GUIGO I
MEDITAZIONI
Testo parziale
Estratto da “Guigo Certosino – Meditazioni nel silenzio”, a cura di Paolo Saladini
Edizioni Il leone verde, 1999 – Digitalizzato da “Google
Books”.
Il testo originale comprende molte note esplicative.
1.
Rifletti sulle reazioni violente che suscitano in te cose innominabili,
assai più di quanto non faccia il Signore, e su quante persone si lascino
prendere da desideri immondi piuttosto che dal Signore.
2.
Vergognati di fare ciò che per te non è bene né vedere né mostrare agli
altri.
* * *
3.
La Verità deve essere posta al centro della tua vita, come qualcosa di
bello. Compatisci, non condannare chi la odia. Quanto a te, che desideri
raggiungerla, perché la respingi, proprio tu che sei da biasimare per i tuoi
vizi?
4.
Guarda quante umiliazioni la verità sopporta.
Si dice all’ubriacone: “Sei ubriacone”; lo stesso al lussurioso e al
chiacchierone: e ciò è vero. Non solo: costoro ben presto delirano, e
perseguitano, fino ad ucciderla, la Verità, nella persona stessa che la
predica.
Guarda, invece, quanto è onorata una menzogna. A individui pessimi e schiavi
di tutti i vizi si dice: “Persone dabbene!”. E questi si acquietano, se ne
compiacciono, e mostrano ossequio verso chi ha proferito una simile
menzogna.
5.
La Verità, al contrario, va adorata senza apparenze né splendore, e
inchiodata alla croce.
6.
Esigi la ricompensa da colui alla cui volontà ti sottometti. Meglio, dunque,
vivere senza contrarre degli impegni, perché non puoi rivalerti contro te
stesso. “La paga del tuo operaio non rimanga presso di te fino al mattino”,
dice il Signore. Perché il Signore ti farà giustizia contro te stesso.
7.
Chi opera secondo la sua propria volontà, esiga da se stesso ogni
retribuzione; ma poiché non può estorcerla da se stesso, faccia ricorso,
contro se stesso, a Dio giudice giusto. Se tu ti amassi, non accetteresti
mai di metterti al servizio di un uomo - cioè di te stesso - dal quale non
puoi aspettarti alcuna retribuzione.
8.
Perché rivendichi più diritti su te stesso che su altre persone o campi, dal
momento che nulla in te hai creato più che in essi? A che titolo rivendichi
qualcosa da realtà che non hai creato, come non hai creato neppure te
stesso?
* * *
9.
Rifletti su quanto sia più agevole il cammino della vita attraverso le
avversità che attraverso le circostanze favorevoli. È più facile, infatti,
frenare la lussuria e le altre passioni quando non si trovi in esse nulla di
bello o di piacevole.
10.
Apprezza il tuo corpo non per il piacere e per l’amore, cioè per il peccato,
ma solo in vista del bene della vita.
11.
Da quanti amori di realtà destinate a finire o che avrebbero potuto
travolgerti, il Signore-Verità ti ha liberato! Da quanti timori e
sofferenze, causa di tristezza, ti ha affrancato! E così, da quanti odi!
12.
Rifletti su quali esigue parvenze di bene abbiano le realtà temporali per
essere perseguite, a costo di tanti rischi e fatiche, da persone ragionevoli
e irragionevoli.
13.
La stessa povertà, o i rigori del tempo, ci spingono come un torturatore, a
desiderare beni diversi. Ma poiché siamo abituati solo alle realtà terrene e
non conosciamo null’altro, allora desideriamo cose non molto diverse da
quelle che soffriamo. Ci auguriamo di interrompere, per un momento, la loro
collera, cioè i loro rigori, mitigandole con una sorta di intesa, o di dover
sopportare realtà non molto diverse da quelle.
14.
0 tu che soffri, vuoi mitigare il tuo dolore? “Sì!”. Temporaneamente o per
l’eternità? “Per l’eternità”. Desidera, allora, la medicina eterna, cioè
Dio-Verità; egli ti ha percosso affinché tu desideri Lui solo, e non le erbe
medicinali o le fasciature.
15.
Chi cerca una vita lunga, cerca una tentazione altrettanto lunga. Infatti la
vita dell’uomo sulla terra non è che tentazione.
16.
Tu sei giusto soltanto quando riconosci e dichiari, a causa dei tuoi
peccati, che meriti la condanna. Se ti proclami giusto, menti, e sarai
condannato dal Signore-Verità, perché gli sei contrario. Riconosciti
peccatore, affinché il SignoreVerità ti liberi per la tua lealtà.
17.
Ti compiaci, perché non capisci che nulla di buono viene da te. Da te non
deriva nulla, se non male. Non devi, dunque, ringraziarti per nulla. Ogni
tuo male proviene da te. Accetta dunque, come punizione, grandi castighi.
18.
Sii tale da meritare la lode perché non la merita se non chi è buono; molti
vogliono essere lodati per ciò che non sono; e non ottengono lode.
19.
