REGOLA DEL MAESTRO
INCOMINCIA L’ORDINAMENTO DEL MONASTERO: STRUTTURE, OSSERVANZE, GERARCHIA,
DISCIPLINA ASCETICA, SORVEGLIANZA E REGIME DI VITA: ARTICOLI DIVERSI DEI QUALI È
COMPOSTO QUESTO SCRITTO CHE SI CHIAMA PERCIÒ LA REGOLA DEL MONASTERO: COME CE LA
DETTA IL SIGNORE E SULLA QUALE, COSÌ DETTATA, CI ESAMINERÀ.
Domanda dei discepoli:
XI
I PREPOSITI DEL MONASTERO.
[RB 21 e 22]
Il Signore ha risposto per bocca del Maestro:
1
Nelle pagine precedenti di questa regola, o fratelli, il Signore ci ha
prescritto gli atti di virtù, il cui compimento ci fa acquistare la vita eterna
e fuggire le vampe e il fuoco dell'inferno.
2 Ma occorre impedire che quel
nemico di ogni buona azione che è il diavolo, ostile al genere umano perché non
sopporta che l’uomo, agendo bene, possa salire là donde egli fu gettato giù per
la sua superbia, 3 infetti con le
sue arti piene di veleno la condotta dei buoni e, valendosi di occasioni
diverse, a lui propizie, riesca a impadronirsi del nostro spirito mediante la
dimenticanza e così lo renda estraneo a Dio. 4
Interviene perciò l’aiuto del Signore e stabilisce che due fratelli di
particolare merito, di cui si conoscano a prova la serietà, la saggezza, la
moderazione, l’attenta vigilanza e l’umiltà, insieme all’esercizio della
perfezione in tutti gli atti, vengano ordinati come prepositi alla cura di dieci
fratelli.
5
Infatti sta scritto: «Le cose della terra vi insegnino quelle del cielo».
6
Ora, come nella proprietà di un uomo, perché possa essere sicuro che tutto venga
organizzato bene, il padrone stabilisce dei capi della servitù che gli inferiori
abbiano a temere come rappresentanti del padrone,
7
e cioè l’intendente, il fattore, la guardia campestre e il maggiordomo,
8
così pure in quella casa di Dio che sono chiese e monasteri, Dio ha messo a capo
degli inferiori i superiori, degli ignoranti i sapienti, dei semplici gli
accorti e ha stabilito dei maestri per quelli che imparano l’arte divina;
9
vale a dire, nelle chiese i vescovi, i sacerdoti, i diaconi e il clero che il
popolo deve ascoltare e rispettare nei loro comandi, quali rappresentanti di
Dio, e perché
da essi impari a conoscere la legge di salvezza; 10
nei monasteri gli abati e i prepositi che per la salvezza della loro anima (gli
inferiori) devono ascoltare e rispettare quali rappresentanti di Dio, nella
milizia della vita religiosa. 11
Infatti sia ai sacerdoti nella chiesa, sia agli abati e prepositi in monastero,
il Signore ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi, disprezza
me»
(Lc.
10,16).
12 E ancora ci dice il Signore per bocca
del
profeta Isaia: «Vi darò pastori e dottori secondo il mio cuore e vi faranno
pascere con disciplina» (Ger.
3,15;
Ef.
4,11).
13 Dunque in base a questa analogia
della casa umana, quanto più in quella divina si dovrà osservare, per gli
interessi di Dio, una gerarchia di magistero e di rispetto; 14
affinché, stabiliti che siano i prepositi per correggere i vizi e le colpe dei
fratelli, l’abate possa sentirsi un po’ più sicuro dei conti che deve tenere
circa le anime dei fratelli, di cui ha assunto la responsabilità.
15
II conferimento di tale dignità avvenga così: convocati dall’abate questi dieci
fratelli, alla presenza di tutta la comunità, nell’oratorio, i prepositi siano
messi a capo di quei dieci per proclamazione dell’abate, mentre viene loro
consegnato un bastone,
16
su testimonianza della Scrittura
(Sal.
2,9) che dice: «Li
governerai con un bastone», cioè con l’energia che incute timore. 17
Parimenti l’apostolo dice: «Che cosa volete: che venga a voi col bastone o con
l’amore?»
