S. CAESARII
REGULA AD MONACHOS
|
REGOLA PER I MONACI DI SAN CESARIO D'ARLES Libera traduzione dal latino |
INCIPIT REGULA A S. TETRADIO
PRESBYTERO, NEPOTE BEATAE MEMORIAE S. CAESARII EPISCOPI ARELATENSIS
ABBATE, MEA PARVA PERSONA ROGANTE, TRANSMISSA: QUAM A SUO SUPRAMEMORATO
DOMINO CAESARIO DIXIT IPSE DICTATAM; QUAM DUM ESSET SACERDOS IPSE PER
DIVERSA MONASTERIA TRANSMISIT.
[1099B] Incipit in Christi nomine
Regula, qualis debeat esse in monasterio ubi abbas est, quicunque fuerit. |
INIZIA LA REGOLA INVIATAMI DAL
SANTO PRESBITERO E ABATE TERIDIO, NIPOTE DEL SANTO DI BEATA MEMORIA
CESARIO DI ARLES, SU RICHIESTA DELLA MIA POVERA PERSONA: EGLI DICE CHE
QUESTA REGOLA E’ STATA DETTATA DAL SOPRA RICORDATO CESARIO E DA LUI E’
STATA TRASMESSA A DIVERSI MONASTERI MENTRE ERA VESCOVO.
In nome di Cristo inizia la Regola
che ci deve essere in un monastero dove si sia un abate, chiunque egli
sia.
|
CAPUT PRIMUM.
Imprimis
si quis ad conversionem venerit, ea conditione excipiatur, ut usque ad
mortem suam ibi perseveret. Vestimenta vero laica non ei mutentur, nisi
antea de facultate sua chartas venditionis faciat, sicut Dominus
praecepit dicens: Si vis perfectus esse, vade, vende omnia quae habes,
da pauperibus, et veni, sequere me
(Matth. XIX) . Certe si non vult vendere, donationis chartas aut
parentibus aut monasterio faciat, dummodo liber sit, et nihil habeat
proprium. Si vero pater ejus aut mater vivat, et non habet potestatem
faciendi, quando illi migraverint cogatur facere.
Quaecunque secum exhibuit abbati tradat; nihil sibi reservet: et si
aliquis de propinquis
[1099C] aliquid transmiserit, offerat abbati. Si ipsi est necessarium,
ipso jubente habeat; si illi necesse non est, in commune redactum, cui
opus est tribuatur.
II. Sint vobis omnia communia.
III. Cellam peculiarem, aut armariolum, vel quamlibet clausuram nullus
habeat; in una schola omnes maneant.
IV. Non jurent; quia Dominus dixit: Nolite jurare omnino, sed sit sermo
vester est est, non non (Matth.
V) .
V. Mentiri qui inventus fuerit,
disciplinam legitimam accipiat; quia Os quod mentitur occidit animam
(Sap. I) ; et, Perdes eos qui loquuntur mendacium
(Psal. V) .
VI. Non maledicant: quia scriptum
est: Neque [1099D] maledici
regnum Dei possidebunt (I
Cor. VI) .
VII. Operam non quam unusquisque voluerit, sed quae eis ordinata fuerit,
faciant.
VIII.
Dum psallimus, nullus loqui praesumat.
|
Capitolo primo
Innanzitutto, se qualcuno perviene
alla vita di conversione sia accolto a questa condizione: che perseveri
in essa fino alla sua morte. Non gli siano cambiati gli abiti laici se
non prima di aver fatto di sua volontà una carta di vendita (dei suoi
possessi), come ordina il Signore dicendo: “Se vuoi essere perfetto,
va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri (e avrai un tesoro nel
cielo;) e vieni! Seguimi!“ (Mt 19,21). In ogni caso se non vuole
venderli, faccia una carta di donazione ai parenti o al monastero, in
modo che sia libero e non abbia niente di proprio. Se invece vivono
ancora il padre e la madre, e non ha la possibilità di fare ciò, sia
costretto a farlo quando moriranno.
Consegni all’abate qualunque cosa
abbia egli mostri di possedere; non si riservi nulla; e se qualche
parente gli invia qualcosa, lo offra all’abate. Se necessita di averlo,
lo abbia col comando dell’abate; se non gli serve, sia messo in comune
ed affidato a chi serve.
