Auctor incertus
REGULA CONSENSORIA MONACHORUM.
(PL 66, 0993) |
PATTI MONASTICI
(Consensoria
monachorum) |
Dal sito "Corpus Corporum project", University of Zurich. (mlat.uzh.ch) |
Libera traduzione Link al testo italiano completo di note IMPORTANTI e di riferimenti biblici |
I.
(PL 66, 0993C) Communi definitione decrevimus apud nos, quod nunquam
postmodum ab ullo poterit infringi.
Residentibus nobis in monasterio in nomine Domini nostri Jesu Christi
omnibus placuit, secundum apostolicam traditionem, unum sentire et
communiter possidere; sicut scriptum est: Unum sentientes (PL 66,
0993D) in Domino (Act. II). Et nemo quidquam proprium vindicet:
sed sicut scriptum est in Actibus apostolorum: Habentes omnia
communia, et nemo quidquam suum esse dicebat (Ibid.), quod et nobis
scriptum est. In
Domino ergo jure observationis et legis nos teneamus, et in eo usque in
finem permaneamus: quoniam scriptum est: Qui permanserit usque in
finem, hic salvus erit (Matth. X).
II.
Si quis autem venire desiderat ad congregationem fratrum, qui in unum
esse videntur, non ignorans Evangelii dictum, quo dixit: Vendat omnia
sua, eroget egenis et pauperibus (Matth. XIX). Et iterum: Abneget
semetipsum sibi, et tollat crucem suam, et sequatur Christum (Luc. IX). Et
ne tractet in corde suo (PL 66, 0994C)de victu, aut vestimento, et
caeteris, quae necessaria sunt corpori, ipso Domino in Evangelio
praemonente et dicente: Nolite cogitare dicentes: Quid edetis, aut
quid vestiemini? haec enim gentes cogitant. Scit enim Pater vester, quia
horum omnium indigetis. Quaerite regnum Dei et justitiam ejus, et haec
omnia apponentur (PL 66, 0994D) vobis (Matth. VI).
III.
Verumtamen antequam statuat esse in monasterio, probet propositum
fratrum atque exemplum, et ipse probetur in omni conversatione ab illo
qui prior est, et caeteris consentientibus: propter illud quod Propheta
docet et admonet, dicens: Amicum noli cito comprobare. |
I.
Di comune accordo abbiamo decretato tra noi ciò che non sarà mai violato
da nessuno in seguito.
Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, noi che risiediamo nel monastero
abbiamo tutti convenuto, secondo la tradizione apostolica, di avere un
solo pensiero e di avere beni in comune come sta scritto: "Pensando
allo stesso modo nel Signore".
Nessuno reclami nulla come suo, ma come sta scritto negli Atti degli
Apostoli: «Nessuno
considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto
era comune»,
e
ciò è stato scritto per noi. Pertanto, restiamo nel Signore secondo i
termini dell'accordo monastico e del diritto civile, e rimaniamo saldi
in queste regole fino alla fine, poiché sta scritto: "Chi avrà
perseverato fino alla fine sarà salvato".
Se qualcuno desidera entrare in una congregazione di fratelli che vivono
d'accordo, non ignori il detto del Vangelo: «Venda tutto ciò che ha e lo
conceda ai bisognosi ed ai poveri».
Ed ancora: «Rinneghi se stesso, prenda la sua croce e segua Cristo». Non
sia preoccupato in cuor suo per il cibo, per il vestiario e per le altre
cose necessarie al corpo, poiché il Signore stesso nei Vangeli avverte
con queste parole: «Non preoccupatevi dicendo: “Che cosa mangeremo? ...
Che cosa indosseremo?. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il
Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece,
anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi
saranno date in aggiunta”. III. Ma prima di decidere di rimanere in monastero, costui deve approvare lo scopo e l'esempio dei fratelli, e deve essere approvato egli stesso in tutta la sua condotta da colui che è il priore e con il consenso degli altri; per amore dell'insegnamento e del consiglio del Profeta: "Non siate pronti a lodare un amico o, se lo avete subito lodato, non siate pronti a rimproverare". |
IV.
Sed si contigerit ut aliquis ex qualibet causa necessitatis a monasterio
fuerit abstractus, ne vel mente concipiat secum aliquid ferre de his
omnibus quae in monasterio fuerint; sive etiam quae secum aliquando
attulerat; sive ea quae cum fratribus acquisierit,
quia scriptum est: Vir
mutabilis in lingua incidet in mala (Prov. XIII). Et iterum, ut
nullum (PL 66, 0995A) omnino de fratribus secum provocet: ne magis
destructor quam aedificator monasterii judicetur; propter illud quod
scriptum est: Qui non est mecum, contra me est: et qui mecum non
congregat, dispergit (Matth. XII). Et quicunque provocatus ab aliquo
de monasterio voluerit abscedere, aut redarguat provocantem, aut indicet
abbati, cui utique de his quae in commune decrevimus nihil est
subtrahendum, quia scriptum est: Pacifici sint tibi multi; sed unus
ex mille sit tibi consiliarius (Eccli. VI)
V.
Jugiter haec quae scripta sunt cum summa diligentia observanda sunt ab
abbate usque ad omnes fratres. Aut si quis ab aliquo doctrinam audierit,
praeterquam in monasterio consecutus est ab eo cui se credidit, hanc aut
non suscipiat, aut eam non subtrahat (PL 66, 0995B) doctori, quia
scriptum est: Omne quod manifestatur lux est (Ephes.
V). Si
enim bona fuerint, collaudanda sunt; si vero prava, reprobanda.
