Roberto d'Arbrissel
Regola per le monache di Fontevrault
Estratto e tradotto da "Patrologia Latina", vol. 162 col.
[1079], J. P. Migne 1854
(Michael COSNIER, Exordium Fontis Ebraldi. Flexiae 1641, 4o, p. 201.)
Questi sono i capitoli della regola del nostro signor Roberto d'Arbrissel
donati da lui stesso, mentre era in vita, a Petronilla
[i], prima badessa, ed a noi religiose del monastero di
Fontevraud e delle altre case appartenenti allo stesso monastero così che
possiamo custodire la vita e la disciplina monastica.
Condotta decorosa e modestia
del corpo.
1. Le monache di clausura osservino sempre il silenzio, eccettuate coloro
che acquistano beni dall'esterno; esse, tuttavia, non parlino ad alta voce e
dicano ciò che è necessario.
2. Non facciano segni, tranne quelli necessari.
3. Devono custodire l'onestà e la serietà il più possibile sia dentro che
fuori.
4. Vadano tutte insieme in chiesa e tornino insieme; nessuna di loro rimanga
in chiesa per nessun motivo.
Abbigliamento e cure esterne.
5. Non indossino mai veli, ad eccezione del lino.
6. I loro soggoli
[ii]
bianchi non siano mai visibili, ma siano ricoperti da veli.
7. Non si prendano cura dei loro capelli.
8. Non abbiano tuniche e mantelli se non di grossolane stoffe della zona
dove risiedono, di colore naturale, non tosate, lunghe fino ai piedi e non
oltre.
9. Le maniche delle tuniche siano larghe due piedi e lunghe fino alle
ginocchia.
10. Non abbiano mai pelli, o pellicce, o coperte sui loro letti, tranne la
pelle di agnello.
11. Le maniche dei mantelli di pelliccia siano attillate, siano lunghe fino
alla punta delle dita e misurino mezzo piede in larghezza.
12. Non abbiano indumenti ornati con frange, né quelli che indossano né
quelli del letto, tranne che il copricapo, ma cuciano le diverse parti, come
tuniche, mantelli e tutto il resto.
13. Non portino mai mantelli bianchi.
14. Non abbiano cinture, a parte quelle di lana.
15. Non indossino mai i guanti.
16. Non si lascino crescere i capelli, ma tre volte l'anno li taglino con un
rasoio o con le forbici su tutta la testa.
Viaggi da farsi fuori dal
monastero.
17. La badessa o la priora non conduca con sé a cavallo un’allieva o una
giovane di clausura.
18. Nessuna vada a cavallo senza due religiosi e un laico, o almeno un
religioso ed un laico.
19. Nessuna parli durante il viaggio, eccetto la badessa o la priora, finché
non siano giunte all’alloggio.
La cucina.
20. Siano le sorelle stesse a cucinare da sole.
La cura dei libri.
21. Nessuna osi consegnare i libri del monastero a qualcuno che sta fuori, o
riceverne da fuori senza il permesso della badessa.
Entrata in clausura.
22, Nessuna, nemmeno la decana, né la priora abbia l'audacia di accogliere
qualcuna nella vita monastica senza la presenza della badessa.
La clausura ed il nascondimento
delle monache.
23. Le scolare e le insegnanti abbiano sempre come custode una delle sorelle
anziane converse.
24. Nessuna religiosa deve comparire fuori dal monastero, se non per ordine
della badessa; se la badessa, la priora o l'economa ha dato questo ordine,
sorveglierà la sorella.
25. Non datevi il bacio della pace, ma tutte bacino il marmo
[iii] che è passato loro dalla finestrella; a questo ci
pensi la sacrestana.
26. Non lascino la clausura per nessun lavoro.
27. Le monache di altri monasteri non devono entrare nel loro monastero, a
meno che la badessa non abbia dato loro il permesso di entrare, o sia stato
loro ordinato dalla badessa.
28. Nessuno può entrare nella clausura, nel capitolo o in altri laboratori,
senza la presenza della badessa.
La clausura delle monache.
29. Se un ricco o un pellegrino cristiano vuole vedere il monastero in
assenza della badessa, le monache si nascondano, mettano in sicurezza tutto
il necessario e poi si aprano le porte della chiesa; quegli uomini saranno
fatti entrare dalla priora maggiore o dall’economa e da due o tre fratelli.
Si mostri loro il monastero, il capitolo ed il refettorio.
30. La porta che dà sull'altare non sia mai aperta, se non dall'economa; e
nessuna entri da sola nel coro dell'altare, né l'economa né nessun’altra.
La celebrazione dell'ufficio e
la clausura.
31. Le vigilie non devono mai essere celebrate da laici nelle chiese delle
religiose.
