IL CUORE
Prologo: 1 Ascolta,
figlio mio, gli insegnamenti del maestro e
apri docilmente il tuo cuore;
accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in
pratica con impegno, ... 10 " Se oggi udrete la sua voce,
non indurite il vostro cuore!"...
49 Mentre invece, man mano che si avanza nella vita monastica e nella fede, si
corre per la via dei precetti divini
col cuore dilatato dall'indicibile sovranità dell'amore.
IV - Gli strumenti delle buone opere:
1 Prima di tutto amare il Signore Dio
con tutto il cuore, con tutta l'anima, con
tutte le forze; 2 poi il
prossimo come se stesso... 24 non covare inganni nel cuore, ...28
dire la verità con il cuore e con la
bocca,.. 50 Spezzare subito
in Cristo tutti i cattivi
pensieri che ci sorgono in cuore
e manifestarli al padre spirituale.
VII - L'umiltà:
3 ... il profeta ..dice: "Signore,
non si è esaltato il mio cuore,
né si è innalzato il mio sguardo, non sono andato dietro a cose troppo grandi o
troppo alte per me". 4 E allora? "Se non ho nutrito sentimenti di umiltà,
se il mio cuore si è
insuperbito, tu mi tratterai
come un bimbo svezzato dalla propria madre"... 8 La scala così eretta, poi, è la
nostra vita terrena che, se
il cuore è umile, Dio solleva
fino al cielo;... 37 E ancora: "Sia
forte il tuo cuore e spera
nel Signore"... 51 Il settimo grado dell'umiltà consiste non solo nel
qualificarsi come il più miserabile di tutti, ma nell'esserne convinto
dal profondo del cuore
XX - La riverenza nella preghiera:
3 Bisogna inoltre sapere che non saremo esauditi per le nostre parole, ma
per la purezza del cuore
e la compunzione che strappa le lacrime.
XXXIX - La misura del cibo:
9 come dice lo stesso nostro Signore: "State attenti
che il vostro cuore non sia appesantito dal
troppo cibo".
XLIX - La Quaresima dei monaci:
4 E questo si realizza degnamente, astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con
impegno alla preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della
parola di Dio, alla
compunzione del cuore e al
digiuno.
Cuore: il luogo della lotta invisibile
Enzo Bianchi
Estratto da “Avvenire” - domenica 2 novembre 2014
Ed. Avvenire N.E.I. S.p.A.
Il cuore è un organo che sta al centro del nostro corpo e che nella sua
dinamica biologica pulsa per inviare il sangue fino alla periferia del nostro
essere. Il cuore, che segna la nostra vita ma anche la nostra morte, non è solo
un organo fisiologico del nostro corpo, ma è per noi anche un simbolo sempre
eloquente, perché con questa parola ci riferiamo a una realtà molto più ampia di
un muscolo decisivo per la nostra vita. Sì, il cuore è da noi sentito come
l’organo centrale della vita interiore, come la fonte delle espressioni
multiformi della vita spirituale, e per questo è situato, per così dire,
nell’'io profondo'. Mi si permetta anche una osservazione che può stupire: il
cuore è l’unico organo del corpo che non è invaso dalla proliferazione di un
cancro. Non è già questo un mistero o, se si vuole, un enigma?