Quando aduli chi ti loda, in realtà, non aduli chi ti ha lodato, perché non
sei tu, illuso, oggetto della lode! Quando si dice “come è buono”, “come è
giusto”, si intende lodare chi lo sia veramente, non tu, che non lo sei;
anzi, sei piuttosto da biasimare non poco, visto che sei così cattivo e
ingiusto. La lode del giusto, infatti, suona come condanna dell’ingiusto.
Dunque la lode rivolta a te è quella dell’ingiusto. Per cui, quando plaudi a
chi loda il giusto, plaudi a chi più di ogni altro ti condanna dal momento
che sei ingiusto. Infatti non è giusto chi si ritiene tale, neppure il
bambino che ha un solo giorno di vita.
20.
Chi si compiace delle lodi, finisce per perderle. Se ami le lodi, non
desiderare quelle dovute a un santo, cioè se vuoi essere lodato, non volerlo
essere; perché non può meritare giusta lode chi vuole essere lodato. Merita
lode colui del quale si celebrano le opere buone. Per cui, chi ambisce di
essere lodato, non solo è privo di qualsiasi bene spirituale, ma inoltre è
pieno di un male grande e diabolico, che è l’arroganza. Non merita, dunque,
di essere lodato. Il giusto, al contrario, merita sempre la lode e in lui
non può esserci alcun motivo di biasimo. Infatti il biasimo è la
disapprovazione dei mali, mali che il giusto non ha e che non possono
essergli rimproverati. In generale, ogni lode dei giusti è una condanna
degli ingiusti e ogni condanna degli ingiusti è la vera lode dei giusti.
21.
Quando, in vero, qualcuno è lodato per il bene, la lode giova non a chi è
lodato ma a chi loda.
* * *
22.
Preparati a coabitare con i cattivi, con animo puro, che è proprio degli
angeli. Che merito sarebbe fare queste cose con i santi?
23.
Chi ama tutti, senza dubbio si salverà; ma chi da tutti è amato, non per
questo sarà salvo.
24.
Come il tuo odio per tutti impedisce la vita, così Podio degli altri nei
tuoi confronti. Dunque è conveniente per te amare tutti; e anche a loro
giova amarti.
* * *
25.
La prosperità è un laccio, l’avversità è un coltello che taglia questo
laccio; la prosperità è la prigione dell’amore di Dio; l’avversità è un
ariete che la abbatte.
26.
Un solo attacco di febbre dissipa tutti i tuoi avversari, cioè i piaceri dei
cinque sensi. Cosa ti rimane, dunque, se non ringraziare il Signore per
averti concesso la vittoria? Ma tu, odiando la libertà, cerchi ciò che ti
farà soccombere.
27.
Quale speranza c’è se ti esponi, spontaneamente, ai lacci e alle frecce del
nemico, se non soltanto cerchi di evitarle, ma volentieri le abbracci e ti
scopri dinanzi ad esse? Ti rifugi ora dall’uno ora dall’altro giudicandoli
come rimedio e come conforto; li desideri e vuoi separatene.
28.
Le contrarietà inducono a desiderare la pace. Ma tu, accecato, desideri quei
beni che, mentre sono amati e desiderati, ti impediscono completamente il
suo conseguimento.
29.
Accogli con gioia la verità, come il Signore; quanto alla menzogna
sopportala senza perdere la pace, o respingila.
30.
Non ti rendi conto di essere legato e, come un cane, non opponi resistenza
alle catene.
31.
Rifletti sulle due esperienze dell’ingerire e dell’espellere: quale di esse
maggiormente ti gratifica? La prima ti carica di cose inutili, la seconda te
ne libera. Chiediti quale soddisfazione ti procurano entrambe: aver tutto
divorato ed aver fatto quest’esperienza. Non rimane più alcuna speranza.
Così è in tutti i piaceri sensibili. Rifletti, dunque, quanta soddisfazione
ti hanno dato tutti i piaceri simili, gustati sia realmente, sia nella
speranza; così giudica quali saranno quelli futuri. Pensa, ripeto, ai
momenti felici, ormai passati, e così potrai stabilire come saranno quelli
futuri. Le cose nelle quali hai riposto la tua speranza, sono tutte
destinate a perire. E cosa sarà di te dopo queste? Ama e spera quei beni che
non passano.
32.
Non devi assolutamente provare gioia né in te né in nessun altro, ma
solamente in Dio.
33.
La bellezza e la forma dei corpi, che avvolgendoti ti insozzano, si
dissolvono come note in un periodo musicale orchestrato da Dio e tu ne
soffri. È stata raschiata via, infatti, la ruggine che si era formata.
34.
L’avversità ti dice: “Sforzati di allontanarmi: il che certamente in nessun
modo potrai proibirmi, per quanto tu lo voglia. Non mi è infatti possibile
rimanere perché sono una semplice sillaba nel poema modulato dal Signore”.
35.