(1 Cor.
4,21). 18 Anche Mosè indicò al popolo
che gli era stato affidato la via della salvezza attraverso gli abissi
del mare, col bastone della divina potenza. 19
E lo vediamo usare un bastone come segno, quando difende i diritti di Dio
davanti al faraone: se lo getta via dalle mani a terra, esso si muta in serpente
e parimenti, quando lo riprende nelle sue sante mani, da serpente ritorna
bastone.
20
In base a questo ordinamento, cioè che, se la comunità è numerosa, a ogni gruppo
di dieci fratelli devono essere preposte due persone,
21
queste naturalmente siano designate di tal merito, quale sopra abbiamo
prescritto.
22
E abbiamo regolato che alla cura di due prepositi devono essere affidati dieci
fratelli e non di più, perché, quando i fratelli sono separati in diversi luoghi
di lavoro, abbiano sempre presente con sé in ogni gruppo uno dei due prepositi,
per sorvegliare le loro mancanze;
23
e anche perché, essendo poche le persone affidate, riesca più efficace la
vigilanza di chi le custodisce.
24
Quando sono molte infatti, quello che proprio non salta all’occhio, lo si
trascura negligentemente.
25
Invece, se i fratelli di cui si ha l’incarico sono pochi, la sorveglianza
esercitata dall’uno o dall’altro dei due prepositi risulta più diligente, e
facile diventa render conto all’abate di un piccolo numero, quando lo richieda.
26
II Signore allude a un custode capace per un tale ambito limitato ed affida un
incarico più vasto alla sua diligente premura, quando dice: «Bene, servo buono e
fedele, sei stato fedele nel poco e ti metterò a capo del molto»
(Mt.
25,21).
27
Questi prepositi dunque, quando assumono sotto la loro cura i fratelli
nel suddetto numero di dieci, devono esercitare su di
essi la loro sollecitudine in questo modo: tanto di giorno che di notte o in
qualsiasi lavoro, 28 siano per prima
cosa sempre presenti con loro 29 e con loro lavorino in qualsiasi occupazione. Di conseguenza, siano i
fratelli seduti o camminino o stiano in piedi, con diligente sorveglianza e
sguardo scrutatore devono reprimere in loro le azioni del diavolo;
30 quando vogliono darsi ai vizi e ai peccati
della lingua, devono immediatamente con ammonimenti correggere in loro e
allontanare tutto ciò che è contrario alla legge divina, 31
facendo come Eugenia che così governò i suoi sottoposti, al dire della sua
biografia: 32
«Era con le sue orecchie talmente attenta alla bocca di tutti, da non permettere
che alcuno prorompesse in giuramenti e cianciasse qualche discorso inutile».
33 D’altro canto Eugenia ammonendo
quelli di cui aveva assunto la cura, 34
diceva: «Con quanta reverenza noi dobbiamo servire Dio secondo i suoi
comandamenti, lo si vede se ci mettiamo davanti agli occhi una persona tale che
non debba essere disprezzata in alcun suo ordine».
35
Abbiamo dunque detto che siano designati due prepositi per una decade perché, se
capita che alcuni fratelli di questa medesima decade siano destinati dall’abate
ad un altro lavoro a parte, possano esservi accompagnati da uno dei prepositi,
36
lasciando l’altro coi fratelli da cui si sono disgiunti.
37
Se poi un fratello deve essere mandato in viaggio da solo, non sia avviato per
la sua strada senza che prima il suo preposito l’abbia ammonito,
raccomandandogli i vari mezzi atti a guardarsi dai vizi.
38
Sia poi mandato, di quella certa decade, uno del quale il suo preposito possa
essere sicuro che è in grado di evitare attentamente i vizi e, in assenza del
suo preposito, di far conto piuttosto della presenza di Dio;
39
considerando pure che da un fratello sollecito della propria anima, la presenza
di Dio, il quale sarà nostro esaminatore e giudice, deve essere anzi temuta di
più che non quella di un uomo.
40
Questi prepositi dunque, dato che sono presenti ai fratelli in ogni momento,
devono salvaguardare dal peccato la loro bocca e i loro gesti, e reprimere in
essi i diversi vizi e cattive inclinazioni.
