Testamento di san Teodoro Studita [1]

(Tradotto dal latino da: “Patrologia Greca”, vol. 99, col. 1813-1824 di J.P. Migne 1860)

Testo latino con italiano a fronte


Il Testamento del nostro santo e ispirato padre e confessore, abate Teodoro Studita, che fu letto ad alta voce prima del suo riposo finale.

Da quando questo mio tormentato corpo è caduto in un costante stato di infermità e non sono più in grado di convocare tutti voi - miei figli, fratelli e padri - al momento della mia partenza perché i monasteri si trovano in luoghi diversi ed inoltre perché alcuni di voi progrediscono in paesi stranieri, ho ascoltato le parole del sacro Davide: "Io sono pronto e nulla mi tratterrà" (Sal 119(118),60; Volg.); e ancora: "Il mio cuore è pronto" (Sal 57(56),7; Volg.). Da quando si è preannunciata l'ora della mia uscita da questa vita, mi sono affrettato in anticipo a redigere questo Testamento. Ho pensato che questo fosse un metodo appropriato e sicuro per voi, al fine di ascoltare la mia ultima voce e discernere esattamente ciò in cui credo e penso e che tipo di persona lascio come abate [1] per succedermi, affinché voi possiate godere così dell'armonia e della pace in Cristo - quella pace che il Signore ha lasciato ai suoi santi discepoli e apostoli mentre stava per ritornare nei cieli (Cfr. Gv 14,27).

 

Per quanto riguarda la fede.

Pertanto, io credo nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo - la Trinità santa e consustanziale e primordiale, [nel cui nome] sono stata battezzato, rigenerato e perfezionato. Confesso Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo: le tre Persone sono un solo Dio, così come al contrario un solo Dio è in tre Persone divine. Perché la Trinità è un solo Dio secondo la sostanza, sebbene sia divisa dalla distinzione delle persone.

Confesso anche che una Persona della Trinità, nostro Signore Gesù Cristo, è venuta nella carne per incommensurabile carità, vale a dire per la salvezza della nostra umanità, avendo assunto la carne dalla santa e immacolata Madre di Dio. Nacque dal suo grembo secondo la legge della natura, ma non da umano seme, come aveva predetto la profezia divina. Questo stesso Cristo è duplice [in natura], intero e perfetto nella sua divinità in modo che ciò che egli era non subì alcun cambiamento; intero e perfetto nella sua umanità in modo che non rinunciò a nulla di ciò che aveva assunto. Lo stesso Cristo è conforme ad una persona [della Trinità], così come si manifesta in due nature. In questo modo si manifesta anche in due volontà ed in due funzioni attraverso le quali agì in accordo con entrambe le realtà divine ed umane.

Inoltre, seguo i sei santi ed ecumenici Concili e rifiuto e detesto ogni errore della società eretica. Seguo anche il Secondo Concilio di Nicea che è stato recentemente riunito contro gli accusatori di Cristo. Accetto e venero le immagini sacre e sante di nostro Signore Gesù Cristo, della Madre di Dio, degli apostoli, dei profeti, dei martiri e di tutti i santi ed i giusti. Inoltre, chiedo le loro sante intercessioni per propiziare la Divinità. Con fede e soggezione abbraccio le loro santissime reliquie piene di grazia divina.

Accetto anche tutti i libri ispirati a Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento, nonché le Vite e gli scritti divini di tutti i santi Padri, dottori e monaci. Lo dico a causa di quel pazzo Pamfilo che venne dall'Oriente e che calunniò questi santi — intendo Marco, Isaia, Barsanufio, Doroteo e Esichio [2] — ma non i Barsanufio, Isaia e Doroteo [3], acefali tra gli acefali [4], fautori delle corna [5] di quel mostro che si dice “a dieci corna” [6] (Cfr. Dn 7,7-8 e Ap 13,1), considerati anatemi dal santo Sofronio nel suo libello [7]. Questi ultimi individui sono ovviamente diversi da quegli uomini sopramenzionati che io accetto come parte della tradizione patristica, dopo aver interrogato il santissimo patriarca Tarasio [Patriarca di Costantinopoli (784-806)] e di altri uomini affidabili, sia autoctoni che orientali. Inoltre, l'immagine di Barsanufio è stata collocata sulla sacra tovaglia dell’altare della Grande Chiesa (la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli) insieme ai santi Padri Antonio, Efrem e altri [8]. Inoltre, non ho trovato alcuna empietà nei loro insegnamenti ma, al contrario, un grande profitto per la vita spirituale. Io li accetterò fino a quando un’indagine sinodale non avrà dimostrato una loro imputazione. Perché, se proprio questi uomini dovessero apparire degni di anatema o altri ancora si fossero sottomessi all'eresia, possano essere anatematizzati e maledetti, considerati totalmente anatemi dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo.

