SANT'AGOSTINO LETTERA 211 - REGOLA PER LE MONACHE
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Rimprovera le monache ribelli.
1.
Come la severità è pronta a punire le trasgressioni che può incontrare,
così la carità non vorrebbe trovare trasgressioni da punire. Ecco perché
non mi sono recato da voi quando reclamavate la mia presenza non già per
farmi gustare la gioia della vostra concordia, ma per aumentare la
vostra discordia. In qual modo infatti avrei potuto disinteressarmi e
lasciare impunita, qualora fosse scoppiata, anche in mia presenza, una
ribellione così grave come quella che, se non vi ho assistito con i miei
occhi, perché ero assente, tuttavia ha colpito le mie orecchie con i
vostri strepiti? Se mi fossi trovato in mezzo a voi, la vostra rivolta
sarebbe stata forse anche più grave, poiché sarei stato costretto ad
opporre un netto rifiuto a quanto chiedevate, perché sarebbe stato un
precedente dannosissimo alla sana disciplina regolare e per nulla utile
al vostro bene e così vi avrei trovate disposte come io non vi vorrei
trovare e voi stesse avreste trovato me disposto come non mi avreste
voluto.
Agostino indulgente verso le monache.
2.
Come dunque scrive l'Apostolo ai fedeli di Corinto: Chiamo Dio a
testimonio della mia vita che non sono più venuto a Corinto per avere
riguardi per voi. Non è vero che vogliamo far da padroni sulla vostra
fede; noi al contrario siamo i cooperatori della vostra gioia 1,
così anch'io vi dico che non sono venuto tra voi per avere riguardo per
voi. Io però ho avuto riguardo anche verso me stesso affinché non
avessi tristezza su tristezza 2;
invece di mostrarvi il mio volto, ho preferito sfogarmi con Dio per voi 3
e trattare la questione, assai pericolosa per voi, non già a parole con
voi, ma con le lacrime davanti a Dio, perché non voglia cambiare in
tristezza la gioia che sono solito godere di voi e trovare talvolta
consolazione tra tanti scandali, di cui è pieno questo mondo, pensando
alla vostra numerosa comunità, al vostro casto affetto, alla vostra
santa vita, alla speciale grazia largitavi da Dio non solo di rinunciare
alle nozze terrene, ma di preferire di abitare perfettamente concordi
nella comunità della casa di Dio, per essere tutte un cuor solo e
un'anima sola 4
tesa verso Dio.
Quanto danno fra le contese e le rivalità.
3.
Considerando questi beni che voi possedete, questi doni di Dio, il mio
cuore suole trovare quel poco di riposo che mi è possibile tra le
numerose tempeste dalle quali è agitato a causa d'altri mali.
Correvate bene; chi vi ha stregate? Questa persuasione non viene da
colui che vi ha chiamate 5.
Una piccola quantità di fermento... 6
Non voglio dire quel che segue, poiché desidero piuttosto, e prego Dio,
e vi esorto a far sì che il fermento si cambi in meglio perché tutta la
pasta non si cambi in peggio. Se dunque in voi sono rigerminati i buoni
sentimenti, pregate di non soccombere nella tentazione 7,
di non ricadere cioè nei litigi, nelle gelosie, nelle antipatie,
nelle discordie, nelle maldicenze, nelle ribellioni, nelle mormorazioni 8.
Noi infatti non abbiamo piantato in mezzo a voi il giardino del Signore
né lo abbiamo irrigato 9,
per poi temere da parte vostra simili spine 10.
Se poi siete così deboli da continuare a essere agitate, pregate
d'essere liberate dalla tentazione 11.
Quelle però che mettono tra voi lo scompiglio, se ancora mettono
scompiglio, se non si correggeranno, subiranno la condanna 12,
chiunque esse siano. |
Quanto deplorevoli le divisioni in un monastero.
4.