II. Tutto sia comune tra di voi.
III. Nessuno abbia una cella
propria, o un armadietto, o qualunque cosa possa essere richiusa;
soggiornino tutti in uno stesso spazio.
IV. Non giurino; perché il Signore
ha detto: “Non giurate affatto. … Sia invece il vostro parlare: Sì, sì,
No, no“ (Mt 5, 34-37).
V. Chi fosse trovato a mentire,
riceva la giusta punizione; perché: “Una bocca menzognera uccide
l’anima” (Sap 1,11); e ancora: “Tu distruggi chi dice menzogne” (Sal
5,7).
VI. Non calunnino: perché sta
scritto: “I calunniatori non erediteranno il regno di Dio” (1Cor 6,10).
VII. Ciascuno non esegua il lavoro
che vuole, ma quello che gli è stato ordinato.
VIII. Mentre si salmeggia, nessuno
abbia la presunzione di parlare.
|
IX. Ad mensam dum manducant,
nullus loquatur; sed unus legat quemcunque librum: ut sicut corpus
reficitur cibo, ita anima reficiatur Dei verbo, sicut dicit Dominus: Non
autem in solo pane vivit homo, sed ex omni verbo Dei
(Matth. IV) . Qualis est terra sine
[1100B] pluvia, et caro sine cibo, talis est anima si non
reficiatur Dei verbo.
X. Filium de baptismo nullus
excipiat.
XI. Mulieres in monasterio nunquam
ingrediantur. Qui in remoto loco est, signo tacto, ad omne opus Dei
nullus tardius veniat. Si tardius venerit, statim de ferula in manus
accipiat. Arguente abbate, aut praeposito, aut quolibet seniore,
respondere penitus non praesumat.
XII. Lites inter vos non habeatis: sic enim dicit Apostolus: Servum
Domini non oportet litigare, sed mansuetum esse
(II Tim. II) . Certe si excesserit, ut est humana fragilitas, ut
se sermonibus duris exstimulent, Sol non occidat super iracundiam
vestram (Ephes.
IV) . |
IX. Nessuno parli a tavola mentre
si mangia; ci sia invece uno che legge un qualsiasi libro: in modo che
come il corpo si ritempra col cibo, così l’anima si ritempra con la
parola di Dio, come dice il Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma
di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Come è la terra
senza la pioggia, e la carne senza il cibo, tale è l’anima se non si
ritempra con la parola di Dio.
X. Nessuno accetti di fare da
padrino di battesimo a un bimbo.
XI. Le donne non entrino mai in
monastero. Chi si trova in un luogo distante, dopo che è stato dato il
segnale, non arrivi mai tardi ogni qual volta c’è l’ufficio divino. Se
arrivasse tardi, riceva immediatamente un colpo di verga sulla mano.
Rimproverato dall’abate, dal preposito o da qualunque altro anziano, non
abbia per niente la presunzione di rispondere.
XII. Non abbiate liti tra di voi:
così infatti dice l’Apostolo: “Un servo del Signore non deve essere
litigioso, ma mite con tutti” (2 Tm 2,4). In ogni caso se, a causa
dell’umana fragilità, si andasse oltre fino a pungolarsi con dure
parole, non tramonti il sole sopra la vostra ira (Ef 4,26). |
[1100C] XIII. Sed nec ullus
praesumat iratum culpare (oppure, secondo altri manoscritti più
credibili: Sed nec
ullus se praesumat iratum culcare); sed qui se sciunt fecisse quod non
debuerunt, invicem sibi veniam petant, implentes illud Dei mandatum ubi
dicit: Dimittite et dimittetur vobis. Si vos non dimiseritis, nec Pater
vester coelestis dimittet vobis peccata vestra
(Matth. VI) . Ira viri justitiam Dei non operatur
(Jac. I) . Si offers munus tuum ad altare, et recordatus fueris
quia frater tuus habet aliquid adversum te, vade prius reconciliari
fratri tuo; et tunc veniens offeres munus tuum
(Matth. V) . Certus esto quia dum iratus es contra alium, oratio
tua non recipitur; nec irato licet communicare. Et ideo implete quod
Dominus dicit: Pacem meam do vobis, pacem meam dimitto vobis
(Joan. XIV) . In hoc cognoscent omnes homines quod mei discipuli
estis, si vos invicem diligitis
(Ibid., XIII) .
