Sancti
Theodori Studitæ Testamentum |
Testamento di
san Teodoro Studita
[i]
[i] Questo testo è il più antico testamento monastico
regolamentare preservato in greco. |
“Patrologia Greca”, vol. 99, col. 1813-1824 di J.P. Migne 1860 |
(Tradotto dal latino da: “Patrologia
Greca”, vol. 99, col. 1813-1824 di J.P. Migne 1860) |
Sancti ac Deiferi patris
nostri et
confessoris Theodori
Studiensis prœpositi
Testamentum. Legitur autem ante
dormitionem ejus.
I.
Davidicam vocem audiens, Paratus sum, et non sum turbatus:
et iterum, Paratum cor meum, cum assidua miseri corporis
infirmitate captus, non possim vos omnes, filii mei, et fratres, atque
patres sub excessus mei tempus adducere; propterea quod monasteria ista
in diversis locis sita sunt, et quidam præterea
peregre profecti: velut instante jam migrationis ex hac vita meæ
articulo, testamentum hoc vobis prius condere institui; rem congruam
atque utilem me facturum arbitratus; ut cognoscant qui supremam meam
vocem audient, quemadmodum credam et sentiam; et qualem post me futurum
præpositum relinquam; tum ut concordiam inde, pacemque in Christo
servetis, quam ascensurus in cœlos Dominus sanctis discipulis suis et
apostolis reliquit. |
Il Testamento
del nostro santo e ispirato padre e confessore, abate Teodoro Studita,
che fu letto ad alta voce prima del suo riposo finale.
Da quando
questo mio tormentato corpo è caduto in un costante stato di infermità e
non sono più in grado di convocare tutti voi - miei figli, fratelli e
padri - al momento della mia partenza perché i monasteri si trovano in
luoghi diversi ed inoltre perché alcuni di voi progrediscono in paesi
stranieri, ho ascoltato le parole del sacro Davide: "Io
sono pronto e nulla mi tratterrà" (Sal 119(118),60; Volg.); e
ancora: "Il mio cuore è pronto"
(Sal 57(56),7; Volg.). Da quando si è preannunciata l'ora della mia
uscita da questa vita, mi sono affrettato in anticipo a redigere questo
Testamento. Ho pensato che questo fosse un metodo appropriato e
sicuro per voi, al fine di ascoltare la mia ultima voce e discernere
esattamente ciò in cui credo e penso e che tipo di persona lascio come
abate
[i] per succedermi, affinché voi possiate
godere così dell'armonia e della pace in Cristo - quella pace che il
Signore ha lasciato ai suoi santi discepoli e apostoli mentre stava per
ritornare nei cieli (Cfr. Gv 14,27).
[i] Nel testo italiano viene sempre nominato il superiore o
l'abate. Più esattamente si dovrebbe tradurre l'igumeno.
Igumeno o
egumeno o hegumenos (in greco
ἡγούμενος) è il titolo con cui viene indicata la guida di
un monastero nelle Chiese bizantine ed ortodosse, ruolo simile a
quello di abate. Tale termine significa "colui che è in carica",
"la guida" in greco. (Fonte
Wikipedia)
|
De fide.
II. Credo igitur in Patrem, Filium
ac Spiritum sanctum, sanctam et consubstantialem et sempiternam
Trinitatem, sicut baptizatus fui, regeneratus, et consummatus: Deum
Patrem confitens, Deum Filium, Deum Spiritum sanctum, unum tria deitate,
sicut vice versa tria unum subsistentiis. Unus enim est Deus Trinitas,
propter consubstantialitatem, licet distincta sit propter
subsistentiarum distinctionem. Confiteor deinde unum e Trinitate Dominum
nostrum Jesum Christum per immensam erga homines charitatem suam in
carne venisse ad salutem generis nostri, ex sancta et immaculata Deipara
sine humano semine carnem sumpsisse, atque ex utero secundum divinum
oraculum
natura
lege natum esse, duplicem ipsum
exsistentem, totum perfectum deitate, quatenus non immutatum est id quod
erat; et totum perfectum humanitate, quatenus non dimisit quidquam ex eo
quod assumpsit. Eumdem unum juxta hypostasim, sicut in duabus naturis
cognitum, sic in totidem voluntatibus atque operationibus; per quas
divina et humana congruenter operatus est.
Ad
hæc
omnem hæreticæ communionis errorem aversor et abominor, sex sacris
œcumenicis synodis inhærens; necnon illi quæ
in Nicæa civitate iterum contra Christianorum accusatores coacta nuper
fuit, adorans et amplectens venerandas sacrasque imagines Domini nostri
Jesu Christi, Deiparæ, apostolorum, prophetarum, martyrum,
et
omnium sanctorum atque justorum.
Quinetiam sacras istorum intercessiones, quæ
propitium Deum reddunt, exposco: sanctissimas etiam reliquias, ut Dei
gratia refertas, cum fide et timore colo et amplector.
