PATTI MONASTICI

(Consensoria monachorum)


 

INTRODUZIONE

di Claude W. Barlow

Estratta e tradotta da "The Fathers of the Church, Vol. 63 - Iberian Fathers, vol 2 " - Catholic University of America Press 1969

La Consensoria Monachorum (Elencata al n. 1872 in Dekkers, Clavis patrum latinorum, CPL) è una forma di patto monastico, destinata all'utilizzo insieme a qualche tipo di Regola, così come il Patto era allegato alla Regola Comune, attribuita a Fruttuoso. Era un accordo legale da sottoscrivere con le firme dei monaci. Un resoconto completo del titolo, dei contenuti e dell'unicità della Consensoria è stato fornito dal professor Bishko, che lo assegna alla Galizia negli anni 650-675. Contiene riferimenti alla violenza armata vissuta in quella zona quando le abbazie furono attaccate da congiunti che cercavano di recuperare le proprietà donate da un parente quando professava il monachesimo.

Le citazioni bibliche sono state fatte da una versione latina antica piuttosto che dalla Vulgata. Una citazione della letteratura profetica che si trova nel capitolo 3 sembra essere apocrifa.

Questa traduzione si basa sul testo contenuto nella Patrologia Latina (PL) di J. P. Migne, vol. 66, col. 993-996 e sulle varianti indicate nelle note di un'altra versione edita in appendice alle opere di Agostino in PL vol. 32, col. 1447 - 1450 nonché altre letture manoscritte stampate da Bishko. Ci sono edizioni più recenti di A.C. Vega, La regla de San Agustin (El Escorial 1933), R. Arbesmann e W. Hümpfner, Iordani de Saxonia Liber Vitasfratrum (New York 1943) 485-88.

 

BIBLIOGRAFIA MINIMA

- Bishko, CJ "The Date and Nature of the Spanish Consensoria Monachorum", American Journal of Philology 69 (1948) 377-95.

- Migne, J.P. - Patrologiae latinae cursus completus (=PL) (Parigi 1844-1864) vol. 32 (Auctor incertus (Augustinus Hipponensis?), Regulae clericis fragmentum) e vol. 66 (Auctor incertus, Regula consensoria monachorum).

 


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PATTI MONASTICI

(Consensoria Monachorum) [1]

Tradotto da "Patrologia Latina" seguendo il testo citato di Claude W. Barlow.

Link al testo latino con italiano a fronte

I.

Di comune accordo abbiamo decretato tra noi ciò che non sarà mai violato da nessuno in seguito.

Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, noi che risiediamo nel monastero abbiamo tutti convenuto, secondo la tradizione apostolica, di avere un solo pensiero e di avere beni in comune come sta scritto: "Pensando allo stesso modo nel Signore" (Cfr. Fil 2,2). Nessuno reclami nulla come suo, ma come sta scritto negli Atti degli Apostoli: «Nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (At 4,32), e ciò è stato scritto per noi. Pertanto, restiamo nel Signore secondo i termini dell'accordo monastico e del diritto civile, e rimaniamo saldi in queste regole fino alla fine, poiché sta scritto: "Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato".(Mt 10,22)

II.

Se qualcuno desidera entrare in una congregazione di fratelli che vivono d'accordo, non ignori il detto del Vangelo: «Venda tutto ciò che ha e lo conceda ai bisognosi ed ai poveri» (Cfr. Mt 19,21). Ed ancora: «Rinneghi se stesso, prenda la sua croce e segua Cristo» (Cfr. Lc 9,23). Non sia preoccupato in cuor suo per il cibo, per il vestiario e per le altre cose necessarie al corpo, poiché il Signore stesso nei Vangeli avverte con queste parole: «Non preoccupatevi dicendo: “Che cosa mangeremo? ... Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,31-33).

III.

Ma prima di decidere di rimanere in monastero, costui deve approvare lo scopo e l'esempio dei fratelli, e deve essere approvato egli stesso in tutta la sua condotta da colui che è il priore e con il consenso degli altri; per amore dell'insegnamento e del consiglio del Profeta: "Non siate pronti a lodare un amico o, se lo avete subito lodato, non siate pronti a rimproverare" [2].

IV.