 Inoltre, riconosco che la vita monastica è sublime ed eccelsa, persino angelica, pura da ogni peccato a causa del suo modo di vivere perfetto. È chiaro che la vita monastica deve essere ordinata secondo le Regole Ascetiche del santo Basilio Magno e non con mezze misure, come sono soliti fare alcuni che scelgono alcune regole e ne tralasciano altre a loro piacimento. Perché non si può scegliere di condurre questa vita convenientemente in qualche altra maniera al di fuori dei tre gradini che sono rivelati nella Scala Divina [9]. Né è possibile possedere uno schiavo od un animale domestico di sesso femminile perché questo sarebbe estraneo alla professione religiosa e pericoloso per le anime. Ho trattato queste cose rapidamente dal momento che non c'è tempo per spiegarle completamente, ma solo per impedire ad alcuni di avere un'opinione sbagliata su di me, al contrario di ciò che penso e credo veramente.

 

Per quanto riguarda il Superiore

Dopo aver così trattato questi punti, ora mi rimane da parlare del superiore. Io lascio, dunque, al primo posto il signore, mio e vostro padre, il santissimo Recluso [10]  che è padre, luminare e maestro. Quest'uomo è stato posto nel Signore davanti a me ed a voi ed è stato stabilito come nostro capo anche se si è ritirato per perfezionare la sua umiltà in solitudine imitando Cristo. Attraverso le sue indicazioni e la sua preghiera confido che sarete salvati, se davvero da parte vostra gli mostrerete la necessaria docilità ed obbedienza. Successivamente, voi eleggerete qualcuno con un voto comune in modo divino e secondo le modalità stabilite dai Padri [11], poiché il mio desiderio è di sostenere chiunque la comunità ritenga opportuno.

Ma ora, padre mio e fratello mio, chiunque tu sia, davanti a Dio ed ai suoi angeli [12] eletti ti affido tutta la comunità (dei fratelli) in Cristo affinché tu la possa ricevere. Ma come dovrai accettarla? In che modo dovrai guidarla? In che modo dovrai proteggerla? Come agnelli di Cristo! Come le tue care membra! Abbi cura di loro e rispettali, amandoli ciascuno con uguale misura di carità, poiché ogni uomo ama le membra del suo corpo allo stesso modo.

Apri il tuo cuore in segno di compassione, accoglili tutti in misericordia. Nutrili, rigenerali, rendili perfetti nel Signore. Affina la tua comprensione con prudenza; risveglia la tua volontà con coraggio; rendi il tuo cuore saldo nella fede e nella speranza. Precedili in ogni buon lavoro, difendili contro i nemici spirituali, proteggili, dirigili. Conducili al luogo della virtù, dona loro in eredità la terra dell’impassibilità.

Ecco perché ti dono questi comandamenti che dovrai necessariamente mantenere. 

 

Regole trasmesse per il Superiore

1. Pertanto, salvo grave necessità, non dovrai alterare affatto la costituzione e la regola che hai ricevuto dalla mia umiltà [13].

2. Non possederai nulla di questo mondo, né conserverai nulla per te come tuo, nemmeno un pezzo d'argento.

3. Non dividerai la tua anima ed il tuo cuore per relazioni e preoccupazioni verso altri uomini al di fuori di quelli che Dio ti ha affidato e che io ti ho consegnato, quelli che sono diventati i tuoi figli e fratelli spirituali. Non disporrai delle cose del tuo monastero per coloro che (sono nel mondo e che) erano un tempo tuoi vicini secondo la carne, siano essi parenti o amici o compagni. E non farai ciò né in vita né dopo la morte, né per esigenze della carità né per motivo di eredità. Perché tu non fai più parte del mondo secolare e quindi non devi avere comunanza di beni con quelli del mondo. Ma se alcuni volessero passare dalla vita in società al nostro ordine monastico, allora dovrai prenderli in considerazione ad imitazione dei santi Padri.

