“LECTIO DIVINA” 4
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Maria legge, nel senso pieno del termine: ella ascolta, medita, memorizza,
scruta, comprende, prega, acconsente, contempla e così si prepara ad accogliere
ogni messaggio che le viene dalla Parola che legge e nel tempo che legge.
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In Maria, profezia e compimento si sovrappongono e coincidono: annunciazione e
realtà si congiungono. L'angelo cita le profezie che ella legge e proprio in
quel momento le profezie si realizzano in lei. E ciò continua ad accadere per
tutta la sua vita, poiché ella serbava nel suo cuore profezie scritte e
avvenimenti del loro compimento.
Estratto
da “La contemplazione di Cristo nel Monachesimo medievale”
di Jean Leclercq O.S.B. - Ed. San Paolo
Capitolo III
Come
Gesù è Parola uscita direttamente dal silenzio creatore del Padre, Parola che
contiene ogni significato e ogni potere, così Maria è parola sussurrata come
un'eco di quel
Logos supremo: parola che si origina nella Parola.
John
Main,
The Other
Centeredness of Mary
(L'attenzione all'Altro di Maria)
Con
il suo esempio e il suo comportamento Maria ci insegna il modo in cui leggere.
Gesù, libro e lettore, ci mostra Dio alla lettura di Dio.
Maria
in lettura
L'iconografia
religiosa ama rappresentare Maria in lettura. Alcune antiche immagini e quadri
di ogni epoca ce la mostrano occupata nella lettura al momento
dell'Annunciazione. Già nell'antichità Maria è raffigurata seduta, con un
libro aperto sulle ginocchia, mentre nella parte superiore dell'immagine
Gabriele viene a consegnare il messaggio al quale ella si è preparata con la
lettura. Oppure Gabriele tiene in mano un rotolo aperto dove si possono leggere
le parole che le rivolge da parte di Dio, secondo Lc 1,28. Più tardi, nel
Medioevo, soprattutto in Occidente, Maria è spesso inginocchiata, a leggere e a
pregare, nel momento in cui l'angelo entra da lei. Nell'istante stesso
dell'evento, ella legge: come se il messaggio dell'arcangelo le fosse trasmesso
dal libro.
Secondo
questa tradizione, Maria leggeva fin dall'infanzia. Un quadro del Rinascimento
ce la mostra, ancora bambina, tra
Gioacchino e Anna
(vedere la relativa pagina): Maria legge. I cristiani
hanno amato rappresentarla in lettura non solo dopo l'incarnazione, ma anche
durante tutta la sua vita. Si sono scolpite delle statue di Maria, seduta con un
libro aperto sulle ginocchia. A destra Gesù bambino è in piedi. Con la mano
destra la madre tiene un fiore. L'attenzione di Maria si rivolge successivamente
al Libro che è Gesù, al libro della Scrittura e al libro della natura.
Nella
pinacoteca dell'abbazia di Saint John, a Collegeville, un quadro dipinto da
padre Bonaventura Osterkamp rappresenta Gesù bambino che sta spiegando il Libro
a Maria. Con una mano le mostra la pagina, con l'altra e con lo sguardo levato
verso di lei le spiega il testo: Maria ascolta. Sono scene della vita di Gesù.
Anche dopo la risurrezione Maria continua a leggere. Alcune scene della
Pentecoste ce la rappresentano in primo piano, inginocchiata davanti a un libro
aperto. Alla sua destra sta seduto un apostolo.
Quali
conclusioni trarre da questa ricca tradizione iconografica?
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Maria legge, nel senso pieno del termine: ella ascolta, medita, memorizza,
scruta, comprende, prega, acconsente, contempla e così si prepara ad accogliere
ogni messaggio che le viene dalla Parola che legge e nel tempo che legge.
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In Maria, profezia e compimento si sovrappongono e coincidono: annunciazione e
realtà si congiungono. L'angelo cita le profezie che ella legge e proprio in
quel momento le profezie si realizzano in lei. E ciò continua ad accadere per
tutta la sua vita, poiché ella serbava nel suo cuore profezie scritte e
avvenimenti del loro compimento.
Tutto
questo illustra la somiglianza e la differenza che vi è tra Maria e Gesù.
Originariamente e fondamentalmente Gesù è il Libro. Solo in un secondo tempo e
per conseguenza è lettore. L’intera verità e rivelazione di Dio su Dio si
trova in Gesù. Egli legge questa rivelazione sia in sé stesso sia nei libri che
la annunciavano e la preparavano.