Considerate quale sventura sia il fatto che, mentre ci rallegriamo dei
Donatisti nell'unità della Chiesa 13,
dobbiamo piangere scismi nell'interno del monastero. Perseverate nel
buon proposito e non avrete più desiderio di cambiar la preposita.
Durante la sua permanenza per tanti anni nel monastero siete cresciute
non solo nell'età, ma anche nel numero; fu lei la madre che vi ha
accolte non già nel seno ma nel cuore. Tutte voi che siete entrate nel
monastero ce l'avete trovata o come suddita obbediente e gradita alla
santa preposita mia sorella, oppure come la preposita stessa che vi ha
accolte. Sotto di lei siete state educate, avete ricevuto il velo, vi
siete moltiplicate, ed ora vi agitate perché vi sia cambiata, mentre
dovreste piangere se noi volessimo cambiarla. È la stessa che già
conoscete, è la stessa alla quale vi siete presentate, è la stessa con
cui siete cresciute per tanti anni. Colui che avete ricevuto come nuovo
è solo il preposito. Se andate in cerca di novità per causa di lui e se
vi siete ribellate alla vostra madre (superiora) solo per malanimo
contro di lui, perché non avete chiesto piuttosto che fosse cambiato
proprio lui? Se invece inorridite di fronte à una simile eventualità,
poiché so bene quanto gli volete bene e lo venerate in Cristo, perché
non amate piuttosto la vostra madre? I princìpi da lui seguiti nella
vostra direzione spirituale vengono talmente sconvolti ch'egli
preferisce abbandonarvi anziché sopportare cotesta odiosa maldicenza,
che cioè si vada dicendo che voi non avreste cercato un'altra superiora,
se non aveste cominciato ad avere lui come direttore spirituale. Calmi
dunque Iddio e riconcili i vostri animi; non prevalga in mezzo a voi
l'azione del demonio, ma trionfi nei vostri cuori la pace di Cristo 14.
Non vogliate correre verso la perdizione per il dolore dell'animo,
perché non si compie quel che desiderate, o per il rimorso e la vergogna
d'aver desiderato una cosa che non avreste dovuto desiderare 15,
ma piuttosto pentitevi e tornate alla virtù 16;
non abbiate però il pentimento di Giuda, il traditore, ma piuttosto le
lacrime di Pietro, il pastore 17.
Regola prescritta alle monache: Sia tutto in comune.
5.
Eccovi le norme che prescriviamo siano osservate da voi che vi trovate
nel monastero. Il motivo principale per il quale siete riunite insieme è
che viviate unanimi nella casa e formiate un cuor solo ed un'anima
sola protesa verso Dio 18;
non dite di nulla: " È mio ", ma ogni cosa sia comune tra voi; dalla
vostra superiora sia distribuito a ciascuna di voi il vitto e il
vestiario, non però a tutte in ugual misura, poiché non tutte avete la
medesima salute, ma ad ognuna secondo le sue necessità. Così infatti
leggete negli Atti degli Apostoli: Essi avevano tutto in
comune e veniva distribuito a ciascuno secondo le sue necessità 19.
Coloro che, quando entrarono nel monastero possedevano qualcosa nel
mondo, lo mettano di buon grado in comune: coloro invece che non ne
possedevano, non cerchino d'avere nel monastero ciò che non potevano
avere neppure nel mondo. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della loro
insufficienza, quando è necessario, anche se la loro povertà, quando
erano fuori, non permetteva loro di procurarsi neppure l'indispensabile.
Non per questo però si stimino ora felici per aver trovato un vitto e un
vestiario che non potevano trovare nel mondo.
Evitare la superbia.
6.
Non si montino tuttavia la testa per il fatto d'essere entrate nella
comunità di coloro alle quali nel mondo non avrebbero neppure osato
accostarsi ma tengano il cuore in alto e non cerchino i beni terreni,
affinché i monasteri non diventino utili ai ricchi e non ai poveri, se
quelli vi si umiliano, questi invece vi si vantano 20.