41
Vale a dire, se il preposito udrà un fratello parlare senza essere interrogato,
lo ammonisca dicendo:
42
«Fratello, perché fai ciò che la regola proibisce?
43
Serba il silenzio fino a che ti si interroghi.
44
Di’ col profeta al Signore: ‘O Signore, poni una custodia alla mia bocca e una
porta sorvegliata alle mie labbra’ (Sal.
140,3) 45
e ‘sii pronto ad udire, ma tardo a parlare’»
(Giac.
1,19).
46
Se poi sia data ad un fratello licenza di parlare, il preposito vegli su di lui,
perché non parli a voce troppo alta, cosa che non si addice ai saggi.
47
E subito il preposito lo ammonisca dicendogli: «Basta fratello.
48
L’umiltà non usa parlare così, perché sta scritto: ‘l’uomo ciarliero non andrà
dritto sulla terra’»
(Sal.
139,12).
49
Inoltre, anche se parla ad un altro sottovoce, il preposito vegli su di
lui, perché non si lasci uscir di bocca qualche parola
inutile o che muove al riso e non mira alla edificazione e alla santità.
50 Se sente tali discorsi, il preposito lo
ammonisca dicendo: «Fratello, perché parli di ciò che la regola vieta?
51
Sta scritto infatti: ‘avrete da render conto di ogni parola inutile’
(Mt.
12,36).
32
E pure l’apostolo dice: ‘Nessun cattivo discorso esca dalla vostra bocca, ma
solo se è di edificazione, per far del bene a chi ascolta’»
(Ef.
4,29).
53 - Questa edificazione in realtà
deve essere procurata dall’abate, in modo che all’insegnamento impartito dal
maestro corrisponda l’ascolto silenzioso del discepolo, tradotto poi in atti. -
54 II preposito dunque ammonisca il
discepolo che parla in modo sconveniente, dicendogli: «Chiudi la bocca,
fratello, al cattivo parlare. 55
Deve uscire qualcosa di bene di lì donde tu butti fuori il male, in modo che,
ascoltando il buon parlare della tua bocca, restiamo ammirati, anzi che ridere
alla pari con te di un parlare cattivo o vano. 56
Non è bravo il fratello a causa del quale si ride. 57
Risieda dunque sulla tua bocca la saggezza, con la chiave della virtù e del
timor di Dio, ed essa apra le tue labbra ai buoni discorsi e le chiuda ai
cattivi. 58 Fratello, quando una
parola vana esce dalla tua bocca, anche se in mezzo alle risate, è finita per il
nostro ascolto, 59 perché una volta
uscita dalla bocca, non può più rientrarvi; il conto però che uno dovrà renderne
resta aperto, finché egli non sarà alla presenza del giudice 60
e dato che l’averla proferita non edifica, aggrava la sua causa e danneggia
l’anima. 61
Badiamo che non ci venga detto, nel giorno del giudizio, a proposito dei nostri
discorsi: ‘Hanno detto parole vane, ciascuno al suo prossimo’
(Sal.
11,3).
62
Anche la saggia sentenza di Origene dice: ‘È meglio gettare invano una pietra
che una parola’» (Sext.
Enchiridion
152).
63
Se poi udrà un fratello mentire, gli insegni la verità dicendogli: «Fratello,
perché menti,
64
mentre sai che sta scritto: ‘Manderai in perdizione quelli che dicono menzogne’
(Sal.
5,7), 65
e mentre sai parimenti che ‘le vie del Signore sono tutte misericordia e
verità?’»
(Sal.
24,10).
66
Se poi sentirà un fratello moltiplicare i giuramenti, il preposito lì presente
lo ammonisca dicendo: «Fratello, tieni ferma la lingua.
67
Perché giuri tanto, mentre la Scrittura ordina che non si giuri affatto, per
evitare che, giurando, si faccia nascer occasione di spergiurare?
68
‘Sia invece il tuo parlare sì sì, no no’
(Mt.
5,34-37);
credimi, credimi. E subito ti crederemo in quel che dici».
69
Se poi vedrà un fratello adirarsi contro il fratello, il preposito lì presente
lo ammonisca dicendo: «Fratello, che fai?
70
Compi il tuo lavoro in pace, silenzio e carità, perché sta scritto: ‘Desisti
dall’ira e deponi lo sdegno’
(Sal.