I beni temporali dicono: “Se Dio ci guarisse dalla malattia della
corruzione, cosa faresti? Proprio nell’uso che fai di noi rifletti in che
cosa diverresti migliore, per mezzo nostro, oppure cosa ti aspetteresti da
noi per l’avvenire. Hai fatto esperienza di noi. Ebbene? Vuoi essere
trasformato in noi, oppure preferisci che noi veniamo mutati in te? Cosa c’è
in comune fra te e noi? Perché ti lamenti del nostro dissolverci? Preferiamo
scomparire secondo la volontà del Signore, piuttosto che rimanere per
appagare la tua cupidigia. Non ti ringraziamo affatto per l’amore che ci
porti, piuttosto ti scherniamo come pazzo. A chi infatti dobbiamo
assolutamente obbedire, a Dio o a te? Rispondi: “A te”, se osi; quasi tutto
il tuo impegno consiste nel divorarci e nel tramutarci in putredine. Ecco
qual è il tuo tornaconto e il tuo potere: che grazie a te la nostra fame si
muti in abbondanza; infatti non sei in grado di renderla duratura. Questo è
il tuo impegno e questa la tua felicità: non privarti delle nostre brutture,
alle quali volontariamente soccombi, mentre, per mezzo di esse, il diavolo
ti corrompe e ti violenta, non senza che egli provi grande piacere e gioia
per averti tratto in inganno e in rovina. 0 immagine di Dio, forse che in
tutto questo gli sei simile? Dio agisce forse in questo modo? Egli non si
lascia né sedurre né costringere.
36.
I beni temporali dicono ancora: “Puoi forse disporre liberamente di noi? 0
piuttosto non sei trascinato da noi a volere o non volere un oggetto? Io, il
freddo, cosa passeggera e insignificante, non ti costringo forse a volere il
caldo? E così le altre cose. Cerca, se puoi, di non volere il caldo, quando
il freddo ti tormenta! Come vedi, sei nostro schiavo.
37.
Se un marciume orrendo e innominabile, sperimentato dalla carne, riesce a
soddisfare e a conquistare l’animo, cosa non farà il Bene Supremo?
38.
L’esperienza suscita un sentimento, sia di attrattiva, sia di ripulsa.
39.
Anche se tu fossi rinvigorito dai beni temporali e reso tranquillo, saresti
tuttavia esposto alle molestie dei topolini, dei pidocchi, delle pulci e
delle mosche.
40.
Tu desideri la pace per tre anni. Perché, piuttosto, non per un numero
infinito di anni, una pace eterna?
* * *
41.
Un tuo fratello, privo di senno, ti ferisce e tu impazzisci. I piccoli topi
ti recano danno, ma non ti arrabbi, perché sono esseri irrazionali.
42.
Mostrati più affabile e familiare verso chi ti ha offeso; supplichevole e
vergognoso verso chi hai offeso.
43.
Consideri come dono di Dio qualsiasi cosa buona che ti viene data dagli
uomini e credi di dover loro ogni rendimento di grazie; allo stesso modo,
qualunque cosa buona tu faccia agli uomini, considerala come un beneficio di
Dio, e non tuo. Dio elargisce grandi doni, non per se stessi, ma per coloro
ai quali li dona con misericordia. Così ha glorificato gli apostoli, proprio
per misericordia verso i pagani.
* * *
44.
Come i dolori avvertiti in continuazione non provocano una felicità maggiore
che se sono sentiti per un solo istante, così per i sapori e le altre
sensazioni del corpo.
45.
Chi porta una croce non cerca di vivere a lungo, per poterla deporre presto.
46.
Sei nel piacere: ti trovi, dunque, in una brutta situazione. Perché esiti ad
allontanartene, per andare non importa dove, fosse anche verso esperienze
austere?
* * *
47.
Perché non rimproveri a te stesso ciò che biasimi in un altro, dal momento
che lo stesso male, forse in misura peggiore, si trova anche in te?
48.
Vuoi mostrare te stesso, ma nascondere il tuo peccato: tra te e lui, sai ben
distinguere.
49.
Buona è la creatura di Dio, cattivo il suo difetto, cioè il peccato. È
facile distinguere tra il tuo fratello e il suo vizio, quanto tra il bene e
il male. Quindi, vedendo un uomo, chi potrebbe adirarsi? Chi potrebbe
indignarsi? Vedendo il suo vizio, chi non ne è offeso, se non chi è molto
sapiente e buono? Egli sa che il vizio fa del male a quell’uomo più che a
chiunque altro e che per questo bisogna compatirlo.
* * *
50.
Nulla per te è più faticoso che il non affaticarti, cioè disprezzare tutte
le cose mutevoli da cui nascono tutte le fatiche.
51.
Altro è desiderare un oggetto come un bene, cioè per gioirne e per riposarsi
in esso; altro è desiderare un bene per qualcuno. Entrambi sono amati: uno è
dovuto agli amici, l’altro a Dio solo. Lui solo deve essere desiderato come
il Bene. Quando questo desiderio non è rivolto a Dio ma ad altri, è la prova
di una palese idolatria.
52.
