REGOLA PER I MONACI DI SAN FRUTTUOSO,
VESCOVO DI BRAGA
(Detta anche "Regola Complutense")
Link al testo latino con italiano a fronte
INIZIANO I CAPITOLI DELLA REGOLA DI SAN FRUTTUOSO VESCOVO.
1 L’amore di Dio e del prossimo
2 Le orazioni
3 I priori e l'Ufficio divino
4 I vestiti e l’abito dei monaci
5 Come stare a tavola
6 Il lavoro fisico
7 Gli strumenti e gli utensili
8 L’obbedienza e la stabilità del monaco.
9 I monaci che svolgono i compiti settimanali
10 Gli ospiti, i viaggiatori ed i malati
11 Lo splendore e lo stato d’animo del monaco
12 La cautela del monaco
13 I crimini
14 Gli scomunicati
15 I chiassosi ed gli arroganti
16 Il monaco bugiardo, ladro e violento
17 Il rimprovero
18 Il digiuno
19 Il cibo
20 I compiti dell'abate o del preposito
21 Come dovrebbe essere ricevuto un
converso
22 La professione di un converso
23 Coloro che si sono convertiti per primi
24 Gli anziani
25 La Domenica
Fine dei capitoli
INIZIA LA REGOLA STABILITA NELLA PACE DAL NOSTRO PADRE E SIGNORE
FRUTTUOSO.
CAPITOLO PRIMO (Prologo). L’amore di Dio e del prossimo
Dopo l'amore di Dio e del prossimo, che è il vincolo di ogni perfezione e la più
grande delle virtù, questo è stato stabilito di conservare di ciò che rimane
della tradizione della Regola nei monasteri: in primo luogo di dedicarsi alla
preghiera notte e giorno e di osservare la ripartizione prescritta delle ore; e
poi che nessuno, per qualunque genere di occupazioni, rimanga inattivo o pigrio
negli esercizi spirituali durante il giorno.
Capitolo 2 (1). Le orazioni.
Il metodo di celebrare la prima ora è sanzionato dalle parole del profeta, "Al
mattino sto davanti a te e ti vedo, perché tu sei un Dio che non vuole
l’iniquità" (Sal 5,4 Vulg.). E ancora:".
A te indirizzerò la mia preghiera: o
Signore, al mattino tu esaudirai la mia voce " (Sal 5,3 Vulg.). Inoltre la
seconda ora è configurata come una sorta di percorso tra
Prima e Terza, in modo che sia
necessaria e non sia spesa in ozio dai monaci. Perciò è stato stabilito che deve
essere celebrata con un triplice osservanza dei Salmi, completando così
l’ufficio di Prima e successivamente iniziando a salire i gradini verso
Terza. Allo stesso modo è
stato determinato che lo stesso ordine deve essere osservato nel caso delle
altre ore, Terza, Sesta, Nona, Duodecima e anche per i
Vespri, in
modo che, sia prima che dopo ciascuna di queste tre serie di ore regolari,
preghiere personali possano continuare la disciplina delle ore. Durante le ore
notturne, la prima ora della notte si celebri con sei orazioni e poi si termini
nella chiesa cantando dieci salmi con le lodi e benedizioni. Poi, salutandosi a
vicenda e dedicandosi alla riconciliazione ed alla soddisfazione reciproca, si
offrano il perdono reciproco dei loro peccati e, con umile pietà, coloro che
sono stati separati dalla società dei fratelli per lievi colpe si guadagnino il
perdono. Poi infine, quando vanno a letto, tutti uniti insieme in segno di pace
perfetta e di assoluzione dei colpevoli, (i fratelli) cantano tre Salmi, come al
solito con la lode e la benedizione, e recitino insieme il Simbolo della fede
cristiana; in modo che, dimostrando la purezza della loro fede davanti al
Signore se, da una circostanza imprevista anche se non improbabile, chiunque
dovesse essere chiamato ad abbandonare il suo corpo durante le ore notturne, sia
in grado di offrire davanti a Dio una fede già provata ed una coscienza
purificata da ogni scandalo. Poi, andando alle loro celle in profondo silenzio e
con il volto composto e con passo tranquillo, facendo in modo che nessuno si
avvicini ad un altro oltre lo spazio di un cubito o almeno che nessuno osi
guardare l'altro, ognuno raggiunga il suo letto, dove, in silenziosa preghiera e
nella meditazione dei Salmi, egli deve completare la sua preghiera con la recita
del Salmo 50 ed una preghiera; senza fare rumore o borbottare o anche tossire in
modo rumoroso, egli riceva con gratitudine la quiete del sonno notturno.
Capitolo 3 (2). I prepositi e l'Ufficio divino.