D'altra parte, però, quelle che credevano d'essere qualcosa nel mondo,
non disdegnino le loro consorelle che sono venute alla santa comunità da
uno stato di povertà. Dovrebbero anzi vantarsi non tanto della dignità
di ricchi genitori, quanto di vivere nella comunità con le sorelle
povere. Non devono, inoltre, nemmeno inorgoglire per aver portato
qualcosa dei loro beni alla comunità e, ancor più, non debbono vantarsi
delle loro ricchezze, per il fatto che vengono distribuite al monastero,
anziché averle godute nel mondo. Ogn'altro vizio, infatti, ci spinge a
compiere azioni cattive, ma la superbia insidia anche le buone per
guastarle. Che giova, allora, distribuire i propri beni ai poveri e
diventare poveri, se poi la misera anima, nel disprezzare le ricchezze,
diventa più superba di quello che era quando le possedeva? Vivete dunque
tutte in perfetta concordia e onorate le une nelle altre Dio, di cui
siete diventate il tempio 21. |
Preghiere e canti.
7.
Attendete con diligenza alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti 22.
L'oratorio non sia usato se non per lo scopo a cui è destinato e da cui
prende il nome. Se perciò qualcuna, avendone tempo, volesse pregare
anche fuori delle ore stabilite, non ne venga impedita da chi volesse
usarlo per qualche altro scopo. Quando pregate Dio con salmi e con inni,
meditate col cuore ciò che proferite con la bocca. Non cantate se non
ciò che è prescritto di cantare: evitate quindi di cantare ciò che non è
scritto per essere cantato.
Frugalità e mortificazione; lettura a tavola.
8.
Domate la vostra carne con digiuni e con l'astinenza dal cibo e dalle
bevande per quanto lo consente la salute. Ma se qualcuna non può
digiunare, non prenda cibo fuori dell'ora del pasto se non quando è
malata. Quando state a tavola, fin tanto che non vi alziate, ascoltate
senza far rumore e discussioni ciò che vi si legge secondo l'usanza,
affinché non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie abbiano
fame della parola di Dio.
Riguardi verso le inferme.
9.
Se quelle che sono più delicate per il precedente tenore di vita vengono
trattate diversamente nel vitto, ciò non deve recar fastidio né sembrare
ingiusto a quelle che un differente tenore di vita ha rese più robuste;
non devono neppure crederle più fortunate per il fatto che mangiano quel
che non mangiano esse, ma debbono anzi rallegrarsi con se stesse, per
essere capaci di una frugalità di cui quelle non sono capaci. Così pure,
se a quelle che sono entrate nel monastero da abitudini più raffinate si
danno cibi, abiti, letti e coperte che non si danno alle altre, che sono
più robuste e perciò più fortunate, queste devono pensare quanto quelle
siano scese dalla loro vita mondana per abbracciare questa, anche se non
sono potute arrivare alla frugalità delle altre, che sono di
costituzione fisica più resistente. Quelle più robuste poi non devono
avere risentimenti nel vedere che le altre ricevono qualcosa di più, non
perché in tal modo vengono onorate, ma perché vengono tollerate, per
evitare quel detestabile disordine per cui nel monastero le ricche
diventano mortificate e parsimoniose, mentre le povere diventano
schizzinose. D'altra parte però, allo stesso modo che le malate devono
mangiare di meno per non aggravarsi, così durante la convalescenza
devono essere trattate in modo da potersi ristabilire al più presto,
anche se provengono da una condizione d'estrema povertà nel secolo, come
se la recente indisposizione le avesse poste nello stesso stato di
debolezza, cagionato alle ricche dal precedente tenore di vita. Ma una
volta ristabilite in salute, riprendano la normale loro abitudine di
vita, la quale è certo più felice poiché è tanto più consona alle serve
di Dio, quanto minori sono le loro esigenze. Tosto che siano tornate
vigorose, non rimangano attaccate al piacere dei riguardi a cui le
avevano sollevate le esigenze che si devono alle inferme. Si stimino più
ricche quelle che saranno più forti nel sopportare la frugalità, poiché
è meglio aver meno bisogni che possedere più cose. |
L'abito e l'atteggiamento esteriore.