Quando ami qualcuno come amico, auspicandogli come un bene le ricchezze,
privilegi queste piuttosto che lui. Infatti, ami nell’amico una realtà
incompleta, mentre ami nelle ricchezze la completezza; in questo modo sei
pronto ad essere privato di lui piuttosto che delle ricchezze.
* * *
53.
Com’è bella l’arte di vincere il male con il bene; le cose contrarie,
infatti, si vincono con le contrarie.
54.
Si inganna chi fa morire l’iniquo nella sua iniquitàper odio verso
l’iniquità e perché vuole distruggerla. Infatti, morto l’iniquo con la sua
iniquità, la sua iniquità è divenuta eterna. Perciò chi odia l’iniquità si
adoperi a correggere l’iniquo e così l’iniquità perirà.
55.
Se devi essere come un agnello verso gli uomini più malvagi, cosa devi
essere verso Dio, quando egli ti percuote con qualche sferzata?
56.
Facile è il cammino che conduce a Dio, poiché lo percorriamo alleggerendoci
progressivamente. Sarebbe, invece, penoso, se procedessimo caricandoci. Per
questo, dunque, liberati in modo che, abbandonata ogni cosa, rinneghi te
stesso.
57.
Ciò che Dio non ha amato nei suoi amici o parenti, vale a dire la potenza,
la nobiltà, le ricchezze e gli onori, tu non amarlo nei tuoi.
58.
Un fratello è ricolmo di carità e di sapienza, e non comunichi con lui; se,
invece, è pieno di ira, odio, furore non puoi evitare di comunicare con lui.
Il pazzo ha bisogno di persone sensate che se ne prendano cura.
59.
Sei posto come un bersaglio per spuntare le frecce del nemico, cioè per
distruggere il male opponendogli il bene. Non devi mai restituire il male
col male, se non per curare: allora non è rendere male per male ma, al
contrario, bene per male.
60.
Che mangi o beva, ti vesta o dorma, lacci. Tutto è un laccio.
61.
Sei in esilio non per il luogo ma quanto all’amore, al piacere e
all’affetto, e sei in esilio in una terra di corruzione, di passioni, di
tenebre, di ignoranza, di amori perversi e di odi.
62.
Rifletti su quanti esseri della tua specie si sono affaticati per fini
terreni: non hanno guadagnato nulla, anzi hanno perso anche se stessi. Tu,
invece, se ti impegnerai seriamente, acquisterai, senza confronto, più di
ciò per cui tutti si affaticano e si affaticarono.
63.
Preoccupati del tuo corpo, così sarà la tua anima a soccombere. Se ti
preoccuperai della tua anima, entrambi si salveranno.
* * *
64.
È da angeli vivere con i viziosi e non essere corrotti dai loro vizi. È
proprio dei più grandi medici condividere la vita con gli ammalati e con i
pazzi, non solo evitando di esserne contagiati, ma restituendo loro la
salute.
65.
Coloro che amano il mondo, imparano con fatica l’arte con cui raggiungere e
godere ciò che amano; tu vuoi raggiungere Dio e disprezzi l’arte con la
quale è possibile raggiungerlo, cioè rendere il bene per il male.
66.
0 ti allontani da questo mondo, o fai ciò per cui sei stato posto qui:
curare e soffrire.
67.
Se non hai il coraggio, riponi ogni tua speranza nelle realtà terrene: e in
tal modo disprezzi te stesso. Oppure abbandonale completamente. Perché non
vuoi scegliere? Perché mai viene amato ed è piacevole ciò che poi è
difficile ottenere, impossibile da conservare, ciò di cui non osi fidarti o
amare con sicurezza?
68.
Chi è consapevole delle proprie debolezze, accetta con serenità ed umiltà i
rimproveri come giudizi giusti, e respinge le lodi, come se non fossero a
lui dovute.
69.
Rifletti come tu sia quasi in stato di guerra: la sete ti brucia, le opponi
la bevanda; la fame ti tormenta, le opponi il cibo; al freddo opponi il
vestito o il fuoco; alle malattie opponi la medicina. In tutte queste
situazioni occorre avere pazienza e disprezzo del mondo affinché tu non sia
sopraffatto da un’altra guerra, scatenata da una caterva di vizi.
70.
Tutti i vizi e i peccati, in quanto causati dalla creatura, infima tra i
beni, attestano la bontà del Creatore, cioè del Bene Supremo.
71.
Se si cerca tanto il favore del genere umano, cioè la fama o la lode, quanto
più dobbiamo desiderare il Creatore, salvezza del nostro genere!
72.
Se è così dolce sentirsi dire “buono”, tanto che coloro che non vogliono
esserlo, cioè i malvagi, ne godono, quanto è più dolce esserlo! E se è così
amaro e odioso sentirsi dire “cattivo”, al punto che anche coloro che godono
avendo compiuto il male ed esultano avendo compiuto azioni cattive, non
possono sopportare questa ingiuria, quanto è più de testabile esserlo in
realtà!
73.
L’uomo brama qualche cosa di creato, oppure si attacca ad essa con i sensi
del corpo fino a dimenticare se stesso. Così, quando dimenticherai te stesso
per rivolgerti al Creatore?