Il preposito rimanga al centro del dormitorio finché tutti non saranno coricati,
e quando tutti saranno a letto, passi silenziosamente accanto al letto di
ciascuno, in modo che nessuno ritardi a sdraiarsi o si dedichi a sussurri
segreti contro la Regola; e così, osservando le azioni ed i meriti di ciascuno
più da vicino, (il preposito) imparerà come meglio onorarli ed accoglierli. Allo
stesso modo, un decano o uno dei fratelli ben affidabile lo assisterà mentre
tutti si ritirano, finché non saranno tutti nel silenzio, per timore che non si
raccontino storielle inutili, o che si dedichino a cose ridicole o che si
abituino a qualsiasi vizio dannoso. Perché è stato stabilito dalla Regola che
nessun monaco parlerà nel dormitorio ma, se sono parecchi, reciteranno i Salmi
o, se uno è solo, mediterà ad alta voce. Allo stesso modo, alzandosi prima di
mezzanotte, cantino dodici Salmi all'unisono, secondo l'usanza. Prima che gli
altri si alzino, tuttavia, il preposito deve essere chiamato dai fratelli che
sono di guardia, in modo che il segnale sia dato con la sua benedizione e che
egli possa diligentemente visitare il letto di ciascuno prima che gli altri si
alzino. Questo è quello che il preposito deve fare durante tutte le preghiere
notturne; si alzi sempre prima che gli altri si alzino ed esorti gli ultimi ad
alzarsi, in modo che possa vedere lui stesso come ognuno sta a letto, e non
succeda che, a causa di mancanza di supervisione mentre dorme, qualcuno si
abbandoni a qualche sregolatezza. Dopo un breve periodo di riposo, osservino
l'ufficio di mezzanotte in cui vengono recitati quattro responsori dopo ogni
gruppo di tre salmi. Poi, dopo la mezzanotte in inverno, tutti si siederanno ed
uno si siederà nel mezzo e leggerà un libro; e ciò che viene letto deve essere
spiegato dall'abate o dal preposito a coloro che lo capiscono meno bene. La
stessa pratica si osserverà in estate dopo i Vespri, in modo che un libro sia
letto prima di Compieta. Poi, dopo aver cantato altri dodici Salmi, andranno al
dormitorio e riposeranno un po'. Quando si sentirà il canto del gallo, dopo la
recita di tre Salmi con la lode e la benedizione, celebreranno la messa
mattutina. Completato ciò, poiché devono dedicarsi alla meditazione, non appena
giunti al consueto luogo di meditazione, recitino tre Salmi ed una preghiera e,
quando la preghiera sarà così completata, meditino fino all'alba. Ad ogni
preghiera, in ogni ora di notte e di giorno, alla fine di tutti i Salmi cantino
"Gloria a Dio" e si prostrino a terra, osservando l'usanza che nessuno si
inchinerà o si alzerà prima del superiore. Tutti dovranno alzarsi con uniformità
e continueranno a pregare con le mani alzate al cielo nello stesso unanime modo
con cui si erano genuflessi.
Durante l'osservanza delle notti del sabato e della domenica, aggiungendo un
sesto ufficio ai sei gruppi di Salmi, le vigilie saranno celebrate con sei
gruppi di Salmi con sei responsori, affinché la solennità della risurrezione del
Signore possa essere onorata con un più ampio canto di Salmi durante l'ufficio;
la notte che precede ogni festività si celebri sempre l'ufficio in modo
appropriato con la liturgia speciale per ogni solennità.
I monaci non escano dall'ufficio come vogliono, se non col consulto del
preposito o del decano: se la necessità li costringe, escano insieme ad un
anziano a ciò delegato. L'abate o il preposito siano sempre presenti agli uffici
ed alle vigilie e facciano loro stessi per primi ciò che insegnano agli altri.
Capitolo 4 (11).
I vestiti e l’abito dei monaci.
L'abbigliamento non deve essere né abbondante né più del necessario; i bisogni
assoluti di ogni monaco possono essere soddisfatti con due cocolle, una ispida
ed una liscia, un mantello, tre tuniche e due camicie di lana. Quanto alle
scarpe, l'usanza da seguire è che chi lo desidera può indossare scarpe in
inverno dal 1° di novembre al 1° di maggio; ma, nei mesi estivi, si proteggano
solo con sandali. L'uso di pantaloni è permesso a chiunque, specialmente a
coloro che svolgono servizi all'altare. Chi non desidera osservare questa usanza
non deve essere rimproverato poiché ci sono molti monasteri anche in questa zona
che non hanno ancora adottato questa abitudine.
Una disciplina adeguata deve essere mantenuta per quanto riguarda il corredo
(del letto), e nessuno deve richiedere più di una coperta, una spessa coperta di
lana, una stuoia e due pelli di ariete col pelo. Tutto ciò che i monaci
posseggono in abbigliamento od ornamento non deve essere tenuto da qualcuno
perché gli appartiene, ma deve essere conservato in una cella sotto la custodia
di un fratello spirituale che, quando qualcuno gli chiederà un articolo
necessario, gli consegnerà un capo di ricambio adatto a lui; nessun monaco si
permetta di rivendicare qualcosa come suo, dicendo: "Il mio libro, la mia
tavoletta", ecc. Se una tale parola sfuggirà alla sua bocca, sarà soggetto a
penitenza, affinché nulla nel monastero sia considerato un bene privato, ma
tutti i beni siano comuni a tutti, come sta scritto (Cfr. At 4,32). Quindi,
questo stesso custode deve prestare la massima attenzione nella scelta degli
indumenti e nella distribuzione di quelli adatti, come è stato detto. Nessuno si
dovrà lamentare quando vedrà un altro rivestito degli indumenti assegnati un
tempo a lui. Le lesine, gli aghi ed i vari fili per cucire, rammendare o
rattoppare gli indumenti devono essere distribuiti dall'abate. I monaci dovranno
avere l'opportunità di lavare e riparare gli indumenti quando necessario. Quando
verranno forniti nuovi indumenti, tutti i vecchi vestiti, le scarpe ed i
copriletti devono essere distribuiti ai poveri dall'abate.
