Regola di S. Benedetto

 

 

IV - Gli strumenti delle buone opere
1 Prima di tutto amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze; 2 poi il prossimo come se stesso. 3 Quindi non uccidere, 4 non commettere adulterio, 5 non rubare, 6 non avere desideri illeciti,...  63 Adempiere quotidianamente i comandamenti di Dio. 64 Amare la castità, 65 non odiare nessuno...

XXII - Il dormitorio dei monaci
1 Ciascun monaco dorma in un letto proprio 2 e ne riceva la fornitura conforme alle consuetudini monastiche e secondo quanto disporrà l'abate. 3 Se è possibile dormano tutti nello stesso locale, ma se il numero rilevante non lo permette, riposino a dieci o venti per ambiente insieme con gli anziani incaricati della sorveglianza. 4 Nel dormitorio rimanga sempre accesa una lampada fino al mattino.
7 I più giovani non abbiano i letti vicini, ma alternati con quelli dei più anziani.


VII - L'umiltà
23 Quanto poi alle passioni della nostra natura decaduta, bisogna credere ugualmente che Dio è sempre presente, secondo il detto del profeta: "Ogni mio desiderio sta davanti a te". 24 Dobbiamo quindi guardarci dalle passioni malsane, perché la morte è annidata sulla soglia del piacere. 25 Per questa ragione la Scrittura prescrive: "Non seguire le tue voglie".

LIII - L'accoglienza degli ospiti
1 Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: "Sono stato ospite e mi avete accolto" ... 3 Quindi, appena viene annunciato l'arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore; 4 per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace. 5 Questo bacio di pace non dev'essere offerto prima della preghiera per evitare le illusioni diaboliche.

LXXII - Il buon zelo dei monaci
7 nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma piuttosto ciò che giudica utile per gli altri; 8 si portino a vicenda un amore fraterno e scevro da ogni egoismo (in latino: caritatem fraternitatis caste impendant); 11 non antepongano assolutamente nulla a Cristo,  12 che ci conduca tutti insieme alla vita eterna.


Castità e comunità nella Regola di San Benedetto

Julian Stead, OSB, St. Gregory's Abbey, Portsmouth, Rhode Island,

Studia Patristica Vol. XX - Peeters Press Leuven 1989

(Libera traduzione dall'inglese)

 

Se cercate nella Regola di San Benedetto un capitolo sulla castità non lo troverete. La Chiesa nella sua giovinezza non ha parlato della ricerca di Dio e della negazione di sé nei termini della triade di "povertà, castità e obbedienza". Fin dall'alto medioevo con questa triade si riassumevano solitamente gli ideali della vita consacrata. Un esplicito riferimento alla castità è raro nella Regola di San Benedetto, ma troviamo un accenno di essa già nel primo capitolo, dove si parla di lotta " contro le concupiscenze e le passioni " (RB 1,5) come qualcosa di essenziale per la vita monastica, sia cenobitica che eremitica.

Il quarto capitolo è un elenco di 74 massime, denominato "Strumenti delle buone opere", tra i quali troviamo " amare la castità " (RB 4,64), come una di quelle qualità che non sono ricercate per sé stesse, ma come un mezzo per raggiungere il fine desiderato [1]. Ci dispongono nella mente e nel corpo ad obbedire ai comandamenti di Dio con maggiore slancio. Un’altra qualità è il digiuno, il cui scopo è la conservazione della castità, la purificazione del cuore, e la libertà di spirito.

Il cuore della dottrina spirituale di Benedetto è il suo capitolo sull'umiltà, al cui quarto gradino dice del monaco che " accetta in silenzio e volontariamente la sofferenza ". I tipici generi della sofferenza che il monaco deve aspettarsi non hanno nulla a che fare con la castità; piuttosto sono le ingiustizie e le contraddizioni causate dall’obbedienza e dalla vita comune. È interessante notare che la virtù dell'obbedienza, per san Benedetto,

"non dev'essere solo esercitata da tutti nei confronti dell'abate, ma bisogna anche che i fratelli si obbediscano tra loro, nella piena consapevolezza che è proprio per questa via dell'obbedienza che andranno a Dio " (RB 71,1-2).