[1100D] Dixit amplius Joannes: Qui odit fratrem suum, in tenebris est,
et in tenebris ambulat. Qui odit fratrem suum, homicida est. Charitas
Deus est; qui manet in charitate, Deus in eo manet
(I Joan. III) . Et qui inimicos jubemur diligere, et bene eis
facere, qua fronte fratres odimus?
XIV. Omni tempore usque ad tertiam
legant; post tertiam unusquisque sibi opera injuncta faciat.
XV. Nullus occulte aliquid
accipiat, praecipue epistolas
[1101A] sine scientia abbatis nullus accipiat nec transmittat.
|
XIII. Ma nessuno abbia la
presunzione di incolpare con sentimento di rabbia ( oppure, secondo
altri manoscritti più credibili: Ma nessuno
osi coricarsi in stato di collera); ma coloro che sanno di aver fatto
qualcosa che non dovevano, si chiedano scusa a vicenda, compiendo quel
comando di Dio quando dice: “Perdonate e sarete perdonati” (Lc 6,37). Se
voi non perdonerete, neanche il Padre vostro che è nei cieli perdonerà i
vostri peccati (Mt 6,15). L’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto
davanti a Dio. (Gc 1,20). Se dunque tu presenti la tua offerta
all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di
te, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire
il tuo dono. (Mt 5,23-24). Sappi che quando tu sei adirato contro un
altro, la tua preghiera non è accolta ; e chi è adirato neppure si può
comunicare. Dunque mettete in pratica ciò che dice il Signore: “Vi
lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). E ancora: “Da questo
tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli
altri” (Gv 13,35).
Dice in modo più ampio Giovanni:
“Chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre” (1 Gv
2,11), “Chiunque odia il proprio fratello è omicida” (1 Gv 3,15) e :
“Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”
(1 Gv 4,16). E noi che siamo stati comandati di amare i nemici e di fare
loro del bene, con quale faccia tosta odiamo i fratelli?
XIV. In ogni stagione leggano fino
all’ora terza; dopo la terza ora ognuno compia il lavoro che gli è stato
assegnato.
XV. Nessuno accetti qualcosa di
nascosto. In particolare nessuno riceva o trasmetta delle lettere senza
che l’abate lo sappia.
|
XVI. Victum et vestimenta abbas
ministret. Quia sicut sancitum ut nihil proprium habeant, ita justum est
ut omnes quae necessaria fuerint a sancto abbate accipiant.
XVII. Infirmi tractentur, ut citius convalescant.
XVIII. Omne ministerium cum bona voluntate facite, ut impleatis illud:
Voluntarie sacrificabo tibi
(Psal. LIII) : quia satis alta merces erit illius qui voluntarie, quam
illius qui invitus facit quod jubetur. |
XVI. L’abate provveda a
distribuire il cibo e i vestiti. Poiché come è cosa santa che non
abbiano niente di proprio, così è giusto che tutti ricevano dal santo
abate ciò che è necessario.
XVII. Gli infermi siano curati in
modo che guariscano in fretta.
XVIII. Eseguire tutti i compiti
assegnati con buona volontà, in modo da realizzare pienamente queste
parole: “Ti offrirò un sacrificio spontaneo” (Sal 54,8): poiché vi sarà
un premio molto più lauto per colui che compie spontaneamente ciò che
gli è stato comandato rispetto a chi lo compie di malavoglia. |
XIX. Contendite intrare per
angustam portam, quia arcta et laboriosa via est quae ducit ad vitam,
lata et spatiosa quae ducit ad mortem
(Luc. XIII) . Vos vero sicut certamen habituri eratis, si in
pugna contra [1101B] gentem
aliquam ambulassetis, ut non ibi mortem faceretis; tanto magis in isto
spiritali certamine pugnate, ut non vos adversarii animae percutiant.
Quanta vitia habueritis, tantos habebitis adversarios; et ideo certate
sicut milites Christi, ut cum ipso regnetis in coelis, qui dixit: Si
quis tulerit crucem suam et secutus me fuerit: si quis reliquerit patrem,
matrem, uxorem, filios et facultates, centuplum accipiet, et vitam
aeternam possidebit (Matth.
XIX).