4. Non avrai uno schiavo né per il tuo uso personale né per il tuo monastero o per i campi, poiché egli è un uomo creato ad immagine di Dio. Questa facoltà è concessa solo a coloro che sono nella vita mondana, così come lo è il matrimonio. È necessario piuttosto per te dedicarti come schiavo in spirito ai tuoi fratelli spirituali, anche se all’esterno del monastero tu sei considerato come loro Signore e maestro.

5. Per i necessari utilizzi non avrai un animale di sesso femminile, poiché hai rinunciato completamente ad ogni creatura femminile. Non ne avrai uno né nel monastero né nei campi, come nessuno dei nostri santi padri e come la non consente natura stessa [14].

6. Non cavalcare cavalli o muli quando non necessario; piuttosto viaggerai a piedi ad imitazione di Cristo. Se dovesse essere necessario, tuttavia, la tua bestia da soma sia un puledro d’asino.

7. Vigilerai sempre affinché tutte le cose nella comunità siano tenute in comune e siano indivisibili e che nulla sia di proprietà di alcun individuo, nemmeno un ago. Il tuo corpo e la tua anima, nient'altro, siano suddivisi in eguaglianza nella carità verso tutti i tuoi figli e fratelli spirituali.

8. Come fuggitivo dal mondo e dal matrimonio, non devi designare dei secolari come fratelli o impegnarti in relazioni spirituali [15] con loro poiché tali pratiche non si trovano nei padri; solo raramente se ne trovano e non costituiscono una legge.

9. Non cenerai con donne diverse da tua madre e tua sorella secondo la carne, sia che si tratti di monache o di laiche. A meno che un importante motivo o necessità non lo richiedano, come avvertono i santi Padri.

10. Non uscirai frequentemente e non vagherai senza necessità, abbandonando il tuo gregge. Perché è desiderabile che tu abbia tempo da trascorrere con il tuo gregge ed essere in grado di salvare queste pecore dotate di ragione, ma astute e dedite al randagismo.

11. Baderai sempre che la catechesi sia fatta tre volte alla settimana ed alla sera (di tutti i giorni) tramite te stesso o attraverso un altro dei tuoi figli, poiché questa è la salutare tradizione dei Padri [16].

12. Non devi concedere quello che chiamano il piccolo abito e dopo quello grande perché l'abito, come il battesimo, è uno solo secondo gli usi dei Padri [17].

13. Non devi trasgredire le leggi ed i canoni dei santi Padri, soprattutto quelli del santo e grande Basilio. Qualunque cosa tu faccia o dica, devi farlo in accordo con la testimonianza delle Scritture o secondo l’uso dei Padri, senza trasgredire i comandamenti di Dio.

14. Non devi lasciare il tuo gregge e trasferirti in un altro o indirizzarti verso una (più alta) dignità senza l'approvazione della tua stessa comunità.

15. Non devi avere un'amicizia con una religiosa né entrare in un monastero femminile. Né parlerai da solo con una monaca od una donna del mondo, a meno che la necessità in qualche momento ti costringa; ciò avvenga con due persone presenti da una parte e dall’altra poiché una persona è facilmente influenzabile, come si suole dire.

16. Non aprirai la porta del monastero per fare entrare una donna se non è assolutamente necessario. Se sei in grado di accoglierla con discrezione, non tralasciare di farlo.

17. Non stabilirai un alloggio per te od una casa secolare per i tuoi figli spirituali dove andrete spesso ed in cui ci siano donne. Piuttosto sceglierai di alloggiare presso uomini pii per le esigenze e le necessità di spostarti (dal monastero).

18. Non prendere nella tua cella un giovane allievo di cui disporre, ma fatti servire da vari fratelli e da una persona al di sopra di ogni sospetto.

19. Non avrai abiti elaborati e costosi, ad eccezione dell’abito sacerdotale [18]. Piuttosto, indosserai umili vestiti e scarpe ad imitazione dei Padri.

20. Non spendere prodigalmente né per il tuo stile di vita né per l'accoglienza degli ospiti. Questo comportamento ti distrarrà (dai tuoi obiettivi) poiché è proprio di una vita voluttuaria.

21. Non accumulare ricchezze nel tuo monastero, ma condividi la tua abbondanza di qualunque tipo con coloro che hanno bisogno e che stanno alla tua porta, come hanno fatto i santi Padri.