Omnem
quoque divinitus inspiratam Veteris et Novi Testamenti Scripturam
recipio: omniumque item divinorum Patrum, doctorum, et monachorum vitas
et divina scripta. Hoc vero dixerim propter vesanum illum Pamphilum, qui
ex Oriente prodiit, et hos sanctos traduxit, Marcum, inquam, Isaiam,
Barsanuphium, Dorotheum, et Hesychium: non quidem Barsanuphium, et
Isaiam, et Dorotheum, illos qui cum Acephalis coacephali pariter fuerunt
et Decacerati, quod dicebatur, quasi concornes ; quique a beato
Sophronio in ejus libello anathemate damnantur : cum diversi haud dubie
isti fuerint a prædictis, quos ego ex paterna traditione recipio, post
interrogationem Tarasii patriarchæ sanctissimi, aliorumque fide dignorum
hominum, tum indigenarum, tum Orientalium: cum et Barsanuphii imaginem
in sacro magnæ Ecclesiæ Vestiario, una cum Antonio,
Ephraim,
aliisque
sanctis Patribus exstare constet: et in eorum doctrina nullum impietatis
vestigium offenderim: sed e contra, magnum spiritualis animæ compendium:
quoad nimirum per synodicam inquisitionem error quispiam in illis
deprehendatur. Nam si illos ipsos esse liquebit, qui anathemate notati
fuerunt, aut ab iis diversi sint, hæresi tamen illa infectos; anathema
illis, et catathema, et pantanathema a Patre et Filio et Spiritu sancto.
Confiteor
insuper monasticum statum sublimem esse, et excelsum, et angelicum, qui
et peccata omnia expurget absolutæ vitæ perfectione, tum nimirum si ex
divini magnique Basilii asceticorum legibus plene exigatur et non
dimidiata ex parte; ut solent quidam, qui aliqua desumunt, alia, ut
placet, omittunt: ita ut extra tres gradus qui in divina scala ostensi
sunt, vitam hanc legitime ducere non liceat: non servum possidere, non
jumentum sexus feminei quorum utrumque ab instituto alienum est, et
animæ periculosum. Atque hæc ego cursim paucis perstrinxi, neque enim
tempus patitur, ut pluribus exponam, ne quis forte mihi pravam opinionem
attribuat, contra quam recte sentio et doceo. |
Per quanto riguarda la fede.
Pertanto, io
credo nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo - la Trinità santa e
consustanziale e primordiale, [nel cui nome] sono stata battezzato,
rigenerato e perfezionato. Confesso Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito
Santo: le tre Persone sono un solo Dio, così come al contrario un solo
Dio è in tre Persone divine. Perché la Trinità è un solo Dio secondo la
sostanza, sebbene sia divisa dalla distinzione delle persone.
Confesso anche
che una Persona della Trinità, nostro Signore Gesù Cristo, è venuta
nella carne per incommensurabile carità, vale a dire per la salvezza
della nostra umanità, avendo assunto la carne dalla santa e immacolata
Madre di Dio. Nacque dal suo grembo secondo la legge della natura, ma
non da umano seme, come aveva predetto la profezia divina. Questo stesso
Cristo è duplice [in natura], intero e perfetto nella sua divinità in
modo che ciò che egli era non subì alcun cambiamento; intero e perfetto
nella sua umanità in modo che non rinunciò a nulla di ciò che aveva
assunto. Lo stesso Cristo è conforme ad una persona [della Trinità],
così come si manifesta in due nature. In questo modo si manifesta anche
in due volontà ed in due funzioni attraverso le quali agì in accordo con
entrambe le realtà divine ed umane.
Inoltre, seguo
i sei santi ed ecumenici Concili e rifiuto e detesto ogni errore della
società eretica. Seguo anche il Secondo Concilio di Nicea che è stato
recentemente riunito contro gli accusatori di Cristo. Accetto e venero
le immagini sacre e sante di nostro Signore Gesù Cristo, della Madre di
Dio, degli apostoli, dei profeti, dei martiri e di tutti i santi ed i
giusti. Inoltre, chiedo le loro sante intercessioni per propiziare la
Divinità. Con fede e soggezione abbraccio le loro santissime reliquie
piene di grazia divina.
Accetto anche
tutti i libri ispirati a Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento, nonché
le Vite e gli scritti divini di tutti i santi Padri, dottori e monaci.
Lo dico a causa di quel pazzo Pamfilo che venne dall'Oriente e che
calunniò questi santi — intendo Marco, Isaia, Barsanufio, Doroteo e
Esichio
[i]
— ma non i Barsanufio, Isaia e Doroteo
[ii], acefali tra gli acefali
[iii], fautori delle corna
[iv]
di quel mostro che si dice “a dieci corna”
[v]
(Cfr. Dn 7,7-8 e Ap 13,1), considerati anatemi dal santo Sofronio nel
suo libello
[vi]. Questi ultimi individui sono ovviamente
diversi da quegli uomini sopramenzionati che io accetto come parte della
tradizione patristica, dopo aver interrogato il santissimo patriarca
Tarasio [Patriarca di Costantinopoli (784-806)] e di altri uomini
affidabili, sia autoctoni che orientali. Inoltre, l'immagine di
Barsanufio è stata collocata sulla sacra tovaglia dell’altare della
Grande Chiesa (la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli) insieme ai
santi Padri Antonio, Efrem e altri
[vii]. Inoltre, non ho trovato alcuna empietà
nei loro insegnamenti ma, al contrario, un grande profitto per la vita
spirituale. Io li accetterò fino a quando un’indagine sinodale non avrà
dimostrato una loro imputazione. Perché, se proprio questi uomini
dovessero apparire degni di anatema o altri ancora si fossero sottomessi
all'eresia, possano essere anatematizzati e maledetti, considerati
totalmente anatemi dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo.