Cercando di conoscere che cosa è il cuore nella Bibbia, nella tradizione
della sapienza di Israele e poi negli scritti del Nuovo Testamento, ci si rende
conto che il termine 'cuore' ha risonanze che non sono identiche a quelle del
nostro linguaggio odierno. Quando nel nostro contesto socio-culturale si parla
di cuore, si allude innanzitutto alla vita affettiva, alle emozioni, ai
sentimenti che hanno nel cuore la loro sede: «Il nostro cuore ama o odia, il
nostro cuore è tenero o è chiuso, il nostro cuore accoglie o respinge », siamo
soliti dire. Nel linguaggio biblico, invece, il cuore ha un significato molto
più esteso perché designa tutta la persona nell’unità della sua coscienza, della
sua intelligenza, della sua libertà; il cuore è la sede e il principio della
vita psichica profonda, indica l’interiorità dell’uomo, la sua intimità ma anche
la sua capacità di pensiero; il cuore è la sede della memoria, è il centro delle
operazioni, delle scelte e dei progetti dell’uomo. In una parola, il cuore è
l’organo che meglio rappresenta la vita umana nella sua totalità. Il cuore è il
'sito' spirituale della presenza di Dio (e per questo è detto tópos toû theoû
nella tradizione bizantina, domus interior in quella latina), è il luogo
dove Dio parla, educa, giudica, si fa presente e abita in colui che, appunto,
gli 'apre il cuore': espressione, quest’ultima, significativa per dire come e
dove accogliamo la presenza del Signore, come ci disponiamo alla comunicazione e
all’amore. Antoine de Saint-Exupéry
ha scritto: «Non si vede bene che col cuore». La Bibbia presenta questa stessa
verità applicandola piuttosto agli orecchi, o meglio agli 'orecchi del cuore':
tutto l’operare, il sentire, il pensare dell’uomo nasce dal cuore, quindi è il
cuore che deve essere innanzitutto raggiunto dalla Parola di Dio e mettersi al
suo ascolto. È dunque evidente per quale motivo il fulcro della preghiera di
Israele, il comandamento dei comandamenti, sia: Shema’ Jisra’el,
«Ascolta, Israele!» (Dt 6,4), che ha assunto un rilievo teologico incomparabile,
essendo divenuto la confessione di fede quotidiana del credente ebreo. Ascoltare
è l’operazione primaria dell’uomo davanti a Dio, tanto che si può affermare che
se dalla parte di Dio «in principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e
la Parola era Dio» (Gv 1,1), per l’uomo «in principio è l’ascolto». Paolo potrà
dire in questo senso che «la fede nasce dall’ascolto» (fides ex auditu:
Rm 10,17), ma - lo ripeto - da un ascolto che ha la sua pienezza solo nel cuore.
Non si dà un ascolto solo negli orecchi propriamente detti, perché questo
equivarrebbe semplicemente a udire un suono, a udire delle parole; si dà vero
ascolto quando le parole di Dio scendono nel profondo del cuore e qui sono
accolte, meditate, ricordate, pensate, collegate tra loro, interpretate e
custodite con perseveranza, in modo che, grazie al loro dinamismo ispirante,
diventino azione. Senza questa qualità di vita interiore l’ascolto è vano,
illusorio; anzi, è mortifero, perché quando non c’è vero ascolto allora si apre
la strada alla terribile esperienza che i profeti definivano sklerokardía
(Ger 4,4 LXX; cf. Ez 3,7 LXX; Sal 94 [95],8 LXX), durezza di cuore. Si faccia
attenzione: ascoltare, o meglio udire la Parola di Dio con gli orecchi e non
ascoltarla in verità con il cuore, o addirittura contraddirla, non è
un’operazione che lascia le cose come prima di questo evento. Questo causa
sclerocardìa perché la Parola di Dio è sempre efficace e nessuno, una volta
raggiunto da essa, conserva la propria situazione di partenza. Come scrive
l’autore della Lettera agli Ebrei, «la Parola di Dio è viva, efficace e più
tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione
dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i
sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). Essa salva oppure indurisce, con
effetto moltiplicatore e progressivo, il cuore dell’uomo: tertium non datur!
Anche Gesù ha parlato del rischio della sclerocardìa. Ai farisei che lo
interrogano sulla possibilità del divorzio e citano in favore la possibilità
accordata da Mosè (cf. Dt 24,1), egli risponde: «Per la durezza del vostro cuore
(sklerokardìa) egli scrisse per voi questa norma» (Mc 10,5; cf. Mt 19,8).
