APPUNTI SULLA

REGOLA DI S. BENEDETTO

di

D. Lorenzo Sena, OSB Silv.

Fabriano, Monastero S. Silvestro, Ottobre 1980


2.2) COMMENTO AL TESTO

IL DORMITORIO E IL SILENZIO NOTTURNO (capitoli 22; 42)

CAP. 22 - Come debbano dormire i monaci

CAP. 42 - Che dopo compieta nessuno parli


 

CAPITOLO 22

Come dormano i monaci

Quomodo dormiant monachi

Preliminari

Nella RM si parla del dormitorio nel capitolo sui decani nell'ambito della sorveglianza che essi dovevano esercitare (RM.11,109-120) e se ne parla anche nel c.29 a proposito dell'orario e del luogo per dormire. SB ne fa un capitolo a parte (RB.22) subito dopo quello sui decani (RB.21), come gia` aveva separato il consiglio dei fratelli dal capitolo sull'abate (RB.2-3) che in RM sono trattati insieme.

SB stabilisce tre cose: un letto per ogni monaco, rifare bene il letto alla levata, dormire vestiti e cinti e quest'ultima cosa per tre ragioni: essere pronti per l'Ufficio divino alla sveglia; evitare i pensieri impuri e la polluzione, non essere in ritardo all'Ufficio divino. SB conserva queste norme modificando qualcosa e abbreviando.

Evoluzione dalla cella al dormitorio, alla stanza singola

RM prescrive un dormitorio unico per tutti; RB una o piu` sale e inoltre luoghi separati per i novizi (RB.58), i malati (RB.36) e gli ospiti (RB.53). In tutte e due le Regole e` scomparso comunque l'uso delle celle separate, uso comune nel cenobitismo del secolo precedente (per il significato della cella, cf.Cassiano, Instit.10; Coll.24).

La sostituzione della cella a favore del dormitorio comune avviene alla fine del secolo V in Gallia (per evitare i vizi della proprieta` privata, della gola, dell'incontinenza), e la cosa si nota anche a Costantinopoli. I motivi iniziali dell'abbandono della cella sono il lavoro manuale e l'Ufficio divino in comune. In questo cambiamento dalla cella al dormitorio si deve vedere il fatto piu` importante della storia del monachesimo antico. La cella dava al monaco un carattere solitario e contemplativo; il suo abbandono significa che si lascia questo alto ideale per assicurare la pratica di certe virtu` elementari; salvare la poverta` e i buoni costumi sembra piu` urgente che l'orazione incessante.

La scelta per il dormitorio non e` un progresso, ma un palliativo; la vita comune non e` vista come un ideale superiore, ma come un rimedio richiesto dalla debolezza dei costumi. Del resto il sonno preso in comune non e` che un ulteriore atto di una evoluzione verso una piu` stretta vita comunitaria (si inizio` con la preghiera e il lavoro). "Tale cambiamento rispetto alla tradizione e` segno di vitalita` e di robustezza...; dobbiamo ammirare la liberta` che ci si prende di fronte alla materialita` della tradizione" (DeVogue).

Quando SB scriveva la Regola (secolo VI), il dormitorio comune era una cosa scontata. Con l'evoluzione poi nel corso dei secoli, specialmente per lo sviluppo preso dal lavoro intellettuale e per le mutate condizioni dei tempi, al dormitorio comune si vennero man mano sostituendo le stanze singole, dove ogni monaco non solo dorme, ma prega o lavora fuori dei tempi e dei luoghi stabiliti per gli atti comuni.

1-4: Letti e dormitorio

Non ci si meravigli del v.1: la disposizione che oggi sarebbe superflua, e` comune nelle regole antiche; la rozzezza e la semplicita` dei costumi esigeva l'esplicita proibizione che in un solo letto dormissero piu` persone. Qualche regola fissava anche la distanza tra un letto e l'altro. L'abate da` l'occorrente per il letto - un pagliericcio, una coperta leggera, una pesante e un cuscino; lo sappiamo da un altro passo della Regola (RB.55,15 - "pro modo conversationis", v.2).Che cosa significa precisamente? La traduzione piu` comune e`: "secondo il loro genere di vita, secondo le usanze monastiche", cioe` che l'arredamento del letto non disdica alla semplicita` e poverta` della professione monastica.