Inoltre, riconosco che la vita
monastica è sublime ed eccelsa, persino angelica, pura da ogni peccato a
causa del suo modo di vivere perfetto. È chiaro che la vita monastica
deve essere ordinata secondo le Regole Ascetiche del santo Basilio Magno
e non con mezze misure, come sono soliti fare alcuni che scelgono alcune
regole e ne tralasciano altre a loro piacimento. Perché non si può
scegliere di condurre questa vita convenientemente in qualche altra
maniera al di fuori dei tre gradini che sono rivelati nella Scala Divina
[viii]. Né è possibile possedere uno schiavo od
un animale domestico di sesso femminile perché questo sarebbe estraneo
alla professione religiosa e pericoloso per le anime. Ho trattato queste
cose rapidamente dal momento che non c'è tempo per spiegarle
completamente, ma solo per impedire ad alcuni di avere un'opinione
sbagliata su di me, al contrario di ciò che penso e credo veramente.
[i] Marco l'Eremita: (allievo di Giovanni Crisostomo),
oppositore del Nestorianesimo, e superiore di un monastero ad
Ankyra in Galazia (l’attuale Ankara in Turchia), morto qualche
tempo dopo il 430; Isaia: probabilmente Isaia di Scete o Gaza,
monaco egiziano del V secolo che qualche storico ritiene essere
il medesimo monofisita di questo nome condannato di seguito;
Barsanufio: eremita che visse nella lavra (o laura, cioè un
monastero in dimensioni ridotte, una via di mezzo tra un eremo
ed un cenobio) di Serido a Gaza, circa nel 540, ed autore di una
raccolta di lettere spirituali; Doroteo di Gaza, allievo di
Barsanufio, superiore di un monastero palestinese cenobita, e
autore, circa nel 540-60, di trattati ascetici che influenzarono
Teodoro Studita; Esichio, forse Esichio di Gerusalemme
Alcune delle
persone citate qui erano fonti importanti per la dottrina e le
istituzioni della riforma monastica degli Studiti. Il loro
accusatore, Pamfilo, deve probabilmente essere identificato con
il presbitero del VI secolo, Pamfilo di Gerusalemme, autore di
un trattato contro i monofisiti.
[ii] Barsanufio: vescovo monofisita del sesto secolo
condannato da Sofronio; Isaia, monofisita moderato del V secolo
e autore di trattati ascetici; Doroteo: un vescovo monofisita
del VI secolo.
[iii]
Akephaloi,
i "senza testa", un nome per i monofisiti estremi che si
rifiutavano di accettare
l'Enotico o
Henotikon (che significa "strumento di unione" per riunire i
cristiani) rilasciato dall'imperatore Zenone (474-491) nel 482.
[iv]
Allusione a Dan 7,7-8. Le tre corna che si distaccano dalla bestia dalle
dieci corna veduta da Daniele sono un’immagine dei tre eretici
che si sono separati dal resto della setta. (Nota estratta da “Doroteo di Gaza, Scritti e insegnamenti spirituali”, a cura di Lisa
Cremaschi, Edizioni Paoline, 1980)
[v]
Dekakeratos: epiteto derisorio dei Monofisiti.
[vi] Patriarca di Gerusalemme (634-638); il riferimento è alla
sua lettera al Patriarca Sergio (610-638) di Costantinopoli e
che fu letta durante il sesto Concilio Ecumenico di
Costantinopoli nel 681.
[vii] Antonio: monaco egiziano († 356), riconosciuto come il fondatore del monachesimo anacoretico; Efrem il
Siro (†
373), monaco siriaco, considerato il fondatore del monachesimo
siriaco.
[viii] Giovanni Climaco,
La Scala del Paradiso: "Nel suo grande insieme l'istituto
monastico in genere si distingue per tre modi di vivere: lo
stato di chi combatte da solo nel deserto, quello di chi vive in
pace con uno o al più con due, l'altro infine di chi esercita la
pazienza standosene in comunità". (La
scala del Paradiso, a cura di Calogero Riggi, Città Nuova
1995).
Testo latino da
Patrologia Græca Vol.
88, col. 642: “Triplex
omnino est omnis religiosæ et generosæ vitæ ratio; vel ut solus
et solitarius decertando vivas; vel cum uno alterove sodali; vel
ut in cœnobio cum pluribus per patientiam conquiescas”.
|
De præposito.
His autem
ita
constitutis, proximum
est, ut
dicam
de
præposito.
Primum igitur dominum
et
patrem meum ac patrem vestrum relinquo sanctissimum
Reclusum, eumdem et patrem, et lumen, et magistrum. Ille mihi et vobis
præfuit in Domino, caputque nostrum est, quamvis seipsum subduxerit, ob
Christi æmulam humilitatem degens in silentio: cujus ductu ac precibus
confido
vos salvos
fore, si modo congruentem erga illum fidem obedientiamque præbeatis.
Deinde quem ipsi communi calculo divinitus, paterno consilio præeunte,
præficietis. In quo enim consenserit fraternitas universa, et huic ego
libens volensque suffragor. Verum ades, pater ac
frater,
quicunque futurus es: en fidei tuæ trado in oculis Dei, electorumque
angelorum ejus, totam in Christo fraternitatem, ut eam suscipias. At
quomodo accipies? quo pacto reges? qua ratione custodies? Tanquam agnos
Christi, tanquam membra
tua charissima,
fovens,
procurans, et diligens unumquemque, juxta æquam charitatis mensuram;
quoniam ex æquo membra corporis diligit unusquisque.
