2.
Il monachesimo visigoto di San Fruttuoso in Galizia
Estratto da “QUANDO OS MONGES
ERAM UMA CIVILIZAÇÃO
(Quando
i monaci costituivano una civilizzazione)”
Di
Geraldo José Amadeu Coelho Dias O.S.B.
Edições Afrontamento 2011
Libera traduzione dal portoghese
E’ un altro
tipo di monachesimo, che appare nel nord-ovest della Penisola Iberica, in
Galizia, tra i secoli VII-VIII e che, in qualche modo, è stato preparato da
S. Martino di Dume e permarrà fino all'arrivo dell’osservanza della Regola
S. Benedetto nell’ XI secolo. E’ in questa regione che si formerà il
Portogallo, con centro religioso a Braga.
Qui, la figura dominante è quella di S. Fruttuoso († 651), vescovo di
Dume, a 1,5 km da Braga, e poi Metropolita di Braga.
Fruttuoso è un
visigoto, vale a dire un barbaro convertito, che impone rigore e sa che i
monaci dovrebbero essere soggetti a una rigida disciplina per rimanere sulla
via della perfezione. Alcuni
addirittura parlano dell’ideale eremitico nella Regola di San Fruttuoso ma,
in pratica, non lo ha mai istituito.
La sua vita è stata scritta da S. Valerio (623-695), e gli sono
attribuite due regole:
1.
Regula Monachorum - dipende e
adatta la normativa giunta da Oriente attraverso Giovanni Cassiano (Pacomio
e Basilio), e, soprattutto, San Girolamo, S. Agostino e S. Isidoro.
Ha 24 capitoli e prevale l’austerità della disciplina: rigoroso
silenzio (capitolo 1 e 3), l'astinenza continua dalla carne (3), punizioni
ed esercizi disciplinari (12 - 15), l'obbedienza in tutto (16).
Mette al centro l’autorità della Regola (Pref I, 15), ordina la
gerarchia della comunità con Abate e Preposito (2, 81); dà importanza agli
anziani (13, 276), richiede obbedienza anche nelle cose impossibili (6,
172), la riconciliazione reciproca prima del tramonto (1, 22) e la preghiera
del Credo in comune (1.28).
Tuttavia ordina cure speciali nei riguardi di anziani ed infermi (23,
445), giacché l'Abate deve poter contare sui loro consigli (23, 432).
Questa Regola, in alcuni passaggi, preannuncia persino l’influenza
della Regola di San Benedetto. In questo scritto legislativo, S. Fruttuoso
ignora completamente il monachesimo femminile.
2.
Regula communis
o Regula Abbatum - con 20 capitoli, contando l'appendice del “Patto”.
Indipendentemente dall’essere o non essere di S. Fruttuoso, è
posteriore al 656, data del Concilio di Toledo, quando il santo era già
Metropolita di Braga, e rivela la dipendenza da S. Pacomio, San Girolamo,
Cassiano, S. Leandro, Santo Isidoro di Siviglia ed anche dalla
Regula Monachorum di Fruttuoso in
termini o parole tipiche (oratorium,
8,224; 18, 581; 21, 417; mensura,
pactum) e anche nelle idee.
Questo tipo di
regola, il cui carattere normativo traspare dal titolo o dall’enunciato dei
capitoli si presenta, di fatto, come un'antologia di testi, una sorta di
filigrana di citazioni di tipo spirituale sulla vita monastica, piuttosto
che come un insieme di norme e di regolamentazioni riguardanti l’osservanza
e la disciplina della vita consacrata.
In questa regola è singolare e notevole l'appendice sul “Pactum”, una specie di formula scritta per la professione monastica:
"In Nomine Domini incipit pactum";
“Adnotetur in pactu cum fratribus”.
In realtà trattasi di un contratto scritto tra il monaco e l’abate della
comunità che lo riceve. Non
cessa di essere curiosa la definizione del “Tuitio"
o protezione e difesa, che i vescovi devono esercitare nei monasteri.
Questo codice
legislativo comprende già la modalità del monachesimo femminile e anche
delle famiglie, ma le famiglie che fanno parte della vita monastica devono
stare separate in comunità distinte secondo i sessi, ancor più se gli
edifici sono contigui (Cap. 15-17).
In realtà, si pensa che la regola oggi intitolata
“Regula Monastica Communis”, ma
che in origine non aveva titolo, è nata in un ambiente fruttuosiano e appare
come un'esortazione ai monaci, dato il suo tono di “sermone esortativo” (In
portoghese “homiliético-parenético”.
Ndt).
