I MOLTI VOLTI DI MARIA
NELLA TRADIZIONE MONASTICA
di Nathalie Nabert
Estratto e tradotto da: "La
figure de Marie en Chartreuse: Une dormition de la Vierge: manuscrit inédit de
la Grande Chartreuse
(La figura di Maria
nella Certosa: Una dormizione della Vergine: manoscritto inedito della Grande
Certosa" - Beauchesne, 2009
Riguardo allo stesso tema si veda anche la pagina "Maria alla lettura di Cristo"
La Vergine dei certosini ha un
volto monastico. È possibile intravederla di volta in volta nelle visioni
certosine. La tradizione certosina attinge alla tradizione monastica, in
particolare a quella cistercense, per dipingere il volto mariano
[1]. La Vergine dei certosini, come la Vergine dei monaci
cistercensi, presenta quindi tre caratteristiche principali: è il modello della
vita monastica, è la madre dei monaci, è anche la sposa dell'ordine. Tre modelli
che definiscono i tre aspetti di questa presentazione
[2].
1 - IL CONTRIBUTO DELLA TRADIZIONE MONASTICA
La Vergine, regola dei monaci
La tradizione monastica si è
impegnata, partendo dalla fine dell’VIII
secolo, a definire la Vergine Maria come la norma dei monaci. Il
Sermo in laudibus Beatae Mariae di Ambrogio
Autperto († 784) è il primo a dare alla Vergine il titolo di "regola dei monaci"
-
regula monachorum
[3]. I sermoni del tardo Medioevo
trasmettono questo titolo che si trova in diverse lezioni dell’Ufficio monastico
della fine dell’XI
secolo
[4].
Nel primo quarto del
XIII secolo, la spiritualità
cistercense conferisce a questo titolo una vera dimensione narrativa
sfruttandola nel repertorio della letteratura edificante. Ecco Maria trasformata
nel repertorio normativo del monaco esemplare. Gli
exempla
cistercensi ripetono così più e più volte come la Vergine trasformi i novizi in
monaci compiuti, ad esempio correggendo il comportamento dei novizi o
richiamandoli al rispetto assoluto della regola monastica
[5]. È in forma epifanica che la Vergine interviene più
spesso, come dimostra, ad esempio, la raccolta di
exempla di Cesario de Heisterbach
[6] composta tra il 1219 e il 1223, il
Dialogus miraculorum.
Le sue visioni e le sue
apparizioni dettano la normalità monastica, qui sgridando un monaco che si è
tolto la tunica, là facendo un segno di croce sulla fronte di un novizio
[7]. Un intero modello dell'ordine cistercense viene così
proiettato in questa via di mezzo tra la terra ed il cielo che costituisce
appunto il mondo visionario.
Anche il pensiero cistercense
ha dato un impulso definitivo a questo cammino di santità invocando l'imitazione
della Vergine Maria già delineata in epoca patristica nel
De Virginitate di sant'Ambrogio († 397) od in alcuni
sermoni di sant'Agostino († 430)
[8]. Diverse omelie di San Bernardo († 1153) o di Aelredo di
Rievaulx († 1167) chiamano infatti i monaci a vivere una vita “marieforme”, una
vita in forma di Maria, cioè somigliante alla sua santità
[9]. Aiutano quindi a presentare la Vergine come modello della
vita spirituale dei monaci, non solo come regola od esempio dei monaci, ma anche
come madre dei monaci. Assomigliare alla Vergine significa, ad esempio,
assicurarsi una somiglianza di vestiario con lei, successivamente dare alla luce
il Bambino Gesù nella propria anima. Per ottenere questa somiglianza, il monaco
cistercense passa attraverso una fase preliminare che consiste nel diventare il
figlio spirituale della Vergine Maria.
