Typikon 
o Regola Canonica del nostro santo Padre Atanasio dell'Athos, portatore di Dio
Estratto e tradotto dall'inglese da “Byzantine 
monastic foundation documents”, Vol. 
I, edited by John Thomas and Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks Research 
Library and Collection Washington, D.C., 2000
.
 [1.] Coloro che si sforzano di viaggiare 
lungo la risoluta via della vita solitaria e che non deviano nel tentativo di 
raggiungere il loro santo obiettivo, che per purezza di mente, anima e corpo si 
sono condizionati grazie alla brillante illuminazione che viene dallo Spirito 
Santo, finiscono per inondare non solo se stessi di luce o, per dirla più 
correttamente, di un'apparenza divina, ma anche tutti coloro con cui dialogano 
nel mondo. Essi illuminano altre persone di qualsiasi rango o vocazione. Li 
sfidano e li incitano a raggiungere un obiettivo simile, attirandoli e 
attraendoli come la luce di un faro o come una calamita.
[2.] Un ardente sostenitore e amante di questa vita solitaria fu il venerato e 
grande imperatore Niceforo [II Foca (963-969)], famoso per il suo valore e la 
sua virtù, al quale Dio, il mirabile artefice, concesse la ricompensa che 
meritava di sottomettere le città barbare del nemico. Egli avrebbe sigillato le 
sue devote intenzioni con una conclusione adeguata se non fosse stato ostacolato 
da coloro che allora brandivano gli scettri dell'Impero Romano. Spinto, quindi, 
da questo santo zelo, fondò numerosi centri di ascetismo intorno al monte 
Kyminas (nella Bitinia) e vi stabilì dei monaci. Ha generosamente provveduto ai 
loro bisogni in parte con le proprie abbondanti risorse e, con l’intervento dei 
successivi imperatori, ha fornito loro sostegno e assistenza sotto forma di 
sussidi annuali. Li ha dotati con entusiasmo di doni e donazioni ad intervalli 
regolari. In effetti, ha mostrato la stessa generosità nelle sue benignità ai 
monaci sul Monte Olimpo. Anche se non si vestiva con l'abito monastico per il 
motivo che abbiamo menzionato, nondimeno ha superato i monaci che trascorrono la 
loro vita sulla montagna grazie alla sua pratica della virtù, del suo stretto 
controllo sulla sua mente, dei suoi lunghi digiuni, delle sue faticose veglie e 
del suo continuo dormire sulla terra. Ha portato avanti la sua lotta e ha 
controllato i suoi desideri a tal punto che non possiamo nemmeno descriverlo a 
parole.
[3.] Infatti egli veniva regolarmente alla lavra del suo benedetto nipote 
Michele 
[1], il santissimo monaco, che fu anche il 
mio superiore. Questo imperatore, la cui memoria è eterna, è venuto così a 
conoscenza di me e ripose una certa fiducia nel mio umile essere, oltre che un 
affetto spirituale ed un amore inaspettato. Perché non c'era traccia di 
ambiguità o ipocrisia in quell'anima santa ed irreprensibile. Pertanto, questa 
era la sua disposizione verso di me, dal momento che rivelò i suoi pensieri su 
come avrebbe preferito vivere una vita solitaria e su come gli era stato 
impedito dagli imperatori.
[4.] In seguito, dopo che era passato un po' di tempo, non molto tempo dopo che 
io ero partito dal monte Kyminas ed ero passato a quello di Athos, fu comandato 
dal benedetto imperatore Romano [II (959-963)] di guidare una spedizione contro 
gli empi cretesi 
[2], e così (Niceforo) si accampò nell'isola. 
Nonostante fosse impegnato in combattimento, diverse volte mi mandò a chiamare 
per attraversare l'isola dei barbari e così raggiungerlo. Quando mi sono 
rifiutato di muovermi, ha semplicemente inviato più lettere e non ha ceduto fino 
a quando non sono effettivamente andato lì.
[5.] Durante il mio soggiorno con l'imperatore in quest'isola dei barbari, non 
diede tregua alle sue fervide suppliche ed ai suoi sforzi per persuadere il mio 
umile essere a permettere che una lavra fosse costruita partendo dalla mia umile 
cella, in modo che potesse egli stesso giungere sul Monte Athos dopo aver 
portato a termine il compito assegnatogli dal decreto imperiale ed aver 
conquistato la città barbara 
[3]. Se le cose fossero andate bene avrebbe 
rinunciato al mondo ed avrebbe vissuto il tipo di vita che era stata la sua 
scelta fin dal lontano passato. Io non fui facilmente persuaso ad andare 
d'accordo con i suoi piani, perché volevo vivere da solo ed essere lasciato 
solo, continuare nel mio modo abituale ed evitare di essere costantemente 
preoccupato e infastidito da disturbi e distrazioni. Perché pensavo solo alla 
mia salvezza e forse non ero abbastanza sollecito per la salvezza degli altri. 
Ma, sebbene affermassi con fermezza che dovevo tornare proprio al monte Kyminas 
e che non sarei stato in grado di occuparmi di ulteriori rapporti con gli amici, 
il suo entusiasmo non si placò, né le sue suppliche, poiché mi consigliò di 
prendere provvedimenti per portare a buon fine il suo piano.
[6.] Ora poi, dopo tutti i suoi trionfi e vittorie, si stabilì a Costantinopoli, 
mentre io tornavo nella mia cella. Dopo un po' di tempo mandò da me il suo 
servitore, il monaco Metodio. Costui mi trovò nel luogo che mi era stato dato 
dal più benedetto e venerato signore Stefano, a quel tempo
protos (letteralmente: il primo, cioè 
il capo) del Monte Athos, e dal resto dei monaci anziani, secondo la loro 
usanza. Perché quando una persona persevera per due o tre anni sul monte sacro e 
sceglie di condurre una vita solitaria, costui deve ricevere, con la loro 
approvazione, un luogo per sé dove desidera stare. Questo Metodio mi consegnò 
una lettera dell'imperatore e un po' d'oro, pari a sei
litrai
[4]. Poi rimase con me nella mia 
cella per circa sei mesi. Egli fece una grande pressione su di me perché venissi 
incontro ai desideri dell'imperatore, che non aveva ancora assunto quel grado, e 
per far costruire la lavra; ed alla fine accettai. Mentre Metodio era ancora lì, 
abbiamo rapidamente avviato la costruzione e completato le celle per 
l'imperatore, che sono ancora lì fino ad oggi. L'uomo poi se ne andò lietamente 
mentre stavamo intraprendendo la costruzione della chiesa.
[7.] Continuammo i lavori, ma non erano trascorsi quattro mesi quando 
apprendemmo che Niceforo era stato proclamato imperatore ed aveva preso possesso 
del palazzo. Lasciai a metà i lavori della chiesa e mi recai nella capitale. 
Entrando in sua presenza, lo rimproverai fortemente, e pensavo non senza 
ragione. "Gli ordini che mi hai dato riguardavano una cosa," dissi, "ma sembra 
che tu stia pensando e pianificando qualcos'altro, come gli eventi hanno 
dimostrato". Ho trattato l'imperatore più venerato come se fosse in colpa, 
credendo che avrebbe sopportato tutto ciò che avevo da dire umilmente. Ma lui 
rispose difendendosi ostinatamente e mi assicurò sotto giuramento che teneva il 
diadema con totale disprezzo, così come la stessa maestà imperiale. Mi assicurò 
inoltre che non aveva alcun rapporto con sua moglie. Quando il tempo fosse 
propizio, sarebbe sfuggito a tutto ciò che ora è considerato un ostacolo e si 
sarebbe recato sul monte santo e avrebbe adempiuto il patto che aveva fatto al 
Signore. Concluse con questa osservazione: “Non scoraggiarti. Non lasciare la 
chiesa lì costruita solo a metà". Che tutti, quindi, mettano da parte ogni 
pensiero di incredulità e sappiano per certo che, se il Signore, per ragioni che 
solo lui conosce, non avesse decretato di concludere la sua vita con la morte di 
un martire, avrebbe messo un giusto sigillo sul suo patto e sulle sue promesse a 
Dio. “Tutto ciò”, tuttavia, “che 
vuole il Signore lo compie in cielo e sulla terra" (Sal 135(134),6)", come 
dice il profeta.
[8.] Con tale sicurezza, quindi, e confidando nelle sue parole, tornai nella mia 
cella e di nuovo mi concentrai sulla costruzione della chiesa. L'imperatore in 
effetti contribuì con denaro, con spese per vettovaglie e con gli stipendi per 
gli operai che lavoravano duramente per costruire la chiesa. Sicuramente ha dato 
il suo contributo. Tuttavia, rispetto a quanto stavo spendendo, l'importo dato 