Capitolo 5 (3).
Come stare a tavola.
Quando i monaci si radunano per il loro pasto all'ora nona, dopo aver recitato
un salmo, uno di loro leggerà stando nel centro della sala, mentre gli altri
staranno seduti. Non si udrà nessun rumore durante il pasto e nessuno dovrà
parlare mentre mangia. Se manca qualcosa al tavolo, colui che presiede lo chieda
silenziosamente, con un segno o un cenno del capo ed indichi al servitore che
cosa servire in tavola o che cosa portare via dalla tavola. Una preghiera
precederà la loro venuta alla mensa. Una preghiera seguirà la loro uscita dalla
mensa e nessuno presuma di andare da nessuna parte finché non avrà reso grazie a
Cristo davanti all'altare. A nessuno è permesso mangiare od assaggiare della
carne, non perché la consideriamo creatura indegna di Dio, ma perché l'astinenza
dalla carne è ritenuta utile e appropriata per i monaci. Le necessità dei malati
e le richieste di coloro che intraprendono un lungo viaggio sono tali che i
malati ed i viaggiatori possano mangiare carne di volatili, purché osservino la
moderazione che si addice alla devozione. Se sono intrattenuti da un principe o
da un vescovo, a causa di una benedizione e di un'obbedienza, non temano di
mangiare carne, osservando sempre la loro consueta continenza il resto del
tempo. Se qualche monaco viola questo ordine e presume di mangiare carne contro
la sanzione della Regola e contro l'antica usanza, sarà soggetto alla reclusione
nella sua cella ed alla penitenza per sei mesi. I monaci vivano solo con verdure
e legumi, e raramente con pesce di fiume o di mare; e ciò solo quando
l'ospitalità mostrata agli ospiti o la festività di qualche santo giorno lo
rende possibile, seguendo sempre in questi e simili casi la discrezione indicata
dal superiore. Ogni giorno siano sostenuti da una porzione di vino, ma questo
uso parsimonioso della bevanda sia controllato dalla prudenza dell'abate o del
preposito - in modo tale che mezzo litro di vino (un "sestiario"
in latino) sia diviso tra quattro fratelli. Il sabato e la domenica ai vespri,
si aggiunga una porzione. Nessuno dei monaci pretenda di rompere il digiuno, né
di assaggiare o toccare qualcosa da mangiare o da bere prima di mangiare insieme
agli altri o dopo aver mangiato, né di nascondere o possedere segretamente
qualcosa di suo. In speciali occasioni solenni, siano offerti ai fratelli tre
pasti completi di cibo e bevande.
Capitolo 6 (4).
Il lavoro fisico.
I seguenti metodi devono essere osservati per il lavoro. In primavera o in
estate, dopo aver recitato l'ora prima, i decani siano informati dal preposito
su quale lavoro debbano operare e ne informino il resto dei fratelli. Poi,
quando viene dato il segnale, devono prendere i loro strumenti, riunirsi a dire
una preghiera ed andare avanti a lavorare recitando [dei Salmi] fino alla terza
ora del giorno. Quindi, tornando alla chiesa, dopo aver celebrato terza, seggano
al loro posto e prestino attenzione alla lettura o alla preghiera. Ma se il
lavoro è tale da non poter essere interrotto, allora terza può essere recitata
durante il lavoro e così, recitando (i Salmi), tornino alle loro celle e si
riuniscano immediatamente in chiesa dopo aver pregato e lavato le mani. E se
devono mangiare all'ora sesta, dopo l'ufficio di sesta, passino dalla preghiera
alla mensa. Quando sufficientemente ristorati, preghino di nuovo, riposino e
stiano in silenzio fino alla nona ora. Quindi, dopo aver recitato Nona, tornino
al lavoro se necessario fino a quando non si riuniranno nell'ufficio di
Dodicesima; oppure, coloro la cui età è ormai avanzata stiano seduti in silenzio
nelle loro celle e con coscienza pura meditino silenziosamente sulle parole di
Dio o svolgano qualche compito assegnato all'interno delle loro celle, senza mai
andare fuori, tranne che in caso di necessità e solo se comandati dal loro
anziano. I monaci più giovani, stando seduti accanto ai loro decani, attendano
alla lettura o alla recitazione; nessun monaco giovane lasci il suo posto senza
il consenso di un anziano, né vada nella zona appartenente ad un altro decano,
ma, sia nell'assemblea che nel lavoro, ciascuna decania sia separata da
un'altra. Ogni decano deve costantemente avvertire i giovani sotto la sua
responsabilità di non cadere in qualche negligenza e presenti loro sempre come
esempi degli uomini spirituali e dei santi, in modo che, contemplando tali
figure, possano continuamente migliorare.