Aperi viscera tua in commiseratione: Introduc omnes in misericordia: lacta
illos: reforma illos: perfice illos in Domino. Acue mentem tuam
prudentia, excita diligentiam fortitudine: confirma pectus fide ac spe:
præcurre illis ad omne opus bonum; propugna adversus spiritales
inimicos: defende, dirige; perduc illos ad virtutis sedem: divide illis
terram tranquille affectuum vacuitatis. Propterea mandata
hæc
tibi do, quæ observare necessario debes. |
Per quanto riguarda il Superiore
Dopo aver così
trattato questi punti, ora mi rimane da parlare del superiore. Io
lascio, dunque, al primo posto il signore, mio e vostro padre, il
santissimo Recluso
[i] che è padre, luminare e maestro.
Quest'uomo
è
stato posto nel Signore davanti a me ed a voi ed è stato stabilito come
nostro capo anche se si è ritirato per perfezionare la sua umiltà in
solitudine imitando Cristo. Attraverso le sue indicazioni e la sua
preghiera confido che sarete salvati, se davvero da parte vostra gli
mostrerete la necessaria docilità ed obbedienza. Successivamente, voi
eleggerete qualcuno con un voto comune in modo divino e secondo le
modalità stabilite dai Padri
[ii], poiché il mio desiderio è di sostenere
chiunque la comunità ritenga opportuno.
Ma ora, padre
mio e fratello mio, chiunque tu sia, davanti a Dio ed ai suoi angeli
[iii] eletti ti affido tutta la comunità (dei
fratelli) in Cristo affinché tu la possa ricevere. Ma come dovrai
accettarla? In che modo dovrai guidarla? In che modo dovrai proteggerla?
Come agnelli di Cristo! Come le tue care membra! Abbi cura di loro e
rispettali, amandoli ciascuno con uguale misura di carità, poiché ogni
uomo ama le membra del suo corpo allo stesso modo.
Apri il tuo
cuore in segno di compassione, accoglili tutti in misericordia. Nutrili,
rigenerali, rendili perfetti nel Signore. Affina la tua comprensione con
prudenza; risveglia la tua volontà con coraggio; rendi il tuo cuore
saldo nella fede e nella speranza. Precedili in ogni buon lavoro,
difendili contro i nemici spirituali, proteggili, dirigili. Conducili al
luogo della virtù, dona loro in eredità la terra dell’impassibilità.
Ecco perché ti
dono questi comandamenti che dovrai necessariamente mantenere.
[i] Si tratta di
Platone abate del monastero di Sakkudion in Bitinia
(†
814), zio materno e padre spirituale di Teodoro.
Questa citazione pone la data di questo testamento prima della
morte di Platone.
[ii] Il testo greco lascia dei dubbi sull’aggettivo “paterno”.
Potrebbe essere riferito ai Padri, come in questa traduzione,
oppure al padre, ovvero l’abate.
[iii] Come nel rituale della professione monastica, gli angeli
sono i testimoni della designazione dell’abate.
|
Mandata præposito tradita.
1. Non
igitur immutabis, absque
urgente necessitate,
formam
et
regulam, quam
ab
humilitate mea in omnibus
accepisti.
2. Non
possidebis ex mundo hoc quidquam: nec tibi ipsi proprie repones vel
unicum argenteum.
3. Non
divides animum et cor tuum aliis curis et sollicitudinibus, propter eos
qui tibi a Deo commissi, et a me traditi sunt, spiritales filios et
fratres tuos. Non erogabis in tuos olim secundum carnem aut propinquos,
aut amicos, aut sodales ex proprii monasterii rebus quidquam, nec
vivens, nec post mortem, eleemosynæ vel hæreditatis nomine: neque enim
ex sæculo es, ut consortium habeas cum sæcularibus; nisi qui forte ex
cœnobio in ordinem nostrum transierint, atque ita eorum curant geras ad
exemplum sanctorum Patrum.
4. Non
possidebis servum, nec tuos in usus, nec proprii monasterii, nec denique
ad agros, hominem qui ad Dei imaginem factus est: hoc enim solis
sæcularibus concessum est, sicut nuptiæ. Tu vero fratribus tuis unanimis
seipsum famulum animo prestare
debes,
licet externa specie tanquam
Dominus
et
magister
reputere.
5. Nec habeas
jumentum feminei sexus ad ministeria necessaria, tu qui feminis omnino
renuntiasti: neque in monasterio, neque in agris: cum nec quisquam
sanctorum patrum nostrorum usus sit, nec natura ipsa permittat.
6. Non
superveheris equis aut mulis absque necessitate; sed Christi exemplo,
pedibus iter facies. Sin minus, pullus asini erit jumentum tuum.
7. Curabis
omnino, ut inter fratres communia et indivisa sint omnia, et nihil
cujusquam proprii jure dominii, usque ad acum. Tibi vero et anima et
corpus, nec præterea quidquam, æqua lance charitatis divisa sunto in
omnes tuos spiritales filios ac fratres.
8. Non habeas
cum sæcularibus adoptiones aut consiliationes, tu qui mundum fugis ac
nuptias. Non enim reperitur in patribus; et, si repentur, raro: neque id
lex est.
9. Non
epulare cum mulieribus, excepta matre tua secundum carnem, et sorore
tua, sive canonicæ fuerint, sive sæculares: nisi vis aliqua et
necessitas impellat, sicut admonent sancti Patres.
10. Ne
frequens sis in egressibus et circumcursationibus,
proprium ovile deserens sine necessitate: melius enim
est et optabilius, ut vel otiosus in caula degens, servare possis
variabiles et late errantes rationales oves. |
Regole trasmesse per il Superiore
1. Pertanto,
salvo grave necessità, non dovrai alterare affatto la costituzione e la
regola che hai ricevuto dalla mia umiltà
[i].