74.
Rifletti su tutto ciò per cui il diavolo potrebbe
esclamare nei tuoi confronti: “Bene, bravo!”.
75.
Il Signore ti ordina la felicità, cioè il perfetto amore di sé, da cui
derivano imperturbabilità e nessun timore, cioè pace e sicurezza.
76.
Poiché è soltanto la voluttà a ridurti in schiavitù, devi evitare soltanto
le cose piacevoli. In nessun luogo, se non nelle avversità, l’anima
cristiana è sicura.
77.
Questa è la nostra redenzione: remissione dei peccati, illuminazione,
ardore, immortalità. Tutto ciò è Dio per noi.
78.
I beni temporali ti turbano; perché non fuggi verso gli altri, cioè verso la
Verità?
79.
Quanto più ami te stesso, cioè questa vita terrena, tanto più è necessario
che tu ami le realtà transitorie, senza le quali non potresti vivere. E
quanto più disprezzi questa vita, tanto più disprezzi anche le sue pulsioni.
80.
La collera è forse felicità? 0 non piuttosto miseria?
81.
Qualche volta il male dispiace, senza contropartita di bene, come se due
persone volessero, in una stessa casa, imporre ciascuna, con superbia, la
propria volontà; entrambe vogliono il male. Se le loro volontà si
dispiacessero reciprocamente, ciò non accadrebbe a motivo dell’odio prodotto
dalla superbia, ma per amore. Chi ama la propria superbia odia quella
dell’altro che si oppone alla sua. E questo laccio è ben nascosto.
82.
Con le cose che tu ami Dio fece delle verghe per te. Quando le cose
favorevoli si dissolvono o sopraggiungono quelle contrarie, ti fanno
soffrire. Tutte le cose sono flagelli, eccetto Dio. Chi impedisce il castigo
divino è come un figlio che spezza le verghe con cui il padre lo percuote.
* * *
83.
La vera carità conosce Dio.
84.
Quanto più una creatura è nobile e potente, tanto più volentieri si
sottopone alla verità; anzi da questo momento sarà potente e nobile proprio
perché le si è sottomessa.
85.
È penoso aver perso questo o quello. Non cercare, dunque, di perdere qualche
cosa. Cerca, infatti, di perdere qualche oggetto soltanto chi, pur amandolo
ed essendoselo procurato, sa di non poterlo conservare.
86.
Nessun iracondo è felice. E viceversa.
* * *
87.
Se ne hai il coraggio, insulta le prostitute.
88.
Osserva senza posa quello che avviene nella tua anima: non ciò che gli altri
fanno di bene o di male, ma come ti comporti tu di fronte alle loro azioni,
che uso tu faccia delle loro azioni buone e di quelle cattive, e quale
vantaggio ricavi da esse, sia con l’approvazione e l’aiuto, sia con la
compassione e la correzione. Trarrai buon profitto da tutte le azioni degli
uomini, quando nessun loro beneficio susciterà la tua simpatia e nessuna
loro azione cattiva ti impedirà di amarli. Allora il tuo amore sarà
disinteressato. Infatti non vi è alcun merito nel mantenere la pace, se non
con quelli che non sono in pace con noi.
89.
Dio è carità. Chi, dunque, mostra carità verso il prossimo, se non lo fa a
motivo dell’amore stesso, vende Dio e la propria felicità: per lui non c’è
felicità se non amando.
90.
Se l’amore e i suoi segni, cioè l’allegria del volto e il resto, ti
piacciono tanto nelle altre persone, perché non dovrebbero essere tanto più
soavi nel tuo animo?
* * *
91.
L’uomo libero non ha bisogno del liberatore.
92.
Rifletti in quanti modi la scienza faccia soffrire l’uomo.
93.
Bisogna fare la volontà di Dio davanti agli uomini, non quella degli uomini
davanti a Dio.
94.
È bene, per te, essere amato dai santi; ancor più, questo è per loro di
immediata utilità perché, amandoti, gustano la perfetta carità, cioè Dio.
Così l’amore diventa premio per se stesso.
95.
Quale sentimento prova la Verità nei tuoi confronti? “Bontà”. Provala anche
tu verso tutti.
96.
Bisogna aver maggior compassione dell’innocente ucciso o del suo assassino?
Il primo ha perduto la vita terrena, che doveva disprezzare spontaneamente,
il secondo quella eterna.
97.
Questo, l’uomo nemico, è folle; quello, il diavolo, è astuto e combatte
contro di te attraverso il pazzo. Verso il primo, sii affabile perché tu
possa liberarlo; verso il secondo, sii prudente.
* * *
98.
Cos’è l’utilità? “La Verità”. Ora, il fatto che essa diletti i migliori tra
gli angeli e gli uomini, prova che essa è superiore a tutto.
99.
Le nocciole e le more hanno in se stesse ciò che le rende desiderabili. E la
verità e la pace, no?
100.
Infermità, debolezza, prurito e dolore ti costringono a fare qualcosa per
essere in pace: questo è determinato dall’abitudine. Queste sollecitazioni
reclamano ciò che sei abituato a dar loro: esse poggiano sul loro sposo.