VI.
De his autem fratribus qui in unitate consistunt, si quis subito
adversus alterum altercatus fuerit semel, sed secundum Evangelium, ei
liceat exorare. Si autem noluerit se emendare, ille cui injuria irrogata
est, cum post primam vel secundam correptionem non revocaverit
contumacem, denuntiet et illud abbati: ne per taciturnitatem et ille et
frater suus periclitentur; sicut Propheta ait: Qui occultat
inimicitiam instruit dolum (Prov. XXVI). |
IV. Se accadrà che qualcuno sarà allontanato dal monastero per un motivo necessario, non pensi neanche di portare con sé qualcosa delle cose che sono nel monastero, o di quelle che ha portato con sé in precedenza, o di quelle cose che ha acquisito mentre era con i fratelli,
perché è convenuto che i fratelli non possano detenere, possedere, dare o ricevere nulla senza il permesso del superiore. Se un vicino o un amico o uno qualsiasi dei fratelli desidera offrire qualcosa, è necessario prima informare il priore; se egli approva allora potrà accettare, ma nulla si può fare se non ciò che è gradito al priore o da lui concesso, poiché c'è molto da temere che possa sperimentare esattamente
ciò che è scritto: “Chi spalanca le sue labbra va incontro alla rovina”.
Inoltre, non inciterà in alcun modo alcuno dei fratelli ad uscire con
lui, perché non sia giudicato più distruttore che costruttore di
monasteri; per questo sta scritto: «Chi non è con me è contro di me, e
chi non raccoglie con me disperde».
Chi è indotto da un altro a lasciare il monastero, o rimproveri
l'incitatore o informi l'abate, il quale non mancherà di osservare tutte
quelle cose che abbiamo deciso insieme, perché sta scritto: «
Siano molti quelli che vivono in pace con te, ma tuo consigliere uno su
mille». V.
Quanto sta qui scritto sia osservato costantemente e con ogni diligenza
dall'abate e da tutti i fratelli. Se qualcuno sente da un altro, uno in
cui ripone fiducia, una pratica ascetica diversa da quella che si segue nel
monastero, non accetterà la pratica, ma la farà conoscere al capo dei
monaci (lat. doctori), poiché sta scritto: “Tutto quello che si manifesta è luce”. Se
gli insegnamenti sono giudicati buoni, devono essere approvati; se
falsi, devono essere corretti.
Se uno dei fratelli che vivono in comunione di vita cade improvvisamente
in alterco con un'altro, può, secondo il Vangelo, chiedere e ricevere
perdono; ma
se rifiuta di riparare il suo modo di agire e se colui che ha ricevuto
il torto non è riuscito a controllare l’arroganza dell'altro dopo un primo e
un secondo ammonimento, lo riferirà all'abate, perché entrambi, lui e
suo fratello arrogante, sono messi in pericolo a causa di questo
silenzio; come dice il profeta: “Chi odia si maschera con le labbra, ma
nel suo intimo cova inganni”. |
VII.
Si vero, ut fieri solet, incursio repentina supervenerit aut hostilitas,
ut impossibile sit fratribus in unum fugam petere, propter insectationem
inimicorum, (PL 66, 0995C)et postmodum Deo favente evaserint, et
potuerint pervenire ubi abbatem esse cognoverint, velut filii ad patrem
festinare debebunt. Nec
ullo (PL 66, 0996A) modo poterunt separari, quos divina charitas
sociavit: quia cautum est: Perfecta dilectio foras mittit timorem (I
Joan. IV).
VIII.
Si quis autem, quod superius diximus, causa necessitatis detineat id
quod a monasterio secum portaverit, necesse habebit ubi abbas suus est
illud perferre, quia non poterit proprie retinere quod per pactum ad
omnes pertinet, et Deo utique est consecratum. Sed si cogitaverit de his
aliquid retinere, contradictor Apostoli esse videtur, qui ait: Nemini
quidquam debeatis, nisi ut invicem vos diligatis (Rom. XIII).
IX.
Omnia ergo quae in isto libro continentur, omnes fratres observent atque
subscribant, quia unum in Domino esse desiderant. Verum
propter (PL 66, 0996B) illos ista sunt cauta, qui in omnibus stabiles
esse noscuntur. |
VII. Se, come spesso accade, avviene un'improvvisa invasione o attacco del nemico, così che è impossibile per i fratelli cercare la fuga insieme a causa dell'inseguimento da parte dei loro nemici, e se poi scappano con l'aiuto di Dio e riescono ad andare dove hanno appreso che vi è l'abate, gli stessi vi si affrettino come figli verso un padre. Né possono essere separati una volta che l'amore divino si è unito a loro, poiché ci viene consigliato che: "L'amore perfetto scaccia il timore". VIII.
Se qualcuno, come abbiamo detto sopra, per qualsiasi motivo necessario
possiede qualcosa che ha portato con sé dal monastero, lo porti dove si
trova il suo abate, poiché non potrà ritenere come proprio ciò che
appartiene a tutti secondo il Patto e per questo è stato consacrato a
Dio. Se pensa di conservare una di queste cose, contraddice le
parole dell'Apostolo, che disse: "Non siate debitori di nulla a nessuno,
se non dell’amore vicendevole". IX.
Tutti i fratelli che desiderano
essere uno nel Signore osserveranno tutte le cose che sono scritte in
questo libro, e
sottoscriveranno i loro nomi. Queste misure non sono state stabilite ad
ammonimento
di coloro che sono noti per essere saldi in ogni cosa. |
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19
maggio 2022 a cura
di Alberto "da Cormano"
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