In autunno e in inverno leggano fino a
Terza e lavorino fino a Nona, se c'è lavoro da fare. Dopo Nona di nuovo leggano
fino a Dodicesima, e poi meditino da Dodicesima fino al Vespro. Quando escono
per il lavoro si radunino per pregare e, terminata questa, il preposito inizierà
un Salmo e così, recitandolo, andranno al loro lavoro. Mentre lavorano, non si
scambino storielle o buffonerie e non si diano alla mollezza, ma mentre
lavorano, recitino (i Salmi) dentro di sé silenziosamente. Durante il riposo
ripetano un Salmo o lo recitino insieme, oppure tacciano. È stato stabilito un
modo di lavorare particolare, affinché nessun monaco lavori come se producesse
qualcosa per se stesso e nessuno presuma di poterlo distribuire a chi vorrà. Né
qualsiasi lavoro deve essere intrapreso, iniziato o completato senza l'ordine ed
il consenso di un superiore ma, in ogni cosa, si dovrà eseguire ciò che ha
ordinalo l'abate o il preposito.
Capitolo 7 (5). Gli strumenti e gli utensili.
Tutti gli strumenti e gli utensili degli artigiani devono essere tenuti in
un'unica stanza sotto la responsabilità di un fratello industrioso e previdente
che metterà ogni strumento al suo posto all'occorrenza e lo distribuirà ai
fratelli quando ne avranno bisogno per lavoro; ai Vespri rimetterà ciascuno al
proprio posto e si assicurerà che nessuno di loro sia andato perso, o sia
lasciato arrugginire per negligenza, o sia rovinato per qualsiasi altro motivo.
Capitolo 8 (6).
L’obbedienza e la stabilità del monaco.
Quando i fratelli sono liberi dal lavoro, nessuno osi lasciare il suo posto
senza il permesso del suo decano o preposito, né si metta a chiacchierare, né
vada in giro in modo inquieto ed ozioso; ma ogni monaco rimanga al suo posto
intento al lavoro manuale o alla lettura, oppure stia assorto nella
contemplazione della preghiera fino a quando non si alzerà, avvertito dal
segnale comune, per partecipare alla preghiera o al lavoro comune. Nessuno dei
fratelli si permetta di rivolgersi ad un altro o di chiamarlo senza il permesso
del suo superiore. Riguardo al vestire ed al modo di camminare di un monaco, è
stabilito che non ci debba essere nessuna diversità, ma il modo di indossare i
vestiti sia uniforme, semplice e ordinario. Nel camminare, non facciano rumore
né lunghi passi con un'andatura protesa. Mentre camminano, non guardino da
nessuna parte se non davanti ai propri passi; mentre parlano usino una voce
bassa e tranquilla senza proferire giuramenti o menzogne, non cercando l'inganno
né amando le parole eccessive, e quindi queste parole siano del tutto prive di
mormorazione, di alterchi e rancore, temendo di biasimare o di giudicare un
innocente. L'obbedienza è un precetto della regola e deve essere mostrata negli
atti e nei sentimenti, anche nelle cose impossibili, e deve persistere fino alla
morte, proprio come Cristo fu obbediente al Padre fino alla morte (Cfr. Fil
2,8). Con un simile zelo bisogna osservare la virtù della pazienza, che non deve
mai essere violata dall'odio, né trascurata da ingiurie o azioni disonorevoli,
ma rafforzata dalla sopportazione e dalla tolleranza. La povertà sia accolta con
la scarsità di cibo e con la durezza dei letti. Si eviti completamente di avere
qualcosa di proprio in utensili o in vestiti o in qualsiasi altra cosa, anche la
più bassa e la più abietta. Perché è un abominio ed una disgrazia per i monaci
possedere qualcosa di non necessario, riservarsi qualcosa di proprio, o
nascondere qualsiasi cosa, poiché ciò non li distingue molto dall'esempio di
Anania e Saffira (Cfr. At 5,1-10). Nella regola è stabilito che nessun monaco
accetti regali o lettere; né vada da nessuna parte senza il permesso del suo
superiore; né parli con un laico, né si intrattenga e parli con un altro monaco
senza il permesso; né si incontri con un vicino o un estraneo. Ed anche nessun
monaco infranga il digiuno, né pretenda di assaggiare insieme ad altri del cibo
o delle bevande, né prima né dopo che tutti abbiano mangiato insieme - ciò che è
comandato da una consuetudine di lunga data.
Capitolo 9 (7).
I monaci che svolgono i compiti settimanali.
I monaci scelti per i compiti settimanali si succedano nelle singole settimane,
ricevendo la preghiera e la benedizione dell'abate nella chiesa. Il sabato,
quando escono (dal loro ufficio), terminati i Vespri e mentre tutti i fratelli
sono riuniti e sono seduti in meditazione, con le loro stesse mani lavino i
piedi di ogni fratello con acqua calda, alcuni lavino ed altri asciughino con un
asciugamano. E così, prostrati davanti all'abate nella stessa assemblea,
chiedano il perdono generale e la benedizione da tutti. A questo punto, assunto
l'incarico con la preghiera dell'abate, si affrettino ad eseguire i loro servizi
per i fratelli ed il mattino dopo, in chiesa, ricevano la benedizione più
completa in vista del loro lavoro.
Capitolo 10 (9).
Gli ospiti, i viaggiatori ed i malati.