* * *
101.
Il Signore non prega i suoi nemici di liberarlo, ma prega il Padre: non vi è
autorità se non da Dio.
102.
Qualunque cosa ti accada, nulla potrà nuocerti nel secolo futuro, purché il
tuo spirito non sia assalito da un moto di collera né di odio né di
tristezza né di timore né da ciò che causa questi mali.
* * *
103.
Ogni miseria consiste in questo: tutti amano qualcosa più di ogni altra, e a
ciò dedicano costantemente ogni loro sforzo. Tu, cosa ami?
104.
Ecco: tutti, come se avessero trovato un tesoro, afferrano alcune parti dei
beni del mondo e poi si tengono d’occhio gli uni gli altri; o, più
esattamente, essi sono indecisi tra molte parti, proprio come un cane che,
messo tra due pezzi di carne, non sa decidere quale afferrare per primo,
temendo di perdere l’altro.
105.
Tutti cercano di vivere bene. Ciascuno, convinto del proprio modo di
pensare, o ritiene di fare ciò che gli conviene, oppure si duole di non
poter fare ciò che reputa conveniente. E anche chi si duole, ritiene che gli
convenga dolersi. Ma si ingannano, tutti.
106.
Felice l’uomo che sceglie un luogo in cui lavorare tranquillamente. Questa
scelta tranquilla, questo lavoro utile consiste nel voler giovare a tutti:
volerli tali che non abbiano bisogno del tuo aiuto. Essi, infatti, tanto
meno fanno ciò che conviene, quanto più sembrano preoccuparsi del loro
tornaconto. L’utilità propria di ciascuno consiste nel voler giovare a
tutti. Ma chi potrà comprendere questo? Chi, dunque, cerca di realizzare il
proprio interesse personale, non solo non trova il proprio tornaconto, ma
causa un grave danno alla propria anima. Infatti, mentre cerca il proprio
interesse, che non può essere che nullo, viene respinto dall’utilità comune,
ossia da Dio. Come una sola è la natura degli uomini, infatti, così una sola
è la vera utilità.
* * *
107.
Qualcuno parla male di te: se mente, nuoce a se stesso, non a te: infatti
inganna se stesso; come se qualcuno chiamasse sterco l’oro, cosa nuocerebbe
all’oro? Se è vero il male che si dice di te, allora impara ad evitarlo. Chi
loda ciò che è buono, non giova a chi egli loda, ma a se stesso. Quando si
dice il bene di te, perché mai ti vengono riferiti pettegolezzi che tu
stesso conosci meglio? Biasima piuttosto te stesso.
108.
Se si vuole che tu preghi per qualcuno, ti si dice: “È così santo, è così
buono!” Come se si portasse un malato dal medico e gli si dicesse:
“Guariscilo, curalo, perché sta così bene!” Forse si dice così perché tu
possa sperare bene della tua salute? Si dice ancora: “Prega per lui, perché
ti ha fatto del bene”. Al contrario! Perché mi ha fatto del male, egli ha
bisogno della mia preghiera. Infatti “non sono i sani che hanno bisogno del
medico, ma i malati”. Facendo così sarai figlio di Dio.
109.
La stolta confusione dell’anima: ecco la miseria. Ciò accade quasi sempre in
te quando Dio, per misericordia, distrugge le cause della tua morte, cioè
quei beni ai quali ti eri attaccato in maniera disordinata, affinché
abbandonandoli, tu viva.
110.
Perché accogli in te ciò che ti dispiace negli altri, cioè l’ira? Adirati
anche tu, dunque, perché quello si adira! Anzi, adirati contro te stesso,
perché tu stesso ti adiri. Se questa ira ti provocasse veramente dispiacere,
non la sopporteresti in te, ma la eviteresti. E ciò si ha soltanto
possedendo la pace.
111.
Talvolta la collera ti dispiace al punto che ti lasci cadere nell’odio. Se
ti è sgradita la collera di qualcun’ altro, ti dispiaccia anche il tuo odio.
112.
Quando ti dicono “giusto”, in un certo qual modo vieni biasimato, come se
venisse messo in mostra del legno dorato come ornamento. Se splendesse di
luce propria, non avrebbe bisogno di essere ricoperto d’oro.
113.
Non si vanti il lago dell’abbondanza dell’acqua; infatti è merito della
fonte. Così accade per la tua pace, perché sempre altrove è la sua causa.
Quanto più la tua pace è debole e ingannevole, dunque, tanto più è mutevole
ciò da cui scaturisce. Quanto è inconsistente, perciò, quando nasce dal
fascino di un volto umano.
114.
Tanto sicuro desidera essere ogni uomo: infatti quanto più è debole, tanto
più è soggetto ai turbamenti. E tanto più è soggetto ai turbamenti, quanto
più le cose che egli ama sono pronte ad andare in modo diverso da come
vorrebbe lui. Se qualcuno ti dicesse: “Io ti farò del male, ti allontanerò
la pace. Penserò o dirò male su di te’’, eccoti in preda alla tristezza e al
turbamento.
