica. 2 Negli altri giorni della settimana, occorre consumare il pasto alla nona ora.

3 In effetti, noi che siamo persone spirituali, vergogniamoci di voler eludere (l’usanza) del digiuno fino alla nona ora, mentre in passato, lo sappiamo, l'antica consuetudine ignorava il pranzo e fissava sempre i pasti la sera, è cioè a cena: 8 tanto che la razione che veniva servita a operai e soldati si chiama ancora oggi annona, perché veniva servita all'ora nona della giornata e veniva consumata anche a partire da quell'ora. Per questo il nome annona è rimasto fino ad oggi legato a quella razione. 4 Citiamo ancora un'altra testimonianza più santa, quella dello stesso Signore. Sappiamo che cenò, non leggiamo che abbia anche pranzato, 7 come dice il libro del Santo Vangelo: “Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse:… " (Mt 26,20-21).

8 Se è prescritto di interrompere il digiuno ogni giorno alla nona ora, è per avere la possibilità di ritardare ancor più il pasto nel tempo della Quaresima, cioè fino alla sera, cioè dopo il lucernario. 9 Dalla sessagesima (i sessanta giorni prima della Pasqua), inoltre, prenderemo sempre il pasto dopo il lucernario nei giorni di mercoledì, di venerdì e di sabato, 10 mentre gli altri giorni, fino alla Quaresima, prenderemo il pasto a nona. 11 Così, quelle privazioni di digiuno delle domeniche di Quaresima tolte dai regolari quaranta giorni (di digiuno), saranno compensate prolungando il digiuno fino alla sera del mercoledì, del venerdì e del sabato partendo dalla sessagesima, 12 in modo che il numero dei quaranta giorni di digiuno rimanga completo.

18 Gli ammalati interromperanno il digiuno prima del tempo fissato e, quando i fratelli consumeranno il pasto la sera, gli ammalati mangeranno alla terza ora, 14 tranne quelli che sono gravemente deboli, perché non c'è ora che tenga quando c'è il pericolo di morte. 15 Quindi, se un bisogno visibile e debitamente comprovato lo permette, si ristorino. 16 Se, al contrario, i fratelli sani mangiano a nona, gli ammalati si ristorino a sesta. 17 Ma l'abate deve indagare attentamente per raccogliere segni convincenti ed evidenti che non si finge la malattia per il desiderio di mangiare. 18 Se abbiamo detto che i malati possono rompere il digiuno è a causa della loro debolezza fisica che impedisce loro di fare ciò che vogliono, secondo la parola della Scrittura: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26,41).

19 Quanto ai fanciulli, digiunino il mercoledì, il venerdì ed il sabato, ma solo quando i giorni saranno brevi, cioè in inverno: 20 negli altri giorni prenderanno il pasto alla sesta ora.21 In estate, quando le giornate sono lunghe, i fanciulli pranzeranno alla sesta ora il mercoledì, il venerdì ed il sabato: 22 gli altri giorni pranzeranno a terza. 23 Perché, quando le giornate sono lunghe, la loro età non è dotata di tanta forza, così come neanche di spirito di resistenza (come gli adulti). 24 Tuttavia, consentiamo questa attenuazione solo per i fanciulli che non hanno più di dodici anni: 25 dopo questa età, siano tenuti (a rispettare) la regola degli adulti. 26 È vero infatti che i fanciulli molto piccoli, gli anziani sopraffatti dall'età e gli ammalati beneficiano anche di giuste mitigazioni quando si tratta di pasti.

27 Inoltre, i fratelli inviati in viaggio riceveranno dall'abate o dai loro preposti le seguenti istruzioni: 28 mercoledì, venerdì e sabato, quando le giornate sono lunghe, cioè da Pasqua fino all’ottavo giorno prima delle Calende di ottobre (il 24 settembre), che è l'equinozio invernale, non digiunino durante il viaggio a causa del caldo e della sete. 29 Poi, dall'equinozio invernale fino a Pasqua, poiché i giorni sono brevi, i fratelli che sono in viaggio prolungheranno il loro digiuno fino alla sera nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato. 30 I fratelli eviteranno così di essere trattenuti per strada a causa del pasto della nona ora, essendo per i fratelli questa interruzione più lunga poiché la giornata è più breve e passa più velocemente. 31 Inoltre, poiché il guadagno del mondo è tutto venale, 32 quando arriva la sera e questo giorno di digiuno è terminato, il divieto di consumare un secondo pasto eliminerebbe ogni prospettiva di acquisto al luogo di sosta 33 e la locanda si rifiuterebbe di ricevere il fratello dopo la cena, dal momento che non potrebbe vendergli niente da cui trarre profitto. 34 Per mancanza di profitto, non si accetterebbe di ricevere i fratelli che sarebbero obbligati, per essere ammessi, a spendere di nuovo i loro denari 35 ed a rompere il digiuno prendendo un secondo pasto, ciò che è proibito. 36 Nei giorni al di fuori dal mercoledì, venerdì e sabato, quando i giorni sono brevi, si fermeranno per strada alla sesta ora per il loro pasto e ceneranno la sera a causa della fatica del viaggio.

37 Da Pasqua a Pentecoste, eccetto coloro che sono mandati in un lungo viaggio, alla sesta ora prenderemo sempre il pasto, sia in monastero che dovunque essi siano, 38 e " scambieranno le loro cene in pranzi” (Cfr. Gerolimo, Ep. 22,35), 39 secondo la parola della Scrittura: “Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare” (Mc 2,19; Lc 5,34); 40 e ceneranno solo il giovedì e la domenica. 41 In ogni momento, infatti, è vietato digiunare il giovedì, perché ogni anno cade in quel giorno l'Ascensione del Signore. 48 Invece non è lecito digiunare la domenica, perché è dedicata alla risurrezione del Signore. 48 San Silvestro, nei suoi libri, vieta di farlo (Cfr. Actus Silvestri). 44 Se il digiuno da Pasqua a Pentecoste è proibito, è perché il sabato di Pasqua segna la chiusura del digiuno della tristezza e l'apertura dell’alleluia della gioia, 45 mentre il sabato di Pentecoste segna la chiusura dell’alleluia e l'apertura del digiuno. 49 Ma è solo per le chiese che c'è una chiusura dell'alleluia 47 perché nel monastero i servi di Dio, essendo al servizio di Dio in un modo speciale, cantano per il Signore l'alleluia che rimane aperto, con tutti i salmi determinati dalla Regola, fino alla Teofania (o Epifania).

 


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10 dicembre 2020     a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net