La Vergine, madre dei monaci
Lo sviluppo della dottrina
sulla maternità spirituale della Madre di Dio le conferisce infatti lo specifico
ruolo di diventare la madre spirituale dei monaci. La definizione della
maternità spirituale della Madre di Dio trova una prima risonanza nelle omelie
dei monaci dell'Ordine Cistercense del
XII
secolo. L'Ordine vede quindi nella Vergine non solo la “regola dei monaci” ma la
“Madre dei monaci”.
“Forse che non è nostra Madre? Grazie a lei noi siamo nati, da lei siamo
nutriti, per mezzo di lei cresciamo in virtù”,
scrive, ad esempio, Aelredo di Rievaulx († 1167) nel suo
Discorso per la Natività di Maria.
Questa nuova
dichiarazione omiletica segna il punto di partenza per l'elaborazione della
genealogia spirituale degli ordini religiosi, a cominciare con l'ordine
cistercense dove nel
XII secolo la Vergine è mostrata
come la Madre Fondatrice. In questo contesto, San Bernardo viene paragonato dai
suoi agiografi ad un lattante; i sermoni cistercensi paragonano i monaci ai
fratelli di latte di Cristo che sono nutriti alle mammelle celesti dalla Beata
Vergine Maria
[10]. La vita marieforme, così iniziata dall'infanzia
spirituale dei monaci divenuti figli della Vergine Maria, alimenta anche una
propria tematica narrativa specifica della tradizione monastica.
La Vergine, sposa dei monaci
Un altro volto della tradizione
monastica, la Vergine promessa sposa dei monaci. La Vergine è confrontata con la
sposa del Cantico dei Cantici, nell’ambito delle prime riletture mariane del
libro biblico che vengono eseguite nel corso del
XII
secolo. Seguendo l'esempio della Vergine paragonata alla promessa sposa del
libro biblico che si sforza di raggiungere il suo amato, l'anima prende la
strada che la conduce passo dopo passo a raggiungere il suo amato ed unirsi a
lui - un percorso così ben descritto da San Bernardo nel suo sermone sul Cantico
dei Cantici
[11]. Il Cantico dei Cantici costituisce quindi il modello
mistico della vita monastica.
La letteratura “esemplare” si
appropria della tematica del fidanzamento dell'anima con Dio e la declina in più
racconti a cavallo del 1200. Cesario d'Heisterbach († 1240), ad esempio, non ha
mancato di fornire una versione del tema nel
Dialogus miraculorum
composto tra il 1219 ed il 1223: «“Non
ti basterebbe potermi avere come moglie senza mai più abbandonarmi?"
si sente dire un cavaliere in un
exemplum.
La Vergine nelle sembianze di una matrona al di sopra di ogni umanità e che
tiene per le briglie un cavallo, lo ha appena interpellato invitandolo alle
nozze che si compiranno alla presenza del figlio suo
[12]».
È soprattutto questo triplice
volto monastico di Maria come regola dei monaci, come madre dei monaci e come
sposa dei monaci che riprende la tradizione certosina. Viene modellato proprio
quando l'ordine certosino conosce una maggiore estensione nella metà del
XIII
secolo. Concentriamoci ad analizzare più precisamente il motivo del fidanzamento
della Vergine nell'ordine certosino. L'Ordine dei certosini, rivendicando sia il
patronato che la titolatura della Vergine Maria, rivendica anche di diventare
"promesso sposo della Vergine Maria", ad imitazione di Giuseppe
[13]. E con ciò ne crea una valorizzazione del tutto originale
a partire dalla metà del
XIII secolo.
[1]
Nota del traduttore:
L'ordine monastico dei certosini, (Ordo Cartusiensis), fu fondato
nel 1084 da san Brunone (o Bruno) nella valle di La Chartreuse in
Francia. Centro della vita dei certosini era la chiesa, attorno alla
quale costruivano le capanne dove vivevano isolati. I certosini ancora
oggi si trovano assieme solo nell'ufficio del coro, nel capitolo, nel
refettorio comune in talune occasioni, nella ricreazione, nei colloqui,
stabiliti in precedenza, contemperando saggiamente l'eremitismo con il
cenobitismo.
