Prologo:… 20 Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno. 21 Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene. …
50 Così, non allontanandoci mai dagli insegnamenti di Dio e perseverando fino alla morte nel monastero in una fedele adesione alla sua dottrina, partecipiamo per mezzo della pazienza ai patimenti di Cristo per meritare di essere associati al suo regno. Amen.
Cap. II - L’Abate: … 34 ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto 35 e non cerchi una scusante nelle eventuali difficoltà economiche, ricordandosi che sta scritto :"Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in soprappiù"
VENGA IL TUO REGNO [1]
Carlo Maria Martini S.J.
Estratto da “Quando diciamo «Padre Nostro»” - Ed. In dialogo 2013
Il tuo regno, o Dio,
è mèta sicura del cammino dell'uomo.
Rendici pronti ad accogliere
questo annuncio di vita e di speranza,
così da modellare su di esso
le nostre decisioni e le nostre attese.
Guida le nostre scelte
perché siano conformi alla tua Parola
e scaturiscano
da un reale cammino di conversione.
Per Cristo nostro Signore.
Amen
Premessa
«Venga il tuo regno» è l’invocazione centrale della preghiera insegnataci da Gesù e ci aiutano a comprenderla tre brani del Vangelo secondo Matteo.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». (Mt 4, 17)
Non affannatevi dicendo: Che cosa mangeremo ? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. (Mt 6,31-34)
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. (Mt 7,21)
«Venga il tuo regno»
Confesso di provare un certo imbarazzo nello spiegare l’espressione «venga il tuo regno»; tante volte l’ho meditata nella mia vita, eppure è come se fossi messo sempre di fronte a qualcosa che mi sfugge, che va al di là delle mie parole. Occorrerebbe entrare nella mente e nel cuore di Gesù per capire ciò che intendeva dire con «venga il tuo regno». Occorrerebbe fare nostri i suoi desideri, comprendere, per esempio, che cos’era quel fuoco che voleva portare sulla terra: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49); oppure un’altra sua esclamazione: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione» (Lc 22, 15).
«Venga il tuo regno» è come la sintesi dei desideri che animavano Gesù, è il fuoco che aveva dentro; non a caso nei Vangeli sinottici la parola «regno» appare almeno una novantina di volte sulla bocca di Gesù.
Ho accennato al fatto che è un’espressione centrale nel Padre nostro; lo è perché tutte le altre domande sono a essa collegate. Il venire del regno è un modo concreto con cui viene glorificato il nome santo di Dio; il regno viene mediante il compimento del volere del Padre, come in cielo anche in terra; chi cerca anzitutto il regno può aspettare con fiducia il pane quotidiano, impara a perdonare entrando così nella certezza del perdono del Padre. Nell’attesa del regno, possiamo anche essere tentati di disperazione, abbiamo bisogno del sostegno del Padre celeste («non permettere che cadiamo nella tentazione»); abbiamo bisogno di essere liberati dal male, o dal maligno.
Dunque tutte le invocazioni si collegano tra loro, ma quella del regno è il centro della preghiera, il punto di riferimento.
Mi propongo di spiegarla rispondendo a tre interrogativi: che cosa chiediamo dicendo che venga il regno del Padre? Come e dove viene il regno? Chi è capace di fare sua questa domanda?
Che cosa chiediamo quando diciamo:
«venga il tuo regno»?
Il significato di «regno»
La parola «regno», in greco, ha diversi significati. Infatti può essere tradotta con «regalità», a indicare la condizione di diritto per la quale Dio Padre può essere proclamato sovrano del mondo. È una condizione che gli compete a partire dalla creazione, da sempre. In questo senso il regno non viene, ma c’è già, fin dalla creazione.
Questa parola può però anche essere tradotta - come facciamo di solito - con «regno», non con «regalità». Allora sottolinea l’ambito concreto nel quale Dio esercita la sua regalità, i luoghi, lo spazio in cui Dio manifesta in pienezza il suo dominio. Così il regno è anzitutto il cielo, che viene sulla terra; nello stadio finale si realizzerà quando il dominio di Dio sarà definitivamente riconosciuto e proclamato nell’universo intero.
Ma la stessa parola greca può essere tradotta con «signoria», a dire quindi l’attività mediante cui il Padre prende possesso visibile del mondo. L’attività che ha il suo culmine nell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù, e che continua nella vita della Chiesa, nella storia, fino al ritorno del Signore, dove otterrà il suo pieno sviluppo e la sua totale visibilità.
I Padri della Chiesa vi aggiungono un ulteriore significato. San Cipriano, per esempio, scrive:
È anche possibile che il regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perché in lui risuscitiamo, così può essere il regno di Dio, perché in lui regneremo. [2]
Dunque il regno è Gesù stesso e venga il tuo regno vuol dire: «Vieni, Signore Gesù!»