Il carisma del monachesimo sta nella rinuncia [2]. Le sofferenze e le rinunce che impone la vita monastica cenobitica hanno lo scopo di disporre il monaco libero dalla propria volontà, in modo che egli possa diventare interamente dedicato alla volontà di Dio e dei suoi fratelli. " partecipiamo con la nostra sofferenza ai patimenti di Cristo per meritare di essere associati al suo regno " (RB Prol., 50). San Benedetto concepisce la vita monastica come una corsa o un viaggio, gestito con l'obiettivo di arrivare alla perfetta carità ed alla visione di " Lui, che ci ha chiamati nel suo Regno. " (RB Prol., 20; 1 Ts 2,12). Sotto il generale attributo di sofferenza avviata od abbracciata per la morte dell’egoismo e la rinuncia alla propria volontà, la castità è considerata di grande valore.

Il capitolo 4 contiene altre massime che si riferiscono alla castità. "Non commettere adulterio, non avere desideri illeciti; mortificare il proprio corpo, non cercare le comodità: Non appagare i desideri della natura corrotta, ". Qui dobbiamo aggiungere, dal capitolo sull'umiltà: " Quanto poi alle passioni della nostra natura decaduta, bisogna credere ugualmente che Dio è sempre presente ... Dobbiamo quindi guardarci dalle passioni malsane, perché la morte è annidata sulla soglia del piacere. Per questa ragione la Scrittura prescrive: "Non seguire le tue voglie" " (RB 7,23-25 e Sir 18,30). S. Benedetto collega il piacere con la morte, e dirige la sua “piccola regola per principianti” (RB 73,8) per ogni persona che anela alla "vita, quella vera ed eterna..  e arde dal desiderio" (RB Prol., 15,17,42; 4,46; 5,3); nel capitolo sull'obbedienza parla della rapidità con cui coloro " che non hanno niente più caro di Cristo... alla parola del superiore fanno seguire immediatamente i fatti ... si slanciano dunque per la via stretta della quale il Signore dice: "Angusta è la via che conduce alla vita"; " (RB 5,2-10 seg.). La vita è associata con la rinuncia, quindi con la castità.

La castità ha un lato negativo rispetto a tutti i piaceri in cui consiste la rinuncia. Tuttavia Benedetto guarda più al suo lato positivo, come retta via per amare il prossimo. Il penultimo capitolo prescrive che "i monaci si portino a vicenda un amore fraterno e scevro da ogni egoismo (in latino: caritatem fraternitatis caste impendant. Ndt.)" (RB 72,11). Alla frase del Nuovo Testamento (1 Ts 4,9; Eb 13,1; 1 Pt 1,22) aggiunge una qualifica: "caste", forse perché aveva conosciuto dei casi di amore fraterno corrotto dalle emozioni erotiche, così come da altre espressioni di egoismo e di interesse personale.

Solo l'ignoranza della Regola potrebbe permetterci di pensare che c'è persino un’allusione alla fuga mundi (una frase che non appare mai nel testo), o alla paura di relazionarsi con gli altri nel concetto di castità di San Benedetto. La castità benedettina non suggerisce un riserbo distaccato, diffidente o freddo, come atteggiamento che deve essere mantenuto tra i fratelli; ciò che sarebbe inconciliabile con frasi del tipo " con la massima carità e premura ", " la più ardente carità ", " un amore fraterno e scevro da ogni egoismo (caste) ", "sincera e umile carità" (RB 71 e 72).. Egli aggiunge, tuttavia, " non antepongano assolutamente nulla a Cristo " (RB 72,11).

Dopo aver esaminato i precetti generali di Benedetto in materia di castità, diamo un'occhiata ad alcune delle loro applicazioni concrete.

Una delle massime del capitolo 4 dice: " Spezzare subito in Cristo tutti i cattivi pensieri” (compresi i pensieri presumibilmente impudichi) “che ci sorgono in cuore e manifestarli al padre spirituale " (RB 4,50; e anche Prol. 58; 7,44). Lui non sta parlando qui della confessione sacramentale, ma piuttosto di qualcosa di simile alla rivelazione della propria vita emotiva, che si potrebbe fare ad uno psicoterapeuta o direttore spirituale.