dal tre volte benedetto imperatore non mi sembrava sufficiente. La maggior parte 
dei contributi, come se fossero donazioni e requisizioni di prodotti, furono 
dati alla mia umile persona per il completamento della chiesa da altri amanti di 
Cristo. Ma quanto duro lavoro (ho fatto), quante afflizioni ho sofferto, quante 
prove e difficoltà ho sopportato, quante spese ho sostenuto per l'estrazione 
della pietra, lo scavo, l'accumulo di terra, il trasporto di pietre, lo 
sradicamento, il taglio, la rimozione di rami, cespugli e alberi, al fine di 
costruire la santa chiesa della Santissima Madre di Dio
[5] e sistemare l'intera lavra; discutere 
tutto questo in dettaglio richiederebbe più tempo di quello che ho a mia 
disposizione. È sufficiente che solo il Signore sappia esattamente cosa intendo. 
Perché Egli guida dolcemente tutte le cose partendo dalla loro non esistenza.
[9.] C'è un altro piccolo luogo a circa dieci miglia di distanza dalla Lavra, 
scosceso e ricoperto di vegetazione, che è stato chiamato Mylopotamos. Ripulendo 
i boschi e le rocce e livellando il sito, vi ho stabilito lì una chiesa ed 
alcune celle nel nome del santo, grande martire Eustachio (I-II secolo) per 
servire come dipendenza (della Lavra). Ho anche piantato una vigna per fornire 
vino per l'Eucaristia, così che i fratelli che perseverano nel nome del Signore 
nella Lavra e gli ospiti che vi soggiornano possano avere del vino.
[10.] Memore di quell'antico e pertinente precetto dei padri, avrei dovuto 
mantenermi senza distrazioni e senza preoccupazioni. Perché mancanza di 
distrazione significa meno ansie ed essere liberi dall'ansia significa meno 
disturbi e la concordanza di tutto ciò si traduce in uno stato d'essere migliore 
e più perfetto. Molte ragioni, però, hanno portato il mio umile io a questa 
decisione. La riva del mare lungo la montagna era scoscesa e senza porti su 
entrambi i lati, cioè a nord ed a sud, per più di ottanta miglia. La montagna 
ricorda una penisola che si protende verso il mare a forma di croce. Le isole 
del mare, Lemnos, Imbros, Thasos ed le rimanenti sono a grande distanza. Per 
questo motivo, quando arriva l'inverno, una nave non è in grado di navigare 
dalla montagna alla terraferma per procurare le provviste necessarie o di 
risalire da lì fino alla montagna. Non riesce a trovare alcun tipo di ancoraggio 
perché la spiaggia su entrambi i lati non offre riparo. D'altra parte, non c'è 
assolutamente modo per una persona di trasportare le proprie provviste sulla 
terraferma, in parte perché la strada è così lunga ed in parte perché la 
montagna è praticamente impraticabile per gli animali da soma. Dalla terraferma 
alla punta della montagna di fronte al sol levante, dove il mare forma un 
profondo golfo e dove è costruita la lavra, vi è una distanza, più o meno, di un 
centinaio di miglia. Per questo fui spinto a piantare una vigna, perché il 
bisogno doveva essere soddisfatto, soprattutto per l'offerta in chiesa. Perché 
anche se dovessi ammettere che si potrebbe svolgere qualche attività 
commerciale, anche se in realtà è impossibile, considero disonorevole e fuori 
luogo inviare dei monaci a vendere vino nei villaggi e nelle città, trascorrendo 
molto tempo nel visitare persone laiche, nel mescolarsi con loro, soggiornare 
nelle loro case e, a questo proposito, conversare liberamente con le donne e non 
fare alcuno sforzo per fuggire dall’indecenza e dal danno prodotto da tali 
incontri.
[11.] È vero che molti qui sulla montagna si sono occupati di coltivare campi ed 
hanno piantato vigne. Alcuni hanno acquistato quelli già pronti ed hanno 
lavorato duramente per migliorarli e farli sembrare più fiorenti. Ma non li 
consideriamo modelli e probabilmente non lo faremo mai. Tuttavia, considerando 
ciò che è benefico, innocuo e non dannoso per i fratelli assegnati a questi 
servizi, proprio come avrei fatto nel mio caso, sono stato spinto a compiere 
questi passi. In ogni caso abbiamo detto abbastanza riguardo a questi argomenti.
[12.] Il benedetto imperatore amante di Cristo, la cui vita pubblica era degna 
del nome che portava 
[6], mentre era ancora in vita pianificava in 
anticipo per i bisogni e il governo dei fratelli che servivano nella lavra di 
nuova costruzione. Emise una venerata Crisobolla e decretò che il dominio e la 
proprietà 
[7] della [Lavra e] del suo territorio 
dipendevano dalla mia umile persona e dai miei successori, come è chiaramente 
espresso nelle parole della Crisobolla:
"Decretiamo che dopo di noi questa Lavra sarà di proprietà del molto reverendo 
monaco Atanasio e, mentre la mia maestà è ancora in vita, vogliamo che questo 
stesso reverendissimo monaco Atanasio sia il superiore indisturbato degli 
ottanta monaci di questa Lavra e delle 
kellia (celle) intorno alla lavra. Tutto deve essere amministrato da lui 
secondo ciò che è caro a Dio ed in consonanza con la costituzione monastica. 
Dopo la sua morte, se mia maestà sarà ancora in vita, la persona che si è 
distinta in quella stessa Lavra e nelle 
kellia ad essa soggetta e nella quale lo stesso reverendo monaco Atanasio 
prima di morire avrebbe dovuto riporre la sua fiducia, quell'uomo deve essere 
collocato nella posizione di superiore. Ma quando Dio ci chiamerà da questa vana 
vita e ci farà partecipare al comune calice della morte, non vogliamo che nessun 
altro sia nominato superiore di questa Lavra eccetto colui che i monaci della 
Lavra e delle kellia soggette ad 
essa, dopo essersi riuniti e dopo un attento esame, considereranno distinto in 
virtù e capace di esercitare questo ufficio, e lo stabiliranno come superiore. 
In nessuna circostanza permettiamo ad una persona di una diversa lavra o 
monastero di diventare superiore di questa Lavra. Anche dopo la nostra morte non 
vogliamo che a nessuno sia permesso di concedere questa Lavra ad una persona 
laica od ecclesiastica od anche ad un monaco, oppure di assoggettarla ad un 
altro monastero. È nostra volontà e comando che invece rimanga libera ed 
autonoma".
[13.] Questo è ciò che ha decretato quell'anima meravigliosa ed irreprensibile, 
non essendo molto lontana dalle mie opinioni. Nessuno pensi, quindi, che una 
semplice parola fosse inclusa nella Crisobolla senza la mia piena consapevolezza 
ed approvazione, ma era come se gliel'avessi suggerita io. Poiché, quindi, 
secondo l'intento della Crisobolla, mentre era ancora in vita, aveva rimesso 
tutto al mio giudizio, sarei stato io a scegliere come le cose dovevano essere 
gestite, a prendere accordi ed a organizzare le questioni relative a questa 
santissima Lavra. Io dovevo esercitare il dominio e l'autorità come avrei 
voluto. Al meglio delle mie capacità, io dovevo stabilire le norme, fornire un 
ordine regolare e riflettere seriamente sulle modalità in cui l'impresa 
monastica sarebbe meglio servita e metterle in pratica.
[14.] È abbastanza facile immaginare che, dopo che questo uomo benedetto se ne 
fosse andato da questa vita, avrei avuto molta più libertà e autorità, dal 
momento che sarei stato responsabile, nello stabilire regole e norme. Inoltre, 
giunto alla fine della mia vita, dovrei lasciare dietro di me la persona che Dio 
dovrebbe approvare e che mi sia apparsa soddisfacente e degna di questo servizio 
pastorale. Perché stavo pregando che quell'uomo rimanesse in vita, non solo per 
il mio bene, ma affinché la sua invincibile guida servisse il bene comune del 
mondo intero. La mia preghiera era che potessi affidargli i miei affari e quelli 
di questa Lavra in modo che la sua mente profonda e prudente potesse meglio 
gestirli ed ordinarli. Ma quello per cui stavo pregando non è avvenuto come 
avevo sperato, ma come è sembrato buono alla provvidenza di Dio. Al di là di 
ogni mia aspettativa o dubbio, per un giudizio incomprensibile noto a Dio, la 
sua provvidenza si prese cura di fargli scambiare la vita qui per una vita 
serena e più perfetta, e gli concesse il regno dei cieli incontaminato e 
incrollabile come degna ricompensa per le sue molte e grandi fatiche