22. Non fare il custode del luogo protetto (dove si custodiscono gli averi) e non assumere l’impegno di amministrare (i beni del monastero), ma che la tua chiave sia la massima cura delle anime, per legare e sciogliere (i peccati) secondo le Scritture (cfr. Mt 16,19). Dovrai affidare il denaro e le altre cose necessarie agli amministratori, ai cellerari ed altri, come conviene ad ogni servizio, e tutti senza dubbio sotto la tua autorità. Trasferirai i compiti a questo o a quello, secondo ciò che ti sembra opportuno, esigendo un resoconto dei servizi affidati a ciascuno.

23. Non preferirai al bene della comunità la persona di nessun uomo, eminente e potente secondo il secolo. Né rinuncerai ad esporre la tua vita fino allo spargimento di sangue nel proteggere queste leggi e comandi divini.

24. Non fare nulla e non agire di tua iniziativa, sia che si tratti di una questione spirituale o fisica di qualsiasi tipo. Innanzitutto, non devi agire senza il consiglio e la preghiera del tuo signore e Padre; in secondo luogo, senza il consiglio dei monaci più rispettabili in conoscenza e prudenza riguardo alla questione posta: perché c'è bisogno di un consiglio o forse di due, tre o anche più come ci hanno insegnato i Padri.

Tutti questi comandi, e tanti altri che tu abbia ricevuto, dovrai custodirli ed osservarli affinché te ne venga del bene e tu possa prosperare nel Signore. Lungi da [me] il dire o persino il pensare il contrario.

 

Regole affidate ai fratelli

Ora è tempo che voi, figli e fratelli miei, ascoltiate la mia voce pietosa. Accettate il signore vostro superiore, così come voi tutti lo avete scelto [19]. Non è permesso a nessuno in alcun modo di scegliere per sé stesso un'altra vita diversa da quella stabilita. Questo è un legame del Signore. Guardatelo con rispetto ed onore ed abbracciatelo come mio successore [20]. Proprio come avete fatto con me, così anche con lui osservate la regola dell'obbedienza e non disprezzatelo perché è stato recentemente promosso nel Signore [21]. E non aspettatevi qualcosa di più dei doni che gli sono stati dati dallo Spirito Santo; è sufficiente che lui mantenga ciò che gli è stato ordinato dalla mia umiltà. Se voi mi amate, figli miei, osservate i miei comandamenti (cfr. Gv 14,15). Mantenete la pace tra di voi e, marciando in modo celeste, custodite inviolata la vostra angelica professione.

Odiate il mondo, non tornate alle opere del mondo. Essendo stati sciolti dai legami degli affetti carnali, non legatevi di nuovo ad essi. Avendo rinunciato a tutti i piaceri ed a tutte le cose deperibili della vita attuale, non abbandonate per negligenza il vostro impegno prediletto ed il combattimento dell’obbedienza, diventando lo scherno dei demoni.

Perseverate sulla strada dell'obbedienza fino alla fine, in modo tale da "ricevere la corona della gloria (di giustizia) che non appassisce" (cfr. 1 Pt 5,4 e 2 Tm 4,8).

Guidati dall'umiltà, rinnegate sempre la vostra volontà e conformatevi solo a ciò che è approvato dal vostro superiore. Se terrete a mente queste cose e se le custodirete fino alla fine sarete beati. Perché il coro dei martiri vi accoglierà e, incoronati nel regno dei cieli, godrete dei beni eterni.

 