Hoc certamen habete inter vos,
qui alterum vincat per humilitatem, per charitatem: qui sit minor; qui
sit in opus Dei vigilantior; qui patientiam habeat majorem; qui sit
tacitus, mitis, blandus, compunctus: ut laetetur Deus et angeli ejus de
vestra sancta conversatione, et confundatur diabolus hostis antiquus;
qui semper [1101C] cogitat
miserum hominem contra Dei facere voluntatem, ne sit ibi unde ille pro
sua praesumptione jactatus est: Sic currite ut apprehendatis
(I Cor. IX) , et possitis dicere: Viam mandatorum tuorum cucurri
(Psal. CXVIII) . Videte, fratres, quomodo caute ambuletis; non
quasi insipientes: redimentes tempus, quoniam
[1102A] dies mali sunt. Propterea nolite fieri imprudentes, sed
intelligentes quae sit voluntas Dei. Et nolite inebriari vino, in quo
est luxuria, sed implemini Spiritu sancto, loquentes vobismetipsis in
psalmis, et hymnis, et canticis spiritualibus, cantantes et psallentes
in cordibus vestris Patri et Deo: subjecti invicem in timore Christi
(Ephes.
V) .
|
XIX. Sforzatevi di entrare per la
porta stretta poiché (Lc
13,24), quanto stretta è faticosa è la via che conduce alla vita, tanto
larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione (Mt 7, 13-14).
Voi, dunque, così come intraprendevate una battaglia per non incontrare
la morte, se andavate in guerra contro un popolo straniero; quanto più
combattete in questo in questo combattimento spirituale, affinché gli
avversari della vostra anima non vi trafiggano. Quanto numerosi saranno
i vizi, tanti saranno gli avversari; per questo motivo combattete come
soldati di Cristo, affinché regniate con lui nei cieli, che ha detto:
“Se qualcuno (vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso,) prenda la
sua croce e mi segua” (Mt 16,24) e “Chiunque avrà lasciato ( case, o
fratelli, o sorelle, o) padre, o madre, o figli, o campi per il mio
nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt
19,29).
Gareggiate così tra di voi, che
l’uno superi l’altro in umiltà, in carità: che si faccia più piccolo;
che sia più vigilante nell’ufficio divino; che sia più paziente; che sia
più silenzioso, mite, moderato, contrito: in modo che Dio e i suoi
angeli siano lieti della vostra santa conversione, e che resti confuso
l’antico nemico, il diavolo; lui che sempre spinge il misero uomo ad
agire contro la volontà di Dio, per impedire che giunga là da dove è
stato precipitato per la sua presunzione: “correte anche voi in modo da
conquistarlo (il premio)!” ( 1 Cor 9,24) e possiate dire: “Corro sulla
via dei tuoi comandi” (Sal 119,32). “Fate dunque molta attenzione al
vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo
buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò
sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. E
non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece
ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti
ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore” (Ef
5,15-19): “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri”
(Ef 5,21). |
XX. Vigilias, a mense Octobri usque ad Pascha, duos nocturnos faciant,
et tres missas.
Ab una missa legat frater folia tria, et orate; legat alia tria, et
levet se. |
XX. Alle vigilie si recitino due
notturni e tre serie di letture, dal mese di ottobre fino a Pasqua. Ad
ogni serie un fratello legga tre pagine e poi pregate; ne legga altre
tre e si alzi. |
XXI. Dicite antiphonam,
responsorium et aliam antiphonam; antiphonas ipsas de ordine Psalterii.
Post hoc dicant matutinos, directaneum: Exaltabo te,
Deus meus et Rex meus.
Deinde in ordine totus
matutinarius [1102B] in
antiphonas dicatur. Omni dominica sex missas facite. Prima missa semper
resurrectio legatur, nullus sedeat.
Perfectis missis dicite matutinos, directaneo: Exaltabo te, Deus meus et
Rex meus.
Deinde, Confitemini. Inde, Cantemus Domino. Lauda, anima mea, Dominum.
Benedictionem. Laudate Dominum de coelis. Te Deum laudamus. Gloria in
excelsis Deo, et capitellum.