Per
Maria il ruolo fondamentale non è quello di essere libro, ma lettura. Lettura
delle profezie, che sono annunci di Gesù, prima di tutto. Poi lettura di Gesù,
compimento delle profezie. Abbiamo così il tema tradizionale di Maria in
lettura. Tema importante, tanto nella letteratura patristica quanto in quella
medievale. Per non citare che due esempi, Alberto Magno vede Maria in lettura (lector)
di tutte le profezie: ella le legge letteralmente in sé stessa, nel loro
significato letterale. Bernardino da Siena afferma che ella ha portato a
compimento le profezie in sé stessa. Maria era lettrice (lectrix) spiritualmente perché comprendeva le profezie.
Maria,
libro aperto
Così
Maria è lettura - la lettura - a causa di Gesù. Di conseguenza, ella è anche
libro aperto nel quale la Chiesa, a cominciare dagli stessi apostoli, dovrà
leggere. Perciò abbiamo quel tema estremamente ricco di «Maria, libro aperto»
di cui troviamo numerosi esempi nella tradizione sia patristica sia monastica.
Esploriamo innanzi tutto le ricchezze di queste tradizioni prima di trarne il
significato attuale.
In
certe litanie della Vergine che la qualificano e le applicano tutte le immagini,
simboli e attributi biblici, ella è venerata anche come libro aperto. Teodoro
Studita, monaco teologo, scrive un'omelia nella quale immagina gli elogi
attribuiti a Maria dagli apostoli, con parole proprie o con citazioni delle
profezie. Ave, santa Maria! Essi
dicono. Seguono dodici titoli, probabilmente secondo il numero degli apostoli.
Il decimo della serie dice: «Santa Maria, libro sacro dei divini precetti, nel
quale ci è comunicato ciò che è gradito a Dio, come Geremia ha visto nei
tempi antichi».
Poi,
disseminati tra numerosi autori, si raccolgono almeno novanta titoli attribuiti
in una sorta di litania a lode di Maria, libro aperto: Maria, libro offerto alla
lettura del genere umano. Libro il cui autore è il Verbo fatto carne in lei, lo
Spirito in lei, il dito di Dio. Animata da Cristo, è segnata dal sigillo dello
Spirito. Maria, libro impenetrabile, che solo Giuseppe ha compreso per grazia
divina insieme a tutti coloro che, dopo di lui, riceveranno dallo Spirito il
dono di comprenderla. Questo libro è nuovo, vero, spirituale. Maria è il libro
dei beati che la contemplano nel cielo. Il libro dei contemplativi, il libro che
insegna castità, povertà, umiltà attraverso l'elevata lettura che esso
procura. Maria è il libro offerto ai vittoriosi del cielo. Come il Figlio è il
libro del Padre, così Maria è il libro del Figlio; notiamo, con un semplice
accenno, che la gerarchia dei valori, l'ordine esatto delle realtà della
salvezza sono rispettati. Questa lode di Maria prosegue pagina dopo pagina, e più
volte le immagini rievocate si rifanno a Lc 2,51, che commenteremo in seguito.
Una
delle caratteristiche del libro è di consegnare le parole e i fatti del
passato. Così Maria è un libro perché, come un libro, conserva nel suo cuore
gli esempi dei patriarchi, le parole dei profeti, i fatti e i gesti dei pastori,
dei magi, di Simeone, di Anna e infine le parole e le opere di suo Figlio.
Maria
è un libro perché raccoglie nel suo cuore le parole e le azioni di Cristo.
Un'intera teologia di Maria e del suo rapporto con Cristo e con noi si potrebbe
costruire alla luce di tutte queste citazioni poetiche. Una tra le più
articolate e certamente la più ricca di immaginazione è costituita dal lungo
sermone di un abate benedettino del XII secolo, Pietro di Celle. Costellato di
tesori di bellezza, d'invenzione e di poesia, il tema principale del sermone
deriva da Is 8,1: «Il Signore mi disse: “Prenditi una grande tavoletta e
scrivici con caratteri ordinari... " ». Le parole principali sono «tavoletta»
e «grande». Questo sermone sull'annunciazione descrive nei particolari tutto
il processo di fabbricazione dei libri, nominando attrezzi, tappe e procedimenti
utilizzati (penna, rasoio, inchiostro, iniziali miniate, rilegatura ecc.). Egli
li interpreta in maniera simbolica e li applica a Maria e al mistero
dell'incarnazione. Così, oltre ai simboli stessi, troviamo qui probabilmente la
descrizione più esatta dell'industria del libro nel Medioevo. E’ vivace,
realistico e anche divertente; inoltre ci dà un'impressione vera dell'umorismo
e anche della bizzarria che caratterizzano alcuni di questi abati, monaci e
autori spirituali medievali. Possiamo facilmente immaginare il sorriso delle
monache e dei monaci che ascoltarono questo sermone o che l'hanno letto. E ancor
più di quelli che lavoravano materialmente nello sciptorium, cioè nel laboratorio dove si copiavano i manoscritti,
li si rilegava ecc. Vale la pena soffermarsi su questo testo.