2. Non
possederai nulla di questo mondo, né conserverai nulla per te come tuo,
nemmeno un pezzo d'argento.
3. Non
dividerai la tua anima ed il tuo cuore per relazioni e preoccupazioni
verso altri uomini al di fuori di quelli che Dio ti ha affidato e che io
ti ho consegnato, quelli che sono diventati i tuoi figli e fratelli
spirituali. Non disporrai delle cose del tuo monastero per coloro che
(sono nel mondo e che) erano un tempo tuoi vicini secondo la carne,
siano essi parenti o amici o compagni. E non farai ciò né in vita né
dopo la morte, né per esigenze della carità né per motivo di eredità.
Perché tu non fai più parte del mondo secolare e quindi non devi avere
comunanza di beni con quelli del mondo. Ma se alcuni volessero passare
dalla vita in società al nostro ordine monastico, allora dovrai
prenderli in considerazione ad imitazione dei santi Padri.
4. Non avrai
uno schiavo né per il tuo uso personale né per il tuo monastero o per i
campi, poiché egli è un uomo creato ad immagine di Dio. Questa facoltà è
concessa solo a coloro che sono nella vita mondana, così come lo è il
matrimonio. È necessario piuttosto per te dedicarti come schiavo in
spirito ai tuoi fratelli spirituali, anche se all’esterno del monastero
tu sei considerato come loro Signore e maestro.
5. Per i
necessari utilizzi non avrai un animale di sesso femminile, poiché hai
rinunciato completamente ad ogni creatura femminile. Non ne avrai uno né
nel monastero né nei campi, come nessuno dei nostri santi padri e come
la non consente natura stessa
[ii].
6. Non
cavalcare cavalli o muli quando non necessario; piuttosto viaggerai a
piedi ad imitazione di Cristo. Se dovesse essere necessario, tuttavia,
la tua bestia da soma sia un puledro d’asino.
7. Vigilerai
sempre affinché tutte le cose nella comunità siano tenute in comune e
siano indivisibili e che nulla sia di proprietà di alcun individuo,
nemmeno un ago. Il tuo corpo e la tua anima, nient'altro, siano
suddivisi in eguaglianza nella carità verso tutti i tuoi figli e
fratelli spirituali.
8. Come
fuggitivo dal mondo e dal matrimonio, non devi designare dei secolari
come fratelli o impegnarti in relazioni spirituali
[iii] con loro poiché tali pratiche non si
trovano nei padri; solo raramente se ne trovano e non costituiscono una
legge.
9. Non cenerai
con donne diverse da tua madre e tua sorella secondo la carne, sia che
si tratti di monache o di laiche. A meno che un importante motivo o
necessità non lo richiedano, come avvertono i santi Padri.
10. Non uscirai
frequentemente e non vagherai senza necessità, abbandonando il tuo
gregge. Perché è desiderabile che tu abbia tempo da trascorrere con il
tuo gregge ed essere in grado di salvare queste pecore dotate di
ragione, ma astute e dedite al randagismo.
[i] Questa frase potrebbe supporre l’esistenza di una regola
scritta del monastero di Studion (o Studios) fin dal tempo di
Teodoro e che non ci è pervenuta.
[ii]
Questa riforma, che sia attribuita a Platone di Sakkudion
secondo Teodoro od a Teodoro stesso secondo l’agiografo Michele,
è stata ripresa nel Testamento di Atanasio l’Atonita (920-1003) ed è ancora in vigore
sul Monte Athos. Normalmente è considerata alla stregua di
un’usanza. Tuttavia, la sua sistematica associazione con la
questione degli schiavi (sia nei due passaggi qui citati così
come nel Testamento di
Atanasio l’Atonita) indica che per Teodoro si tratta
innanzitutto di evitare guadagni economici indotti
dall’allevamento del bestiame.
[iii] Il riferimento è all'adelphopoiia
(l'adozione di un fratello o di una sorella per motivi di mutuo
sostegno) e la synteknia
(legame che si crea fra padre e padrino di un battezzando).
|
11.
Observabis prorsus,
ut
catechesis
ter qualibet hebdomada facias vesperi, vel per temetipsum, vel per alium
quempiam e filiis; quoniam a Patribus traditum est, et salutare.
12. Non
dabis parvum habitum, quem vocant, postea
voluti
magnum: unus enim
est habitus, sicuti
et
baptisma, quemadmodum in more fuit sanctorum Patrum.
13. Non
transilies leges et regulas sanctorum Patrum,
precipue
ante omnes divini magnique
Basilii: sed quidquid facies aut dices, tanquam testimonium habens ex
Scripturis facies, aut ex paterna consuetudine absque mandati divini
prevaricatione.
14. Non
derelinques gregem tuum, ut ad alium transeas; aut ad dignitatem non
revertere, nisi ex consensu et approbatione fraternitatis.
15. Non
ineas amicitiam cum canonica; neque ingrediare monasterium feminarum,
nec solus
colloquare cum
monacha vel sæculari, nisi necessitas trahat; idque cum duabus ab
utraque parte personis astantibus: unius enim, ut aiunt, facilis est
calumnia.
16. Non aperies ostium monasterii
ad intromittendam feminam ullam sine magna necessitate. Si vero potes
citra mutuum aspectum excipere, id quoque minime negligendum.