10.
Il vostro abito non dia nell'occhio e non cercate di piacere per le
vesti ma per il contegno. I veli per coprire la testa non siano tanto
sottili da far vedere al di sotto le reticelle dei capelli. Da nessuna
parte portate scoperti i capelli e non lasciateli liberi fuori del velo
per trascuratezza né acconciateli con ricercatezza. Quando uscite di
casa, camminate insieme, e così pure rimanete insieme quando arriverete
nel luogo al quale vi recate. Nel modo d'incedere o di stare in piedi,
nell'abito, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che adeschi
la passione di alcuno, ma tutto sia consono alla vostra castità
consacrata. I vostri occhi, anche se cadono su qualcuno, non si fissino
su nessuno. Certo, quando uscite di casa, non vi è proibito di vedere
degli uomini, ma solo di desiderarli o voler essere desiderate da loro.
La donna viene desiderata e prova desiderio non solo col tatto, ma anche
con l'affetto e con lo sguardo. Per conseguenza non dovete nemmeno dire
di aver il cuore pudico qualora abbiate gli occhi impudichi. Quando due
cuori, anche senza scambiarsi una parola, si rivelano impudichi mediante
scambievoli sguardi e, con vicendevole affetto, si compiacciono del
desiderio carnale, addio castità, anche se i corpi sono rimasti intatti
dalla immonda violazione. La donna che fissa lo sguardo su un uomo e si
compiace d'essere guardata da lui, non pensi di non essere notata da
altri, mentre agisce così: è veduta, e come! perfino da chi essa non
immagina. Ma anche supposto che rimanga nascosta e che nessuno la veda,
come si comporterà con Colui che scruta dall'alto e al quale non si può
nascondere nulla 23?
Si dovrà forse pensare ch'egli non veda per il fatto che nel vedere è
tanto più paziente quanto più è sapiente? La donna consacrata abbia
dunque timore di dispiacere a Dio. Per non desiderare di vedere
impunemente un uomo, pensi che Dio vede tutto: ecco perché è stato
raccomandato il santo timore di Dio dove sta scritto: Dal Signore è
detestato chi fissa lo sguardo 24.
Quando perciò vi trovate riunite in chiesa e dovunque si trovino anche
degli uomini, custodite a vicenda la vostra pudicizia; così Dio, che
abita in voi 25,
vi proteggerà anche in questo modo, cioè per mezzo di voi stesse.
Come far riprensioni.
11.
E se avrete notato in qualcuna di voi questa petulanza degli occhi di
cui parlo, ammonitela subito, affinché il difetto non progredisca, ma
sia stroncato fin dal principio. Se poi, anche dopo l'ammonimento, la
vedrete ripetere la stessa mancanza, in quel giorno o in qualunque
altro, chiunque se ne accorga, la riveli subito come se si trattasse
d'una persona ferita da guarire; prima però la indicherà ad una seconda
o ad una terza consorella, affinché possa essere accusata sulla
testimonianza di due o tre persone 26
e quindi indotta ad emendarsi, anche per mezzo di un'adeguata severità.
