DECRETI ORIGINALI DEL PRIMO SINODO DI AQUISGRANA
PROMULGATI NEL PALAZZO DI AQUISGRANA
IL 23 AGOSTO DELL’ANNO 816
Il 23 agosto dell’anno 816 dall’incarnazione del Signore nostro Gesù
Cristo, terzo dell’impero del gloriosissimo principe Ludovico, riunitisi
gli abati insieme a moltissimi loro monaci nella parte del palazzo di
Aquisgrana che è detta Laterano, si stabilì di comune accordo e
all’unanimità che i seguenti capitoli fossero osservati senza violazione
alcuna da coloro che vivono sotto la Regola.
1.
Gli abati non appena rientrati nei loro monasteri leggano integralmente
la Regola, commentandola in ogni parola e comprendendola con l’aiuto di
Dio, e si prodighino per metterla in pratica in modo efficace con i loro
monaci.
2.
Tutti i monaci che sono in grado di farlo imparino a memoria la Regola.
3.
Celebrino l’Ufficio divino conformemente ai dettami della Regola di san
Benedetto.
4.
In cucina, nel mulino e nelle altre attività manuali lavorino con le
proprie mani e al momento opportuno lavino i propri vestiti.
5.
In nessun momento dopo le veglie i monaci ritornino nei loro letti per
dormire, se non quando si siano alzati prima dell’ora stabilita.
6.
Non mangino mai volatili, né all’interno né fuori del monastero, a meno
che siano ammalati.
7.
Si concedano un bagno, separatamente, in generale soltanto a Natale e a
Pasqua.
8.
Non si radano in Quaresima se non il sabato santo; in tutti gli altri
periodi liturgici si radano una volta ogni quindici giorni.
9.
Non si nutrano di verdure e lattuga se non quando mangiano anche altri
cibi.
10.
Non osservino un tempo stabilito per i salassi, ma a ciascuno sia
concessa la flebotomia secondo ciò che il bisogno richiede, e in questo
caso gli si offra una ricca dieta con cibi e con bevande particolari.
11.
Se la fatica del lavoro lo rende necessario, i monaci possono bere anche
dopo cena, così come anche in Quaresima e quando si celebra l’Ufficio
funebre, prima che si reciti la lettura di compieta.
12.
Quando qualcuno dei confratelli viene rimproverato da un suo superiore
dica per primo: «Mea culpa», poi, prostrandosi ai suoi piedi con il
manto, se lo possiede, chieda perdono e quando lo vuole il superiore si
alzi e offra umilmente una spiegazione su ciò di cui viene interrogato.
13.
I monaci non vadano per strada da soli, cioè senza un altro confratello.
14.
I monaci non abbiano padrini e madrine e non bacino nessuna donna.
15.
Non siano flagellati nudi per qualche colpa davanti agli sguardi dei
confratelli.
16.
Se la necessità impone che essi siano occupati nella raccolta delle
messi o in altri lavori, non si lamentino.
16 bis (variante).
Se la necessità impone che essi siano occupati nel raccogliere messi,
tralascino il tempo stabilito per la lettura e l’intervallo di
mezzogiorno e, lavorando, non si lamentino.
17.
Quando i monaci digiunano il mercoledì e il venerdì prima e dopo Nona,
se ci fosse la necessità, in base alla decisione del superiore,
esercitino lavori non gravosi.
18.
In Quaresima, dopo aver preso i libri della biblioteca secondo la
disposizione del superiore, se questi non lo ritiene utile i monaci non
ne prendano altri.
19.
Si diano loro abiti non spregevoli né lussuosi ma di qualità media.
20.
L’abate abbia sempre la possibilità di aumentare un poco quanto per
necessità avesse fissato in misura inferiore a quella stabilita.
Comunque, in generale provveda per ciascun monaco due camicie, due
tuniche, due cocolle, due mantelli — ma se è necessario ne aggiunga un
terzo — quattro calze, due paia di calzoni, una mantelletta, una
pelliccia lunga fino ai talloni, due fasce — ne conceda altre due se è
necessario in caso di viaggio — in estate coperture delle mani dette in
lingua volgare guanti e in inverno manopole invernali, due paia di
calzature da giorno, un paio di ciabatte per la notte in estate, in
inverno calzature leggere, sapone a sufficienza e unguento, grasso per
condire i cibi, tranne il venerdì e venti giorni prima del Natale e
nella settimana di Quinquagesima. In questi periodi in cui viene tolto
il vino sia concessa una doppia emina di buona birra e ognuno dei
monaci, qualora la necessità lo richieda, accolga senza indugio
qualsiasi altra prescrizione oltre a questa che la Regola impone.