17. Non statues tibi diversorium,
aut spiritualibus filiis, sæcularem domum, in qua sint etiam mulieres, crebro
accedens:
sed
apud
religiosos viros potius diversare, et transitoria viæ subsidia
capere
studebis.
18. Nou
habebis
in cella tua
discipulum adolescentem,
quo afficiare:
sed ministeria
tua
obeant
diversi
fratres,
et minime
suspecti.
19. Non
uteris
vestimento elaborato et
pretioso, præterquam
sacerdotali;
sed humilibus, Patrum exemplo,
induere,
et
calceabere.
20. Non eris delicatus ac lautus,
neque in privato sumptu tuo, neque in hospitum receptione; tanquam ea
cura distraharis: hoc enim proprium est vitæ voluptariæ. |
11. Baderai
sempre che la catechesi sia fatta tre volte alla settimana ed alla sera
(di tutti i giorni) tramite te stesso o attraverso un altro dei tuoi
figli, poiché questa è la salutare tradizione dei Padri
[i].
12. Non devi
concedere quello che chiamano il piccolo abito e dopo quello grande
perché l'abito, come il battesimo, è uno solo secondo gli usi dei Padri
[ii].
13. Non devi
trasgredire le leggi ed i canoni dei santi Padri, soprattutto quelli del
santo e grande Basilio. Qualunque cosa tu faccia o dica, devi farlo in
accordo con la testimonianza delle Scritture o secondo l’uso dei Padri,
senza trasgredire i comandamenti di Dio.
14. Non devi
lasciare il tuo gregge e trasferirti in un altro o indirizzarti verso
una (più alta) dignità senza l'approvazione della tua stessa comunità.
15. Non devi
avere un'amicizia con una religiosa né entrare in un monastero
femminile. Né parlerai da solo con una monaca od una donna del mondo, a
meno che la necessità in qualche momento ti costringa; ciò avvenga con
due persone presenti da una parte e dall’altra poiché una persona è
facilmente influenzabile, come si suole dire.
16. Non aprirai
la porta del monastero per fare entrare una donna se non è assolutamente
necessario. Se sei in grado di accoglierla con discrezione, non
tralasciare di farlo.
17. Non
stabilirai un alloggio per te od una casa secolare per i tuoi figli
spirituali dove andrete spesso ed in cui ci siano donne. Piuttosto
sceglierai di alloggiare presso uomini pii per le esigenze e le
necessità di spostarti (dal monastero).
18. Non
prendere nella tua cella un giovane allievo di cui disporre, ma fatti
servire da vari fratelli e da una persona al di sopra di ogni sospetto.
19. Non avrai
abiti elaborati e costosi, ad eccezione dell’abito sacerdotale
[iii]. Piuttosto, indosserai umili vestiti e
scarpe ad imitazione dei Padri.
20. Non
spendere prodigalmente né per il tuo stile di vita né per l'accoglienza
degli ospiti. Questo comportamento ti distrarrà (dai tuoi obiettivi)
poiché è proprio di una vita voluttuaria.
[i] Tre importanti catechesi avevano luogo nel monastero di
Studion al mattino, dopo l’ufficio del Mattutino (o delle
Letture o “orthros” nelle Chiese orientali), tutti i mercoledì,
i venerdì e la domenica. Inoltre tutti i giorni il superiore
(l’abate o igumeno) si intratteneva in modo meno formale con i
suoi monaci.
[ii] Teodoro si oppone ad una pratica già diffusa al suo tempo
che distingueva due tappe principali nella professione
monastica, il piccolo ed il grande abito. (Ndt. Ancora oggi i
Monaci Basiliani hanno conservato questa usanza).
[iii] Si noti che l’abate studita è anche sacerdote.
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21. Non recondas aurum in
monasterio tuo, sed quidquid in unoquoque genere redundabit, indigentibus
largire, adaperto atrio tuo, sicut sancti Patres.
22. Non
servabis locum munitum, nec curam geras œconomicam: sed clavis esto tibi
summa cura animarum, ad solvendum et ligandum, juxta Scripturam. Aurum
autem et res usui necessarias committes œconomis, cellariis et cæteris,
ut cuique convenit ex officia: ita nimirum ut omnium habeas potestatem;
et transferas prout præceperis, in hunc vel illum, rationem exigens,
uniuscujusque administrationis.
23.
Non
anteponas
fratrum utilitati personam cujusque alterius hominis eminentis ac
potentis secundum sæculum. Nec refugies pro divinarum legum ac
præceptorum observatione, animam tuam usque ad sanguinem apponere.
24. Non
facies vel ages quidquam ex proprio sensu in re ulla, sive ad animam
spectet, sive ad corpus; primum sine consilio ac voto domini ac Patris
tui: deinde aliorum judicio et pietate præcellentium, prout subjecta res
postulat: uno enim forsitan opus est, aut duobus, aut tribus, aut
pluribus etiam, sicut a Patribus nobis præceptum est.
Hæc omnia et
quæcunque alia accepisti, servabis,
et custodies,
ut bene tibi sit, et recte ambules in Domino.
Contrarium enim absit vel dicere vel
cogitare. |
21. Non
accumulare ricchezze nel tuo monastero, ma condividi la tua abbondanza
di qualunque tipo con coloro che hanno bisogno e che stanno alla tua
porta, come hanno fatto i santi Padri.