Non dovete poi reputarvi malevole quando segnalate un simile difetto;
poiché non sareste più benevole se, tacendo, permetteste la rovina delle
vostre sorelle mentre potreste salvarle parlando. Se per esempio una tua
sorella avesse un'ulcera nel corpo e volesse occultarla per paura d'una
operazione chirurgica, non saresti forse crudele a non parlarne e
pietosa a palesarla? Quanto più dunque devi denunziarla affinché non
imputridisca più funestamente nel cuore? Qualora però, dopo
l'ammonizione, abbia trascurato di correggersi, prima di indicarla alle
altre dalle quali dovrebbe essere convinta se negasse, dev'essere
segnalata prima alla superiora; si potrebbe forse evitare in questo
modo, con un rimprovero fatto piuttosto in segreto, che vengano a
saperlo le altre. Se negherà, allora di fronte ad essa che dice d'essere
innocente si devono portare le altre testimoni in modo che sia incolpata
non più da una sola (teste), ma la sua colpa possa essere provata da due
o tre testimoni alla presenza di tutte. Una volta trovata colpevole,
deve subire la punizione riparatrice stabilita dalla superiora o dal
sacerdote. Se ricuserà di subirla, anche se non se ne andrà via
spontaneamente, sia espulsa dalla vostra comunità. Non si prende questo
provvedimento per crudeltà, ma per misericordia, per evitare che rovini
molte altre con il suo funesto contagio. Le norme che vi ho suggerite
sull'immodestia degli occhi siano osservate con diligenza anche nello
scoprire, proibire, palesare, giudicare e punire le altre colpe, usando
amore verso le persone e odio verso i peccati. Qualunque suora poi
andasse tanto avanti nel male da ricevere di nascosto da un uomo delle
lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo confesserà spontaneamente
venga perdonata e si preghi per essa; se invece verrà colta sul fatto e
sarà provata la sua colpa, venga punita molto severamente a
giudizio della superiora o del sacerdote, o perfino del vescovo.
Il vestiario sia messo in comune.
12.
I vostri vestiti conservateli in un unico luogo sotto una o due
guardarobiere o quante basteranno a spolverarli e a preservarli dalle
tarme; inoltre, come vi nutrite attingendo a una sola dispensa, così
vestitevi servendovi d'un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di
quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se
cioè ciascuna di voi riprende quello deposto in antecedenza oppure uno
diverso già indossato da un'altra, purché non si rifiuti a nessuna
l'occorrente. Se però tra voi sorgono discussioni e
mormorazioni per questo motivo, se cioè qualcuna si lamenta d'aver
ricevuto una veste peggiore di quella da lei indossata in
precedenza e trova sconveniente per lei vestire come vestiva un'altra
sua consorella, ricavatene voi stesse la prova di quanto vi
manchi del santo abito interiore del cuore 27,
dal momento che litigate per gli abiti del corpo. Tuttavia, anche se
viene tollerata questa vostra debolezza e vi si lascia riprendere
quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto le
comuni custodi quello che vi deponete. Allo stesso modo nessuna lavori
mai per se stessa, per procurarsi indumenti e pagliericci o cinture o
mantelli o veli per la testa, ma tutti i vostri lavori siano compiuti
per il bene comune, con maggiore impegno e con più assidua diligenza che
se ciascuna li facesse per sé. La carità, infatti, di cui sta scritto
che non cerca il proprio tornaconto 28
va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le
proprie alle comuni. E per questo motivo vi accorgerete d'aver tanto più
progredito nella perfezione, quanto più vi sarete preoccupate del bene
comune anziché del vostro. In tal modo su tutte le cose, di cui si serve
la passeggera necessità, s'eleverà la virtù che rimane, cioè la carità 29.
Ne viene di conseguenza che se qualcuno o qualcuna porterà, alle proprie
figlie o ad altre persone del monastero, legate per qualche vincolo di
parentela, un oggetto, come un capo di vestiario o qualunque altra cosa,
non venga accettato di nascosto anche se può essere considerato
necessario, ma sia messo a disposizione della superiora affinché,
ridotto a proprietà della comunità, venga distribuito a chi ne avrà
bisogno. E se qualcuna avrà nascosto l'oggetto portatole, sia giudicata
colpevole di furto. |
La mondezza delle vesti e del corpo.
13.
I vostri indumenti vengano lavati secondo le disposizioni della
superiora da voi o dalle lavandaie, e ciò per evitare che un eccessivo
desiderio di pulizia nelle vesti contagi l'anima di macchie interiori.
Anche il lavacro del corpo e l'uso del bagno non sia troppo frequente,
ma si conceda al solito intervallo di tempo, ossia una volta al mese.