[8]. Nel frattempo, mi è stato lasciato il 
compito di continuare a vivere questa vita laboriosa e misera, piena com'è di 
innumerevoli avversità.
[15.] Ingiungo, sotto minaccia di condanna, a colui che sarà eletto superiore 
dopo di me, mentre allo stesso tempo lo raccomando ed anche sinceramente lo 
prendo in considerazione, di rimanere vincolato dalla santa, consustanziale, 
immacolata e vivificante Trinità e dal mio umile essere che, quando verrà il suo 
turno di lasciare questa vita deperibile, che non contiene nulla di duraturo o 
stabile, anch’egli possa lasciare dietro di sé un successore per la posizione di 
superiore. Deve essere pienamente sicuro agli occhi di Dio che quest'uomo è 
adatto e capace di assumere quella posizione. Deve essere un uomo che la luce 
delle proprie virtù ponga chiaramente in primo piano e che sia riconosciuto come 
tale dai fratelli più eminenti e più devoti.
[16.] Nel mio caso, ora, ho il dominio assoluto, così che nemmeno una persona 
può negare il mio comando, e tuttavia non ho intenzione di lasciare il mio 
successore senza aver consultato i fratelli. Se, quando si tratta di scegliere 
un superiore, qualcuno, ingannato da pensieri demoniaci e sviato dalla propria 
ostinazione, dovesse promuovere la candidatura di chiunque altro – al di fuori 
di colui che il superiore e l'intera assemblea dei fratelli più preminenti 
avranno giudicato come migliore - e dovesse eleggerlo, e costui dovesse essere 
scoperto a formare fazioni, raduni illegali, divisioni e scismi, costui deve 
essere perseguito e tagliato fuori dalla comunità come un arto malato, come 
colui che non vive nella comunità nel modo inteso da Dio e come colui che non 
cerca ciò che aiuta il suo progresso e da cui trarre veramente beneficio.
[17.] Se accadesse, come è sicuramente possibile, che il superiore muoia mentre 
è lontano dalla Lavra, allora i fratelli preminenti e più devoti, come detto, 
devono riunirsi, analizzare il problema e così arrivare ad una decisione e 
votare. Perché non concediamo questo potere di prendere la decisione a tutti 
indiscriminatamente. Ingiungiamo e comandiamo che il superiore debba essere 
selezionato solo da questa particolare comunità. Non deve essere un uomo che è 
giunto qui da qualche altro monastero, si è formato in modo nuovo in un solo 
giorno e subito dopo sia stato incaricato. Poiché non porta con sé nulla che 
possa aiutare i fratelli nella pratica della virtù, tranne il fatto che vuole 
che votino per lui come loro capo, sebbene non sappiano nulla del suo modo di 
vivere. Che il santo raduno dei fratelli sia certo di ciò, ovvero che riteniamo 
essenziale che un forestiero proveniente da un altro monastero non assuma subito 
la posizione di superiore.
[18.] In effetti, un capitolo della Crisobolla lo proibisce espressamente. "Non 
vogliamo che nessuno sia avanzato alla posizione di superiore di questa Lavra 
tranne quella persona che i monaci della Lavra, dopo un'attenta indagine, 
troveranno eccezionale in virtù e adatta per il compito e la installeranno come 
superiore". Per nessun altro motivo avevo consigliato all'imperatore tre volte 
benedetto di aggiungere questa clausola se non quella di impedire alla Lavra di 
diventare soggetta a qualche altra persona. Né il patriarca né il [capo del]
sakellion (cioè delle finanze), né 
qualsiasi altra persona deve arrogarsi l'autorità di nominare il superiore. La 
Lavra deve rimanere sovrana ed indipendente, come ho detto.
[19.] Perché se fosse permesso che il superiore possa essere nominato da qualche 
forestiero, allora la Lavra finirebbe sotto l'autorità di quella persona. Ma è 
mio giudizio e mio comando che il superiore in quel momento, quando arriverà il 
giorno in cui dovrà andarsene da questa vita, debba avere l'autorità di lasciare 
dietro di sé un uomo più competente e adatto come suo successore per essere 
responsabile dei fratelli. Di conseguenza ho pianificato ciò in anticipo. Ma se 
dovesse accadere che il superiore muoia senza aver designato la persona che 
dovrebbe lasciare come suo successore, allora prescriviamo che i monaci si 
riuniscano, deliberino e prendano una decisione sulla nomina del loro superiore. 
Deve essere sicuramente scelto da questa comunità. Non deve essere un uomo 
giunto qui da qualche altro monastero, formatosi in modo nuovo in un solo giorno 
ed all'improvviso essere messo al comando. Non deve essere uno che non porta 
nulla con sé per aiutare i fratelli nella pratica della virtù, tranne il fatto 
che vuole che votino per lui come loro superiore, sebbene non sappiano nulla del 
suo modo di vivere. Nel caso in cui mi trovassi in difficoltà nella scelta di un 
successore da lasciare come pastore ai fratelli come vorrei, intendo lasciare la 
scelta del superiore al giudizio ed al voto dei monaci.
[20.] Anche questo è incluso nella Crisobolla. In nessun modo ed in nessun 
momento riceviamo una persona da una lavra o da un monastero sconosciuto come 
superiore. Ho portato questo all'attenzione del venerato imperatore ed ho 
suggerito che fosse chiarito nella Crisobolla per evitare qualsiasi malinteso. 
Una persona che riconosciamo come uno sconosciuto che, come è stato chiarito 
sopra, non è stato presente qui alla Lavra, che non è stato visibile tra i 
fratelli, che non ha lottato al loro fianco nelle loro battaglie spirituali e 
meditazioni. (Una persona che) non ha dato alcuna prova della forza della sua 
perseveranza nei servizi, nelle diverse situazioni, nelle osservanze prescritte 
e nelle recitazioni del salterio. Costui, arrivato da poco, quasi fosse oggi, 
come in quella mostruosa favola sui giganti
[9], è lui, di fretta, ad essere messo al 
comando, una persona che è stata formata da qualche altro tipo di direzione 
spirituale, estranea alla nostra e da non prendere sul serio?
[21.] Tuttavia, ho anche pensato che potrebbe essere utile aggiungere questa 
clausola. Una persona che ha perseverato nel nostro monastero e che ha vissuto 
insieme ai fratelli per tre o anche due anni, anche se può essere venuta da noi 
da qualche altro monastero, una persona del genere non la chiamo estranea, ma 
consideratela come un figlio, membro della chiesa e membro della mia comunità. 
Questa persona non è diversa da quelle che ho tonsurato, ma è uguale a loro. In 
ogni modo sono figli onorabili e veri, specialmente quelli che hanno lasciato i 
propri monasteri ed hanno assegnato tutto ciò che avevano alla mia umile 
persona. Uomini come questi li considero figli ed eredi e figli del mio cuore e 
li lascio in comunione con tutta la comunità. Ingiungo quindi a tutti i futuri 
superiori, miei successori, di garantire sotto vincolo di punizione e di 
giurare, secondo il più terribile timore di Dio, che non faranno alcuna 
distinzione tra questi uomini e quelli della Lavra che hanno ricevuto il santo 
abito da noi. Ancor di più, se si distinguono in virtù, devono essere tanto più 
ben disposti verso di loro ed offrire loro l'incoraggiamento appropriato 
corrispondente alla loro virtù, ed allo stesso modo considerarli e mostrar loro 
la preferenza a causa della loro religiosità. Questo è il mio comando per voi.
[22.] Se si osserva che uno di questi monaci, intendo uno di quelli che è venuto 
qui da un monastero diverso, si distingue chiaramente nel monastero ed è 
competente, adatto e dovesse apparire meritevole di guida dei fratelli, allora 
senza esitazione o ulteriori indugi sia lui ad essere incaricato. Non solo il 
superiore che si avvicina alla morte deve testimoniare che vuole lasciarlo come 
suo successore, ma quel monaco deve anche essere scelto da tutti i fratelli 
della Lavra.
[23.] La prescrizione di cui sopra non contraddice né indebolisce in alcun modo 
la clausola della venerata Crisobolla, sebbene le sue parole possano trasmettere 
quell'impressione. Piuttosto, è in piena armonia con essa. Poco prima è stato 
esplicitamente dichiarato che una persona è definita come estranea quando, senza 