Il regno di Dio e la Chiesa
Oggetto della preghiera è il regno non tanto nel primo significato, ma negli altri tre. Si chiede che si allarghino i confini entro i quali trionfano la verità e la giustizia, l’amore, la pace; e ciò a partire dall’attività di Gesù, continuata dai suoi discepoli nella Chiesa. Si chiede che venga il Signore Gesù stesso a proclamare la vittoria del bene e della santità.
Il regno di Dio perciò ha a che fare con la Chiesa, pur se non si identifica in essa. Richiamo in proposito un passo dell’enciclica di Giovanni Paolo II, dal titolo Redemptoris Missio, dove parla a lungo del rapporto tra il regno e la Chiesa:
Non si può distinguere il regno dalla Chiesa. Certo, questa non è fine a se stessa, essendo ordinata al regno di Dio, di cui è germe, segno e strumento. Ma, mentre si distingue dal Cristo e dal regno, la Chiesa è indissolubilmente unita a entrambi. Cristo ha dotato la Chiesa, suo corpo, della pienezza dei beni e dei mezzi di salvezza; lo Spirito santo dimora in essa, la vivifica con i suoi doni e carismi, la santifica, guida e rinnova continuamente. Ne deriva una relazione singolare e unica, che, pur non escludendo l’opera di Cristo e dello Spirito santo fuori dei confini visibili della Chiesa, conferisce a essa un ruolo specifico e necessario.
[3]
La domanda «venga il tuo regno» non si riferisce identicamente alla Chiesa, ma è espressamente collegata con la venuta della Chiesa, con l’espansione della Chiesa nel mondo.
Mi pare comunque importante capire che si chiede qualcosa di totale e di definitivo, pur se viene gradualmente e a tappe. Non si chiede soltanto, per esempio, che la Chiesa si espanda, che la fede sia approfondita, che i peccatori si convertano; anche questo, e però molto di più: che finisca il mondo della presente ambiguità e malvagità, che trionfi il vero ordine delle cose, che Dio sia tutto in tutti. È davvero una preghiera universale, che abbraccia tutto. Come afferma san Paolo:
poi sarà la fine, quando Cristo consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. (1 Cor 15, 24)
L’invocazione del regno comprende tutto ciò che è desiderabile, tutto ciò che concerne il piano e il mistero di Dio; quindi l’ambito della richiesta è molto vasto. Tuttavia ciascuno può riempire la domanda di contenuti parziali, a seconda della sua esperienza; e possiamo spiegarcelo rispondendo al secondo interrogativo.
Come e dove viene il regno di Dio?
Il regno di Dio viene in ogni atto per il quale Dio si mostra Signore del mondo e della storia.
Nella vita di Gesù
Ha cominciato a venire con potenza soprattutto nella vita di Gesù che inizia il suo ministero con l’esortazione: «Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino» (Mt 4, 17).
E durante la sua vita affermava:
Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito santo, è certo giunto fra voi il regno di Dio» (Mt 12,28)
A chi gli domandava: «quando verrà il regno di Dio?», rispondeva:
Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi! (Lc 17,21)
Nell’azione della Chiesa
Il regno venuto con Gesù continua a venire oggi per l’azione dei discepoli, per l’azione della Chiesa mossa dallo Spirito. Il regno viene nella preghiera, nell’Eucaristia; sta venendo in questo nostro momento di meditazione. Viene ovunque si compie la volontà del Padre; viene anche nella malattia, nel dolore, nella sofferenza accettati con umiltà. Viene in ogni gioia sincera e in tutti i gesti di condivisione; viene in ogni atto di amore, di verità, di giustizia. Viene quindi fin da ora, anche se verrà in pienezza soltanto alla fine dei tempi.
Nella vicenda umana
E mi preme sottolineare che il regno viene nella vicenda umana così come già si è manifestato in Gesù, cioè nella dedizione, nell’umiltà, nel servizio. Per questo, la domanda «venga il tuo regno» non deve farci pensare a un capovolgimento clamoroso della storia. Scrive giustamente un esegeta contemporaneo:
Chi si aspetta un regno di Dio che anzitutto ribalti la situazione esistente, può rimanere deluso. Chi comprende la bellezza di un Dio che condivide le nostre situazioni, si sente invece rinnovato. Le cose rimangono, ma cambia il modo di guardarle. Il miracolo del regno è anzitutto, anche se non soltanto, il cambiamento interiore. [4]
Chi prega autenticamente
«venga il tuo regno»?
Possiamo così rispondere alla terza interrogazione: chi prega autenticamente dicendo: «venga il tuo regno»?