Pero`, considerando sopratutto un testo parallelo della "Vita Pachomii" 22 (in cui si nota la diversita` di condotta individuale in seno alla stessa comunita` monastica), si potrebbe anche intendere: "secondo il grado di fervore della vita monastica". La "conversatio" (il modo di condurre la vita monastica) puo` essere , secondo la Regola, "miserabile" (RB.1,21), puo` essere all'inizio o alla perfezione (RB.73,1-2), e` capace di un progresso (RB.Prol.49).A ciascuno di questi gradi corrisponde una maniera diversa di usare i beni materiali. Riguardo al letto, il tenore stabilito dalla Regola (RB.55,15) e` il massimo; ognuno puo` avere bisogno di meno, secondo il grado di ascesi raggiunto. "Questa diversita` di osservanza in seno alla comunita` puo` sembrare estrema al nostro gusto di uniformita`, ma non per questo e` in disaccordo con lo spirito del cenobitismo antico, dalle origini all'epoca stessa di SB" (DeVogue).

3-4: La lampada accesa di notte, in RM e RB

RM prevedeva che i letti fossero a cerchio intorno al letto dell'abate (RM.29,2-4) e che la lampada fosse spenta subito dopo che tutti si erano messi a letto (RM.29,6); per non sprecare olio, si dice!) e quindi se c'era bisogno di alzarsi di notte, si doveva parlare. RB divide la comunita` nel caso fosse troppo numerosa, in vari dormitori secondo le decanie e vuole che una lampada arda sempre nel dormitorio; e quindi che sia conservato il silenzio.

5-8: Modo di dormire e di levarsi

Gli antichi dormivano nudi; pero` i monaci devono dormire vestiti, Come risulta da RB.55,10 i monaci indossavano di notte una "tunica" corrispondente quasi alla nostra camicia e la "cuculla", che non aveva la forma attuale, ma somigliava piuttosto a un'ampia tonaca e arrivava al ginocchio o ai piedi. Di questi indumenti se ne prevedono due per "cambiarsi di notte e per lavarle" (RB.55,10).

Portavano poi ai fianchi una cintura o corda, richiamandosi anche di notte al precetto del Signore: "Siano cinti i vostri fianchi..." (Lc.12,35). Per capire tutto il; v.5, bisogna ricordare che di giorno i monaci portavano una cintura larga di cuoio, detta "bracile" (RB.55,19), a cui si appendevano utensili da lavoro. SB avverte che i fratelli devono, si`, essere cinti anche di notte, ma non di bracile, bensi` di cinture semplici, di cordicelle, per evitare il pericolo di portare a letto anche i coltelli e le roncole, che sono abitualmente appesi al bracile. Tale pericolo e` descritto nei particolari da RM.11,112.

(v.6). Stando a letto vestiti e cinti, i monaci erano gia` in ordine per poter accorrere all'Ufficio notturno. Un po` di pulizia e il necessario cambiamento degli indumenti per il giorno, si faceva dopo, forse prima di andare al lavoro. "Cosi` i monaci siano sempre pronti...": c'e` in questa frase tutta la spiritualita` della veglia e dell'attesa del Signore; il tema della vigilanza (Mt.24,42-51; 25,1-13; Mc.13,33-37; Lc.12,35-48) era cosi` caro al monachesimo antico; tutta la vita monastica deve essere una vigilia orante, una perenne attesa del Signore, che e` sempre vicino, ma che viene sempre, finche` tornera` definitivamente (cf. quanto detto sul senso della veglia in vista della preghiera, nell'Excursus sulla preghiera).

(v.7). I letti dei giovani sono alternati a quelli degli anziani (seniori = adulti, o piu` probabilmente i decani): RB non pensa tanto ai pericoli per la castita`, piuttosto alla dissipazione e alla pigrizia.