seria riflessione e di propria iniziativa, si è trasferita da un altro monastero 
per diventare superiore della Lavra o che la mano dei potenti ha portato con 
l’intenzione di diventare loro i padroni della Lavra. È nostro desiderio che mai 
una persona del genere sia scelta dai fratelli o che essi ne cerchino una che 
non abbia condiviso il loro modo di vivere e sia rimasta in mezzo a loro per 
almeno un anno, come minimo. Ho pensato di dover spiegare queste cose in modo da 
poter rendere molto chiare le intenzioni del più venerato e santissimo 
imperatore a tutti coloro che desiderano leggere il presente testamento ed ho 
esposto chiaramente le mie opinioni sull'oggetto dei miei impegni, l'obiettivo 
per il quale mi sono battuto. A dire il vero, entrambi condividiamo lo stesso 
zelo e la stessa preoccupazione che anche la chiesa non debba essere soggetta ad 
una persona inadatta o non qualificata.
[24.] Oltre a tutte queste cose ingiungo ed ordino ancora una volta al superiore 
ed a tutti i fratelli, dal più grande al più piccolo e dichiaro soggetto a 
penitenza - nel nome del Signore Dio Sovrano di Tutti e della veramente 
santissima Madre di Dio - che non devono parlare con malizia o agire con 
arroganza con qualsiasi pretesto verso coloro che si trasferiscono qui da noi da 
vari monasteri a causa dell'amore di Dio e di noi stessi e che sono stati 
numerati ed elencati tra i fratelli della nostra comunità. Non devono trattarli 
con disprezzo o insultarli come "tonsura forestiera".
[25.] Ho sentito che in certe comunità alcuni uomini insicuri che non hanno 
paura del Signore hanno spesso agito in questo modo. Fanno osservazioni 
offensive come: “Questo individuo è stato tonsurato in un monastero forestiero e 
per questo motivo deve essere disprezzato. Questa persona è del nostro monastero 
e quindi deve essere trattata con rispetto ". Se qualcuno nella nostra Lavra 
dovesse essere scoperto a fare una cosa del genere dopo la mia morte, deve 
essere soggetto alla punizione che abbiamo assegnato nel nome del Signore Dio, 
Sovrano di Tutti, ed il giorno del giudizio possa avere la Madre Santissima di 
Dio che lo condanna, così come il mio umile essere. Perché noi consideriamo 
questa malattia dell'anima più dannosa di una malattia pestilenziale.
[26.] Ma perché chiamarla anche malattia? È un'eresia e la più dannosa delle 
eresie. Perché dividersi e considerare diverso l'abito di alcuni monaci è peggio 
dell'eresia. Quel monaco non appartiene a una razza forestiera; non professa 
un'altra dottrina; la sua anima non è stata creata in un modo diverso dalla 
nostra, né ha un diverso divino Signore. Entrambi i monaci si attengono alla 
sana dottrina ed entrambi appartengono all'unico Cristo e Signore ed alla sua 
chiesa. "Perché del Signore è la terra e 
tutto ciò che essa contiene" (1 Cor 10,26 = Sal 24(23),1), sotto un unico 
sovrano e signore, come ha detto il santo. Cosa rende allora questo monaco 
diverso da quello se non per il luogo in cui ha fatto la sua professione ed ha 
ricevuto l'abito? In realtà, questo non sarà diverso dall'altro per giustificare 
il fatto di chiamare l’uno "tonsurato in casa" e l'altro "tonsura forestiera".
[27.] Ciò per cui viviamo è lo sradicamento della nostra stessa volontà, questo 
è il nostro obiettivo più alto, e concentrarci sulla virtù e sulla comprensione 
del fatto che siamo stati chiamati al dolore, non alle delizie.
Ognuno di noi non deve seguire i propri desideri. Anche se alcuni monasteri 
furono istituiti oltre Cadice e alcuni monaci di quei luoghi visitarono questo 
posto e poi scelsero di essere arruolato tra i nostri fratelli, non li 
chiameremmo forestieri. Perché sono riluttante a designare un monastero come 
forestiero, poiché quella parola mi suggerisce una separazione da Dio.
[28.] Se, come affermano alcuni uomini, il più grande atto di rettitudine, un 
atto che non richiede ulteriore realizzazione o miglioramento, è la concessione 
della tonsura, questo sarebbe sufficiente per tutti e non ci sarebbe 
assolutamente bisogno di nessun altro impegno duro e faticoso. Tuttavia, non 
guarderò di buon occhio il monaco che io stesso ho tonsurato se dovesse 
diventare disattento, pigro e mediocre, anche se approvo uno che è venuto da un 
altro luogo ed è stato vestito con l'abito monastico lì, specialmente se è 
adornato con ogni sorta di virtù eccellenti. Al contrario, questo è il mio 
genuino figlio ed erede e figlio della chiesa. Ma quest'altro che dimora in 
questo luogo, a cui è stata concessa la tonsura ed il taglio dei capelli, ma che 
è privo di virtù, mi è assolutamente forestiero, completamente alieno e nemico 
della chiesa. Perché se tutti apparteniamo all'unico Cristo, come in realtà è 
per sua grazia, e ad una madre, la santa chiesa di Dio; se siamo della stessa 
fede e della stessa professione, allora non vi siano litigi tra voi, e che uno 
non sia chiamato forestiero ed un altro nativo indiscusso. Solo la virtù deve 
essere onorata.
[29.] Ingiungo quindi al superiore ed a quelli dei miei fratelli che ricoprono 
incarichi di comando, nonché ai miei figli e padri, di stare attenti a chiunque 
sia abbastanza incurante da pronunciare insulti di questo tipo contro i 
fratelli. Se una persona del genere, trascinata da qualche impulso fuorviante o 
meschinità di spirito, è così maleducata da insultare un fratello chiamandolo 
"tonsura forestiera ", sia tagliato fuori dalla chiesa, cioè non partecipi dei 
sacri misteri per tre settimane. Non deve entrare ed unirsi ai fratelli ai loro 
pasti comuni, ma deve mangiare da solo, astenendosi dal vino e dall'olio, e così 
fare penitenza. Se davvero dovesse correggersi, in modo che la sua lingua sia 
frenata dal silenzio e la sua mano sia davanti alla sua bocca, allora 
ringraziamo Dio. Se, tuttavia, dovesse essere scoperto di nuovo a pensare tali 
pensieri ed a pronunciare più insulti, allora deve essere completamente tagliato 
fuori dalla Lavra ed espulso come un arto malsano e cancrenoso del corpo della 
chiesa, in modo che la sua malattia e corruzione non possano diffondersi agli 
altri.
[30.] Dopodiché, l'uomo che mi succede a capo della comunità deve essere 
introdotto a quelle cose che è obbligato ad osservare ed a fare.
[= Testamento Teodoro Studita 
(abbrev. Poi in “Test. Teod.”) 
[1]]: Salvo grave necessità, non 
altererai per niente la costituzione e il governo che hai ricevuto dalla mia 
umiltà. [=Test. Teod. [2]]:
Non possederai nulla di questo mondo né
conserverai nulla per te 
stesso come tuo, nemmeno un pezzo d'argento.
[=Test. Teod. [3]]:
Non dividerai la tua anima ed il 
tuo cuore per relazioni e preoccupazioni verso altri uomini al di fuori di 
quelli che Dio ti ha affidato e che io ti ho consegnato, quelli che sono 
diventati i tuoi figli e fratelli spirituali. Non disporrai delle cose del tuo 
monastero per coloro che (sono nel mondo e che) erano un tempo tuoi vicini 
secondo la carne, siano essi parenti o amici o compagni. E non farai ciò né in 
vita né dopo la morte, né per esigenze della carità né per motivo di eredità. 
Perché tu non fai più parte del mondo secolare e quindi non devi avere comunanza 
di beni con quelli del mondo. Ma se alcuni volessero passare dalla vita 
ordinaria al nostro ordine (monastico), allora dovrai prenderli in 
considerazione ad imitazione dei santi Padri.
[31.] [=Test. Teod. [4]]:
Non avrai uno schiavo a te 
affidato né per il tuo uso personale né per il tuo monastero o per i campi, 
poiché egli è un uomo creato ad immagine di Dio. Questa facoltà è concessa solo 
a coloro che sono nella vita mondana, così come lo è il matrimonio.
[=Test. Teod. [5]]:
Per i necessari utilizzi non 
avrai un animale di sesso femminile, poiché hai rinunciato completamente ad ogni 
creatura femminile.
[32] [=Test. Teod. [7]]:
Vigilerai sempre affinché tutte 
le cose nella comunità siano tenute in comune e siano indivisibili e che nulla 
sia di proprietà di alcun individuo, nemmeno un ago. Il tuo corpo e la tua 