Con la più grande devozione di amore e di servizio occorre prestare le
attenzioni ai fratelli che sono ospiti o viaggiatori e la sera si lavino i loro
piedi; se sono stanchi di un viaggio, siano unti con olio. Si forniscano loro
letti, lampade e materassi morbidi e, quando se ne vanno, si riforniscano del
necessario, a seconda dei mezzi del monastero. I malati devono essere nutriti
con ogni cura e compassione, e le loro malattie devono essere alleviate da
congrue attenzioni. Siano forniti loro assistenti adatti per preparare
attentamente il cibo e aiutarli con amorevole preoccupazione; non si commetta
nessun inganno su ciò che avanza loro e non ci si macchi mangiando di nascosto
ciò che è proibito.
Capitolo 11 (8).
Lo splendore e lo stato d’animo del monaco.
Nessuno prenda la mano di un altro o si allontani in qualsiasi momento senza una
benedizione. Lo splendore e la bellezza dei vestiti, l'eleganza e l'esposizione
delle cose temporali devono essere completamente evitate da ogni monaco. La
vanagloria, l'orgoglio, il disprezzo borioso e l'uso di un linguaggio sregolato
siano evitati da tutti. E ciò perché l'atteggiamento di un monaco deve essere
pio, gradevole, umile e modesto; deve essere libero da ogni impurità e deve
ispirare l'amore ed il timore di Dio in tutti coloro che lo vedono o lo
ascoltano, affinché possa essere adempiuto ciò che il Signore ha detto: "Così
risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere
buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli"
(Mt 5,16).
Capitolo 12 (10).
La cautela del monaco
Cautela, moderazione, pudore, fede e sincerità adornano l'abito di un monaco. Il
servitore di Cristo non deve mai essere falso, ma sincero, semplice ed umile di
volto, senza alcuna apparenza di ostentazione. Nessuno cammini stando davanti
mentre è con il suo anziano, né si metta a sedere o parli senza un ordine; ma
piuttosto mostri onore e riverenza al fratello anziano, come si conviene.
Capitolo 13 (12) I crimini.
Un monaco deve sempre riferire al suo superiore (letteralmente "al
suo Padre") tutte le sue azioni e tutte le necessità occasionali ed impari
ciò da cui deve guardarsi dal suo discernimento e dal suo giudizio. Nessuno
nasconda i suoi pensieri, le sue visioni, i suoi sogni e le sue negligenze al
superiore, né per vergogna, né per trascuratezza, né guidato dall'ostinazione. I
vizi di questo genere devono essere sempre rivelati all'abate, al preposito o
agli anziani ben sperimentati, con lacrime e sincera compunzione del cuore e con
la massima umiltà, e devono essere corretti con consolazioni, preghiere,
punizioni, o anche l'imposizione di una idonea attività.
Capitolo 14 (13).
Gli scomunicati.
Quando qualcuno viene scomunicato o ripreso a causa della sua negligenza, dovrà
mostrare umiltà fino a quando riceverà la riconciliazione; né oserà mescolarsi
con gli altri o incontrare segretamente qualcuno; ma quando tutti si saranno
riuniti per ascoltare il caso, si prostrerà a terra, getterà via la sua cintura
ed il mantello e chiederà perdono per i suoi difetti. Farà lo stesso quando
usciranno dall'ufficio divino. Allo stesso modo, anche al momento del pasto,
egli starà vicino alla porta del refettorio con un aspetto ed un volto abbattuti
finché, consolato dalla compassione dei fratelli, riceverà il perdono richiesto.
Nessuno parlerà con lo scomunicato e non lo consolerà con alcun tipo di
compassione o pietà; e nessuno presumerà di confortarlo suscitando in lui lo
spirito di contraddizione e di orgoglio. Ogni caso deve essere ascoltato
nell'assemblea comune dei fratelli e deve essere valutato giustamente e
rigorosamente, affinché non avvenga che un fratello minore innocente sia
oppresso dalla calunnia e dalla malizia di un anziano. Un abate o un preposito
non possono giudicare facendo accezione di persone, né possono condannare in
modo fraudolento o ingiusto; ma, come è stato detto, l'opinione dei fratelli
spirituali e sinceri deve essere tenuta in considerazione in questioni di questo
tipo poiché costoro, ponendosi il giudizio di Dio davanti ai loro occhi, non
permetteranno che l'anima di un uomo innocente venga oppressa ingiustamente.
Capitolo 15 (14).
I chiassosi ed gli arroganti.