Si tratta quindi di una specie di “regola” più ampia e più ecumenica
della Regula Monachorum. Ma,
inoltre, non si può dire che sia un’omelia o una regola fatta da abati in un
congresso di abati. Chiaramente
ha carattere normativo assunto, naturalmente, in un congresso di abati per
monasteri aventi lo stesso tenore di vita.
Lo stile antologico, arricchito di tante citazioni di testi o scritti
di altri autori, mostra la sua intenzione esortativa, ma anche sicuramente
legislativa. Non era, ovviamente, un testo legislativo compiuto, che volesse
coprire tutti gli aspetti della vita monastica.
Infatti, il testo sembra giunto a noi
frammentario o incompleto. Tuttavia, dobbiamo accettare che potrebbe essere
stato composto per completare la Regula Monachorum di S. Fruttuoso.
Tale Regola, che a sua volta si chiama "Sancta
Regula Communis", ed è nota come
Regula Sancta (16,1), verrà identificata più tardi con la Santa Regola
di San Benedetto, quando i documenti del X-XI secolo parlano di
Regula sancta. Ciò ha fatto in
modo che gli scrittori ed i cronisti del Seicento considerassero come
benedettini tutti i monasteri fin dal VI secolo. Tale fu il caso del
cronista benedettino Fr. Leone di San Tommaso, nel suo libro "Benedictina
Lusitana".
Le Regole di S. Fruttuoso così come la
Vita Sancti Fructuosi di S.
Valerio († 695) o di San Gennadio di Bierzo († 936) ci permettono di
distinguere quattro tipi di monasteri:
1 - Monasteri
Regolari o Canonici, soggetti all'autorità di un vescovo (episcopus sub Regula), e che seguono gli insegnamenti di una regola,
anche se è la cosiddetta "Regula Mixta»
perché fatta mescolando testi di vari autori monastici.
2 - Monasteri
Duplici, dove monaci e monache vivono in edifici separati, ma contigui
sotto la stessa autorità superiore. La Regola di San Fruttuoso (cap.15) si
rifiuta di ammettere tali monasteri. Tuttavia, di questi monasteri sarebbe
rimasto celebre, come esempio paradigmatico, Fontvrault, in Francia, con
Roberto di Arbrissel (tra il 1097 ed il 1100. Ndt). Questi monasteri, però,
scompaiono nel XI secolo, soprattutto attraverso l'opera dei benedettini di
Cluny. In ogni caso, nei
documenti portoghesi del Medioevo vi sono riferimenti ai monasteri di "fratres et sorores", cioè duplici, dove pare che si osservi il
"Patto fruttuosiano” come appare dal codice DC N.° 76 dell’anno 959 relativo
a Guimarães e DC N.° 759 dell'anno 1091, relativo a Leça.
In questo senso si potrebbero considerare come monasteri duplici i
seguenti: Guimarães, Leça,
Rio Tinto, Vairão, Vilela,
Pedroso, Lorvão, Vacariça.
3 - Monasteri
Familiari, in cui si trovavano laici benestanti nelle loro case, con i
loro figli e servitori, vincolati con giuramento di tipo
religioso-comunitario e vivevano in una sorta di monasteri. La Regola di San
Fruttuoso si riferisce a questo tipo di vita religiosa, come pratica
pseudo-religiosa. E' che, non di rado, questi monasteri erano un modo per i
laici di garantire alla propria famiglia un rifugio economico sicuro, dando
origine ai patrocinatori monastici
(Patrocinatore: chi possiede il diritto di patronato
(ius patronatus), che nel Medioevo
era il diritto di un feudatario su una chiesa od un convento eretti sulla
sua proprietà terriera e sotto la sua protezione. Ndt.).
Forse questo può spiegare la comparsa di piccoli
monasteri sparsi o "acistérios» patrocinati da alcuni presbiteri che,
secondo le "Inquisitiones»
portoghesi del 1220 e 1258, hanno dato origine a molte parrocchie rurali di
Entre Douro e Minho. Il giudizio della "Regula Communis» fruttuosiana su tali monasteri non potrebbe essere
più negativo (Cap. 1 -2), a differenza del Concilio di Siviglia (619) e del
X Concilio di Toledo (655) che li approvano per voler difendere il
monachesimo dall’arroganza e dagli abusi autoritari dei vescovi.
Si noti che,
sia nella "Regula Communis" (cap.
6), sia nella "Vita S. Fructuosi”,
appaiono situazioni di nobili che, con le loro famiglie, si affidavano
(latino: Traditi da
Tradeo) all'abate di un monastero
canonicamente organizzato, vivendo nella sua foresteria e sotto la sua
dipendenza, come nei monasteri duplici o familiari, attraverso un patto.