Epilogo

Per il resto, statemi bene fratelli. Ho intrapreso un viaggio senza ritorno, un viaggio che hanno percorso tutti nei secoli e che percorrerete anche voi da qui a poco, dopo aver compiuto i servizi di questa vita. Non so, fratelli miei, dove sto andando, quale giudizio mi aspetti o quale luogo mi riceverà, perché non ho completato una sola ed unica buona opera davanti a Dio. Piuttosto sono responsabile di ogni peccato. Tuttavia, mi rallegro e sono contento di andare da questo mondo verso il cielo, dall'oscurità alla luce, dalla schiavitù alla libertà, da una terra straniera alla vera dimora nella terra paterna, da paesi forestieri ed appartenenti ad altri - perché … io sono forestiero, ospite come tutti i miei padri (cfr. Sal 39(38),12) – verso la mia patria. Ancora più coraggiosamente dichiaro che ritornerò al mio Maestro, al mio Signore ed al mio Dio che la mia anima ha amato e che io ho riconosciuto come Padre, anche se non l'ho onorato come figlio. L'ho acquisito rinunciando a tutto, anche se non l'ho servito come un servitore fedele. Ho parlato di queste cose come uno sciocco, ma le ho dette per voi affinché voi mi siate più benevoli e preghiate per la mia salvezza. Se la realizzerò vi do la mia parola in verità che non tacerò, ma supplicherò coraggiosamente il mio Signore e Maestro per tutti voi affinché voi stiate bene, siate salvi e vi moltiplichiate. Mi aspetto di vedere, accogliere ed abbracciare ognuno di voi quando vi allontanerete dal mondo. Perché ho fiducia che la sua bontà, oggi come allora, ci conserverà tutti anche nel secolo a venire, avendo osservato i suoi comandamenti, per cantare le lodi della sua santa potenza. Figli miei, ricordate le mie umili parole. Custodite ciò che vi è stato affidato (Cfr. 1 Tm 6,20): in Cristo Gesù, nostro Signore, in cui è gloria e potere nei secoli dei secoli, Amen.

All’età di sessantasette anni, il nostro santissimo Padre e grande confessore Teodoro si addormentò nel mese di novembre, l'undicesimo giorno, di domenica, alla sesta ora, nella quinta indizione [22], nell'anno (del mondo) 6335 [ = 826 d.C.].

 

Note estratte da:

- “Le Testament de Théodore Stoudite: édition critique et traduction » a cura di Olivier Delouis. Revue des études byzantines, tome 67, 2009. pp.77-109.

- "Byzantine monastic foundation documents" Vol. 1, Edited by John Thomas and Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks 2000.


[1] Nel testo italiano viene sempre nominato il superiore o l'abate. Più esattamente si dovrebbe tradurre l'igumeno.

Igumeno o egumeno o hegumenos (in greco γούμενος) è il titolo con cui viene indicata la guida di un monastero nelle Chiese bizantine ed ortodosse, ruolo simile a quello di abate. Tale termine significa "colui che è in carica", "la guida" in greco. (Fonte Wikipedia)

[2] Marco l'Eremita: (allievo di Giovanni Crisostomo), oppositore del Nestorianesimo, e superiore di un monastero ad Ankyra in Galazia (l’attuale Ankara in Turchia), morto qualche tempo dopo il 430; Isaia: probabilmente Isaia di Scete o Gaza, monaco egiziano del V secolo che qualche storico ritiene essere il medesimo monofisita di questo nome condannato di seguito; Barsanufio: eremita che visse nella lavra (o laura, cioè un monastero in dimensioni ridotte, una via di mezzo tra un eremo ed un cenobio) di Serido a Gaza, circa nel 540, ed autore di una raccolta di lettere spirituali; Doroteo di Gaza, allievo di Barsanufio, superiore di un monastero palestinese cenobita, e autore, circa nel 540-60, di trattati ascetici che influenzarono Teodoro Studita; Esichio, forse Esichio di Gerusalemme

Alcune delle persone citate qui erano fonti importanti per la dottrina e le istituzioni della riforma monastica degli Studiti. Il loro accusatore, Pamfilo, deve probabilmente essere identificato con il presbitero del VI secolo, Pamfilo di Gerusalemme, autore di un trattato contro i monofisiti.

[3] Barsanufio: vescovo monofisita del sesto secolo condannato da Sofronio; Isaia, monofisita moderato del V secolo e autore di trattati ascetici; Doroteo: un vescovo monofisita del VI secolo.

[4] Akephaloi, i "senza testa", un nome per i monofisiti estremi che si rifiutavano di accettare

l'Enotico o Henotikon (che significa "strumento di unione" per riunire i cristiani) rilasciato dall'imperatore Zenone (474-491) nel 482.

[5] Allusione a Dan 7,7-8. Le tre corna che si distaccano dalla bestia dalle dieci corna veduta da Daniele sono un’immagine dei tre eretici che si sono separati dal resto della setta. (Nota estratta da “Doroteo di Gaza, Scritti e insegnamenti spirituali”, a cura di Lisa Cremaschi, Edizioni Paoline, 1980)

[6] Dekakeratos: epiteto derisorio dei Monofisiti.