Omni dominica sic dicatur. |
XXI. Dite un salmo antifonale, un
responsorio e un altro salmo antifonale; questi salmi siano estratti
dall’ordine del salterio. Dopo di ciò dicano il mattutino, (recitando)
direttamente: “O Dio, mio re, voglio esaltarti” (Sal 145,1). Poi
nell’ordine tutto il mattutino con i salmi antifonali. Ogni domenica
fate sei serie di letture. Nella prima si legga sempre “la Resurrezione”
e nessuno si segga. Concluse le letture dite i mattutini, (recitando)
direttamente : “O Dio, mio re, voglio esaltarti” (Sal 145,1). Quindi il
“Confitemini (Sal 119). E poi il “Cantemus Domino”(Es 15,1), il “Lauda
anima mea Dominum” (Sal 146,2), la benedizione, il “Laudate dominum de
coelis” (Sal 149), il “Te Deum laudamus”, il "Gloria in excelsis Deo” e
il versetto. Tutte le domeniche si dicano così. |
XXII. A sancto Pascha usque ad
mensem Septembrem, quarta et sexta tantum jejunandum. A mense Septembre
usque ad Domini Natale, quotidie jejunandum. Iterum ante duas hebdomadas
ante Quadragesimam, quotidie jejunandum; excepta dominica, in qua non
licet penitus jejunare, propter resurrectionem Domini. Si quis die
dominica jejunaverit, peccat.
[1102C] A Domini Natale usque ante duas hebdomadas de
Quadragesima, secunda, quarta et sexta; inde postea usque Pascha, omni
die jejunandum, absque die dominica. Qui dominica jejunat, peccat.
Missus vero in jejunio tres, in prandia [Leg. prandio] vero et in coena
duo tantum praeparentur: in prandio binas biberes et in coena accipiant,
et in jejunio ternas. Ad lectum suum nullus praesumat habere quod
manducetur aut bibatur. |
XXII. Dalla santa Pasqua fino al
mese di settembre si digiuni solo il mercoledì e il venerdì. Dal mese di
settembre fino al Natale del Signore si digiuni ogni giorno. Di nuovo si
digiuni nelle due settimane prima della Quaresima; eccetto la domenica,
in cui non è assolutamente consentito digiunare, a motivo della
Resurrezione del Signore. Se qualcuno digiuna di domenica, pecca. Dal
Natale del Signore fino alle due settimane prima della Quaresima, (si
digiuni) il lunedì, il mercoledì e il venerdì; poi fino a Pasqua, si
digiuni ogni giorno, eccetto la domenica. Chi digiuna la domenica,
pecca. Quando è giorno di digiuno (si servano) tre portate, se invece ci
sono pranzo e cena se ne preparino solo due: a pranzo e a cena si
ricevano due bevande, e in (tempo di) digiuno tre. Nessuno pensi di
tenere accanto al letto qualcosa da mangiare o da bere. |
XXIII. Qui pro aliqua culpa
excommunicatus fuerit, in una cella recludatur, et cum uno seniore ibi
legat, donec jubeatur ad veniam venire.
XXIV. Pullos et carnes nunquam sani accipiant; infirmis quidquid necesse
fuerit ministretur.
XXV. Omni sabbato et omni dominica, vel diebus festis duodecim psalmi,
tres antiphonae, tres lectiones; una de Prophetiis, alia de Apostolo et
tertia de Evangelio dicantur. |
XXIII. Chi sarà scomunicato per
una qualunque colpa, venga chiuso in una cella, e qui legga con un
anziano, finché non gli venga ordinato di venire a chiedere perdono.
XXIV. I sani non ricevano mai
pollame e carne; agli infermi sia fornito ciò che sarà loro necessario.
XXV. Ogni sabato e ogni domenica,
e nei giorni festivi (si dicano) dodici salmi, tre salmi antifonali, tre
letture; una (lettura) dai Profeti, l’altra dall’Apostolo e la terza dai
Vangeli. |
XXVI. Haec licet minus idonei
bellatores arma vobis spiritualia contra ignitas diaboli providemus.
[1103B] Gaudete et exsultate in Domino, venerabiles
filii, et gratias illi jugiter uberes agite, qui vos de tenebrosa
saeculi hujus conversatione ad portum quietis et religionis attrahere et
provocare dignatus est. Cogitate jugiter unde existis, et ubi pervenire
meruistis. Reliquistis fideliter mundi tenebras, et lucem Christi
feliciter videre coepistis. Contempsistis libidinis incendium, et ad
castitatis refrigerium pervenistis; respuistis gulam, et abstinentiam
elegistis; repudiastis avaritiam atque luxuriam, et charitatem vel
misericordiam tenuistis. Et quamvis vobis usque ad exitum vitae non
deerit pugna, tamen Deo donante
[1104A] securi sumus de vestra victoria. Sed rogo vos,
venerabiles filii, ut quantum estis securi de praeteritis, tantum sitis
solliciti de futuris.