36,8), 71
e ancora: ‘Chi odia il fratello è omicida’
(1 Gv.
3,15),
72
e anche: ‘Chi dirà al suo fratello raca, sarà sottoposto a giudizio’
(Mt.
5,22),
73
e: ‘L’uomo iracondo non compie la giustizia di Dio’
(Giac.
1,20).
74
Ed è obbligo per ciascuno di ritornare in pace col suo nemico prima del tramonto
del sole, dato che il Signore dice per bocca dell’apostolo: ‘Il sole non
tramonti sopra la vostra ira’»
(Ef.
4,26).
75
Se poi vedrà un fratello un po’ troppo facile al riso, il preposito lì presente
lo ammonisca dicendo: «Fratello che fai?
76
Quello che compi, compilo con gravità, perché il tempo della nostra vita
monastica non è tempo di spasso, per ridere, ma tempo di penitenza, per piangere
i nostri peccati,
77
come sta scritto: ‘Prostriamoci davanti al Signore, piangiamo davanti a Dio che
ci ha fatti’
(Sal.
94,6), 78
ed anche: ‘Chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia’
(Sal.
125,5).
79
La Scrittura dice pure: ‘Beati voi che piangete nel tempo, perché riderete
nell’eternità!’
(Lc.
6,21).
80
È lo stolto infatti che ‘alza la voce a ridere’»
(Sir.
21,20).
81
Se poi vedrà un fratello dir male di un altro, il preposito lì presente lo
ammonisca dicendo: «Fratello, trattieni la tua bocca dalla maldicenza. Ricordati
che Dio ci disse mediante
la parola dell’apostolo: 82 ‘Dite bene e
non
dite male!’
(Rom.
12,14). 83
E
come ‘una fonte non può da un solo
getto far zampillare insieme acqua dolce e amara’,
così è di noi. 84
Se con la nostra lingua ‘benediciamo Iddio’, come possiamo con la medesima
lingua ‘ingiuriare gli uomini, che furono plasmati a immagine e somiglianza di
Dio?’»
(Giac.
3,11.9).
85
E ancora: se vedrà dei fratelli mancare di riserbo in qualche atteggiamento
troppo poco austero, lasciandosi andare nelle membra e dissipando lo spirito, il
preposito lì presente li ammonisca dicendo:
86
«Con gravità, fratelli dovete star seduti, camminare, stare in piedi, perché gli
occhi del Signore ci guardano dal cielo ad ogni momento e in qualsiasi luogo,
buoni e cattivi che siamo,
87
come dice David: ‘Il Signore guarda dal cielo i figli degli uomini per vedere se
ce ne sono che hanno senno e cercano Dio’.
88
Temiamo dunque, o fratelli che in qualche momento non abbia a scorgerci ‘sviati
nel male e divenuti cattivi servi; e non ci sia chi faccia il bene, non ce ne
sia neppure uno’
(Sal.
13,2-3).
89
Anche perché il profeta dice: ‘Hai in odio coloro che corrono dietro a cose
vane, senza nessuna utilità’
(Sal.
30,7).
90 Infatti tutto ciò che non ha
motivo in Dio, l’ha nel peccato e quel che non edifica, distrugge».
91
Questi prepositi, mentre quotidianamente, nella giornata e nella notte, ad ogni
istante spiano con cura tali mancanze nei fratelli a loro affidati, non solo nel
custodire gli altri progrediscono per parte loro,
92
ma liberando gli altri dal male con la loro sorveglianza, occupano continuamente
se stessi nel bene,
93
poiché fa beata la bocca il bene che per essa vien fatto uscire ed entra
nell’orecchio altrui.
94
Evidentemente dal preposito, occupato a sorvegliare con diligenza tutto questo
nei fratelli, l’abate esigerà minor rendimento che dagli altri fratelli in
qualche lavoro che gli sia stato assegnato.
95
Poiché quanto meno lavora corporalmente con le mani, tanto più lo fa
spiritualmente con la
sollecita attenzione a
correggere, per gli interessi di Dio;
96
e quanto meno agisce di mano, tanto più opera negli animi. 97
E se abbiamo detto che dai prepositi si esige di meno nel fare qualsiasi lavoro,
è proprio per evitare che, incalzandoli l’opera materiale che devono consegnare,
essa generi nel preposito negligenza circa le sorveglianze spirituali in cui è
occupato, 98 e la causa di Dio a
poco a poco vada in rovina per il prevalere dei vizi, poiché si corre per il
fabbisogno della carne più di quanto si lavori per gli interessi dello spirito.
