Prologo:…
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Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo,
incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui,
che ci ha chiamati nel suo regno.
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Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo
regno,
ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando
il bene. …
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Così, non allontanandoci mai dagli insegnamenti di Dio e perseverando fino alla
morte nel monastero in una fedele adesione alla sua dottrina,
partecipiamo per mezzo della pazienza ai patimenti di Cristo per
meritare di essere associati al suo regno.
Amen.
Cap. II - L’Abate: …
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ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un
giorno dovrà rendere conto
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e non cerchi una scusante nelle eventuali difficoltà economiche, ricordandosi
che sta scritto :"Cercate
anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia
e tutte queste cose vi saranno date in soprappiù"
Il Regno di Dio
R. Deville e P. Grelot
(Voce del “Dizionario di Teologia Biblica”,
a cura di
Xavier Lèon-Dufour – ed.
Marietti, Genova 1980)
(Ndr. Non ho
riportato la prima parte della voce “Regno” relativa all’Antico Testamento)
Nuovo
Testamento (NT)
I. IL VANGELO DEL REGNO DI DIO
1.
Gesù dà al regno di Dio il primo posto
nella sua predicazione. ciò che egli annuncia nelle borgate di Galilea è la
buona novella del regno (Mt 4, 23; 9, 35). «Regno di Dio», scrive Marco; «regno
dei cieli», scrive Matteo conformandosi alle abitudini del linguaggio rabbinico:
le due espressioni sono equivalenti. I miracoli, accompagnando la predicazione,
sono i segni della presenza del regno e ne fanno intravvedere il significato.
Con la sua venuta ha termine il dominio di Satana, del peccato e della morte
sugli uomini: «E in virtù dello spirito di Dio io scaccio i demoni, è dunque
venuto per voi il regno di Dio» (Mt 12, 28). Ne consegue la necessità di una
decisione: bisogna convertirsi, abbracciare le esigenze del regno per diventare
discepoli di Gesù.
2.
Gli Apostoli, mentre è in vita il loro maestro, ricevono la missione di
proclamare a loro volta questo vangelo del regno (Mt 10, 7). Perciò, dopo la
Pentecoste, il regno rimane il tema centrale della predicazione evangelica,
anche in S. Paolo (At 19, 8; 20, 25; 28, 23. 31). Se i fedeli che si convertono
soffrono mille tribolazioni, si è «per entrare nel regno di Dio» (At 14, 22),
perché Dio «li chiama al suo regno ed alla sua gloria» (1 Ts 2, 12). Ormai
soltanto il nome di Gesù Cristo si aggiunge al regno di Dio per costituire
l’oggetto completo del vangelo (At 8, 12): bisogna credere in Gesù per avere
accesso al regno.
II. I MISTERI DEL REGNO DI DIO
Il regno di Dio è una realtà misteriosa di cui soltanto Gesù può
far conoscere la natura. Ed ancora, egli non la rivela se non agli umili ed ai
piccoli, non ai sapienti ed agli scaltri di questo mondo (Mt 11, 25); ai suoi
discepoli, non alle persone estranee, per le quali tutto rimane enigmatico (Mc
4, 11 par.). La pedagogia dei vangeli è costituita in gran parte dalla
rivelazione progressiva dei misteri del regno, specialmente nelle parabole. Dopo
la risurrezione questa pedagogia sarà completata (At 1, 3) e l’azione dello
Spirito Santo la porterà a termine (cfr. Gv 14, 26; 16, 13 ss).
1. I paradossi del regno.
- Il
giudaismo, prendendo alla lettera gli oracoli escatologici del VT, si
raffigurava la venuta del regno come splendida ed immediata. Gesù l’intende in
modo completamente diverso. Il regno viene quando la parola di Dio è rivolta
agli uomini; come un seme gettato in terra, deve crescere (Mt 13, 3-9. 18-23
par.). Crescerà per la sua propria potenza, come la semente (Mc 4, 26-29).