4 -
Monasteri Propri, fondati da
persone ricche, signori feudali, che si costituivano come proprietari del
monastero, passandoli da generazione in generazione come patrimonio
familiare tramite il sistema denominato dei "patrocinatori". Ecco l'origine
e la ragion d'essere di Patroni, Patrocinatori o Eredi di monasteri
medievali, che avevano diritto alla pensione ed all’ospitalità. Questa
usanza creava gravi confusioni nei monasteri, diventati "hotel" e generava
grandi abusi che i re furono chiamati a reprimere; così, in qualche modo si
anticipava la piaga dei commendatari.
Possiamo dire che questa era la vetrina del quadro
istituzionale monastico prebenedettino esistente nella zona che poi divenne
il Portogallo e dove apparvero concetti unici come:
Patto, Abate, Vescovo “sub regula”, Protettorato. Il terreno
monastico era stato preparato nella regione di Braga e nell’Entre Douro e
Minho, tramite il monachesimo martino-fruttuosiano, con una serie di
monasteri, tra i quali possiamo contare: Adaúfe, Arnoso, Canedo, Carvoeiro,
Dume, Fonte Arcada, Friestas, Guimarães, Lavra, Lomar, Manhente, Pedroso,
Pombeiro, Rates Refojos de Basto, Rendufe, Soalhães, Santo Antonino de
Barbudo, S. Cláudio
de Lima, S. Damião de Ázere,
Valdreu, Vila Nova de Sande, Tibães, Travanca,
Vilar de Frades,
Pendorada o Alpendurada e altri, alcuni dei quali verranno integrati, più
tardi, nella Congregazione dei Monaci Neri di San Benedetto del Regno del
Portogallo.
Con
l'invasione della Penisola Iberica da parte dei musulmani nel 711, il
monachesimo visigoto adottò costumi mozarabici (arabizzati) e molti monaci
si trasferirono a nord fondando monasteri nelle Asturie, León e Castilla:
Dueñas, Moreruela, Silos, Carrazedo do Bierzo, S. Martinho Pinario em
Compostela, S. Salvador de Ribas de Sil, Samos, Sahagún.
Quasi tutti iniziarono ad osservare quella che, in Gallia, è stata chiamata
"Regula mista” o “Codex
regularum”, una sorta di sintesi combinata di diverse regole da
osservare nei monasteri, secondo la volontà degli abati, prima dell'adozione
della Regola di San Benedetto, sebbene Linage Conde (storico spagnolo del
medioevo) afferma che la parentesi della "Regula
Mixta” tra il monachesimo primitivo e l’introduzione della Regola di San
Benedetto avvenuta nell’ XI secolo non sia mai esistita. Secondo lui
esisteva il monachesimo visigoto-mozarabico "in sintonia con
l’ultrapirenaico e, di conseguenza, ispirato a San Benedetto” ed al
monachesimo fruttuosiano, con il contributo di S. Rosendo (907-977).
Con il
movimento fruttuosiano, in un certo modo, ci si collega al monachesimo di
San Rosendo. Stabilitosi a
Celanova in Galizia, nei pressi di Orense, S. Rosendo voleva i suoi
monasteri disciplinati dall’abate eletto da monaci dotati di beni materiali
congiuntamente a dei monaci dedicati alla solenne celebrazione della
Liturgia e dell'Ufficio Divino. Promosse il monachesimo femminile, creando
il monastero di Vilanova per la madre e la sorella e, certamente, si legò al
movimento ascetico di Santa Senhorinha de Basto (925-982), dal quale deriva
certamente il monastero di
S. João de Vieira, anteriore all’ XI
secolo. Si avvicinò al
monachesimo benedettino, che deve aver conosciuto nella forma carolingia di
San Benedetto di Aniane, ed aprì la porta alla trasformazione benedettina
del monachesimo ispanico. I monasteri di San Rosendo conoscevano, senza
dubbio, la vita e la regola di San Benedetto, così come il commento alla
medesima, fatto dal monaco Smaragdo († circa nel 830).
Nel frattempo
vi è stata la riconquista cristiana, spingendo sempre più i Mori verso sud e
facendo avanzare i cristiani nell’occupazione del suolo. E’ in questo nuovo
contesto di guerra e di conquista che entrano in scena i benedettini
francesi di Cluny che accompagnavano, quasi come cappellani, i cavalieri
della riconquista provenienti dalla Borgogna e dall’Aquitania. I benedettini
giunsero nella Penisola forse sotto l’azione di S. Hugo, abate di Cluny, e
su richiesta del re Alfonso VI di
León e Castiglia, amico e
benefattore di Cluny.