E dopo la resurrezione Gesù rimprovera agli Undici «la loro incredulità e
durezza di cuore (sklerokardìa)» (Mc 16,1). Altrove il vangelo allude
alla realtà della durezza del cuore mediante un termine diverso: Gesù, in
polemica con gli uomini religiosi, si mostra «rattristato per la pórosis
dei loro cuori» (Mc 3,5; cf. anche Ef 4,18). Il Nuovo Testamento ci fornisce
però anche alcuni modelli positivi di ascolto con il cuore. In primo luogo
quello di Maria, la madre di Gesù, che «conservava tutte queste parole,
collegandole nel suo cuore» (Lc 2,19), che «custodiva tutte queste parole nel
suo cuore» (Lc 2,51): quale serva obbediente essa ha ascoltato la Parola di Dio
(cf. Lc 1,38) fino a concepirla, a darle carne nel suo utero. Vi è poi l’esempio
di Maria di Betania, la quale «ascoltava la parola di Gesù stando ai suoi piedi»
(Lc 10,39), e per questo «ha scelto la parte migliore» (Lc 10,42). Si pensi
inoltre a Lidia, alla quale «il Signore aprì il cuore per aderire alle parole di
Paolo» (At 16,14). Questa azione dell’aprire il cuore, espressa mediante il
verbo dianoíghein, esprime un’azione terapeutica operata dalla grazia di
Dio. Essa trova un significativo parallelo nell’ultimo capitolo del vangelo
secondo Luca, dove per ben tre volte questo verbo è usato per significare
l’apertura degli occhi dei due discepoli in cammino verso Emmaus: «Non ardeva
forse in noi il nostro cuore mentre egli … ci apriva le Scritture?» (Lc 24,32).
Se il cuore è il luogo del nostro possibile incontro intimo con Dio, esso è però
anche sede di cupidigie e passioni fomentate dalla potenza del male. Il cuore
dell’uomo è il luogo in cui si scontrano gli assalti di Satana, il Divisore che
«come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare» (1Pt 5,8), e
l’azione della grazia di Dio. È un’esperienza comune, che la Bibbia si limita a
registrare: il cuore può essere senza intelligenza, incapace di comprendere e
discernere (cf. Mc 6,52; 8,17-21); può chiudersi alla compassione (cf. Mc 3,5),
nutrendo odio (cf. Lv 19,17), gelosia e invidia (cf. Gc 3,14); può essere
menzognero e 'doppio' (dípsychos: Gc 1,8; 4,8), aggettivo che traspone in
greco l’espressione del Salmo «un cuore e un cuore» (lev va-lev: Sal
12,3)
(Ndr: “un cuore doppio” Bibbia CEI 2008). Di più, è
possibile estendere a ogni peccato la penetrante sintesi operata da Gesù a
proposito dell’adulterio: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già
commesso adulterio con lei nel proprio cuore» (Mt 5,28). Ora, se è vero che
molti peccati, così come l’adulterio, spesso restano al livello di progetti del
nostro cuore (quasi sempre per paura delle possibili conseguenze!), il metro di
giudizio adottato da Gesù è radicalmente diverso: per lui già la sola impurità
del cuore è una grave contraddizione alla comunione con Dio. Egli sapeva che ben
prima di essere realizzato esternamente e di condurci su sentieri mortiferi,
ogni peccato è già stato consumato nel nostro cuore. Dobbiamo allora diventare
consapevoli che nel nostro cuore ogni giorno avviene una lotta: siamo chiamati a
scegliere se accogliere e far fruttificare la Parola di Dio seminata in esso
(cf. Mc 4,1-9 e par.), oppure lasciarci dominare a poco a poco, fino a lasciarci
vincere senza più opporre resistenza, dalla sclerocardìa, quell’insensibilità a
Dio e agli altri che ci fa vivere ripiegati su noi stessi. In questa lotta una
funzione decisiva spetta a quell’attività descritta in precedenza, l’ascolto
della Parola di Dio praticato nel nostro cuore. Come lottare per ascoltare la
Parola? Ce lo indica la spiegazione della famosa 'parabola del seminatore' (cf.
Mc 4,13-20 e par.). Occorre saper interiorizzare la Parola, lottando
contro la distrazione, altrimenti essa, come il seme seminato lungo la strada,
resta inefficace e non produce il frutto della fede; occorre dare tempo
all’ascolto, perseverare in esso, lottando contro l’incostanza, altrimenti
la Parola, come il seme seminato sul terreno sassoso, non produce il frutto
della profondità e della saldezza della fede personale; occorre infine
lottare contro le preoccupazioni, contro le altre 'parole' e i seducenti
'messaggi' della mondanità, altrimenti la Parola, come il seme seminato tra le
spine, viene soffocata, resta infeconda e non giunge a portare il frutto della
maturità di fede del credente.
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12 dicembre 2023 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net