anima, nient'altro, siano suddivisi in eguaglianza nella carità verso tutti i 
tuoi figli, fratelli e padri spirituali.
[=Test. Teod. [8]]:
Come fuggitivo dal mondo e dal 
matrimonio, non devi designare dei secolari come fratelli o impegnarti in 
relazioni spirituali con loro. 
[=Test. Teod. [22]]: 
Non fare il custode del luogo 
protetto (dove si custodiscono gli averi) e non assumere l’impegno di 
amministrare (i beni del monastero), ma che la tua chiave sia la massima cura 
delle anime, per legare e sciogliere (i peccati) secondo le Scritture (cfr. Mt 
16,19). Dovrai affidare il denaro e le altre cose necessarie agli 
amministratori, ai cellerari ed altri, come conviene ad ogni servizio, e tutti 
senza dubbio sotto la tua autorità. Insieme ai fratelli più importanti, 
puoi tenere conto di ogni amministrazione e trasferire gli uffici a qualsiasi 
persona tu decida.
[33.] [=Test. Teod. [19]]:
Non avrai abiti molto elaborati 
e costosi. Piuttosto, indosserai abiti e scarpe umili ad imitazione dei 
Padri. [=Test. Teod. [20]]:
Non spendere prodigalmente né 
per il tuo stile di vita né per l'accoglienza degli ospiti. Questo comportamento 
ti distrarrà (dai tuoi obiettivi) poiché è proprio di una vita voluttuaria.
[=Test. Teod. [10]]:
Non uscirai frequentemente e non 
vagherai senza necessità, abbandonando il tuo gregge.
Perché è desiderabile che tu 
abbia tempo da trascorrere con il tuo gregge ed essere in grado di salvare 
queste pecore dotate di ragione, ma astute e dedite al randagismo. 
Senza il dovuto esame, non devi permettere ai fratelli sotto la tua 
responsabilità di andare in viaggio da nessuna parte, specialmente durante la 
stagione invernale. Durante questo periodo, anche quando lo desiderano, 
potrebbero non essere in grado di tornare a causa della difficoltà della 
navigazione. Siate consapevoli del fatto che soggiornare fuori dalla propria 
cella e trascorrere del tempo con le persone del mondo per sua stessa natura 
produce, come dice il grande Antonio, la morte eterna
[10].
[34] [=Test. Teod. [14]]:
Non devi lasciare il tuo gregge 
e trasferirti in un altro o indirizzarti verso una (più alta) dignità.
[=Test. Teod. [17]]:
Non stabilirai un alloggio per 
te od una casa secolare per i tuoi figli spirituali dove andrete spesso ed in 
cui ci siano donne. Piuttosto sceglierai di alloggiare presso uomini pii per le 
esigenze e le necessità di spostarti (dal monastero).
[=Test. Teod. [18]]:
Non prendere nella tua cella un 
giovane allievo di cui disporre, 
poiché ciò può far male ad un (fratello) fragile,
ma fatti servire da vari fratelli e da 
una persona al di sopra di ogni sospetto. Non devi acquistare una 
proprietà o un campo nella Lavra - ciò che sarebbe dannoso e causerebbe 
distrazioni inopportune per la comunità - tranne che una dipendenza nella città 
per fornire un posto dove stare ai nostri fratelli che si recano lì. Ciò che è 
stato lasciato in eredità da me, dalla provvidenza e dalla grazia di Dio, è 
sufficiente per loro se ne hanno cura.
[35.] Non ostacolerai il rifornimento di beni di prima necessità di coloro che 
trascorrono l'inverno nel ricovero vicino al porto per tutti i giorni o mesi in 
cui ne avranno bisogno. Non diminuirai il servizio offerto agli ospiti anche se 
a causa di avversità economiche le risorse e le esigenze della Lavra dovessero 
essere ridotte ad un modios
[11].
[=Test. Teod. [23]]:
Non preferirai al bene della 
comunità la persona di nessun uomo, eminente e potente secondo il secolo. Né 
rinuncerai ad esporre la tua vita fino allo spargimento di sangue nel proteggere 
queste leggi e comandi divini.
[36.] Ordiniamo che oltre agli ottanta monaci, come stabilito per ordine del 
beato imperatore signore Niceforo nella sua venerata Crisobolla, venga aggiunto 
un altro gruppo di quaranta monaci, in modo che con entrambi i gruppi il numero 
totale dei monaci sia centoventi, insieme a quelli che risiedono nella 
dipendenza. Simile alla concessione fatta dal molto benedetto imperatore sovrano 
Niceforo, il sovrano Giovanni [I Zimisce (969-976)], nostro molto venerato 
imperatore, ha aggiunto 244 nomismata 
(monete d’oro) alla donazione fatta regolarmente alla nostra Lavra. Nella sua 
Crisobolla l'imperatore Giovanni decretò che questa somma dovesse essere fornita 
in perpetuo per la nostra Lavra dal prelievo
[12] imposto a Lemno, e nello stesso tempo 
confermò la disposizione generale espressa nella Crisobolla del molto benedetto 
imperatore sovrano Niceforo.
[37.] Di questi centoventi monaci desideriamo che cinque monaci,
kelliotai
[13] della Lavra, dimorino fuori in 
solitudine. Deve essere loro accordato uno stipendio annuale fino a tre
nomismata e cinque
modioi di grano. Ordiniamo che siano 
senza possedimenti, esercitando l'astinenza ed osservando assoluta riverenza ed 
umiltà verso il superiore. Stabiliamo che se qualcuno di loro fosse in grado da 
solo di essere responsabile di un compagno, può avere uno, ed uno solo, 
discepolo. Non voglio che nessuno abbia due discepoli, e ancora di più, nessun
kelliotes deve pensare di aggiungere 
un'altra cella senza la mia conoscenza ed approvazione. Piuttosto, se ad un 
certo punto uno di questi cinque dovesse partire o dovesse morire, allora, se ne 
viene trovato un altro idoneo e capace di vivere una tale vita, che sia portato 
qui per sopperire a quello scomparso. Ma, in caso contrario, rimangano come 
sono. Non voglio che queste [celle] vengano assegnate a degli
kelliotai semplicemente a caso.
[38.] Decretiamo che tutti gli altri siano sotto l'obbedienza, come pure sotto 
la guida e la cura di un solo pastore. Dopo uno studio approfondito della 
questione per un lungo periodo di tempo, nonché grazie ad un duro lavoro e 
prove, ho scoperto per esperienza che il mio giudizio è giusto e benefico e 
dichiaro la vita in comune la migliore e meno irta di pericoli per tutti i 
fratelli. Tutti insieme devono guardare allo stesso obiettivo di salvezza. 
Sebbene l'intera pienezza della comunità sia unita da legami diversi, (i 
fratelli) formano un solo cuore nella loro vita comune, una volontà, un 
desiderio ed un corpo, come prescrive l'apostolo (Rom 12,4; 1 Cor 12,12). 
Mostrino obbedienza vera, perfetta e non finta al superiore. La vera ed 
irreprensibile obbedienza dei sudditi verso il loro superiore si manifesta in 
questo modo, non solo astenendosi da ciò che il superiore considera fuori luogo, 
ma anche non facendo nemmeno ciò che è lodevole a sua insaputa. Non vorrei 
sostenere che esercitare l'astinenza ed affliggere il proprio corpo non abbia 
alcun effetto benefico, ma se una persona fa ciò che ritiene meglio per se 
stessa senza averlo prima chiesto e fa affidamento sulla propria iniziativa, 
commetterà un errore maggiore piuttosto che aver fatto qualcosa di virtuoso. Ma 
la ricompensa dell'obbedienza è maggiore di quella che si ottiene con 
l'astinenza.
[39.] Esortiamo tutti a condividere i pasti in comune ed a celebrare l'intero 
servizio comune nella santa chiesa di Dio, sia di notte che di giorno, come ho 
chiarito loro con i fatti ed ho ordinato e trasmesso per iscritto.
[40.] Se qualcuno con il sostegno e la cooperazione di Dio dovesse desiderare di 
scambiare il fastidio dell'obbedienza con la solitudine e la residenza 
individuale in un kellion, informi il 
superiore del suo desiderio. Costui, a sua volta, esamini attentamente le 
condizioni dell'uomo. Se effettivamente possiede la forza e la diligenza 
richieste a coloro che risiedono nella 
kellia, se è stato precedentemente esercitato nell’obbedienza, se ha 
imparato a stare in una cella con concentrazione e stretta sorveglianza sulla 
sua mente, se ha imparato a pregare e vegliare, per controllarsi, per esercitare 
l'astinenza, per meditare, per dedicarsi allo studio delle Scritture con umiltà 
ed attribuire una certa importanza al lavoro con le sue mani, allora il 
superiore gli permetta di farlo. Ma se una persona non ha esperienza di questo 
difficile modo di vivere, sia piuttosto messo a lavorare per servire e sia 