L’effetto fu che per l'influenza di Alfonso VI, il Concilio di Coyanza
(1050-1055?), in prossimità di Astorga, decise che la vita monastica fosse
governata dalla Regola di San Benedetto. Tuttavia, ci sono due redazioni del
testo del Concilio: una in zona spagnola ed una in zona portoghese.
Il testo latino della zona spagnola, redatto
nell'anno 1050, indica solo la Regola di San Benedetto. Si dice, in effetti,
nel Canone 2°:
«Ut omnes abbates se et fratres suos, et monasteria, et abbatissae se et
moniales suas, et monasteria, secundum beati Benedicti regant statuta».
La versione
dello stesso Concilio nel monastero di Vacariça, vicino a Coimbra, redatto
nell'anno 1055, lascia l'opzione di scelta tra la Regola di San Benedetto e
quella di S. Isidoro, aggiunta questa, ovviamente, per salvaguardare il
monachesimo mozarabico, fortemente radicato nel distretto di Coimbra. A tal
fine prevede:
«Deinde statuimus, ut omnia monasteria nostra secundum possibilitates
suas adimpleant ordinem sancti Isidori, vel S. Benedicti, et nihil habeant
proprium nisi per licentiam sui episcopi».
Ma la determinazione del Concilio di
Coyanza non è stata immediatamente accettata da tutti.
Secondo la documentazione di antichi monasteri della Galizia, come di
alcuni del Portogallo, si è verificato che il passaggio alla Regola di San
Benedetto fu lento e difficile, senza dubbio per la resistenza dei monaci
abituati alla vecchia osservanza visigota e che, solo più tardi, aderirono
all’osservanza cistercense o a quella dei Canonici Regolari.
In realtà, il re Alfonso VI offrì ai Cluniacensi il
monastero castigliano di San Isidoro de las Dueñas nel 1073, ed impose la
riforma di Cluny a Sahagún nel 1073, ma senza sottomettere il monastero a
Cluny. In effetti, la Regola di San Benedetto era conosciuta come libro di
spiritualità, come ben dimostra, tra gli altri, il "Testamento di Mumadona
Dias" del 26 / I / 959, fondatrice del monastero di Guimarães. In realtà, la
Regola di San Benedetto si impose praticamente nel corso dei secoli XI-XII,
assorbendo quella di San Fruttuoso che dominava nella regione. Tuttavia,
alcuni monasteri che seguivano la tradizione autoctona resistettero alla
invasione benedettina e, dall’altro lato, gli eremiti continuarono a
rimanere fuori da qualunque istituzionalizzazione monastica.
In ogni caso, da allora i benedettini di Cluny
provocarono un adeguamento alla Regola di San Benedetto quasi generalizzata
dei monasteri che seguivano la vita monastica autoctona secondo le usanze
locali della Regola di San Fruttuoso o del monachesimo di origine
mozarabica. Nello stesso tempo i Cluniacensi divennero ardenti propagandisti
della riforma liturgica gregoriana che, sotto l'impulso del papa benedettino
Gregorio VII (1073 - 1085), determinò nella Chiesa una uniformità liturgica
secondo il Rito Romano, provocando l’estinzione del rito ispanico o
mozarabico. Si noti che l'adozione della Regola di San Benedetto non
significava in assoluto, l'adozione dell’ «ordo clunicacensis»,
vale a dire il rispetto dei costumi
di Cluny e la sottomissione alla sua "Ecclesia".
Occorre tuttavia cautelarsi da un'interpretazione benedettina rigida e
generalizzata, ammettendo una certa flessibilità nell’osservanza
disciplinare che inclusivamente si riflette nella lingua o nella
terminologia monastica usata nei documenti del XII secolo. Così, quando il
superiore è chiamato Prior e non Abbas, non
possiamo dire che ci sia un’influenza di Cluny, come del resto, dove appare
la parola pactum non si può fare
appello immediatamente alla disciplina fruttuosiana.
D'altra parte, il fatto che la Regola di San
Benedetto fosse presente in alcuni monasteri non significa che servisse loro
come codice legislativo e che reggesse la disciplina. Per adeguarsi in
maniera autentica alla Regola di San Benedetto è stato necessario, infatti,
attenersi ad alcune osservanze strutturali e disciplinari, nonché ad alcune
norme liturgiche.
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29 Gennaio 2016 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net