Può pregare autenticamente chi non si aspetta unicamente che il bene trionfi sulla terra o che l’ingiustizia sia vinta attraverso gesti clamorosi di capovolgimento.
Può pregare autenticamente per il regno chi è diventato discepolo di Gesù e ha compreso la maniera umile e povera con cui Gesù realizza il dominio di Dio sulla storia. In altre parole, chi ha messo tutta la sua speranza in Gesù e riconosce in lui e nella sua umiltà la vera manifestazione del Padre; chi ha corretto le proprie idee sulla maestà divina, imparando a leggere la divinità anche nel mistero della croce.
Chi è divenuto fino a questo punto discepolo di Gesù, non si lascia più prendere dall’affanno, secondo l’insegnamento evangelico:
Non affannatevi dicendo: che cosa mangeremo? che cosa berremo? che cosa indosseremo? [...] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. (Mt 6, 31ss)
Dunque, prega autenticamente per il regno chi sa buttare nel Padre ogni affanno per il presente e per il futuro, perché sa che Dio è Padre buono, provvede a tutti, ama tutti come suoi figli e vuole comunque instaurare il suo regno.
Prega autenticamente l’invocazione «venga il tuo regno» chi ricorda la parola di san Paolo: «Il regno di Dio è giustizia, pace e gioia nello Spirito santo» (Rm 14, 17). Il regno di Dio, infatti, è frutto dell’opera dello Spirito santo in noi e lo Spirito agisce nel senso delle beatitudini evangeliche, di quei doni (sapienza, intelletto, consiglio, scienza, pietà, fortezza, timor di Dio) e di quei frutti (amore, bontà, moderazione, autocontrollo, cortesia, mitezza, longanimità, giovialità e pace) su cui abbiamo ampiamente meditato nello scorso anno pastorale.
Dunque prega autenticamente chi si affida allo Spirito, chi fa la volontà del Padre:
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. (Mt 7, 21)
Per chiarire ancora meglio che cos’è il vero desiderio del regno, cito un brano significativo del Catechismo della Chiesa cattolica, a proposito di questa domanda del Padre nostro:
Con un discernimento secondo lo Spirito, i cristiani devono distinguere tra la crescita del regno di Dio e il progresso della cultura e della società in cui sono inseriti. Tale distinzione non è una separazione. La vocazione dell’uomo alla vita eterna non annulla ma rende più imperioso il dovere di utilizzare le energie e i mezzi ricevuti dal Creatore per servire in questo mondo la giustizia e la pace. [5]
Chi prega con autenticità per l’avvento del regno, opera per il progresso umano, per la cultura, la civiltà, la pace.
Ho cercato di spiegare almeno in parte questa invocazione che - come vi sarete accorti - ci supera e di cui capiremo il senso soltanto nella pienezza del regno. Già da ora però nutre la nostra preghiera se la ripetiamo con tanta speranza.
Per la riflessione personale
Concludo proponendo tre domande che ci aiuteranno a confrontarci nel momento di silenzio e poi anche nella conversazione tra noi.
- Quali risonanze suscita in me l’espressione «regno di Dio»? Sono simili alle risonanze che Gesù aveva nel suo cuore mentre insegnava ai discepoli il Padre nostro? Si tratta qui di paragonare ciò che mi viene in mente ascoltando la parola «regno di Dio», con ciò che veniva in mente a Gesù quando ne parlava.
- Dicendo «venga il tuo regno», so superare i miei timori e affidare ogni mio affanno al Padre che tutto conosce e a tutto provvede?
- Mi lascio condurre nella preghiera e nella vita dalla forza dello Spirito santo che mi fa camminare sulla via delle beatitudini evangeliche e così instaura il regno? Mi abbandono alla forza dello Spirito che fa venire il regno già nelle piccole azioni della mia vita quotidiana?
[1] Dopo aver spiegato le domande del Padre nostro partendo da contesti e luoghi un po’ eccezionali - l’ospedale, il carcere, un convento di clausura -, la catechesi quaresimale si conclude nella parrocchia di Santa Maria Beltrade, «cioè - dice Martini - in un ambito della vita ordinaria del popolo di Dio. La parrocchia, in quanto tale, è una scuola di santità, e in essa ci sentiamo tutti chiamati a essere figli di Dio e santi [...]».
[2] San Cipriano di Cartagine,
De Dominica Oratione, 13; PL 4, 545.
[3] Giovanni Paolo II,
Redemptoris Missio, Lettera enciclica, Roma 7 dicembre 1990, n. 17.
[4] B. Maggioni,
Padre nostro, Vita e Pensiero, Milano 1995, pp. 51-52.
[5]
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2820.
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21 febbraio 2023 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net