istruito a tenersi occupato, in modo che nemmeno ciò che sembra possedere (di 
buono) sia distrutto dalla sua stupida pigrizia, si lasci abbattere dallo 
spirito dell’accidia e dall'amore per il piacere. Fa’ che un tale uomo sappia 
esattamente che cerca di vivere separato e da solo per nessun altro motivo se 
non per poter andare qua e là ogni volta che vuole e poter vagare fuori dal suo
kellion, pur avendo cibo, bevande e 
sonno illimitati; (costui non pone) nessun termine alla rilassatezza della sua 
carne, con il risultato, come si suole dire, di rendere la sua prigione ancora 
più dura per se stesso.
[41.] Inoltre, ingiungo a colui che sarà responsabile dei fratelli dopo di me, 
facendolo giurare per il Dio vivente, che nel corso del tempo a nessuno di 
coloro ai quali il Signore fornirà il desiderio e la forza - intendo coloro che 
perseverano nell'obbedienza all'interno del monastero - deve essere impedito di 
vivere in una seria solitudine e meditazione nelle loro celle. Non devono essere 
impediti o disturbati in modo controverso od offensivo, né dall'imposizione di 
servizi, né da mormorii, né da qualsiasi altro pretesto. (I responsabili) devono 
piuttosto impegnarsi e mostrare grande desiderio di metterli a loro agio, sia 
nei bisogni essenziali che in tutto ciò che è loro dovuto. La loro solitudine e 
diligente [ricerca della virtù] non devono essere considerate come pigrizia. 
Perché spesso io stesso ho pregato Dio, così come prego ancora, affinché tutti 
possano diventare come loro. Sono rimasti costantemente obbedienti al padre ed 
al superiore e non hanno abbandonato la loro solitudine. Sotto entrambi gli 
aspetti, sicuramente, hanno acquisito una duplice ricompensa.
[42.] Fu principalmente con questo in mente che feci in modo che il benedetto 
imperatore scrivesse, dichiarasse distintamente e annotasse attentamente nella 
Crisobolla, che la donazione regolare di grano deve essere ripartita tra la 
chiesa ed i monaci nella kellia, cioè 
i kelliotai. Comando anche ed esorto 
con forza che quei monaci che perseverano nella loro solitudine sotto 
l'obbedienza del loro padre superiore e che lottano, come si dice, con umiltà 
per la gloria di Dio e per il proprio bene e per quello della comunità, così 
come per il supporto della Lavra, devono essere curati in ogni modo sia dal 
superiore che dai fratelli e quindi non devono preoccuparsi dei loro bisogni 
corporei e possono vivere completamente indisturbati. Proprio come io, mentre 
sono ancora vivo, ho fatto uno sforzo speciale per prendermi cura di loro in 
modo smisurato, così voglio che si prenda cura di loro colui che mi succederà 
dopo che avrò lasciato questa vita.
[43.] Se Dio concedesse ad alcuni di loro la forza di portare avanti lotte 
maggiori ritirandosi in una solitudine più remota ed isolata, non deve essere 
loro impedito di essere messi alla prova. Poiché le celle del molto benedetto e 
venerato imperatore (Niceforo) sono a poca distanza dalla Lavra, così come 
quelle di San Giovanni Crisostomo e come la chiesa della Santissima Trinità con 
il suo complesso di celle ed altre proprietà sotto l'obbedienza della Lavra; e 
queste celle le riservo per il bene di coloro che combattono così.
[44.] Se qualcuno dovesse mai farsi avanti offrendo un dono d'ingresso al fine 
di risiedere in quelle celle o, come un inquilino, dando una somma di denaro 
alla Lavra o ad alcuni individui, al fine di affittarle per un certo numero di 
anni, il superiore non può essere autorizzato ad aderire alla richiesta di 
quella persona. Come abbiamo stabilito, ribadiamo che queste celle sono sotto 
l'autorità e la proprietà della Lavra e sono (destinate) al beneficio ed alla 
quiete di quei nostri discepoli selezionati per uscire, lottare e mettersi alla 
prova, e per rientrare di nuovo nell'obbedienza.
[45.] Non voglio che altri kellia, 
presunti luoghi di ritiro, vengano costruiti più vicino alla Lavra od in 
qualsiasi parte dell'area circostante
[14]. Perché ce ne sono già abbastanza per 
coloro che sono in grado di abitare da soli. Confido in Dio che se si trovassero 
cinque tali uomini (cfr. Gen 18,32) la Lavra sarà sostenuta ed i fratelli 
faranno rapidi progressi a causa delle preghiere, dei consigli e dei consigli 
spirituali di questi uomini. Ma è possibile che diventino deboli di cuore e 
soggetti all’accidia, poiché accade che i solitari si scoraggino e si sentano 
obbligati a cambiare il loro modo di vivere per un po' di tempo; allora hanno 
bisogno di un po' di consolazione e di rinnovamento dello spirito affinché 
possano riprendere le loro fatiche con maggiore intensità e restare saldi con le 
proprie forze. In una tale situazione il superiore permetta a quel monaco di 
trasferirsi a Mylopotamos 
[15] presumendo che proprio il cambiamento di 
luogo possa fornire un rimedio appropriato e lo riporti in un buono stato 
d'animo.
[46.] I monaci che scoprono di non essere in grado di condurre una tale vita 
devono attenersi alla sottomissione alla regola e portare avanti la loro lotta 
come atleti e martiri, in modo che non finiscano per non essere all'altezza di 
entrambi gli obiettivi. Davanti a Dio ed agli angeli rendo testimonianza che 
coloro che perseverano nella genuina obbedienza e restano saldi nell'amore di 
Dio e nel vero affetto reciproco non prendono il secondo posto rispetto a coloro 
che portano avanti la speciale lotta per la solitudine. Ma saranno giudicati 
superiori e considerati degni di corone eterne dal giudice buono e imparziale.
[47.] Voglio che le celle di Giovanni l'Iberiano siano mantenute proprio come ho 
stabilito nella concessione che gli ho indirizzato. Vale a dire, i suoi 
successori devono preservare il buon rapporto che esiste tra loro e noi. Devono 
astenersi da tutto ciò che è proibito dalle leggi, specialmente per quanto 
riguarda qualsiasi sviluppo oltre a quanto è stato decretato, sia andando oltre 
il numero di otto, sia cercando di venderle o di fare una donazione, sia in 
qualsiasi altro modo al fine di separarle dalla Lavra.
[48.] Ingiungo inoltre che ogni tutela sia presa per osservare quanto segue. 
Ordino al superiore ed ai fratelli che hanno posizioni di comando dopo di lui di 
non ricevere mai un eunuco nella nostra Lavra, anche se è un vecchio, né [devono 
ricevere] un giovane ragazzo, anche se dovesse essere il figlio dell’uomo che 
tiene tra le mani lo scettro imperiale. Se qualcuno trasgredisce questo mio 
comando ricevendo tali persone proibite, che sia separato dal Padre e dal Figlio 
e dallo Spirito Santo, dalla Trinità santa, consustanziale e vivificante; 
accetti anche lui la maledizione dei nostri santi padri e sia anatemizzato 
dall'eredità dei giusti.
[49.] Per quanto riguarda gli altri, se una persona arriva e sceglie di offrire 
un dono d'ingresso ed essere iscritta alla nostra comunità spirituale e 
condividere la vita e le sofferenze dei suoi membri secondo il comando di 
Cristo, sia al servizio della chiesa che nel pasto comune a tavola, allora sia 
certamente ricevuta. Ma il suo dono di ingresso deve essere dato ai poveri, così 
che non sia costantemente tentato a causa di questo dono e non si inorgoglisca 
davanti ai fratelli come se avesse compiuto una grande azione, come se dovesse 
rimproverare i suoi fratelli e, quindi, causando attrito tra di loro. Ma se 
costui arriva con testimonianze riguardanti il suo buon comportamento e la sua 
reputazione 
è 
tale che il superiore prevede che nessun danno ne deriverà 
per un qualche simile motivo e se questo uomo desidera fare un'offerta a Dio dai 
suoi possedimenti, questa non deve essere rifiutata. Naturalmente, nemmeno ciò 
deve essere consentito senza alcune verifiche.
[50.] Questo ora è ciò che dobbiamo consigliare e prescrivere riguardo alla 
tonsura dei fratelli. Al superiore non è permesso di tonsurare nessuno subito, 
senza preliminari, ma solo dopo un intero anno. Si può fare un'eccezione nel 
caso di alcuni che sono devoti, ben conosciuti ed il cui stile di vita religioso 