(v.8). Alla levata i monaci si esortino vicendevolmente. SB e` condotto da due principi: la carita` fraterna (relazioni orizzontali che mancano in RM) e il ritegno nel parlare. I monaci vengono consigliati non solo ad emularsi nell'accorrere all'Ufficio, sia pur sempre con gravita` (v.6), ma anche a dirsi parole di incoraggiamento sia pure con moderazione (v.8), per togliere ogni scusa ai sonnolenti.

Nonostante quindi la gravita` del silenzio notturno (cf.RB.42 trattato subito appresso), SB mette le relazioni fraterne al di sopra, mostrando fino a qual punto egli consideri vitale l'educazione reciproca, il rapporto dei fratelli, di cui trattera` esplicitamente negli ultimi capitoli della Regola.


CAPITOLO 42

Che dopo compieta nessuno parli

Ut post completorium nemo loquatur

Preliminari

RB.42 corrisponde a RM.30. Ambedue le Regole stabiliscono un legame tra i pasti e il silenzio notturno (in RB.41 si parla dell'orario dei pasti). Il titolo accenna solo al silenzio, ma il capitolo parla piu` a lungo della lettura che precede compieta.

1: Osservanza del silenzio

Il capitolo inizia con una massima generale cara a SB (come il c.19 e il c.49). La Regola ha gia` parlato dell'amore al silenzio (la "tacitirnitas") nel c.6; ora ribadisce il principio: il monaco deve aver cura del silenzio in tutti i tempi, ma una posizione di privilegio va riservata al tempo della notte. Si noti che qui c'e` la parola "silentium" (non "taciturnitas"), che ha un senso piu` energico e assoluto.

2-7: Lettura prima di compieta e riunione di tutta la comunita`

Dopo il v.1 viene lasciato il tema del silenzio per trattare di due cosa legate fra loro: la lettura prima di compieta e la riunione di tutta la comunita`. RM 30,1-11 prevede a questo punto la lavanda dei piedi e la comunicazio0ne tra i fratelli di cose necessarie, prima del silenzio rigoroso. RB insiste di piu` sulla riunione di tutta la comunita` che sul silenzio a cui prepara compieta. Questa insistenza sembra giustificata dal fatto che SB introduce l'uso della lettura prima di compieta, uso sconosciuto a RM.

A volte si e` interpretata la lettura in comune solo come un modo di approfittare del tempo mentre i fratelli erano occupati in qualche ufficio (cosi` anche il Lentini); ma non sembra troppo esatto vedere la cosa solo cosi`. SB da` un'importanza evidente a questa lettura vespertina fatta in comune. Indica alcune opere: le "Collazioni" di Cassiano e le "Vitae Patrum" (cf. introduzione generale), testi tipicamente monastici o "altre opere di edificazione" (v.3).Lettura pubblica ed edificazione di chi ascolta vanno sempre di pari passo nella Regola (RB.38,12; 47,3; 53,9), tanto che SB si preoccupa di non far leggere in quell'ora piu` propizia alla tentazione niente meno che alcuni libri della S.Scrittura: l'Eptateuco (i primi sette libri della Bibbia: Pentateuco + Giosue` + Giudici) e il libri dei Re (1-2 Samuele e 1-2 Re); non si considera dannosa la lettura dei libri sacri (difatti bisogna leggerli in altri momenti (v.4) perche` sono parola di Dio), ma si pensa che alcune storie scabrose li` riferite potevano suscitare a 1uell'ora immagini sconvenienti alla fantasia delle "menti deboli" (v.4).

 

SB pensa quindi alla parte spiritualmente debole della comunita`. Anche Cassiano notava che tali letture dell'AT non erano adatte agli "spiriti deboli e infermi" (Coll.19,16).

Significato della lettura

La lettura vespertina ha un valore proprio, di preparazione non tanto per compieta quanto per la notte. La notte da una parte e` segno del male, delle tenebre spirituali e piena di misteriosi pericoli per lo spirito; dall'altra parte e` propizia, come nessun altro tempo, alla riflessione e alla preghiera. SB dice di leggere "quattro o cinque fogli" (v.6) - era molto, sopratutto in quell'epoca - e nel frattempo devono arrivare tutti i fratelli.

