REGOLA DEL MAESTRO
CAPITOLO XVI
Domanda dei discepoli:
Quale
debba essere il cellerario del monastero. [RB 31 ; 33,1-6 ; 35.10-11]
Il Signore ha risposto per mezzo del Maestro:
1
Fratelli, tutto il lavoro deve essere pagato: “perché
chi lavora ha diritto alla sua ricompensa”
(Lc 10,7), e “Non
si metterà la museruola al bue mentre sta trebbiando”
(Dt 25,4). 2 Inoltre, “il lavoro fruttuoso rende felici quelli
che se ne cibano” (Cfr. Sal 128(127),2), 8 perché alla creazione
dell'uomo il Signore “tutto ha posto sotto i suoi piedi” (Sal 8,7), avendo
creato tutto per lui. 4 Dunque, se i malvagi ed i nemici di Dio, cioè
i pagani e gli eretici miscredenti, nonché i peccatori di ogni specie, hanno al
loro servizio ed in loro potere ogni sorta di sostanze commestibili, e se il
mondo intero è disponibile per uomini di ogni tipo, 5 quanto
più è degno e giusto che a coloro che credono in Dio e lo servono bene, il
Signore abbia concesso per il loro sostentamento le sostanze di ogni tipo che ha
creato! 6 Fornendo, come pegno delle promesse future nel tempo
presente, tutto ciò che è necessario per la vita, 7 "il Signore non
abbandonerà quelli che lo cercano", 8 perché "i ricchi hanno
sperimentato la miseria e la fame, ma a chi cerca il Signore non mancherà alcun
bene", 9 ed il Signore" riempie di bene gli affamati e manda via i
ricchi a mani vuote ", 10 e noi "siamo come persone che non hanno
nulla ed (invece) possediamo tutto” (Cfr. Sal 9,11; 34(33),11; Lc 1,53; 2 Cor
6,10).
11
Quindi, il cellerario del monastero non è altro che un distributore di beni
divini. 12 Tanto divini che il Signore, nel Vangelo, li promette ai
suoi fedeli servitori dicendo: "non
preoccupatevi (per la vostra vita), di quello che mangerete o berrete, (né per
il vostro corpo,) di quello che indosserete".
(Mt 6,25) 13 Inoltre, proibisce a chiunque di preoccuparsi del
futuro, 14 ma ci dà questo avvertimento dicendo: "Cercate
invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi
saranno date in aggiunta.
18
Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno".
(Mt 6,33) 16 Quindi, se il Signore mette a disposizione di coloro che
servono Dio ciò che è necessario per la vita e se il nostro Signore, il Padre
celeste, sa di cosa abbiamo bisogno e ce lo provvede, 17 allora
vedete che i nostri stessi alimenti sono doni del Signore, poiché è Lui che ce
li dà. 18 Infatti anche il servo di un padrone carnale, sebbene sia
un uomo, si preoccupa soltanto di compiere il suo servizio, 19 perché
è certo che il suo padrone provvederà al suo bisogno di cibo, vestiti e
calzature, 20 quanto più il nostro Maestro Celeste aveva buone
ragioni nel dirci di non preoccuparci di ciò che è necessario per la nostra
vita! 21 Infatti, se un uomo che serve un altro ha il diritto di
pretendere da lui, come creditore, che provveda al suo sostentamento, 22
quanto più è possibile che ogni cosa sia messa a nostra disposizione poiché
crediamo e serviamo Dio, colui che ha creato tutte queste cose e può fare quello
che vuole! 28 Poiché "sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho
mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane". 24
Piuttosto, “ogni
giorno egli ha compassione e dà in prestito”
(Sal 37(36),25-26). 25 Quindi, se ci impegniamo unicamente nel
servirlo, "cercando il suo regno e la sua giustizia" (Mt 6,33), 26
crediamo che il Signore ci donerà ogni cosa, poiché spontaneamente promette di
fornirci tutto il necessario.
27
Dunque, se tutte le provviste del monastero che il Signore distribuisce come
razione fornita ai suoi operai, 28 vengono distribuite dal cellerario
in modo sbagliato e disonesto, così che vadano perdute, 29 il
suddetto cellerario deve sapere che nel giorno del giudizio sarà esaminato in
tribunale sui conti che deve a Dio, 30 dal momento che il Signore
avrà visto sprecate per negligenza le provviste dei suoi servitori. 31
Poiché il Signore non ammette che i dissipatori sprechino indegnamente ciò che
concede giustamente a coloro che ne sono degni.