è ben attestato. Perché considero un compito desiderabile di estrema e primaria 
importanza accettare tali persone e prestare attenzione ai loro speciali 
bisogni.
[51.] Si sappia anche che il Peristerai, cioè il monastero di Sant'Andrea, capo 
dei santi apostoli, rientra nella nostra autorità e proprietà, come è compreso e 
decretato nelle due venerabili Crisobolle, quella del venerato, tre volte 
benedetto imperatore signore Niceforo e quella del nostro attuale devoto sovrano 
imperatore Giovanni, colui che ora detiene lo scettro dell'impero dei romani. 
Abbiamo quindi deciso di fare il seguente accordo. È nostro desiderio che 
Stefano, il monaco e superiore più devoto, rimanga assolutamente indisturbato 
nella sua posizione di cura e governo di questo monastero e non sia responsabile 
verso nessuno. Nessuno dei miei successori ha l'autorità di rimuoverlo o di 
porre fine al suo governo di questo monastero di Peristerai per il resto della 
sua vita. Perché ci ha servito con tutte le sue forze, per quanto possibile ci è 
stato di grande conforto, ci ha accordato il dovuto onore ed ha mostrato la 
sottomissione che ci si aspetterebbe. Sembra anche che abbia apportato molti e 
grandi miglioramenti al monastero. Dopo che avrò lasciato questa vita, chiunque 
cercasse di rimuoverlo dal governo di questo monastero od in qualsiasi modo gli 
causasse qualsiasi tipo di problema, sarà tagliato fuori dalla santa Trinità 
vivificante e consustanziale e cadrà sotto la mia propria maledizione. Infatti, 
ora ordino che sia commemorato continuamente nelle sacre liturgie celebrate dai 
sacerdoti della Lavra mentre è in vita e che, dopo la sua morte, si tenga per 
lui una funzione commemorativa ogni anno. Dopo la partenza da questa vita del 
monaco e reverendissimo superiore Stefano, vogliamo che un altro superiore sia 
nominato a succedergli dal superiore della Lavra.
[52.] Poiché, tuttavia, l'essenziale della vita monastica era stato 
completamente trascurato dai precedenti superiori in questo monastero per molto 
tempo 
[16] e praticamente tutti i monaci del 
monastero avevano ceduto alla completa indifferenza e disattenzione, mi rendo 
conto che l'economia deve essere impiegata per far guardare tutti in questo 
monastero verso un solo uomo e servire sotto un solo uomo, cioè il superiore 
della Lavra. Sotto il governo di un solo uomo possono essere attratti insieme 
verso obiettivi più spirituali nelle loro preghiere, salmodie e letture, ed 
anche nel loro cibo e nelle bevande, nella misura in cui il servizio ed il 
lavoro di ciascuno, il loro viaggio e la loro età, o la malattia e la salute di 
ciascuno richiederanno in momenti diversi. Ordino quindi che amministratori e 
sacerdoti molto competenti siano inviati dalla Lavra da parte del suo superiore. 
Devono essere accuratamente esaminati e testati da lui, così come dai monaci a 
lui soggetti. [Gli amministratori] si occuperanno della corretta gestione dei 
bisogni più corporali, mentre [i sacerdoti] si accompagneranno ai fratelli e li 
renderanno perfetti in parole e modi di agire virtuosi ed in azioni gradite a 
Dio. Quando ciò sarà accaduto, sono convinto che, con l'aiuto di Dio, trarranno 
grande profitto l’uno dall’altro e l'uno nell'altro, sia come comunità che come 
singola entità. Poiché, né quelli della Lavra né quelli del monastero spesso 
menzionato, differiranno l'uno dall'altro a causa di un duplice governo, ma 
continueranno a lavorare insieme verso l'unità dell'amore e l'unione delle menti 
fissando lo sguardo sull'essere sotto un'unica e primaria regola. Se qualcuno 
dovesse mai tentare di rompere questa nostra disposizione benefica e salutare, 
che sia tagliato fuori dall'amore, poiché l'amore è Dio (Cfr. 1 Gv 4,8).
[53.] Si aggiunga anche questa alle prescrizioni che ho stabilito. Se qualcuno 
dei nostri fratelli che perseverano nella Lavra o qualcuno che è venuto qui da 
un monastero diverso volesse costruire ulteriori celle o scavare un campo e 
coltivarlo, non è assolutamente permesso in tutta la circonferenza della Lavra, 
cioè dall’estremità dei depositi fino al (monte) Antiathos
[17]. Questo genere di cose dà generalmente 
luogo a disordini e scandali. In particolare, (la presenza di) tale attività 
nelle vicinanze per sua stessa natura erode a poco a poco gli elementi 
fondamentali dell'isolamento e della solitudine. Per questo motivo proibisco al 
superiore della Lavra od a qualsiasi altra persona di consentire 
(l’allestimento) di una cella o di un campo coltivato. Inoltre, non voglio che 
venga piantato un altro vigneto, nemmeno nella misura di un pezzo di terra delle 
dimensioni di un'aiuola 
[18], né sull'intera circonferenza della 
Lavra né a Mylopotamos. Perché, come già accennato, per la provvidenza di Dio, 
quello che ho lasciato è sufficiente. Ho pensato che fosse superfluo fare una 
menzione speciale di pecore e capre, poiché credo che sia del tutto fuori luogo 
che i monaci le possiedano, specialmente i monaci che risiedono sulla montagna
[19].
[54.] Ora avete ricevuto tutto questo e qualsiasi altra cosa io debba 
trasmettere, scritta e non scritta, padre mio e fratello mio, chiunque voi siate 
che, per dirla brevemente, come superiori avete ricevuto da Dio e dalla mia 
umile persona quel potere e quella completa autorità sulla Lavra che anch'io 
avevo. [=Test. Teod. [24]]: 
Voi lo osserverete e lo custodirete 
per la gloria di Dio, per il mio onore, per l'assistenza di coloro che 
desiderano imparare e per instillare lo zelo divino in coloro che vedranno e 
ascolteranno. Possiate voi fare del bene 
e possiate prosperare nel Signore. 
Lungi da [me] dire o anche solo pensare il contrario.
[55.] Ecco, dunque, io affido a voi, alla presenza di Dio e dei suoi angeli 
eletti, l'intera comunità in Cristo. Accoglieteli, prendeteli con voi, guidateli 
e proteggeteli come agnelli di Cristo, come membra amate, prendete cura di 
ciascuno di loro con rispetto e cura amorevole, con uguale misura di amore per 
ciascuno, perché ogni uomo ama tutte le membra del suo corpo allo stesso modo.
[56.] [=Test. Teod. [25]]:
Ora è tempo che voi, figli, fratelli e 
padri miei, ascoltiate la mia voce pietosa. Accettate e date il benvenuto
al signore vostro superiore, così come 
l'ho scelto io stesso. Guardatelo 
con rispetto ed onore ed abbracciatelo come mio successore. Proprio come avete 
fatto con me, così anche con lui osservate la regola dell'obbedienza e non 
disprezzatelo perché è stato recentemente promosso nel Signore. E non 
aspettatevi qualcosa di più dei doni che gli sono stati dati dallo Spirito 
Santo. È sufficiente che lui mantenga ciò che gli è stato ordinato dalla mia 
umiltà. "Se voi mi amate", figli 
miei, e tenete presente il mio amore, "osservate 
i miei comandamenti" (cfr. Gv 
14,15). Mantenete la pace tra di voi. 
Mantenete una buona disposizione, umiltà ed obbedienza al vostro superiore fino 
alla morte, senza contraddirlo o infastidirlo in alcun modo.
Custodite inviolata la vostra angelica 
professione.
[=Test. Teod. [26]]:
Odiate il mondo, non tornate 
alle opere del mondo. Essendo stati sciolti dai legami degli affetti carnali, 
non legatevi di nuovo ad essi. Avendo rinunciato a tutti i piaceri ed a tutte le 
cose deperibili della vita attuale, non abbandonate per negligenza il vostro 
impegno prediletto ed il combattimento dell’obbedienza, diventando lo scherno 
dei demoni. 
[=Test. Teod. [4]]:
Perseverate sulla strada 
dell'obbedienza fino alla fine, in modo tale da "ricevere la corona della 
gloria (di giustizia) che non appassisce" (cfr. 1 Pt 5,4 e 2 Tm 4,8).
Guidati dall'umiltà, rinnegate 
sempre la vostra volontà e conformatevi solo a ciò che è approvato dal vostro 
superiore. Se terrete a mente queste cose e se le custodirete fino alla fine 
sarete beati. Perché il coro dei martiri vi accoglierà e, incoronati nel regno 
dei cieli, godrete dei beni eterni
in Cristo Gesù nostro Signore. 
Quindi ora addio, figli miei, e ricordate la mia umile persona.
		