Non si addice ad un monaco essere uno che grida nel parlare, un iracondo, uno
che dice cose ridicole, uno che fa gesti di scherno o un detrattore. Chi è così
e non si corregge, anche se spesso rimproverato, deve essere curato con le
frustate e le percosse, deve essere aspramente corretto e deve essere liberato
dal suo vizio mediante una continua vigilanza ed attenzione. Chi è licenzioso,
sfacciato ed orgoglioso sia spesso privato dei pasti, e mortificato da digiuni
completi di due o tre giorni; sia ulteriormente soggiogato con l'imposizione di
lavori forzati; sia rimproverato con discorsi e colloqui. Se, pur punito così
frequentemente, non cambierà atteggiamento, sia punito più severamente con i
colpi di frusta, sia costretto dalla privazione dell'ufficio divino (oppure:
"sia costretto alle angustie di una lunga reclusione") e nutrito solo con
pochissime quantità di pane e acqua, finché non prometterà di recedere dal
vizio. Le stesse sentenze si applicano a un monaco che è disobbediente,
mormoratore, contraddittore o che si dà a mangiare e bere in modo furtivo. In
tutti gli eccessi dei monaci si deve applicare una punizione adeguata secondo il
giudizio dell'abate e degli anziani, prestando attenzione al tipo di colpa,
all'età ed al carattere dell'individuo; con molta discrezione bisognerà aver
cura che una pesante punizione non sia inflitta per lievi colpe o, al contrario,
una punizione leggera e irrilevante sia applicata per i reati più gravi. Il
padre (abate) ed il suo preposito devono eccellere per la loro capacità di
giudicare e valutare le azioni, per l'amore di una pietosa giustizia ed una
continua commiserazione, affinché si prendano cura della ferita del malato in
modo tale da ottenere la salute piuttosto che un'ulteriore debolezza alle sue
membra; poiché, proprio come i superiori giudicano le colpe di coloro che sono
sotto la loro custodia, così anche le loro negligenza saranno giudicate da Dio
stesso.
Capitolo 16 (15). Il monaco bugiardo, ladro e violento.
Il monaco che mente, ruba, percuote e spergiura in un modo che non si addice ad
un servo di Cristo, deve essere prima verbalmente rimproverato dagli anziani
perché receda dal suo vizio. Se dopo di ciò non si sarà ancora corretto, sia
portato per tre volte alla presenza dei fratelli affinché desista del tutto
dall'errore. Se continuerà a non correggersi, sia gravemente frustato e sia
isolato in una cella sotto il rigore della penitenza, con la condanna alla
scomunica per tre mesi; ogni sera sia nutrito con sei once (un'oncia: ca. 28
gr.) di pane d'orzo ed una piccola quantità di acqua. Anche chiunque sarà
trovato ubriaco nel monastero sia soggetto alla suddetta sentenza; allo stesso
modo, chiunque scriva lettere o le accolga da altri senza il permesso dell'abate
o del preposito. Il monaco che infastidisce fanciulli ed adolescenti o che è
stato colto a baciare o ad indulgere in altri atti indiscreti, dopo che il caso
sia stato apertamente provato da veritieri accusatori e testimoni, sia
pubblicamente battuto; perda la tonsura che ha in testa e, con la testa rasata
nella vergogna, sia esposto all'ingiuria; tutti gli sputeranno in faccia e
riverseranno oltraggi su di lui; sia legato in catene di ferro e tormentato
nell'angustia del carcere per sei mesi; gli sarà data una piccola quantità di
pane d'orzo la sera per tre giorni ogni settimana. Trascorso questo tempo, per i
seguenti sei mesi viva in una cella separata sotto la sorveglianza di un anziano
spirituale e si accontenti del lavoro manuale e della preghiera continua; sia
poi sottoposto a veglie, pianti, umiliazioni e gemiti di pentimento che gli
otterranno il perdono. Nel monastero si muova sempre sotto la custodia e la
sorveglianza di due fratelli spirituali, e non si unirà mai più ai giovani per
una conversazione privata o in compagnia.
Capitolo 17 (16). Il rimprovero
Ogni fratello che sia rimproverato o scomunicato per negligenza o colpa, ma
tuttavia cerca umilmente il perdono o confessa in lacrime, riceva l'adatto
rimedio del perdono e dell'indulgenza. Ma colui che è ostinato e persistente
nell'errore, negandolo con superbia e contestazione riceva una punizione più
pesante e più severa con la condanna alla flagellazione. Non giacciano in due in
un letto ed a nessuno sia concesso di dormire fuori dal proprio letto. Uno
spazio di un cubito separerà ogni letto, per timore che la libidine venga
stimolata dalla vicinanza dei corpi. Mentre è buio, nessuno parli con un altro
e, dopo Compieta, nessun monaco giovane si avvicini al letto di un altro.
L'abate o il preposito rivoltino il letto di ognuno due volte a settimana ed
osservino attentamente che nessuno vi abbia deposto qualcosa di superfluo o di
nascosto. Le ore notturne devono essere spese per la maggior parte in preghiere
speciali e nelle sacre vigilie poiché i demoni, che fuggono la luce, ingannano i
servi del Signore. Se nel corpo di qualcuno si dovesse infilare una spina,
nessuno la tolga senza la benedizione del suo superiore e nessuno si tagli le
unghie senza la benedizione. Nessuno presuma di deporre dal proprio collo un
fardello di qualunque peso senza la benedizione ed il permesso del superiore.
Capitolo 18 (17). Il digiuno.
E' bene osservare questi tempi per il digiuno: da Pasqua a Pentecoste si mangi a
sesta
e ci sarà un solo pasto durante il giorno. Da Pentecoste al 14 settembre, i
digiuni saranno osservati solo alcuni giorni, fatta eccezione per il periodo
quaresimale che precede la festa dei santi Giusto e Pastore
[1],
e che deve essere osservata con cura. Durante questo periodo si digiuni tutti i
giorni fino a nona e ci si astenga totalmente dal vino. Tuttavia, ci si attenga
alla discrezione dell'abate e quando vedesse che i monaci sono gravati da un
lavoro pesante, conceda a ciascuno una razione di vino nel pasto. Dal 14
settembre a Pasqua è necessario digiunare con rigore e in Quaresima ci si
astenga completamente dall'olio e dal vino. Chi arriverà in ritardo alla mensa
sarà lasciato senza cibo. Chi, durante le preghiere quotidiane, non sarà
presente al primo salmo, non entri nell'oratorio con gli altri, ma sia soggetto
a penitenza. Lo stesso accadrà a colui che, durante le preghiere della notte,
arriverà al terzo salmo o cercherà di unirsi agli altri dopo che il coro avrà
recitato tre salmi.