Solleverà il mondo, come il lievito posto nella farina (Mt 13, 33 par.). Il suo
umile inizio contrasta così con l’avvenire che gli è promesso. Di fatto Gesù non
rivolge la parola se non ai soli Giudei di Palestina; e tra questi «il regno è
dato» soltanto al «piccolo gregge» dei discepoli (Lc 12, 32). Ma lo stesso regno
deve diventare un grande albero, dove faranno il loro nido tutti gli uccelli del
cielo (Mt 13, 31 s par.); accoglierà tutte le nazioni nel suo seno, perché non è
legato a nessuna di esse, neppure al popolo giudaico. Esistendo quaggiù nella
misura in cui la parola di Dio è accolta dagli uomini (cfr. Mt 13, 23), esso
potrebbe sembrare una realtà invisibile. Di fatto la sua venuta non si può
osservare come un fenomeno qualunque (Lc 17, 20 s). E tuttavia esso si manifesta
esternamente, come il grano mescolato alla zizzania in un campo (Mt 13, 24...).
Il «piccolo gregge» al quale è dato (Lc 12, 32), gli conferisce un volto
terreno, quello di un nuovo Israele, di una Chiesa fondata su Pietro; e questi
riceve persino «le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 18 s). Bisogna soltanto
notare che questa struttura terrena non è quella di un regno umano: Gesù si
nasconde quando lo si vuole fare re (Gv 6, 15) e si lascia dare il titolo di
Messia in un senso tutto particolare.
2. Le fasi successive del
regno. - Il
fatto che il regno sia chiamato a crescere, suppone che debba tener conto del
tempo. Indubbiamente, in un certo senso, i tempi sono compiuti ed il regno è
presente; con Giovanni Battista è aperta l’era del regno (Mt 11, 12 s par.); è
il tempo delle nozze (Mc 2, 19 par.; cfr. Gv 2, 1-11) e della messe (Mt 9, 37 ss
par.; cfr. Gv 4, 35). Ma le parabole della crescita (il seme, il granello di
senapa, il lievito, la zizzania ed il buon grano, la pesca: cfr. Mt 13) lasciano
intravvedere uno spazio di tempo tra questa inaugurazione storica del regno e la
sua realizzazione perfetta. O meglio, attualmente «il Regno patisce violenza»
(Mt 11, 12) perché si vuole impedirne l’irraggiamento attraverso la predicazione
evangelica. Dopo la risurrezione di Gesù, la dissociazione del suo ingresso in
gloria e del suo ritorno come giudice (At 1, 9 ss) finirà di rivelare la natura
di questo periodo intermedio: sarà il tempo della testimonianza (At 1, 8; Gv 15,
27), il tempo della Chiesa. Al termine di quel tempo, il regno verrà nella sua
pienezza (cfr. Lc 21, 31): vi si consumerà la Pasqua (Lc 22, 14 ss), sarà il
pasto escatologico (Lc 22, 17 s), in cui invitati venuti da tutte le parti
faranno festa con i patriarchi (Lc 13, 28 s par.; cfr. 14, 15; Mt 22, 2-10; 25,
10). I fedeli sono chiamati ad «ereditare» questo regno giunto alla sua
consumazione (Mt 25, 34); dopo la risurrezione e la trasformazione dei loro
corpi (1 Cor 15, 50; cfr. 6, 10; Gal 5, 21; Ef 5, 5). Nel frattempo ne invocano
la venuta: «Venga il tuo regno!» (Mt 6, 10 par.).
3. L’accesso degli uomini al
regno.