21.
In Quaresima, come negli altri periodi, si lavino i piedi reciprocamente
e cantino le antifone che si confanno a questo compito. Nel rito del
giovedì santo l’abate, se ne è in grado, lavi e baci i piedi dei
confratelli, e infine porga loro di sua mano una bevanda.
22.
Se è l’ora di cena, il mandato, cioè la consuetudine di lavare i piedi,
sia nei confronti dei confratelli sia nei confronti dei pellegrini,
avvenga dopo cena.
23.
Gli abati osservino la stessa misura fissata per i loro monaci nel
cibarsi, nel bere, nel dormire, nel vestire e nel lavorare, quando non
sono impegnati in altri compiti.
24.
Non visitino le proprietà ecclesiastiche, separate dal monastero,
chiamate ville o celle, con frequenza e se non sono costretti dalla
necessità, e nemmeno affidino l’incarico di custodirle ai loro monaci.
Quando vi è necessità di recarsi in queste proprietà, compiuto
l’incarico, ritornino subito ai loro monasteri.
25.
L’abate, o qualche confratello, non sosti con gli ospiti presso la porta
del monastero, ma dia ristoro e mostri loro tutta l’umana accoglienza
offrendo da mangiare e da bere nel refettorio. L’abate, tuttavia, si
accontenti della stessa quantità di cibo
e di bevanda che assumono gli altri confratelli. Ma se per la presenza
dell’ospite, volesse aggiungere qualche cosa per sé e per i monaci alla
solita razione, abbia il potere di farlo.
26.
I servitori si ristorino non alla mensa monastica, ma nei luoghi loro
destinati, dopo il pasto dei confratelli, e recitino la stessa lettura
che è stata recitata prima dai monaci.
27.
Al lettore non venga dato nulla più di quello che ordina la Regola.
28.
L’Alleluia si interrompa durante il tempo di Settuagesima.
29.
Dentro e fuori il monastero, dopo l’abate sia il preposito ad esercitare
l’autorità maggiore sugli altri monaci sottoposti all’abate stesso.
30.
Nessuno sia costituito preposito per i monaci se non è egli stesso
monaco.
31.
Nessun vescovo imponga ai monaci di mangiare volatili.
32.
Degli anziani incaricati della sorveglianza, alcuni escano con i
confratelli cui è stato assegnato un incarico, gli altri rimangano nel
cenobio per la sorveglianza dei monaci.
33.
Non si conceda con facilità l’ingresso in monastero a un novizio; lo si
faccia servire gli ospiti nella foresteria per il periodo di prova, e se
possiede qualcosa, la lasci ai suoi parenti. Concluso l’anno della sua
prova, si comporti poi in base a quanto prescrive la Regola. Non gli
venga praticata la tonsura, e nemmeno cambi gli abiti che indossava
precedentemente prima di aver promesso obbedienza.
34.
Se, dopo Sesta, mentre i confratelli dormono, qualcuno volesse leggere
in chiesa o nel proprio letto, legga pure.
35.
In Quaresima i confratelli lavorino fino all’ora Nona, e dopo la
celebrazione della Messa si riposino per un congruo periodo di tempo.
36.
Siano incarcerati coloro che hanno tentato di fuggire o che si sono
percossi con pugni o con bastoni o coloro ai quali sono già state
applicate tutte le correzioni previste dalla Regola. Nel carcere in
inverno si possa accendere il fuoco, e l’atrio
sia sistemato in modo tale che essi possano eseguire ciò che è stato
loro imposto di fare.
Aggiunte non originali alla legislazione monastica di Aquisgrana
1.
Durante il digiuno delle Quattro Tempora non si mangi nessun altro cibo
se non quello che è stato stabilito per la Quaresima dai santi Padri;
allo stesso modo si proceda negli altri periodi di digiuno.
2.
Nella settimana di Pasqua non si parli nel chiostro, ma tutti si
dedichino alla lettura divina; facciano lo stesso nella settimana di
Pentecoste, in tutte le domeniche nonché a Natale e in tutte le
festività principali dei santi.
3.
Nell’infermeria non si mangi e non si beva senza il permesso del
superiore.
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5 febbraio 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net