L'ordine monastico dei cistercensi, (Ordo Cistercensis), fu
fondato nel 1098 a Cîteaux da una ventina di benedettini che con l'abate
Roberto avevano lasciato l'abbazia di Molesmes in Francia per attuare
più rigidamente, in un altro luogo, l’osservanza della Regola di San
Benedetto. Come i certosini, i cistercensi furono i protagonisti nei
sec. XII e XIII di una meravigliosa rifioritura della vita monastica e
diedero un profondo ed ineliminabile contributo alla civiltà medievale
in tutti i suoi aspetti: dallo spirituale all'economico, dall'artistico
al sociale. Grande ed illustre diffusore dell'ordine fu San Bernardo.
(Fonte: www.sapere.it)
[2]
Riguardo all'ordine certosino, si veda la sintesi di A. Girard, D.
Blévec,
L’ordre des
chartreux au
XIIIe
siècle (L’ordine delle certose nel XIII° secolo), Analecta cartusiana,
no234,
Salisburgo, 2006. Riguardo al culto mariano, ci permettiamo di
rimandarvi alla nostra sintesi: S. Barnay,
La Vierge, femme
au visage divin
(La Vergine, Donna dal volto divino),
Parigi, Gallimard, 2000.
[3]
J. Winandy (a cura di),
Ambroise Autpert, monaco e teologo,
Parigi, 1953, p. 94.
(Aggiunta del traduttore. Questo testo si trova nella Patrologia
Latina, Vol. 101, 1306, sotto il nome di Pseudo Alcuino, Omelia n.
3: “…Facta est Maria ianua coelorum, sublimatio apostolorum, laus
martyrum, iubilatio confessorum, continentia virginum, regula
monachorum, norma principum, iustitia regum. Facta est salus morum,
mors criminum, vita virtutum, virtus pugnantium, palma victorum…”).
[4]
H. Barré,
Prières mariales
de l’Occident à la Mère du Sauveur
(Preghiere mariane dell'Occidente alla Madre del Salvatore),
Parigi, 1963, p. 109, nota 40.
[5]
Si veda, ad esempio, S.
Barnay,
Le ciel sur ta
terre. Les apparitions de la Vierge au Moyen Age
(Il cielo sulla terra. Le apparizioni della Vergine nel Medioevo)
(prefazione di Jean Delumeau), Parigi, Cerf, 1999, pp. 80-97 in
particolare.
[6]
Nota del traduttore: Cesario di Heisterbach, noto anche come Caesarius
Heisterbacensis (Colonia, 1180 circa – Heisterbach, 1240 circa), è stato
un abate e scrittore tedesco, priore della ex abbazia cistercense di
Heisterbach, oggi Siebengebirge vicino alla piccola città di
Oberdollendorf.Prolifico scrittore, si dedicò principalmente a
produzioni di carattere agiografico. La più importante è il "Dialogus
magnus visionum et miraculorum", raccolta di exempla sotto
forma di dialogo fra un monaco (lo scrittore?) ed un novizio. (Fonte:
Wikipedia)
[7]
Dialogus miraculorum
scritto tra il 1219 ed il 1223, si veda J. Strange (ed.),
Dialogus miraculorum,
Coloniae, 2 vol., 1850-1851 (ristampa Rigdewood, NJ, 1966). Una nuova
edizione del
Dialogus miraculorum
è annunciata da Fr. Wagner, "Studien zu Caesarius Von Heisterbach",
Analecta cisterciensia,
29, 1973, pp. 79-85. Si veda la recente sintesi di M. Della Volpe,
“Maria nell'Exordium Magnum e nel Dialogus Miraculorum”,
Respice Stellam, op. cit.,
pagg. 268-282. I
Libri VIII miraculorum
iniziati
tra il 1125 ed il 1234 probabilmente non furono mai completati, si veda
A. Meister (a cura di),
Die Fragmente Libri VIII miraculorum des Caesarius von Heisterbach,
Roma, 1901. Per l'
Exordium magnum,
si veda l'edizione di B. Griesser (a cura di),
Exordium magnum cisterciense sive narratio de initio Cisterciensis
Ordinis auctore Conrado monacho Claravallensi postea Eberbacensi
ibidemque abbate,
Turnhout, 1994 (CCCM 138).