99 Ma appigliandoci con speranza
alla fede, dobbiamo esser certi che il Signore Iddio provvede tutto ciò che è
necessario ai nostri bisogni, quando le nostre mani non siano riuscite ad
apprestarcelo completamente. 100 Per
tutto questo ci dà sicurezza il libro del santo vangelo che dice:
101 «Non datevi pensiero di quel che avrete da
mangiare e da bere e di che vestirvi, 102
perché sono i pagani che pensano a tutte queste cose; essi che non conoscono
Dio. 103 Ma cercate il regno di Dio
e la sua giustizia e tutto ciò vi sarà fornito. 104
II Padre vostro che è nei cieli sa infatti che avete bisogno di tutto questo.
105 Guardate gli uccelli del cielo:
non arano, né seminano e il Padre vostro celeste li nutre. 106
Quanto più voi!»
(Mt.
6,25-33).
107
I prepositi tengano in loro custodia le vesti dei fratelli.
108
I prepositi abbiano i propri letti vicino ai loro, per poterli correggere
durante la notte, se si rendano colpevoli di qualche mancanza.
109
Ordiniamo che dormano uno per letto e non due.
110
E se un fratello alla levata non ha riassettato bene il suo letto, a titolo di
pena non riceva il vino puro al pasto seguente.
111 Quando dormono, dormano vestiti
e cinti ai fianchi; e precisamente con cinture o corde o una correggia.
112 Proibiamo che di notte il fratello
porti il cinturone, per il timore che mentre si rigira, immerso nel sonno, la
punta del coltello esca dalla custodia e gli si conficchi nella carne.
113
Di giorno invece mettano il cinturone, poiché la Scrittura informa a proposito
di Giovanni: «Era cinto ai lombi di una fascia di pelle»
(Mc.
1,6).
114
Abbiamo detto che i fratelli dormano vestiti e cinti affinché, quando viene
l’ora dell’opera di Dio e suona nella notte il segnale per andare all’oratorio,
si alzino subito belli e pronti,
115
secondo ciò che dice a questo proposito la Scrittura: «Il mio segnale è
all’alba; se parla, allora proclamerò»
(Sal.
72,14-15). 116 II segnale ha ricevuto
infatti tal nome perché segnala col suo suono che è arrivata l’ora di
salmodiare. 117
Per questo il profeta dice a suo riguardo: «Se parla, allora proclamerò», cioè
quando segnala che è giunta l’ora di salmodiare, «allora proclamerò le lodi del
Signore»
(Sal.
77,4).
118
Inoltre i fratelli devono dormire vestiti e cinti perché non è lecito al
fratello di toccare le proprie membra nude.
119
Si insinuano infatti in questo modo nell’animo le brutture delle libidini.
Quando si sente il contatto
immediato delle membra, subito
vengono solleticati in cuore desideri di donne e così nel sonno le membra si
macchiano di impurità.
120
Ma i monaci devono dormire
vestiti e cinti sopra tutto per questo: che non abbiano a cercare nel buio i
loro indumenti o le cinture, chiedendole ai fratelli che, solleciti e pronti,
già stanno entrando nell’oratorio: e mentre nell’oscurità continuano a rivoltare
i loro letti, mettendo sottosopra e buttando in giro tutto, a causa della loro
negligenza non arrivino in tempo per una o più orazioni o salmi.
121
I prepositi abbiano i letti vicino ai letti dei
fratelli per poterli correggere, come abbiamo detto, se si rendono colpevoli di
qualche mancanza e perché alla presenza di un superiore dormano in modo più
riguardoso. 122 Siano presenti ai
loro pasti, perché con loro mangino in silenzio e moderatamente.
123 In qualsiasi luogo si trovi, se un fratello si assenta da questo gruppo di dieci senza l’ordine o dell’abate o del preposito, se ne faccia dai prepositi stessi sollecita ricerca.
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1 giugno 2017
a cura di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net