L'idea
su cui si fonda tutto questo insieme di immagini è senz'altro quella secondo la
quale Dio voleva rendersi leggibile a noi, al genere umano, nella nostra
scrittura, nel nostro alfabeto, nelle nostre parole, insomma nella nostra carne:
Maria, per noi, è il libro che contiene tutto ciò. E la conclusione pratica è
questa:
Purificatevi,
cristiani,
(come la pergamena deve essere ripulita e purificata)
in modo che Gesù possa essere scritto in voi,
come in un libro,
e il vostro nome possa essere impresso
nel libro di Dio.
Senso
e implicazioni pratiche di questi temi
Pur
gustando questo modo di contemplare Maria e divertendoci con questa forma di
rappresentazione di Maria davanti a Dio, tuttavia ci interroghiamo anche su ciò
che queste espressioni immaginose possono dare alla nostra lettura prima di
tutto, poi al motivo della nostra lettura, al profitto di ciò che leggiamo, al
modo in cui dobbiamo leggere. La tradizione ci insegna a leggere come leggeva
Maria. Ella fu lettura prima che essere libro. Noi dobbiamo leggere nel cuore di
Maria, e questa è più che una devota espressione. Essa ci viene dal vangelo.
Limitiamoci a due versetti di Luca. «Maria serbava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19) e «Sua madre tuttavia serbava tutte
queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 51).
Le
parole principali sono costituite dai termini «serbava», «meditava», e anche
«nel suo cuore». Un'espressione che include la memoria, ma dice ancora di più.
Due parole greche significano rispettivamente: «serbare» e «mettere insieme»,
«raccogliere» e «ricordarsi». Così, secondo i due contesti, il senso è che
Maria, alla lettura delle Scritture, che preannunciavano ciò di cui ella era
allora testimone, si ricordava di tutte quelle parole: più che di cose, di
realtà. Ha letto le profezie. Ne ha viste realizzarsi alcune sotto i suoi
occhi. E ora, nel profondo della sua coscienza, paragona. Conosceva il modo di
leggere? San Gerolamo ha la risposta pronta: «Quae audierat quaequae legerat»
(Ciò che aveva ascoltato, ella l'aveva letto). Maria aveva letto e udito. Non
vi è più allora alcuna difficoltà.
Potremmo
citare qui tutta una serie di testi in questa linea della tradizione, in
particolare alcuni testi monastici che fanno allusione a questo confronto che
fece Maria. Così Gerolamo: «Ella paragonava ciò che aveva vissuto, udito o
letto, con ciò che aveva visto. Perché si dice che paragonava anziché,
semplicemente, che rifletteva od osservava? Ma in quanto santa e in quanto aveva
letto le Scritture e conosceva i profeti, si ricordava ciò che l'angelo le
aveva detto e che le parole pronunciate dall'angelo venivano dai profeti». Beda
il Venerabile fa un parallelo coerente tra ciò che Maria vedeva e ciò che
aveva letto: videbat-legerat. Dunque ella «si ricordava» e «confrontava».
Nel IX secolo, Aimone sottolinea che la fede di Maria era una fede in crescita:
più vedeva ciò che già aveva letto, più ella credeva. Nel XII secolo,
l'abate Guarnerio (1116) scriveva a proposito della Natività:
Legerat
in Isaia:... (ella aveva letto
in Isaia)
videbat
in praesepio:... (vedeva nella
mangiatoia)
comparabat
ergo verba prophetarum. factis:... (comparava tra di loro fatti e detti dei
profeti).