[7] Patriarca di Gerusalemme (634-638); il riferimento è alla sua lettera al Patriarca Sergio (610-638) di Costantinopoli e che fu letta durante il sesto Concilio Ecumenico di Costantinopoli nel 681.

[8] Antonio: monaco egiziano ( 356), riconosciuto come il fondatore del monachesimo anacoretico; Efrem il Siro ( 373), monaco siriaco, considerato il fondatore del monachesimo siriaco.

[9] Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso: "Nel suo grande insieme l'istituto monastico in genere si distingue per tre modi di vivere: lo stato di chi combatte da solo nel deserto, quello di chi vive in pace con uno o al più con due, l'altro infine di chi esercita la pazienza standosene in comunità". (La scala del Paradiso, a cura di Calogero Riggi, Città Nuova 1995).

Testo latino da Patrologia Græca Vol. 88, col. 642: “Triplex omnino est omnis religiosæ et generosæ vitæ ratio; vel ut solus et solitarius decertando vivas; vel cum uno alterove sodali; vel ut in cœnobio cum pluribus per patientiam conquiescas”.

[10] Si tratta di Platone abate del monastero di Sakkudion in Bitinia ( 814), zio materno e padre spirituale di Teodoro. Questa citazione pone la data di questo testamento prima della morte di Platone.

[11] Il testo greco lascia dei dubbi sull’aggettivo “paterno”. Potrebbe essere riferito ai Padri, come in questa traduzione, oppure al padre, ovvero l’abate.

[12] Come nel rituale della professione monastica, gli angeli sono i testimoni della designazione dell’abate.

[13] Questa frase potrebbe supporre l’esistenza di una regola scritta del monastero di Studion (o Studios) fin dal tempo di Teodoro e che non ci è pervenuta.

[14] Questa riforma, che sia attribuita a Platone di Sakkudion secondo Teodoro od a Teodoro stesso secondo l’agiografo Michele, è stata ripresa nel Testamento di Atanasio l’Atonita (920-1003) ed è ancora in vigore sul Monte Athos. Normalmente è considerata alla stregua di un’usanza. Tuttavia, la sua sistematica associazione con la questione degli schiavi (sia nei due passaggi qui citati così come nel Testamento di Atanasio l’Atonita) indica che per Teodoro si tratta innanzitutto di evitare guadagni economici indotti dall’allevamento del bestiame.

[15] Il riferimento è all'adelphopoiia (l'adozione di un fratello o di una sorella per motivi di mutuo sostegno) e la synteknia (legame che si crea fra padre e padrino di un battezzando).

[16] Tre importanti catechesi avevano luogo nel monastero di Studion al mattino, dopo l’ufficio del Mattutino (o delle Letture o “orthros” nelle Chiese orientali), tutti i mercoledì, i venerdì e la domenica. Inoltre tutti i giorni il superiore (l’abate o igumeno) si intratteneva in modo meno formale con i suoi monaci.

[17] Teodoro si oppone ad una pratica già diffusa al suo tempo che distingueva due tappe principali nella professione monastica, il piccolo ed il grande abito. (Ndt. Ancora oggi i Monaci Basiliani hanno conservato questa usanza).

[18] Si noti che l’abate studita è anche sacerdote.

[19] Si tratta di Naucrazio, non più di Platone, designato successore di Teodoro. Da ciò risulta una datazione del testamento introno all’anno 826.

[20] Si riferisce sempre al successore Naucrazio.

[21] Sono possibili due interpretazioni: promozione nella gerarchia monastica (igumeno o abate), oppure nell’ordine sacerdotale.

[22] Indizione Periodo di tempo della durata di quindici anni. Fu formalizzato a partire da Diocleziano (la prima indizione risale al 297-298 o forse dal 313 con Costantino) per l’esazione di tributi e poi restò in uso come elemento di datazione per tutto il Medioevo. Era espressa con un numero ordinale (per es. «indizione quinta») che indicava il posto dell’anno all’interno di tale ciclo quindicennale, i cui anni erano numerati da 1 a 15. Benché i cicli stessi non venissero numerati, l’indizione divenne, dal 4° sec. in poi, uno degli elementi cronologici più importanti nei documenti pubblici e privati, la cui assenza nel Basso Medioevo poteva invalidare il documento stesso.


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11 maggio 2020                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net