		- Nota del traduttore dall'inglese: Il testo originale contiene molte 
		altre note che 
		ho tralasciato. Quelle con indicata la 
		"Fonte" sono mie.
		
		
		
		
		
		[1] 
		Michele Maleinos, nipote di Niceforo II Foca e fondatore del sopra 
		menzionato monastero di Kyminas.
		
		
		
		
		[2] 
		I governanti arabi di Creta, originariamente rifugiati presso al-Hakam, 
		il sovrano omayyade di Spagna, che conquistò questo possesso bizantino 
		circa nel 828.
		
		
		
		
		[3] 
		Chandax (Candia), capitale dell'isola di Creta sotto il dominio arabo.
		
		
		
		
		[4]
		Litra (plur.
		litrai), unità di misura di 
		peso: litra o
		libra = 12
		ouncia = gr 327,36. (Fonte: "Storia 
		dei bizantini in Sicilia", di Luigi Santagati, Edizioni Lussografica 
		2012).
		
		
		
		
		[5] 
		La Lavra katholikon.
		
		
		
		
		[6] 
		Cioè “Niceforo", letteralmente: "portatore di vittoria.”
		
		
		
		
		[7]
		Kyriotes e
		despoteia; riguardo ai quali 
		termini si veda R. Morris, “Legal 
		Terminology in Monastic Documents of the Tenth and Eleventh Centuries,” 
		Jöb 32.2 (1982), 281–90, at 284–85.
		
		
		
		
		[8] 
		Niceforo Foca fu assassinato il 10 dicembre 969, nel corso di un colpo 
		di stato progettato dal suo successore Giovanni Zimisce.
		
		
		
		
		[9] 
		Si veda Esiodo, Teogonia, 
		185.
		
		
		
		
		[10] 
		Cfr. Apophthegmata patrum 10, 
		PG 65, col. 77BC.
		
		
		
		
		[11] 
		L’unità di misura per gli aridi, in particolare il grano, era il modio (modion) 
		pari a 8,754 litri, composto da 16 sestiari (sextarion) 
		di 0,547 litri. Considerando il peso specifico del grano pari a kg 
		760/m3, avremo circa 6,67 kg. Il 
		modion equivaleva a 20,7 libre. (Fonte: "Storia 
		dei bizantini in Sicilia", di Luigi Santagati, Edizioni Lussografica 
		2012).
		
		
		
		
		[12] 
		Il termine Epeixis (tradotto 
		"prelievo") significa una necessità pressante o un'emergenza, ma qui 
		deve riferirsi ad una “imposizione” o tassa.
		
		
		
		
		[13]
		kelliotai - Monaci che vivono 
		da soli o con un compagno nelle vicinanze di un monastero cenobitico che 
		visita periodicamente per la partecipazione al culto e per ricevere le 
		provviste settimanali.
		
		
		
		
		[14] 
		Non si devono costruire altre celle. Ciò è in consonanza con la 
		disinclinazione di Atanasio (per lo meno in questo documento) per 
		consentire la continua espansione della Lavra, per la quale si veda 
		anche [34] sopra e [53] sotto. Per il Mylopotamos, si veda [9] sopra e 
		[53] sotto.
		
		
		
		
		[15] 
		Ovvero la dipendenza di sant’Eustasio menzionata in [9].
		
		
		
		
		[16] 
		Riforma della dipendenza. L'implicazione è che questo monastero, fondato 
		come istituzione cenobitica da Eutimio il Giovane nell'871 (si veda L. 
		Petit, “Vie et office de saint Euthyme le Jeune,” BHO 5 (1904), 39-46) 
		ed a cui diede una regola (ora perduto), aveva successivamente 
		abbandonato il cenobitismo per qualche forma alternativa di 
		organizzazione monastica.
		
		
		
		
		[17] 
		Cima della montagna sulla penisola Athonite, tra i monasteri di Simonos 
		Petra e di San Paolo.
		
		
		
		
		[18] 
		Per questo significato della parola
		plinthion, si veda
		Megale Hellenike Enkyklopaideia 
		(Atene, 1932), vol. 20, pag. 348, sotto la voce
		plinthion. È ovvio dal 
		contesto che Atanasio non si riferisce alla misura di terra con lo 
		stesso nome che era l'equivalente di 3
		modioi (E. Schilbach,
		Byzantinische Metrologische 
		Quellen [Salonicco, 1982], p. 186).
		
		
		
		
		[19] 
		Niente nuove celle, campi coltivati o vigneti; pecore e capre vietate. 
		Nella disposizione [31] derivata da Teodoro Studita, Atanasio vieta 
		l'uso di animali di sesso femminile. In precedenza, Zimisce aveva 
		vietato l'importazione di animali al Monte Athos, con un'eccezione per 
		un giogo di animali consentito alla Lavra (capitolo [23] del Typikon 
		dell'imperatore Giovanni Zimisce del 971-972). Si vedano i capitoli [34] 
		e [45] per ulteriori disposizioni che precludono la crescita futura 
		della comunità Atonita.
Ritorno alla pagina su "Sant'Atanasio l'Atonita"
Ritorno alla pagina iniziale "Regole monastiche e conventuali"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
12 febbraio 2021                a cura 
di Alberto "da Cormano"    
    alberto@ora-et-labora.net
      
alberto@ora-et-labora.net