Quando però si deve fare il bagno per ragioni di malattia, non lo si
differisca troppo, ma si faccia su consiglio del medico e senza
criticare; perciò, anche se non lo vuole, la malata faccia quanto è
doveroso per la propria salute dietro l'ordine della superiora. Se
invece una suora lo vuole e può esserle dannoso, non si assecondi il suo
desiderio; talora si reputa utile ciò che piace, anche se nuoce. Infine
si dovrà credere senza esitare alla serva di Dio che manifesta un dolore
fisico nascosto; se però non si è certi che per guarirla giova quel che
le piace, si consulti il medico. Le suore non si rechino ai bagni, o
dovunque sarà necessario andare, meno di tre alla volta. Colei che avrà
bisogno di recarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole, ma
con chi le sarà assegnata dalla superiora. La cura delle malate, delle
convalescenti e di quelle che, senza avere la febbre, soffrono di
qualche indisposizione, dev'essere affidata ad un'unica suora che prenda
personalmente dalla dispensa quello che avrà reputato necessario a
ciascuna. Le suore addette sia alla direzione della dispensa che del
guardaroba e della biblioteca servano le consorelle senza mormorare. I
libri vengano richiesti giorno per giorno nell'orario stabilito; non si
devono dare a chi li richiede fuori orario. Vesti e calzature invece, se
necessarie a chi le chiede, siano distribuite senza indugio da chi ne ha
la custodia.
Doveri di carità.
14.
Di alterchi tra voi non abbiatene mai, o troncateli al più presto;
altrimenti l'ira arriva a diventare odio e trasforma in trave una
pagliuzza, e rende l'anima omicida 30.
Non riguarda certo i soli uomini ciò che sta scritto: Chi odia il
proprio fratello, è un omicida 31,
ma nel sesso maschile, creato prima da Dio, ha ricevuto il precetto
anche quello femminile. Chiunque ha offeso un'altra con insolenze o
maldicenze, oppure col rinfacciare una colpa, si ricordi di riparare al
più presto la sua azione e, quella che è stata offesa, perdoni anch'essa
senza discussioni. In caso di un'offesa reciproca, anche il perdono
dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere, che quanto più
frequenti tanto più dovranno essere sante. Tuttavia colei che, pur
tentata spesso dall'ira, s'affretta però a impetrare il perdono da
quella che riconosce d'aver offesa, è certamente migliore di chi si
adira più raramente, ma più difficilmente si piega a chiedere perdono.
Colei che non vuol perdonare alla sorella, non speri di ricevere
l'effetto della preghiera; colei poi che si rifiuta sempre di chiederlo
o non lo chiede di cuore, sta nel monastero senza alcun giusto motivo,
anche se non ne viene espulsa. Astenetevi dunque dalle parole offensive,
ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di far uscire il
rimedio dalla medesima bocca da cui sono state provocate le ferite.
Quando però l'esigenza della disciplina vi costringe a rivolgere parole
dure alle vostre inferiori per correggerle, non siete tenute a chiederne
perdono, anche se vi accorgete d'avere ecceduto; per conservare una
soverchia umiltà, non si deve spezzare il prestigio dell'autorità nei
confronti di quelle che devono stare a voi soggette; si deve però
chiederne perdono al Signore di tutte, il quale sa con quanta bontà
amiate anche quelle che forse rimproverate più del giusto. Il vostro
reciproco amore però non dev'essere carnale, ma spirituale, poiché certi
scherzi e giochi indecenti, anche se scambiati solo tra donne, non si
devono fare non solo dalle vedove e dalle vergini serve di Cristo
viventi nella professione dell'ideale religioso, ma in nessun modo
nemmeno dalle maritate e dalle ragazze che hanno intenzione di
maritarsi.
L'ufficio della superiora.
15.