- Il regno è il dono di Dio per eccellenza, il valore essenziale che bisogna
acquistare a prezzo di tutto ciò che si possiede (Mt 13, 44 ss). Ma per
riceverlo, bisogna soddisfare a talune condizioni. Non già che esso possa mai
essere considerato come una mercede dovuta per giustizia: Dio assolda
liberamente gli uomini nella sua vigna e dà ai suoi operai ciò che gli piace
dare (Mt 20, 1-16). Tuttavia, se tutto è grazia, gli uomini devono rispondere
alla grazia: i peccatori induriti nel male «non erediteranno il regno di Cristo
e di Dio» (1 Cor 6, 9 s; Gal 5, 21; Ef 5, 5; cfr. Apoc 22, 14 s). Un animo di
povero (Mt 5, 3 par.), un atteggiamento di bambino (Mt 18, 1-4 par.; 19, 14),
una ricerca attiva del regno e della sua giustizia (Mt 6, 33), la sopportazione
delle persecuzioni (Mt 5, 10 par.; At 14, 22; 2 Ts 1, 5), il sacrificio di tutto
ciò che si possiede (Mt 13, 44 ss; cfr. 19, 23 par.), una perfezione maggiore di
quella dei farisei (Mt 5, 20), in una parola il compimento della volontà del
Padre (Mt 7, 21), specialmente in materia di carità fraterna (Mt 25, 34): tutto
ciò è richiesto a chi vuol entrare nel regno ed infine ereditarlo. Infatti, se
tutti vi sono chiamati, non tutti saranno eletti: il convitato, che non ha la
veste nuziale, sarà cacciato fuori (Mt 22, 11-14). All’inizio è richiesta una
conversione (cfr. Mt 18, 3), una nuova nascita, senza la quale non si può
«vedere il regno di Dio» (Gv 3, 3 ss). L’appartenenza al popolo giudaico non è
più una condizione necessaria come nel VT: «Molti verranno dall’Oriente e
dall’Occidente e siederanno a mensa nel regno dei cieli, mentre i sudditi del
regno saranno gettati fuori...» (Mt 8, 11 s par.). Prospettiva di giudizio, che
talune parabole presentano in una forma concreta: separazione della zizzania e
del buon grano (Mt 13, 24-30), scelta dei pesci (Mt 13, 47-50), resa dei conti
(Mt 20, 8-15; 25, 15-30); tutto ciò costituisce una esigenza di vigilanza (Mt
25, 1-13).
III. IL REGNO DI DIO E LA
REGALITÀ DI GESÙ
Nel NT i due temi del regno di Dio e della regalità messianica si
uniscono nel modo più stretto, perché il re-Messia è il Figlio di Dio stesso.
Questa posizione di Gesù al centro del mistero del regno si ritrova nelle tre
tappe successive, attraverso le quali questo deve passare: la vita terrena di
Gesù, il tempo della Chiesa e la consumazione finale delle cose.
1. Durante la sua vita,
Gesù si dimostra molto riservato nei
confronti del titolo di re. Se lo accetta in quanto titolo messianico
rispondente alle promesse profetiche (Mt 21, 1-11 par.), lo deve spogliare delle
risonanze politiche (cfr. Lc 23, 2), per rivelare la regalità «che non è di
questo mondo» e che si manifesta mediante la testimonianza resa alla verità (Gv
18, 36 s). In compenso, non esita ad identificare la causa del regno di Dio con
la sua propria: lasciare tutto per il regno di Dio (Lc 18, 29), significa
lasciare tutto «per il suo nome» (Mt 19, 29; cfr. Mc 10, 29). Descrivendo in
anticipo la ricompensa escatologica che attende gli uomini, egli identifica il
«regno del figlio dell’uomo» ed il «regno del Padre» (Mt 13, 41 ss), ed assicura
ai suoi apostoli che egli dispone per essi del regno come il Padre ne ha
disposto per lui (Lc 22, 29 s).
2.
La sua intronizzazione regale non giunge tuttavia se non al momento della
risurrezione: allora egli prende posto sul trono stesso del Padre (Ap 3, 21), è
esaltato alla destra di Dio (At 2, 30-35). Durante tutto il tempo della Chiesa,
la regalità di Dio si esercita così sugli uomini per mezzo della regalità di
Cristo, Signore universale (Fil 2, 11); perché il Padre ha costituito il Figlio
suo «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16; 17, 14; cfr. 1, 5).
3.
Al termine dei tempi, Cristo vincitore di tutti i suoi
nemici «rimetterà il regno a Dio Padre» (1 Cor 15, 24). Allora questo regno
«sarà pienamente acquisito al nostro Signore ed al suo Cristo» (Ap 11, 15; 12,
10), ed i fedeli riceveranno «l’eredità nel regno di Cristo e di Dio» (Ef 5, 5).
Così Dio, padrone di tutto, prenderà pieno possesso del suo regno (Ap 19, 6). I
discepoli di Gesù saranno chiamati a condividere la gloria di questo regno (Ap
3, 21), perché già in terra Gesù ha fatto di essi «un regno di sacerdoti per il
loro Dio e Padre» (Ap 1, 6; 5, 10; 1 Pt 2, 9; cfr. Es 19, 6).
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27 dicembre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net