[8]
De Virginitate,
II, 2, 6,
PL,
16.
[9]
Numerosi esempi citati da B. Martelet,
Saint Bernard e Notre-Dame,
Parigi, 1985, pp. 115-117; G. Raciti (a cura di),
Aelredi Rievallensis Sermones I-XLVI, Collectio Claraevallensis prima et
secunda,
Turnhout, 1989, Sermo XXIII,
In Nativitate Sanctae Mariae,
p. 185, § 6; Sermo XXVI,
In Festivitate omnium sanctorum,
p. 210, § 1 (Corpus christianorum Continuatio mediaevalis, CCCM, IIA).
Due recenti conferenze fanno il punto sulla posizione della figura
mariana nel pensiero cistercense:
Respice stellam. Maria in san Bernardo e nella tradizione cistercense,
Atti del Convegno Internazionale (Roma, Marianum, 21-24 ottobre 1991) a
cura di M. Calabuig, Roma, 1993;
La Vierge dans la
tradition cistercienne
(La
Vergine nella tradizione cistercense)
(diretta da J. Longère), Études mariales.
Bulletin de la
Société française d’études mariales
(Studi mariani. Bollettino della Società francese di studi mariani),
1999.
[10]
S. Barnay, “Lactations
et apparitions de la Vierge. Une relecture de la règle, une lecture de
la vie de saint Bernard (Lattazioni
ed apparizioni della Vergine. Una rilettura della regola, una lettura
della vita di San Bernardo)”,
Unanimité et
diversité cisterciennes
(Unanimità
e diversità cistercense)
(IV° Conferenza Internazionale di CERCOR, Digione, 23-25
Settembre 1998), pubblicazioni dell'Università di Saint-Étienne, 2000 ,
pagg. 161-174. Id., “Entrer
en dialogue, entrer en vision. Les visions de la Vierge dans le
Dialogus
miraculorum
de Césaire d’Heisterbach (Entrare
nel dialogo, entrare in una visione. Le visioni della Vergine nel
Dialogus miraculorum
di Césaire d'Heisterbach)",
Voir les dieux, voir Dieu (Vedere gli dei, vedere Dio)
(colloquio sulle visioni ed apparizioni, Università di Strasburgo, dir.
da P. Boespflug e P. Dunand, 22 aprile 1999), Strasburgo, Presses
Universitaires de Strasbourg, 2002, pagg. 159-175.
[11]
Source chrétienne,
a cura di
R. Winlin e A.G. Hamman,
Le Cantique des cantiques d'Origène à Saint Bernard (Il Cantico dei
Cantici da Origene a san Benardo),
Parigi, Desclée de Brouwer, 1983.
[12]
J. Strange (a cura di),
Dialogus miraculorum,
2 voll., Colonia, Bonn, Bruxelles, 1851 (ristampa Rigdewood, 1966), cap.
xxxii,
pagg. 40-41. Letteratura esemplare, ma anche letteratura agiografica ...
Nella
Vita
che compose intorno al 1222 per la canonizzazione di Roberto di Molesmes
(†
1110), il suo agiografo cistercense fu uno dei primi a riprendere il
motivo della Vergine come Sposa dei monaci per stabilire la sua
paternità sull'ordine cistercense, lungi dall'essere affermato
chiaramente nell'agiografia primitiva. Così la Vergine appare a sua
madre Ermengarda, portando in mano un anello d'oro e chiedendole che il
figlio che porta in grembo le sia promesso in sposo da questo anello.
(Aggiunta del traduttore. Questo è il testo
completo del cap. XXXII del Dialogus di Cesario di Heisterbach tradotto
in italiano:
“Di
un cavaliere che fu tentato dalla moglie del suo padrone e ne fu
liberato da S. Maria con un bacio.