22. Non fare il
custode del luogo protetto (dove si custodiscono gli averi) e non
assumere l’impegno di amministrare (i beni del monastero), ma che la tua
chiave sia la massima cura delle anime, per legare e sciogliere (i
peccati) secondo le Scritture (cfr. Mt 16,19). Dovrai affidare il denaro
e le altre cose necessarie agli amministratori, ai cellerari ed altri,
come conviene ad ogni servizio, e tutti senza dubbio sotto la tua
autorità. Trasferirai i compiti a questo o a quello, secondo ciò che ti
sembra opportuno, esigendo un resoconto dei servizi affidati a ciascuno.
23. Non
preferirai al bene della comunità la persona di nessun uomo, eminente e
potente secondo il secolo. Né rinuncerai ad esporre la tua vita fino
allo spargimento di sangue nel proteggere queste leggi e comandi divini.
24. Non fare
nulla e non agire di tua iniziativa, sia che si tratti di una questione
spirituale o fisica di qualsiasi tipo. Innanzitutto, non devi agire
senza il consiglio e la preghiera del tuo signore e Padre; in secondo
luogo, senza il consiglio dei monaci più rispettabili in conoscenza e
prudenza riguardo alla questione posta: perché c'è bisogno di un
consiglio o forse di due, tre o anche più come ci hanno insegnato i
Padri.
Tutti questi
comandi, e tanti altri che tu abbia ricevuto, dovrai custodirli ed
osservarli affinché te ne venga del bene e tu possa prosperare nel
Signore. Lungi da [me] il dire o persino il pensare il contrario.
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Præcepta
fratribus data.
Adeste et
vos, filii mei ac fratres, et audite miserrimam vocem meam.
Suscipite
dominum
prepositum, sicut
elegisti ipsum omnes; nemini enim fas est, ullo modo aliam quampiam
vitam eligere,
preter
quam
sortitus est: et hoc vinculum est a Domino. Amplectimini illum tanquam
successorem meum, cum reverentia et honore intuentes in eum, et
legitimam obedientiæ
regulam erga illum servate, tanquam erga me ipsum, novam ejus in Domino
promotionem minime spernentes, nec plus quidquam in eo requirentes, quam
ei a Spiritu sancto concessum sit: quandoquidem ei sufficit, ut ea
observet, quæ ab humilitate mea præcepta sunt. Quod si diligitis me,
filii mei, mandata mea servate, et pacem inter vos habetote. Angelicum
promissum vestrum incorruptum
custodite,
in
cœlis
ambulantes.
Mundum
odio
habentes,
ad mundi opera ne
convertamini. Solutis vinculis carnalium affectuum, ne in eosdem iterum
impingatis.
Qui omnibus caducis hujus vitæ
illecebris renuntiastis, a præposito vestro studio et obedientiæ
certamine ne resiliatis per ignaviam, risum dæmonibus præbentes.
Ad cursum
obedientiæ usque ad finem insistite; ut immarcescibilem justitiæ coronam
reportetis.
Humilitatem sectantes, voluntatem propriam abnegate, ad ea solum vos
conformantes, quæ a
preposito
vestro
fuerint approbata. Et si quidem hæc scitis, beati eritis, si ad finem
usque illa servabitis. Vos enim martyrum chorus excipiet, coronisque in
regno cœlorum redimiti, sempiternis bonis fruemini. |
Regole affidate ai fratelli
Ora è tempo che
voi, figli e fratelli miei, ascoltiate la mia voce pietosa. Accettate il
signore vostro superiore, così come voi tutti lo avete scelto
[i]. Non è permesso a nessuno in alcun modo di
scegliere per sé stesso un'altra vita diversa da quella stabilita.
Questo è un legame del Signore. Guardatelo con rispetto ed onore ed
abbracciatelo come mio successore
[ii]. Proprio come avete fatto con me, così
anche con lui osservate la regola dell'obbedienza e non disprezzatelo
perché è stato recentemente promosso nel Signore
[iii]. E non aspettatevi qualcosa di più dei
doni che gli sono stati dati dallo Spirito Santo; è sufficiente che lui
mantenga ciò che gli è stato ordinato dalla mia umiltà. Se voi mi amate,
figli miei, osservate i miei comandamenti (cfr. Gv 14,15). Mantenete la
pace tra di voi e, marciando in modo celeste, custodite inviolata la
vostra angelica professione.
Odiate il
mondo, non tornate alle opere del mondo. Essendo stati sciolti dai
legami degli affetti carnali, non legatevi di nuovo ad essi. Avendo
rinunciato a tutti i piaceri ed a tutte le cose deperibili della vita
attuale, non abbandonate per negligenza il vostro impegno prediletto ed
il combattimento dell’obbedienza, diventando lo scherno dei demoni.
Perseverate
sulla strada dell'obbedienza fino alla fine, in modo tale da "ricevere la corona della gloria (di giustizia) che non appassisce"
(cfr. 1 Pt 5,4 e 2 Tm 4,8).
Guidati
dall'umiltà, rinnegate sempre la vostra volontà e conformatevi solo a
ciò che è approvato dal vostro superiore. Se terrete a mente queste cose
e se le custodirete fino alla fine sarete beati. Perché il coro dei
martiri vi accoglierà e, incoronati nel regno dei cieli, godrete dei
beni eterni.
[i] Si tratta di Naucrazio, non più di Platone, designato
successore di Teodoro. Da ciò risulta una datazione del
testamento introno all’anno 826.
[ii]
Si riferisce sempre al successore Naucrazio.
[iii] Sono possibili due interpretazioni: promozione nella
gerarchia monastica (igumeno o abate), oppure nell’ordine
sacerdotale.
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Epilogus.