Capitolo 19 (18). Il cibo.
I servitori ed il preposito devono mangiare con i monaci e non osino prepararsi
cibi diversi, né mangiare qualcosa al di fuori della comune refezione. Anche
l'abate cercherà di fare lo stesso, tranne il caso in cui debba accogliere dei
viaggiatori in arrivo o un ecclesiastico. L'abate ed il preposito non corrompano
il regime alimentare dei fratelli offrendo cibi in modo furtivo e assecondando
la loro volontà, a meno che qualcuno dei fratelli sia debilitato da una grave
malattia o da una manifesta debolezza. Per costui, con il consenso degli altri,
si prescriverà apertamente la dieta appropriata, adeguata alla sua età ed alla
sua salute.
Capitolo 20 (19). I compiti dell'abate o del preposito
L'abate ed il preposito siano sempre scelti tra i monaci del monastero; sia un
uomo santo, discreto, serio, casto, amorevole, umile, gentile ed erudito, che
sia stato messo alla prova a lungo, ben istruito in tutte le osservanze
previste. Si distingua nell'astinenza, splenda per la sua dottrina, disprezzi i
piatti raffinati e la consuetudine ad una sontuosa mensa; rifiuti l'eccesso di
vino; provveda a tutti i monaci nella comunità come loro padre estremamente
compassionevole. Non si lasci padroneggiare smodatamente dall'ira improvvisa, né
la superbia lo esalti, né la tristezza e la timidezza lo deprimano, né lo
corrompa la libidine. Deve dare prova di discrezione nella pazienza e di
moderazione nell'ira. Si occupi dei bisognosi e dei poveri affinché lo si
riconosca, nell'amore (letteralmente:
nelle viscere) di Cristo, come un servo e non solo come un prelato (Cfr. Fil
1,8).
Il suo modo di parlare e le sue azioni devono essere tanto simili in modo da
confermare con zelo ciò che insegna a parole e, avanzando con una spada a doppio
taglio (Cfr. Sal 57 (56), 5), egli stesso esegue con costante sollecitudine ciò
di cui ha dato istruzioni agli altri, in modo che le sue azioni non possano
distruggere le sue parole, né, d'altro canto, che parole inadatte distruggano un
buon comportamento. Ma tutte le cose siano concordanti in un prelato, come
l'armonia delle corde di una lira o di una cetra che, quando colpite, emettono
un suono dolcemente fluente, purché colpite dalla mano dell'artista in un giusto
e temperato ordine, e non in modo precipitoso e con disordinata disuguaglianza.
Tre volte alla settimana si terrà una riunione generale e si leggeranno le
regole dei Padri: da parte di un anziano si terrà una lezione o si farà una
lettura per la correzione e l'edificazione dei fratelli, si correggeranno le
negligenze, si mostrerà misericordia verso gli scomunicati e si rinnoverà il
castigo agli ostinati ed ai duri di cervice.
Capitolo 21
(20). Come dovrebbe essere ricevuto un converso.
Colui che desidera lasciare il mondo, così insegna il decreto dei Padri, non
deve essere accolto in un monastero finché non sarà stato messo alla prova nel
lavoro, nella povertà, nel disprezzo e nella derisione; per dieci giorni stia
accanto alla porta del monastero, dedicandosi alla preghiera e al digiuno, alla
pazienza ed all'umiltà. Quindi, affidato per un anno intero ad un anziano
spirituale, non potrà immediatamente mescolarsi con la congregazione, né
avvicinarsi agli alloggi interni dei fratelli, ma dovrà avere una piccola cella
separata nel cortile esterno, dove dovrà esercitarsi sinceramente in azioni di
obbedienza. Porterà i letti per gli ospiti ed i viaggiatori, scalderà l'acqua
per i loro piedi ed eseguirà tutti i servizi umilmente; dovrà portare sulla sua
schiena ogni giorno un fascio di legna da consegnare agli inservienti
settimanali. E così, soggetto ad ogni privazione e ad ogni servizio, provato nei
costumi per un anno intero e purificato con il lavoro, riceva la benedizione
della Chiesa e si unisca con la società dei fratelli; gli sarà assegnato un
decano per istruirlo nell'esecuzione di ogni opera buona. Se un candidato,
tuttavia, si segnalerà per bontà e purezza di costumi e sarà approvato secondo
l'opinione dell'abate e degli altri fratelli spirituali, potrà in breve tempo
unirsi alla congregazione dei fratelli per il merito e per la purezza della sua
coscienza, secondo qualunque decisione sia stata presa nelle deliberazioni
dell'abate o dei fratelli più fidati.
Capitolo 22 (21). La professione di un converso.