32
Il cellerario non deve dare, distribuire o prestare nulla senza l'ordine
dell'abate 33 ed in presenza dell’abate non offrirà nulla ad un
malato senza la sua autorizzazione. 34 Il cellerario farà l'elemosina
su ordine dell'abate, quando l'abate sarà presente. 35 Quando sarà
assente, potrà fare l'elemosina al povero che la chiede, 36 a causa
del precetto del Signore che dice: "Da’
a chiunque ti chiede"
(Lc 6,30), 37 ed ancora: “Da’,
affinché non succeda che colui al quale
non avrai dato, non sia lo stesso Cristo” (Cfr. Mt 25,35-36).
38
Ogni giorno il cellerario si comunichi assieme ai settimanari davanti all'abate
nell’oratorio e con la comunità. 39 Quando i settimanari entreranno
nel loro turno settimanale, egli darà loro gli utensili da cucina. 40
Alla fine della settimana li riceverà puliti dalle mani dei settimanari uscenti
e li darà a quelli che verranno dopo. 41 Se qualcuno rompe per
negligenza questi utensili del monastero, 42 l'autore del danno non
potrà prendere posto a tavola finché non avrà fatto penitenza e soddisfazione
all'abate, inchinandosi umilmente in ginocchio. 43 Una volta che avrà
preso tutto il necessario dalla dispensa, il cellerario si siederà a tavola
senza dire una parola e mangerà con la comunità. 44 Se il cellerario
si alza dalla tavola per consegnare qualcosa, tutti quelli che siedono a tavola
con lui aspetteranno per mangiare fino al suo ritorno.
45
Il cellerario riceverà un lavoro manuale da svolgere nei momenti in cui, come
cellerario, non ha alcun compito, né impegno, né erogazione da garantire,
46 per non rimanere inattivo in quelle ore. 47 Nell'oratorio,
quando sarà assente per le sue occupazioni, 48 l'abate dirà a nome
suo ai fratelli di ricordarsi di lui. 49 Inoltre, se la dispensa si
trova vicino all'oratorio, il cellerario stesso chiederà con la sua voce di
essere ricordato nelle orazioni. 50 Ciò non gli impedirà, mentre è
impegnato nel lavoro, di dire anche a bassa voce, in privato, l'opera di Dio,
seguendo le parole ed il versetto dell'oratorio. 51Ed è giusto che
all'interno dell'oratorio tutti lo ricordino, poiché egli si occupa di
assicurare il bene di tutti. 52 Così come uno, a nome di tutti,
procura il bene comune, allo stesso modo quell’uno partecipi alla preghiera di
tutti.
53
Quanto alla sorveglianza delle sue intemperanze nel parlare e nel comportamento,
è l'abate stesso che lo sorveglierà. 54 Infatti il cellerario non
appartiene a nessuna decania e non è sotto il controllo di un preposito: 55
perché, siccome la carne ama i propri interessi, un appetito ed un appagamento
di gola potrebbero far mettere da parte la causa di Dio 56 e la
scomunica, invece di essere applicata, sarebbe barattata carnalmente per del
cibo e delle bevande.
57
(Il cellerario) riceverà tutti gli utensili del monastero, li registrerà e li
consegnerà ai vari (fratelli). 58 Inoltre, di tutto ciò che è nel
monastero, nessuno, a parte l'abate, potrà (considerare) qualcosa come suo,
59 sia che si tratti di un oggetto portato o trovato o da lui fabbricato o
acquistato. 60 Nessuno potrà pretendere o riservare qualcosa come
proprietà privata, 61 perché la sentenza della regola è questa: i
beni del monastero sono di tutti e di nessuno.
62
Si nominerà cellerario un fratello che l'abate avrà riconosciuto come degno di
fiducia e sobrio, che non sia sopraffatto dal desiderio di gola, 63
che non ami mangiare o bere molto, 64 per non "dare spazio al
diavolo” (Ef 4,27), 65 come dice la Scrittura, ”per
troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto”
(2 Cor 11,12) 66 ed in modo che non sembri di voler accontentare
l'insaziabile ingordigia dei fratelli voraci e golosi, invece di trattenerla.
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10 gennaio 2017
a cura di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net