De cætero,
fratres, valete. Iter enim ingredior, unde reditus non patet: quod omnes
ab ævo ingressi sunt: quod et vos postmodum, hac vita peracta,
ingressuri estis. Ignoro autem, fratres mei, quo pergam, et quale
judicium me maneat, aut quisnam me locus excipiet; opus enim bonum in
conspectu Dei nullum egi, ne unum quidem; at contra reus sum omnis
peccati. Verumtamen lætor et gaudeo, quod ex hoc mundo in cœlum abeo, a
tenebris in lucem, a servitute in libertatem, ab incolatu in veram
habitationem et patriam; a peregrinis et alienis, Incola enim
sunt et peregrinus, sicut omnes patres mei ', ad mea et propria.
Confidentius adhuc dicam, quod ad Dominum meum abeo, ad Dominum ac Deum
meum, quem dilexit anima mea; quem agnovi Patrem, tametsi non colui ut
filius : quem
possedi
præ omnibus, tametsi ut
germanus servus non servivi. Hæc ut insipiens dixi, sed propter vos
dixi, ut propensiores sitis, et oretis pro salute mea : quam ubi adeptus
fuero (ecce ea spondeo in oculis veritatis), non desiturum me
confidenter orare Deum ac Dominum meum pro omnibus vobis, ut bene vobis
sit, ut salvemini, ut impleamini: exspectans unumquemque sigillatim, cum
ex mundo migrabit, ut videam, et excipiam, et amplectar. Fiduciam enim
hanc habeo, quod bonitas ejus in idipsum nos omnes hic servabit et in
futuro sæculo, ejus mandatis obsecutos, ad celebrandam ejus summam
potentiam. Recordamini humilium sermonum meorum, filii. Depositum
custodite: in Christo Jesu Domino nostro, cui gloria et imperium in
sæcula sæculorum. Amen.
Obdormivit
sanctissimus Pater noster et magnus confessor Theodorus, annos natus
sexaginta septem, mense Novembri, undecima die Dominica, hora sexta,
Indict.
quinta,
anno 6335. |
Epilogo
Per il resto,
statemi bene fratelli. Ho intrapreso un viaggio senza ritorno, un
viaggio che hanno percorso tutti nei secoli e che percorrerete anche voi
da qui a poco, dopo aver compiuto i servizi di questa vita. Non so,
fratelli miei, dove sto andando, quale giudizio mi aspetti o quale luogo
mi riceverà, perché non ho completato una sola ed unica buona opera
davanti a Dio. Piuttosto sono responsabile di ogni peccato. Tuttavia, mi
rallegro e sono contento di andare da questo mondo verso il cielo,
dall'oscurità alla luce, dalla schiavitù alla libertà, da una terra
straniera alla vera dimora nella terra paterna, da paesi forestieri ed
appartenenti ad altri - perché …
io sono forestiero, ospite come tutti i miei padri (cfr. Sal
39(38),12) – verso la mia patria. Ancora più coraggiosamente dichiaro
che ritornerò al mio Maestro, al mio Signore ed al mio Dio che la mia
anima ha amato e che io ho riconosciuto come Padre, anche se non l'ho
onorato come figlio. L'ho acquisito rinunciando a tutto, anche se non
l'ho servito come un servitore fedele. Ho parlato di queste cose come
uno sciocco, ma le ho dette per voi affinché voi mi siate più benevoli e
preghiate per la mia salvezza. Se la realizzerò vi do la mia parola in
verità che non tacerò, ma supplicherò coraggiosamente il mio Signore e
Maestro per tutti voi affinché voi stiate bene, siate salvi e vi
moltiplichiate. Mi aspetto di vedere, accogliere ed abbracciare ognuno
di voi quando vi allontanerete dal mondo. Perché ho fiducia che la sua
bontà, oggi come allora, ci conserverà tutti anche nel secolo a venire,
avendo osservato i suoi comandamenti, per cantare le lodi della sua
santa potenza. Figli miei, ricordate le mie umili parole. Custodite ciò
che vi è stato affidato (Cfr. 1 Tm 6,20): in Cristo Gesù, nostro
Signore, in cui è gloria e potere nei secoli dei secoli, Amen.
All’età di sessantasette anni, il nostro santissimo
Padre e grande confessore Teodoro si addormentò nel mese di novembre,
l'undicesimo giorno, di domenica, alla sesta ora, nella quinta indizione
[i],
nell'anno (del mondo) 6335
[ = 826 d.C.].
[i] Indizione Periodo di tempo della durata di quindici anni.
Fu formalizzato a partire da Diocleziano (la prima indizione
risale al 297-298 o forse dal 313 con Costantino) per l’esazione
di tributi e poi restò in uso come elemento di datazione per
tutto il Medioevo. Era espressa con un numero ordinale (per es.
«indizione quinta») che indicava il posto dell’anno all’interno
di tale ciclo quindicennale, i cui anni erano numerati da 1 a
15. Benché i cicli stessi non venissero numerati, l’indizione
divenne, dal 4° sec. in poi, uno degli elementi cronologici più
importanti nei documenti pubblici e privati, la cui assenza nel
Basso Medioevo poteva invalidare il documento stesso. |
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Note estratte da:
- “Le Testament
de Théodore Stoudite: édition critique et traduction » a cura di
Olivier Delouis. Revue des études
byzantines, tome 67, 2009. pp.77-109.
- "Byzantine
monastic foundation documents" Vol. 1, Edited by John Thomas and
Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks 2000. |
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7 giugno 2020 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net