115.
Il turbamento dell’animo, ecco la miseria! Esso nasce in te quasi sempre
quando il Signore, mosso da compassione nei tuoi confronti, ti strappa le
spade di cui si serve il nemico per mandarti in rovina, cioè i beni
transitori ai quali ti eri attaccato in modo disordinato.
116.
Riponi la tua fiducia in una dispensa ben provvista: gli usurai non si
comportano forse nello stesso modo? E questo non è venerare un idolo? 0
forse agisci così perché la dispensa non ha volto né occhi? Ma tu non ti
rendi conto fino a che punto riponi la tua fiducia nella dispensa ben
fornita, se non quando va vuotandosi.
117.
Chi fa un dono a qualcuno perché ne ha ricevuto uno o perché spera di
riceverlo,
non
è
gradito a Dio.
Così
ti comporti tu per quanto riguarda la pace
e
l’amore.
118.
Quando vogliamo scappare dai pruriti o da altre
sofferenze
per giungere alla
pace,
bisogna
che
evitiamo i beni piacevoli, perché non avvenga che a causa del piacere che
noi proviamo in loro, cominciamo ad amare i nostri stessi turbamenti
dell’animo.
119.
Insulti il medico, quando disperi della guarigione del malato. In realtà la
sua guarigione è tanto più facile, quanto maggiore è la bravura e la bontà
del medico nel curarlo.
120.
Solo la Verità insegna a fuggire il male, e solo l’amore per lei può farlo.
Dunque non è cambiando luogo che ci si allontana dal male.
121.
Se le cose in cui riponi la tua
fiducia o per le quali provi diletto si comportassero verso se stesse come
tu ti comporti verso te stesso, le scherniresti come stolte; di più, le
piangeresti come perdute. E se tutti sono pazzi fino a questo punto, è bene
che anche tu diventi pazzo?
122.
Se sopporti te stesso, che sei impuro, perché non dovresti sopportare
qualsiasi altro?
* * *
123.
Le cose che ami sono esposte al caso; così è per il tuo animo.
124.
Dapprima, costretto dalle sofferenze del corpo, hai accolto il mondo; ora,
però, ti compiaci della sofferenza stessa, per gustare il mondo e goderne.
125.
Perciò la verità è per noi amara ben oltre ogni avversità, poiché le singole
avversità combattono i piaceri ad uno ad uno o nella loro molteplicità. La
verità, invece, li biasima nel loro insieme.
Se potessi conoscere tutti i colori, e tutto ciò che può essere sperimentato
con gli occhi, o con gli altri sensi del corpo, se sapessi riprodurre o
ascoltare tutti i suoni, quale utilità ne avresti? Così non vi è alcuna
utilità in tutto ciò che hai sperimentato e udito.
126.
A cosa servirebbe il medico, se non ci fossero le malattie? Perché i forti e
i pazienti, se non ci fossero le avversità? Perché gli avvocati difensori,
se non ci fossero reati? Perché i dottori, se non ci fosse la pazzia? Perché
coloro che soccorrono, se non ci fossero i poveri? E ti preoccuperesti di
curare, se non ci fosse chi ne ha bisogno, cioè i malati? Soffriresti, se
non ci fossero le avversità? Faresti il difensore, se non ci fosse chi ne ha
bisogno, cioè i colpevoli? Insegneresti, se non ci fossero degli ignoranti
da istruire? Offriresti la tua opera se non ci fossero indigenti da
soccorrere? 0 uomo assurdo! Che altro? Mangeresti, se non avessi fame?
Berresti, se non avessi sete? Ti scalderesti, se non avessi freddo?
Ricercheresti l’ombra, se non avessi caldo? Tutto è un controsenso!
* * *
127.
Non puoi odiare nessuno, se non a causa della tua iniquità. Infatti è
proprio dei santi desiderare anche il bene dei peccatori.
128.
È bene amare soltanto la Verità e la pace che da essa deriva.
129.
È proprio delle anime grandi intercedere per coloro che si confessano
colpevoli, affinché sia loro perdonato; è proprio delle anime superiori,
invece, supplicare benignamente per coloro che non riconoscono ancora il
proprio peccato affinché lo riconoscano, e per coloro che, o perché si
vergognano o perché amano il loro peccato, non lo confessano, affinché lo
confessino.
130.
Quanto più sei incline all’amore per questa vita e a ciò che le appartiene,
tanto più sei vicino all’iniquità.
131.
Levati questi impiastri, gli abiti e tutto il resto: vedrai, allora, se sei
veramente sano.
132.
La felicità presuppone sentimento e intelligenza, affinché chi ne gode possa
esserle grato. Chi, infatti, si sforzerebbe di rendere grazie o di piacere a
un oggetto senza intelligenza?
133.
A voi, che dovete scegliere un padre o un medico, do questo consiglio:
sceglietene uno il cui spirito né la malattia né altro possa allontanare da
voi.
134.