Tutti
costoro, così come Smaragdo e Aelredo di Rievau1x, parlando di questo paragone
che faceva Maria, usano il termine «ruminazione». Questa immagine biblica
sottolinea la somiglianza tra questo modo di leggere e l'animale ruminante, che
mastica e rimastica. Ecco le principali citazioni. Ma quali ne sono il
significato e le implicazioni? Anzitutto riguardano il modo di meditare nella
lettura, la necessità del silenzio, la crescita della fede, l'impatto di questa
esperienza su ogni forma di apostolato.
La
dinamica della lettura meditativa può risultare dal pieno significato dei
termini usati da san Luca quando li si confronta con i loro paralleli nella
Bibbia greca: sunterein-conservabat: mantenere, serbare; diaterein:
osservare con cura una parola nel proprio cuore, perseverarvi, esservi
impegnato.
E’
un ricordo vivissimo, un richiamo allo spirito delle parole udite e del modo in
cui esse hanno preso forma nella realtà. E’ una contemplazione del passato al
fine di comprenderlo nel presente. Una ricerca, un'indagine e una scoperta.
Questa specie di memoria è frequente nella Regula di san Benedetto: «Si
ricordi... Si ricorderanno» (RB passim, 4, 7, 19, 31, 57).
Ed
è importante in quanto riguarda Cristo. Si tratta qui, in realtà, dell'anamnesis,
nel senso in cui diceva Gesù: «[Egli] vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto» (Gv 14, 26). E ancora: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19). «Ricordarsi»
in questo modo significa restare, rimanere nella parola di Dio o con la parola
di Dio: rimanere (manere), così frequente in Giovanni, vuol dire per lui
un'anamnesis prolungata, continua, una memoria dell'alleanza di Dio al
fine di attualizzarla, di vedere e sperimentare l'alleanza che si manifesta.
Quale
può essere allora l'esito di questo atteggiamento e di questa dinamica in
Maria? Nel momento in cui scriveva Luca, la fede pasquale di Maria cominciava a
comprendere come tutta l'infanzia del suo Figlio avesse in realtà condotto alla
sua morte e alla sua risurrezione. Ora ella rileggeva la Scrittura da questo
punto di vista. Maria - o qualsiasi altro ebreo - poteva aver composto il Magnificat
a partire dall'Antico Testamento. Ma il carattere peculiare di Maria era la sua
rilettura dei testi, la sua reinterpretazione degli stessi testi alla luce di
suo Figlio. In questa interpretazione ella dava l'esegesi delle profezie e degli
eventi della vita di Gesù. Maria diventava l'esegeta dell'incarnazione di Dio
nel suo Figlio. Ne dava la perfetta interpretazione dopo la sua risurrezione, ma
la sua evoluzione iniziò all'epoca in cui lei e Giuseppe, come dice san Luca,
«non compresero ciò che Gesù diceva loro» (Lc 2, 50). Quale prima testimone
di questi avvenimenti, ella è stata capace di comprenderli gradualmente e di
darne così l'esegesi. Questo tuttavia non era possibile se non grazie allo
Spirito Santo che era in lei dal momento della concezione di Gesù, e già anche
prima: presenza che continuò a crescere dopo la risurrezione. Questa «memoria»
è fondamentalmente un atteggiamento biblico, nella linea sapienziale della
tradizione d'Israele, il popolo del ricordo, il popolo del «memoriale». Lo
stesso Spirito che un tempo ispirava i profeti, operava ora in Maria, producendo
un approfondimento progressivo della sua comprensione di Gesù.
La
ragione della crescita di questo atteggiamento in Maria stava nel fatto che
all'inizio lei e Giuseppe non avevano capito ciò che accadeva a Gesù. Questa
«memoria» nello Spirito Santo, questo «memoriale» attivo è tanto più
necessario quando le vie del Signore sono misteriose e ancora sconosciute,
quando sussiste ogni specie di oscurità. La fede deve essere perseverante e
crescere nonostante la difficoltà. Nel caso di Maria, non si tratta tanto della
sua psicologia quanto della sua fede e, pertanto, della nostra. Proprio come
Maria, anche noi dobbiamo scoprire il vero significato di ogni evento della vita
di Cristo, di ciascuno dei suoi misteri, di ogni aspetto del suo insegnamento, e
tutto questo attraverso le parole dei nostri padri nella fede - gli autori
dell'Antico e del Nuovo Testamento - le parole della tradizione e quelle della
Chiesa. E’ detto di Maria: videbat (vedeva),
con gli occhi della fede; ella ritornava, rifletteva su tutte le meraviglie che
Dio aveva compiuto, su tutte le prove, tutte le tentazioni, gli esili, le
immolazioni così come le liberazioni che egli aveva voluto: il sacrificio di
Abramo, e tutto il seguito. Maria rifletteva perché era in ricerca: ricerca,
perché rimaneva un elemento oscuro, di non comprensione e, per molti, di
incomprensione, di mistero. I testi sacri rivelano nella stessa misura in cui
nascondono. Ogni volta rivelano un po' di più il loro contenuto. Questo è per
noi un infinito elemento di scoperta, di sorpresa perché tutto non è ancora
compiuto né svelato come lo sarà alla fine, quando Cristo libro sarà
interamente interpretato e compreso nei cieli, nella visione che allora si
presenterà a noi. Ma fin d'ora i libri che ci parlano di Cristo sono tanti
passi con i quali avanziamo verso la visione. Non finiamo mai di
meravigliarcene, di rimanerne stupiti e sorpresi.