Omnia
enim crimina vel peccata cito ad nos revertuntur, si non quotidie bonis
operibus expugnantur. Audite apostolum Petrum dicentem: Sobrii estote,
et vigilate, quia adversarius vester diabolus, tanquam leo rugiens,
aliquid devorare quaerens, circuit
(I Petr. V) . Quandiu in hoc corpore vivimus, die noctuque
Christo adjutore vel duce, contra diabolum repugnemus. Sunt enim aliqui,
quod pejus est, negligentes et tepidi, qui de solo Christianitatis
vocabulo gloriantur, et putant quod illis sufficiat vestem mutasse, et
religionis tantum habitum suscepisse; nescientes illud propheticum:
Fili, accedens ad servitutem Dei, sta in justitia et timore,
[1104B] et praepara animam tuam ad tentationem
(Eccli. II) ; nec sententiam Psalmistae considerantes: Propter
verba labiorum tuorum, ego custodivi vias duras
(Psal. XVI) . Et illud quod Apostolus dixit: Per multas
tribulationes oportet nos intrare in regnum coelorum
(Act. XIV) . Vestes enim saeculares deponere, et religiosas
assumere, unius horae momento possumus; mores vero bonos jugiter
retinere, vel contra male dulces voluptates saeculi hujus, quandiu
vivimus, Christo adjutore, laborare debemus. Quia non qui incoeperit,
sed qui perseveraverit usque ad finem, hic salvus erit
(Marc. XIII) .
|
XXVI. Per quanto noi siamo dei
combattenti non proprio di valore, (tuttavia) vi procuriamo le armi
spirituali contro le saette infuocate del diavolo.
Gioite ed esultate nel Signore,
venerabili figli, e ringraziatelo sempre molto, lui che si è degnato di
attirarvi e di invitarvi dalla tenebrosa vita di questo mondo al porto
della quiete e della vita religiosa. Pensate sempre da dove siete
usciti, e dove avete meritato di giungere. Avete abbandonato con fede le
tenebre del mondo, e avete cominciato a vedere con gioia la luce di
Cristo. Avete disprezzato l’incendio della libidine e siete giunti al
refrigerio della castità; avete rigettato la gola e avete scelto
l’astinenza; avete ripudiato l’avarizia e la lussuria, e avete osservato
la carità e la misericordia. E sebbene non vi mancherà la lotta fino
alla fine della vita, tuttavia siamo sicuri della vostra vittoria grazie
a Dio. Ma vi prego, venerabili figli, che siate così solleciti alle cose
future, così come siete sicuri di quelle passate. Infatti tutte le
nostre colpe e i nostri peccati ricadono in fretta su di noi, se ogni
giorno non vengono sconfitti con le buone opere. Ascoltate l’Apostolo
Paolo che dice: “Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo,
come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1 Pt 5,8). Fino a
quando viviamo in questo corpo combattiamo giorno e notte contro il
diavolo, con l’aiuto e la guida di Cristo. Infatti, e ciò è ancora
peggio, vi sono alcuni negligenti e tiepidi, che si gloriano solo del
nome di cristiani, e pensano che sia loro sufficiente cambiare abito e
accogliere della vita religiosa solo l’aspetto esteriore; non conoscendo
quella parola profetica: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante” (Sir
2,1-2) e non prendendo in considerazione il pensiero del salmista: “Per
riguardo alle parole delle tue labbra, ho percorso vie faticose” (Sal
16,4 Vulg.). E anche ciò che disse l’Apostolo: “Dobbiamo entrare nel
regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (At 14,21). In ogni momento
noi, infatti, possiamo
deporre gli abiti secolari e indossare quelli religiosi; fin quando
viviamo dobbiamo invece sempre conservare i buoni costumi, così come
dobbiamo darci da fare, con l’aiuto di Cristo, contro i maligni e dolci
piaceri di questo mondo. Poiché non colui che avrà iniziato: “Ma chi
avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”
(Mc 13,13) |
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
23 novembre 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net