Mostra a tutti gli uomini, sia con il castigo sia con la dolcezza, la
benevolenza che ti riprometti soltanto da Dio.
135.
Perché insulti i ciechi e gli infermi, tu che sei come loro? Che, se non lo
fossi, non sarebbe per merito tuo.
* * *
136.
Pensa, se tutti gli uomini fossero sempre trattati con ira e pazzia, come
dovresti comportarti? Dovresti per questo turbarti? Perché dunque ti adiri,
quando qualcuno si adira? Offrigli la medicina, non l’ira. Come si può,
infatti, curare la follia con la follia?
137.
Altra è la pace di chi ha già completamente vinto le contrarietà, altra è
quella di chi le fugge o crede di averle fuggite. Tu non gioisci di aver
vinto o essere sfuggito, ma di essere stato vinto, o quasi.
138.
“Non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvarlo”. Cioè: non sono venuto
a eseguire contro i colpevoli una condanna che hanno meritato, ma a mostrare
loro con misericordia come possono evitarla.
139.
Perché provi piacere dei tormenti dei tuoi simili? Forse perché li ritieni
giusti? Anche i tuoi, allora, dovrebbero essere graditi a Dio, perché sono
giusti. Un simile giudizio ti condanna alle fiamme eterne. Se qualcuno viene
condannato a morte perché uccide una gallina, a quale pena dovrà essere
sottoposto chi uccide un uomo?
140.
Se sei spinto soltanto d’amore, se da questo stesso amore sei costretto,
allora rimprovera, picchia; se agisci diversamente, condanni te stesso.
Comportati sempre verso gli altri con lo stesso animo col quale vuoi che Dio
si comporti verso di te.
141.1 beni temporali non siano motivo della tua pace; essa, infatti, sarebbe
inconsistente e fragile quanto essi. Una simile pace sarà comune a quella
degli animali; la tua sia simile a quella degli angeli, che procede dalla
Verità.
142.
Non respingere gli uomini, ma allontana da loro ciò che giustamente ti
offende, cioè il vizio. Fai questo per amore nei loro confronti, come tu
vorresti che venisse fatto a te. Infatti, non è la natura umana che ti
offende, ma ti offendono i vizi che la deturpano. Perché irriti le ferite
sanguinanti dei tuoi simili, se non per guarirle? Come le tue.
Non interessarti a ciò che fanno gli altri, ma a ciò che fai tu. Infatti è
utile a tutti chi bada non tanto a ciò che fanno gli altri, quanto piuttosto
a quello che egli stesso pensa di loro o delle loro opere, siano esse buone
o cattive. Da entrambe, infatti, puoi fare del bene; anzi, in modo più
eccellente e straordinario da quelle cattive.
Ma se respingi i cattivi, comincia da te stesso. I cattivi e i buoni,
infatti, sono materia dalla quale il giusto può operare il bene, godendo per
gli uni e avendo compassione per gli altri.
143.
Un corpo a contatto con un altro assai più forte, o ne è sospinto o ne viene
attratto. Così la volontà: può muovere sopraffacendoti; ma tu preoccupati
della tua anima e della tua volontà.
* * *
144.
Fai tutto ciò che ti è possibile per conseguire la pace; l’unico itinerario
per raggiungerla è la Verità; essa è l’unico ostacolo lungo questo cammino.
Dunque, o essa ti assoggetta o tu essa. Infatti non c’è alternativa.
145.
Disprezza tutto ciò che avevi trattenuto e amato a motivo della tua pace e
della tua felicità, se non vuoi perdere davvero la pace e la felicità.
146.
Soffri perché non ti obbediscono. 0 vergogna, dove sei? Dio ha forse creato
l’uomo perché ti fosse sottomesso e ti obbedisse, o non piuttosto perché
obbedisse a Lui, cioè Dio stesso?
147.
Sei agitato perché io lo sono; un pazzo che rimprovera un pazzo. Che
vergogna! Che un uomo ben piantato derida uno storpio, un bianco un negro!
Io mi correggerò per non commettere mai più un misfatto simile. Tu, invece,
cosa farai del tuo vizio dal quale non solo non sei capace di guarirmi, ma
che non riesci nemmeno a sopportare negli altri?
148.
Ami in modo vergognoso un’ancella, cioè una creatura; perciò ti tormenti
tanto quando il suo Signore, cioè il tuo Dio, fa di lei come meglio crede.
149.
Ti sei attaccato ad una sillaba sola del grande cantico, perciò ti inquieti
quando il sapientissimo cantore continua il suo canto. Ti viene sottratta
proprio quella sillaba, la sola che amavi, e le altre si susseguono secondo
il loro ordine. Infatti non canta solo per te né secondo la tua volontà, ma
secondo la sua. Quelle sillabe che si susseguono, invece, sono contrarie a
te perché spingono avanti quella che tu amavi in modo disordinato.
150.
Il tuo posto naturale è di essere per gli uomini un compagno e un amico, non
un despota orgoglioso. Fa’ ogni cosa con amichevole carità e non essere
orgogliosamente possessivo.
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5 aprile 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net