E
quando sopraggiungono periodi di più profonda oscurità, anche noi, come Maria,
viviamo di fede. La tradizione vuole che Maria sia stata la sola a conservare la
fede in quei tre giorni che separarono la morte dalla risurrezione di Gesù. Ci
fu un istante in cui tutta la fede della Chiesa rimase in Maria sola. Gesù restò
un enigma per Maria, come lo resta anche per noi. La luce è sufficiente per
nutrire la nostra fede, e l'oscurità abbastanza densa per stimolare la nostra
ricerca. San Luca (2, 33) dice che Maria e Giuseppe si stupivano, «si
meravigliavano delle cose che si dicevano di Gesù». Ma a poco a poco
compresero, proprio come fecero gli apostoli e i discepoli dopo la Pasqua. La
loro esperienza pasquale continua in noi. Quali sono le condizioni e le esigenze
di questa crescita nella fede?
Sono
di due specie. La prima è che rinunciamo a quei desideri istintivi e naturali e
a quelle speranze che non fanno che impedirci di accogliere il mistero di Dio
così come Cristo ce lo ha rivelato, e che perciò ci impediscono di ammettere
la necessità di passare attraverso la croce per raggiungere la vita nuova, la
vita dello Spirito. La nostra lettura meditata di Cristo libro, tale quale è
realmente inscritta nella sua vita, ci fa riconoscere la funzione della
purificazione all'interno della nostra vita.
La
seconda esigenza è il silenzio che rende possibile questa esperienza nella
fede. E’ così che noi percepiamo lo spirito di contemplazione e di silenzio
di Maria, e anche dei «suoi silenzi». Questo tema è sviluppato da alcuni
Padri e anche da autori monastici medievali. Maria pronunciò dunque poche
parole. Il suo silenzio non è prima di tutto un esempio di ascesi, ma molto di
più il simbolo della posizione, tutta rivolta verso Dio, della fede, della
speranza e della carità. Ancora una volta è questo il modo in cui comprendiamo
il silenzio monastico di cui parla la Regula
di san Benedetto al capitolo 7,5:
Tacite conscientia patientiam amplectatur.
Tacite: silenziosamente, pacificamente, «quietamente»;
conscientia: silenzio, non delle labbra o della bocca solamente, ma del cuore;
patientiam: pazienza nella sofferenza, perseveranza nell'attesa, fiducia nell'aspettativa: tutto il contesto di questo quarto grado dell'umiltà esprime tale atteggiamento;
amplectatur:
abbracciare con ardore,
generosità, amore.
Ecco
il vero significato della taciturnitas monastica, la quale è molto di più
che una semplice limitazione della parola. L'abate Randolfo, nell'XI secolo,
prende l'esempio di Maria per mostrare che anche noi dobbiamo serbare tutti
questi misteri, queste realtà nel nostro cuore come in un armadio Chiuso.
Infine
è solo attraverso il silenzio che noi abbiamo il diritto e la possibilità di
aiutare gli altri a crescere nella loro fede. Lì sta il progetto e la
giustificazione di ogni condivisione della nostra fede, di ogni forma di
apostolato. A forza di ricordarsi e di contemplare in silenzio i misteri che
ella «aveva letto e di cui era stata testimone», Maria è diventata l'«apostolo
degli apostoli» nella Chiesa nascente.