Importanza della presenza di tutti i fratelli

Che tutti si ritrovino sembra molto importante per SB; tre volte in questo capitolo si trovano espressioni che richiamano questo fatto: "seggano tutti insieme" (v.3); "si radunino tutti" (v.7); "tutti insieme" (v.8). Perche` questo far arrivare tutti? per assicurare l'osservanza del silenzio notturno? perche` tutti ascoltino (almeno un po`) la lettura preparatoria per la notte? per concludere tutti insieme la giornata al canto di compieta? Impossibile determinarlo con certezza. Certo e` che SB vuole tutti insieme i membri del monastero nel momento conclusivo della giornata.

8: Compieta e silenzio notturno

Quando tutti i monaci sono presenti si dice compieta e poi "a nessuno sia permesso proferire parola" (v.8). La comunita` intera si immerge nel gran silenzio della notte. Disciplina cenobitica antichissima: risale a Pacomio ("Nessuno parli a un altro di notte", Reg.Pachomii 94) e da lui passa in tutte le altre Regole (Cassiano ha: "Nessuno dei monaci ardisca di attardarsi per un po` a scambiare parola con un altro", Inst.2,15); oltre alla salvaguardia del silenzio, si tende a premunire la castita` (si suppone la dormizione in celle separate). Comunque RM e RB sembrano indipendenti da Pacomio, almeno nella motivazione. RM porta una motivazione liturgica: difatti il silenzio rigoroso iniziava con il versetto: "Poni, Signore una custodia alla mia bocca..." (salmo 140,3) e terminava con il versetto: "Signore, apri le mie labbra..." (salmo 50,17) (RM.30,12-16).

RB (e anche RM) tende a favorire il riposo di tutti. E questo si spiega con il passaggio dalla cella al dormitorio comune (cf.pagine precedenti RB.22): stando insieme i monaci debbono stare attenti a non disturbarsi nel sonno (cf.RB.48,5) e nella preghiera (cf.RB.52,2-3), cose che prima i monaci compivano nella loro cella. Quindi il silenzio notturno ormai ha una caratteristica di sensibilita` fraterna piu` che di protezione contro i pericoli della castita`.

9-11: Penalita` ed eccezioni

Conclude il capitolo una prescrizione severa contro i trasgressori del silenzio notturno (v.9) e il caso di due eccezioni: l'arrivo di ospiti e un eventuale ordine dell'abate (v.10), per terminare con un'osservazione circa la gravita` e la delicatezza nell'uso della parola in tali occasioni eccezionali.

 

Nota per noi monaci di oggi

Forse noi, monaci di oggi, dobbiamo rieducarci a riscoprire il "grande silenzio" della notte. Certo, SB vede quanto sia necessario il silenzio notturno per salvaguardare il riposo di dieci o venti monaci che dormivano nello stesso luogo. Ma e` anche certo che pensa alla "spiritualita`" - per cosi` dire - della notte.

La notte e`, infatti il tempo delle grandi rivelazioni di Dio nell'antica e nella nuova alleanza: nel silenzio della notte il Verbo incarnato e` apparso per la prima volta tra noi (cf. la liturgia del Natale); nel silenzio della notte il nostro Redentore e` risorto dal sepolcro; nel silenzio della notte, Cristo si intratteneva a colloquio col Padre. Il monaco dovrebbe, in questo grande silenzio, prolungare la sua preghiera personale che nasce dalla liturgia e delle liturgia e` luce e alimento (cf. di nuovo quanto detto sulla notte e la veglia in vista della preghiera, nell'Excursus sulla preghiera).

Nei nostri monasteri, forse, dovremmo tornare a riflettere con maggiore scrupolosita` su questo capitolo e su questo aspetto della spiritualita` monastica. In tal senso, forse, va riconsiderato l'uso della televisione.


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net