Se accadrà che qualcuno sarà allontanato dal monastero per un motivo necessario, non pensi neanche di portare con sé qualcosa delle cose che sono nel monastero, o di quelle che ha portato con sé in precedenza, o di quelle cose che ha acquisito mentre era con i fratelli, [3] [perché è convenuto che i fratelli non possano detenere, possedere, dare o ricevere nulla senza il permesso del superiore. Se un vicino o un amico o uno qualsiasi dei fratelli desidera offrire qualcosa, è necessario prima informare il priore; se egli approva allora potrà accettare, ma nulla si può fare se non ciò che è gradito al priore o da lui concesso, poiché c'è molto da temere che possa sperimentare esattamente] ciò che è scritto: “Chi spalanca le sue labbra va incontro alla rovina” (Pr 13,3). Inoltre, non inciterà in alcun modo alcuno dei fratelli ad uscire con lui, perché non sia giudicato più distruttore che costruttore di monasteri; per questo sta scritto: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde» (Mt 12,30). Chi è indotto da un altro a lasciare il monastero, o rimproveri l'incitatore o informi l'abate, il quale non mancherà di osservare tutte quelle cose che abbiamo deciso insieme, perché sta scritto: «Siano molti quelli che vivono in pace con te, ma tuo consigliere uno su mille» (Sir 6,6).

V.

Quanto sta qui scritto sia osservato costantemente e con ogni diligenza dall'abate e da tutti i fratelli. Se qualcuno sente da un altro, uno in cui ripone fiducia, una pratica ascetica diversa da quella che si segue nel monastero, non accetterà la pratica, ma la farà conoscere al capo dei monaci (Lat. doctori), poiché sta scritto: “Tutto quello che si manifesta è luce” (Ef 5,13). Se gli insegnamenti sono giudicati buoni, devono essere approvati; se falsi, devono essere corretti.

VI.

Se uno dei fratelli che vivono in comunione di vita cade improvvisamente [4] in alterco con un altro, può, secondo il Vangelo, chiedere e ricevere perdono (Cfr. Mt 18,15-17); ma se rifiuta di riparare il suo modo di agire e se colui che ha ricevuto il torto non è riuscito a controllare l’arroganza dell'altro dopo un primo e un secondo ammonimento, lo riferirà all'abate, perché entrambi, lui e suo fratello arrogante, sono messi in pericolo a causa di questo silenzio; come dice il profeta: “Chi odia si maschera con le labbra, ma nel suo intimo cova inganni” (Cfr. Pr 26,24).

VII.

Se, come spesso accade, avviene un'improvvisa invasione o attacco del nemico, [5] così che è impossibile per i fratelli cercare la fuga insieme a causa dell'inseguimento da parte dei loro nemici, e se poi scappano con l'aiuto di Dio e riescono ad andare dove hanno appreso che vi è l'abate, gli stessi vi si affrettino come figli verso un padre. Né possono essere separati una volta che l'amore divino si è unito a loro, poiché ci viene consigliato che: "L'amore perfetto scaccia il timore" (1 Gv 4,18).

VIII.

Se qualcuno, come abbiamo detto sopra, per qualsiasi motivo necessario possiede qualcosa che ha portato con sé dal monastero, lo porti dove si trova il suo abate, poiché non potrà ritenere come proprio ciò che appartiene a tutti secondo il Patto e per questo è stato consacrato a Dio. Se pensa di conservare una di queste cose, contraddice le parole dell'Apostolo, che disse: "Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole" (Rm 13,8).

IX.

Tutti i fratelli che [6] desiderano essere uno nel Signore osserveranno tutte le cose che sono scritte in questo libro, [7] e sottoscriveranno i loro nomi. Queste misure non [8] sono state stabilite ad ammonimanento di coloro che sono noti per essere saldi in ogni cosa.


[1] Consensoria non si trova da nessun'altra parte, ma il Prof. Bishko lo interpreta plausibilmente come un sostantivo con essenzialmente lo stesso significato di pactum, placitum o definitio.

[2] Solo la prima frase della citazione è nella PL (Non siate pronti a lodare un amico); il resto proviene da una lettura del manoscritto in Bishko, op. cit. La citazione è probabilmente apocrifa.

[3] Tra parentesi quadre la lunga omissione della PL vol.66, dovuta all'omeoteleuto fornito da PL vol. 32, col. 1449. (Ndt. L'omotelèuto (o omeotelèuto) è una figura retorica che si ha quando due o più parole terminano nella stessa maniera o similmente).

[4] Testo modificato da PL 32.

[5] Bishko interpreta questa ostilità come riferita alla Regola comune di san Fruttuoso al cap. 18, dove sono previsti diversi provvedimenti nel caso in cui i parenti e la famiglia di un monaco tentino di recuperare con la forza i beni che ha portato al monastero.

[6] Si legga qui da PL 32 al posto di quia della PL 66.

[7] Seguendo Bishko, il “libro” sarebbe probabilmente questa Regola Consensoria più una Regola (basiliana o isidoriana) a cui era allegata.

[8] Aggiunta di non, seguendo il manoscritto dell'Escorial (cfr. Bishko, op. cit. 387-88).


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19 maggio 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net