Un certo giovane cavaliere viveva con un ricco cavaliere, suo signore,
dal quale fu trattato molto gentilmente; e sebbene fosse nel fiore della
sua giovinezza, fiorì ancora di più nella virtù della sua verginità. Ma
l'invidia del diavolo agiva dentro di lui ed iniziò ad essere molto
tentato nei confronti della moglie del suo padrone. Ora, dopo aver
faticato incessantemente a causa di questa tentazione per un anno, alla
fine questa gli divenne insopportabile e, messa da parte ogni modestia,
raccontò alla sua padrona quanto soffriva. Ed era ancora più afflitto
quando lei lo respingeva, perché era un'onorevole matrona e fedele a suo
marito. Così andò da un certo eremita dal cui consiglio dipendeva
completamente e con le lacrime gli confessò la sua passione. Il
sant'uomo gli rispose lealmente: "Oh! Nient’altro ti turba? Ti darò un
consiglio affinché il tuo desiderio possa realizzarsi. Per il prossimo
anno, recati ogni giorno quando ti è possibile in chiesa e saluta cento
volte con il saluto angelico e con altrettante preghiere per il perdono,
Nostra Signora la Vergine Maria, la Madre di Dio, ed attraverso di lei
otterrai tutto ciò che desideri". Sapeva bene che l’amante della castità
non avrebbe mai abbandonato una casta giovinezza, sebbene fosse caduta
in errore. E quando il giovane con molta semplicità stava soddisfacendo
la prescritta venerazione alla Madonna, un giorno mentre sedeva alla
tavola del suo signore, si ricordò che quel giorno stesso era la fine
dell'anno. Immediatamente si alzò, montò a cavallo ed entrando nella
chiesa vicina fece le sue solite preghiere. Quando uscì dalla chiesa,
vide una bellissima signora, che superava ogni umana bellezza, che
teneva il suo cavallo per le briglie. Mentre lui si chiedeva chi potesse
essere, lei rispose: “Ti piace il mio aspetto?". E quando il cavaliere
rispose: "Non ho mai visto nessuna bella come te", ella aggiunse:
"Saresti soddisfatto di avermi come sposa?". E quando lui le rispose:
"La tua bellezza potrebbe soddisfare qualsiasi re del mondo e sarebbe
giudicato un uomo beato come tuo consorte", ella continuò: “Sarò tua
moglie. Avvicinati e dammi un bacio". E lei lo costrinse e disse: "Ora
sono iniziate le nostre nozze, ed in un certo giorno saranno completate
alla presenza di mio Figlio". Da queste parole si rese conto che era la
Madre del Signore, la cui castità si rallegra della purezza umana. Ella,
tenendo la staffa del suo cavallo, gli ordinò di montare ed il
cavaliere, costretto dalla sua autorità, obbedì. Da quel momento fu così
completamente liberato dalla suddetta tentazione che anche la moglie del
suo padrone rimase sbalordita.
Quando raccontò tutte queste cose all'eremita, quest'ultimo,
meravigliandosi sia della bontà che dell'umiltà della Madre di Dio,
rispose: “Desidero essere presente nel giorno delle tue nozze. Nel
frattempo sistema tutti i tuoi affari".
Egli fece così ed il giorno stabilito l'eremita venne e disse al
giovane: "Senti qualche dolore?" Lui rispose: "No", e di nuovo un'ora
dopo gli fece esattamente la stessa domanda e il giovane rispose: "Sì,
ora comincio a sentirlo”. Poco dopo cadde in agonia, emise lo spirito ed
entrò nelle dimore celesti per celebrare le sue promesse nozze”.
[13]
P. Payan,
Joseph, une image de la paternité dans l’Occident médiéval (Giuseppe,
un'immagine della paternità nell'Occidente medievale),
Parigi, Aubier, 2006, pp. 50-64.
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15 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net