Ogni converso, quando viene al monastero per essere accolto, sia immediatamente
portato davanti all'intera congregazione e sia interrogato dall'abate per
verificare se sia libero che schiavo, se vuole essere ammesso in buona e
spontanea volontà, o forse spinto da qualche necessità. Se il suo desiderio per
la vita religiosa sembra spontaneo e sembra non essere soggetto a nessun vincolo
o condizione, riceverà il suo "patto"
[2]
che contiene il fondamento completo della sua professione religiosa. In questo
il convertito si impegnerà a soddisfare fedelmente tutte le leggi del monastero
e non le violerà mai, e prometterà di non allontanarsi mai dalla stretta
osservanza della regola del monastero a cui egli sta cercando di unirsi. Quando
si è vincolerà con questa professione, dovrà sottostare alle regole sopraddette,
cercando sempre di compiacere Dio mediante lo zelo per le opere buone.
Capitolo 23
(22). Coloro che si sono convertiti per primi.
Il monaco che per primo si convertì nel monastero sia il primo a camminare, il
primo a sedersi, il primo a ricevere la benedizione, il primo a prendere la
comunione nella chiesa, il primo a parlare quando i fratelli sono interrogati su
qualche argomento, il primo a recitare il Salmo, nel coro stia al primo posto,
sia il primo ad eseguire gli incarichi settimanali, e sia il primo a servirsi
alla mensa. Non è solo l'età che deve essere presa come criterio tra i fratelli,
ma la data della professione e l'impegno nel lavoro e nello studio. Quindi, ci
si deve attendere un discernimento da parte del superiore, affinché onori colui
che vede essere fervente nell'amore e nell'adorazione di Dio. Non è la dignità
della nascita, né la ricchezza dei possedimenti che si hanno nel mondo, né
l'avanzare dell'età che deve essere considerata, ma piuttosto la rettitudine
della vita ed i meriti di una fede ardente devono essere soppesate. Deve,
infatti, essere giudicato di maggior valore colui che è più vicino a Dio. I
monaci devono continuare a vivere una vita santa, casta e onorevole nel il
monastero; i laici eseguano gli ordini dell'abate o del preposito fuori
dall'istituzione.
[3]
I monaci non possono lasciare il monastero senza il permesso dell'abate o del
preposito, e non devono lasciare l'isolamento delle proprie celle, eccetto,
ovviamente, per andare al vicino giardino o frutteto con la benedizione di un
anziano; ma non è permesso visitare i villaggi o le fattorie circostanti o
qualsiasi possesso secolare. Se qualcuno cercasse di farlo, sarà soggetto alla
scomunica ed alla penitenza per due mesi, ricevendo solo una piccola quantità di
pane e acqua.
Capitolo 24 (23). Gli anziani.
I fratelli che sono invecchiati in monastero vivendo una vita buona e devota,
possono avere dei servitori nominati dall'abate e possono essere collocati in
grandi celle separate dove, sia a Sesta che ai Vespri, può essere apparecchiata
tavola per loro e può essere preparato un pasto, a causa della loro debolezza e
dell'avanzata vecchiaia.
[4]
La tavola sarà preparata per loro per mangiare quello che desiderano, senza
costringere chi non vuole (mangiare). I giovani, gli anziani e coloro che non
sono molto deboli scelgano tra di loro dei servitori, che forniscano a turno i
servizi, sia a quelli che sono più anziani e sia agli ammalati, impegnandosi a
servire i malati con i loro pietosi e benevoli servizi. L'abate ed il preposito
si serviranno dei consigli di questi anziani per tutte le questioni riguardanti
i monastero e chiedano sempre la loro opinione nelle nuove circostanze.
Capitolo 25 (24). La Domenica.
Recitato l'ufficio di Prima e dopo essersi lavati le mani e il viso, tutti i
monaci si riuniscano in comunità e, seduti in silenzio, il diacono legga il
Vangelo fino a quando suonerà il segnale per la conferenza.
[1]
I santi Giusto e Pastore sono venerati come fanciulli martiri al tempo
della persecuzione di Diocleziano. Sant'Idelfonso di Toledo (m. nel 667)
racconta che nel 391, in seguito ad una rivelazione, il vescovo Asturio
trovò i loro sepolcri a Complutum. La loro festa si celebra il 6 di
agosto.
[2]
Si tratta probabilmente del "Patto" che va sotto il nome di Fruttuoso e
che si può leggere anche su questo sito nel capitolo dedicato a
Fruttuoso dopo la cosiddetta "Regola Comune".
[3]
Il testo latino della Patrologia Latina termina qui. I seguenti capitoli
provengono dal manoscritto n. 13085 della Biblioteca Nazionale di
Madrid. Non avendo il testo del manoscritto latino mi sono basato sul
testo inglese estratto da "The
Fathers of the Church, Vol. 63, Iberian Fathers, Vol. 2", a cura di
C. W. Barlow, Catholic University of America Press, 1969.
[4]
Questi ulteriori paragrafi sono stati tradotti dallo spagnolo: "Santos
Padres españoles II.
San Leandro, san Isidoro, san Fructuoso. Reglas monásticas de la España
visigoda. Los tres libros de las Sentencias".
Introducciones, versiones y notas de Julio Campos Ruiz, Ismael Roca
Melia.
Biblioteca de Autores Cristianos (BAC), Madrid 1971.
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29 ottobre
2018 a cura
di Alberto "da Cormano"
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