32. Il loro dormitorio di giorno sia sempre custodito da una conversa, di
notte da due o da quattro; una prima dei Notturni ed un’altra dopo, fino
all'alba; ed abbiano una candela.
33. Quando il sacerdote viene a celebrare la messa, non gli si apra la porta
del coro delle monache, se non per distribuire la comunione, e quando darà
la comunione siano sempre presenti la badessa, la decana o l'economa.
34. Rimanga anche uno dei chierici a distribuire loro la comunione, con il
presbitero ed il diacono.
35. Terminata la messa mattutina, sia benedetta l'acqua e, dopo la
benedizione, il sacerdote esca e l'economa e la sacrestana escano dopo di
lui per chiudere la porta; l'economa e la sacrestana controllino che nessun
sacerdote entri in coro da solo a nessuna ora del giorno e della notte.
La celebrazione dell’ufficio.
36. Il presbitero o il diacono non leggano mai alle monache il Vangelo al
Mattutino, tranne il Libro della Generazione (Cfr. Mt 1,1-17) nel Natale del
Signore ed il "si fece (carne)" (Cfr. Gv 1,14 e seg.) nell'Epifania del
Signore.
37. Alla Purificazione di Santa Maria
[iv] il presbitero, dopo la messa mattutina, benedica i
ceri e poi si ritiri.
38. Ai Rami di Palma (la domenica delle Palme), dopo la messa mattutina, si
benedicano i rami ed i fiori ed il sacerdote dica il vangelo "Quando fu
vicino" (Cfr. Lc 19,29 e seg.). Poi, solo le monache, senza sacerdoti e
chierici, facciano la processione per il monastero e adorino la croce.
39. Il venerdì della Settimana Santa cantino "Popolo mio" e "Agios"
[v] con i sacerdoti ed i chierici senza che le sorelle
debbano rispondere loro.
40. Le inferme non ricevano l'unzione e la comunione se non in chiesa.
I riti ecclesiastici
41. Le monache celebrino l'ufficio per i defunti, mentre i sacerdoti
all'altare dicano solo le collette; una volta celebrata la liturgia, le
sorelle escano al monastero e l'economa, insieme ad una delle più anziane,
si tenga pronta ad aprire la porta ai sacerdoti ed ai fratelli. Quindi i
sacerdoti ed i fratelli portino la bara alla tomba, mentre le sorelle
rimangano nel monastero e non vadano mai alla sepoltura di una donna morta.
42. Non accolgano nel loro cimitero chi è noto per essere scomunicato.
43. La priora maggiore sia accolta ovunque, nel monastero di Fontevraud ed
in tutte le case dello stesso monastero, venga obbedita ed abbia autorità,
dopo la badessa, di occuparsi degli affari del monastero.
44. Se la badessa muore, rimanga nella dignità del suo stato e abbia piena
autorità di governare il monastero finché un'altra delle sorelle converse
non prenda il posto della badessa, come stabilì con digiuni e preghiere il
nostro maestro Roberto.
Statuto della badessa
La badessa stabilì inoltre che le decime in denaro, argento, polli, cavalle, vitelli e cavalli che saranno date al monastero siano versate nelle mani della priora maggiore, affinché con queste offerte possa provvedere ai pasti nel refettorio durante la settimana, non di domenica o nei giorni festivi.
[i] Petronilla
di Chemillé (morta il 24 aprile 1149) fu la prima badessa del doppio
monastero (maschile e femminile) di Fontevrault nella Francia
occidentale, che diresse dal 1115 al 1149 dopo la sua seconda
vedovanza.
[ii]
Striscia di tela o di velo che cinge il collo e, fasciando il viso,
si ricongiunge alla sommità del capo: elemento caratteristico
dell'abbigliamento femminile medievale e rinascimentale; oggi, in
forme diverse, parte integrante dell'abito monacale.
[iii]
Si tratta probabilmente del bacio della pace che veniva scambiato
prima della comunione e che veniva sostituito col bacio di una
tavoletta di marmo decorata con immagini o iscrizioni sacre.
[iv]
Il 2 febbraio la Chiesa cattolica celebra la presentazione al Tempio
di Gesù. Questa festa è anche detta della Purificazione di Maria,
perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura
per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva
andare al Tempio per purificarsi. Il 2 febbraio cade appunto 40
giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.
[v] "Popule
meus", et "Agios" fanno parte degli "Improperia",
una serie di responsori facenti parte dell'Azione liturgica della
Passione del Signore del Venerdì Santo. Essi corrispondono ai
rimproveri di Gesù contro l'intera umanità, non al solo suo popolo,
che si è resa responsabile della sua crocifissione. "Popule meus"
da Michea 6,3 e "Agios" (o "Aghios") che significa
"Santità".
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14 novembre 2021 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net