Si ubbidisca alla superiora come ad una madre, dandole i dovuti segni
d'onore per non offendere Dio nella persona di lei; molto di più si
obbedisca al sacerdote che vi dirige. Compito precipuo della superiora
sarà quello di far osservare tutte queste norme; non trascuri per
negligenza le eventuali infrazioni, ma le punisca e le corregga. Rimetta
invece al sacerdote, che vi dirige, ciò che oltrepassa la sua competenza
o le sue forze 32.
La superiora non si reputi felice perché domina con la sua potestà, ma
perché serve con la carità. Per l'onore sia elevata, davanti a voi, al
di sopra di voi; per il timore sia prostrata ai vostri piedi davanti a
Dio. Si mostri a tutte come esempio d'opere buone 33;
rimproveri le turbolente, rincuori le timide, sostenga le deboli, sia
paziente con tutte 34,
conservi con amore l'osservanza regolare, ne imponga il rispetto.
Inoltre, sebbene sia necessaria l'una e l'altra cosa, preferisca
tuttavia d'essere amata anziché temuta, pensando continuamente che dovrà
rendere conto di voi a Dio. Voi quindi, quanto più le ubbidirete, tanto
più mostrerete pietà non solo verso di voi stesse, ma anche verso di
lei, che si trova in un pericolo tanto più grave, quanto più alta è la
sua posizione tra voi. |
Osservanza e frequente lettura della Regola.
16.
Il Signore vi conceda d'osservare con amore tutte queste norme, quali
innamorate della bellezza spirituale e, mediante la vostra santa
convivenza, fragranti del buon profumo di Cristo 35,
non come schiave sotto la legge, ma come libere sotto la grazia 36.
Perché poi possiate rimirarvi in questo libretto come in uno specchio,
al fine di non trascurare nulla per dimenticanza, vi venga letto una
volta alla settimana. Se troverete che mettete in pratica tutte le norme
che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, datore d'ogni bene. Se
invece qualcuna di voi si avvedrà d'aver commesso qualche mancanza, si
penta del passato e stia in guardia per il futuro, pregando che le sia
rimesso il debito e non sia indotta in tentazione 37. |
NOTE
1
- 2 Cor 1, 23-24.
2
- Fil 2, 27; 2 Cor 2, 3.
3
- Lam 2, 19.
4
- At 4, 32.
5
- Gal 5, 7-9.
6
- 1 Cor 5, 6.
7
- Mt 26, 41; Mc 14, 38; Lc 22, 46.
8
- 2 Cor 12, 20; cf. Gal 5, 20; Rm 13, 13.
9
- Sir 24, 42; 1 Cor 3, 6-8.
10
- Ger 12, 13.
11
- Sal 17, 30; 2 Pt 2, 9.
12
- Gal 5, 10.
13
- 1 Gv 5, 1-2.
18; 3, 9.
14
- 1 Gv 3, 8.
15
- Col 3, 15.
16
- Mt 27, 3-5.
17
- Mt 26, 75; Mc 14, 72; Lc 22, 62.
18
- At 4, 32.
19
- At 4, 32. 35.
20
- Cf. AUG., Ep. 131.
21
- 1 Cor 3, 16; 2 Cor 6, 16.
22
- Col 4, 2.
23
- Prv 24, 12.
24
- Prv 27, 20 (sec. LXX).
25
- 1 Cor 3, 16; 2 Cor 6, 16.
26
- Dt 19, 15; Mt 18, 16; 2 Cor 13, 1.
27
- Tt 2, 3.
28
- 1 Cor 13, 5.
29
- Ef 3, 19; 1 Cor 13, 8.
30
- Mt 7, 3-5; Lc 6, 41-42.
31
- 1 Gv 3, 15.
32
- Dn 11, 4; Gal 5, 13.
33
- Tt 2, 7.
34
- 1 Ts 5, 14.
35
- 2 Cor 2, 15.
36
- Rm 6, 14-15.
37
- Mt 6, 12-13; Lc 11, 4. |
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6 Gennaio 2015
a cura
di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net