Non
voglio entrare in una questione controversa, cioè se i ricordi personali di
Maria furono o no la fonte d'informazione dei racconti dell'infanzia di Matteo e
di Luca. Laurentin, in un'opera assai erudita, ha recentemente sostenuto questa
tesi. Una solida tradizione sostiene che Maria trasmise realmente agli apostoli
ciò che aveva sperimentato e compreso. Beda il Venerabile, per esempio, afferma
che a coloro che la interpellavano per predicare o per scrivere, Maria affidava
i suoi ricordi. La stessa cosa è detta da Aimone, nel IX secolo, da Bruno di
Segni e da Randolfo, nell'XI secolo, da Aelredo di Rievaulx nel XII secolo, e da
altri ancora. Secondo questa tradizione, Maria interpreta, spiega, dà l'esegesi
a quelli che hanno il compito di predicare o di scrivere: il suo silenzio era la
fonte del suo insegnamento. Un certo Pseudo Gerolamo, monaco dell'XI secolo,
spiega che, dopo la risurrezione di Gesù, «ella rimase con gli apostoli fino
alla sua assunzione, il tempo sufficiente per istruirli sul Verbo incarnato,
poiché ella stessa aveva ricevuto ogni spiegazione dallo Spirito Santo».
Nella
biblioteca di Alcuino dell'abbazia di Saint John, una statua scolpita da padre
Hugh Wiltzman rappresenta Maria con le mani tese. Stretta a sé, invece del
bambino Gesù così come si vede abitualmente, tiene una pergamena che riporta i
simboli dei quattro evangelisti, come per affermare che i vangeli sono contenuti
in Maria, nella «Madonna dei vangeli». La veste è aperta e avvolge il Libro
dei vangeli che sembra uscire da lei. Non a caso questa statua si trova nella
biblioteca. Infatti nei monasteri medievali la biblioteca, o l'armadio
contenente i manoscritti, era spesso posta sotto la protezione della Vergine
benedetta, o addirittura collocata nella navata della cappella della Vergine.
La Vergine al telaio, 1504, Pittore anonimo, Chiesa di San Primo (Kamnik)
Conclusione
Maria
è il nostro modello, possiamo dire, nella condivisione del messaggio di Cristo,
come lo è nell'ascolto e nello studio della verità divina. Come Maria, noi
siamo in ricerca e tentiamo di approfondire la Verità incarnata, di meditare la
parola di Gesù. Il mistero dell'incarnazione le fu rivelato gradualmente: ella
ha dovuto sperimentare i rinvii e le dilazioni di Dio. La pazienza che ella ebbe
e di cui tutti abbiamo bisogno, quella crescita verso una luce più grande
attraverso l'oscurità, è caratteristica del nostro modo di comprendere e della
nostra libertà che sono, in sostanza, la nostra dignità. La comprensione della
Verità rivelata non è immediata né automatica, ma richiede tempo e sforzo da
parte dei credenti, specialmente nel mondo monastico. Possiamo concludere con un
passo del concilio Vaticano II, nel quale la crescita della fede e della
comprensione sono rinviati all'esperienza vissuta da Maria: « ... Cresce
infatti la comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse... con la
riflessione dei credenti che (come è detto di Maria) "le meditano in cuor
loro" (Lc 2, 19.51)».
Papa
Paolo VI ne fece un'applicazione particolare alle religiose contemplative, in un
discorso pronunciato il 2 febbraio 1966: «Maria [è] modello e maestra di
interiorità spirituale...Tutti dobbiamo imitare la Madonna nel ripensare Gesù,
le sue parole e i suoi esempi». E Giovanni Paolo II, nel prendere la parola a
Città del Messico il 26 gennaio 1979, esprimeva le difficoltà dell'uomo
moderno davanti alla fede:
[l'uomo
percepisce che] ci sono nel disegno di Dio più zone di mistero che di evidenza;
che, per quanto si sforzi, mai riuscirà a capirlo totalmente. A questo punto,
l'uomo accetta il mistero, così come «Maria conservava tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19; cfr. Lc 3, 15). E’ il momento nel quale
l'uomo si abbandona al mistero, non con la rassegnazione di qualcuno che
capitola di fronte a un enigma, o a un assurdo, ma piuttosto con la disponibilità
di chi si apre per essere abitato da qualcosa - da Qualcuno! - più grande del
proprio cuore.
San Bernardo diceva un giorno: «Il Cuore di Cristo è il Cuore del Padre». Era nel cuore di suo Figlio che Maria leggeva e, a nostra volta, noi troveremo nel suo cuore più di quanto siamo capaci di leggere.
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26 luglio 2015 a cura di
Alberto "da Cormano"
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