La Regola prescrive che " Ciascun monaco dorma in un letto proprio... Dormano vestiti [3] ... Se è possibile dormano tutti nello stesso locale [4] ... insieme con gli anziani incaricati della sorveglianza... I più giovani non abbiano i letti vicini, ma alternati con quelli dei più anziani. " (RB 22,1-7) [5]. Se queste norme siano finalizzate alla conservazione del silenzio o della castità è un argomento controverso. E’ probabile che siano indirizzate principalmente alla disciplina del silenzio [6]. Secondo San Benedetto il custode della castità per i monaci di ogni età è Dio presente nella loro coscienza [7].

In questo capitolo che riguarda " Il dormitorio dei monaci " ciò che colpisce il lettore, più che le prescrizioni che potrebbero riguardare la castità, è il carattere estremamente comunitario della spiritualità di Benedetto, la cui concreta espressione è fissata nella frase: " Se è possibile dormano tutti nello stesso locale ". Il servizio di Dio e l'ascolto della sua parola dovrebbero essere eseguiti da tutti assemblati insieme nell'oratorio; anche il cibo (Cfr. RB 51) ed il riposo dovrebbero essere assunti in una sala comune. Non v'è alcuna disposizione per la vita privata; ai monaci non viene dato ad ognuno il proprio spazio, nessuno possiede una cosa, neanche il suo corpo, né la sua volontà (RB 33,4). La proprietà privata è un vizio che deve essere estirpato dalle radici (RB 33,1) [8].

Per quanto riguarda lo spirito corrente, esso sia comunitario, ma particolari atteggiamenti sono dovuti a certi individui o "classi" all'interno della famiglia monastica. Verso l'abate da parte di tutti, ovviamente. Un monaco che è puro di cuore non ama un fratello più di un altro, " ad eccezione " (nel caso dell’abate) " di quello che avrà trovato migliore nella condotta e nell'obbedienza " (RB 2,17). "L'amore" è dovuto al più giovane da parte degli anziani, il "rispetto" per gli anziani da parte del giovane (RB 4,70 e seg.; 63,10; 71,4). Benedetto è risoluto sul mantenimento e sul rispetto di un certo ordine tra i monaci, per preservare la pace dell’amore e dell’obbedienza vicendevole. "normalmente, ciascuno conservi il proprio posto, perché ... ' tutti siamo una cosa sola in Cristo '" (RB 2,19 e seg.; Gal 3,28). Questo amore, rispetto e mutua obbedienza sono così indispensabili che chiunque si rifiuta di mostrare tali disposizioni " sia sottoposto a un castigo corporale e, se si ostina in questo atteggiamento di ribellione, sia scacciato dal monastero " (RB 71,9). San Benedetto è indulgente e davvero clemente nei confronti di altre umane debolezze [9], ma nella sua insistenza sull’unità nella carità umile e reciproca, non poteva essere più intollerante.

C'è poi il capitolo 53 su "L'accoglienza degli ospiti". Dopo aver detto " Tutti gli ospiti … siano ricevuti come Cristo " - dice la stessa cosa dei malati (RB 36,1-3) – egli dice " Quindi, appena viene annunciato l'arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore; per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace. Questo bacio di pace non dev'essere offerto prima della preghiera per evitare le illusioni diaboliche. " (RB 53,1-5) - alludendo chiaramente alla conservazione della castità.

Benedetto non affronta mai la questione speculativa del relativo valore di una vita impegnata nel celibato a fronte di una vita all'interno dei vincoli del matrimonio. E’ a proposito della povertà che è esplicito; abbiamo già visto che lui chiama la proprietà privata "un vizio". Il monaco ha una missione profetica, per mostrare che Dio solo è sufficiente per lui. Se uno non ha nulla di suo, neanche una stanza o, come dice San Benedetto, nemmeno la sua volontà [10], dove può sistemare una moglie? Cosa può condividere con lei? L'amore coniugale non è disapprovato di per sé stesso, ma è escluso perché presuppone la proprietà privata, che è uno di quei "beni", che il monaco si è lasciato alle spalle (Lc 18,29 e seg.).


NOTE:

[1] Sembra abbastanza ovvio che il celibato non può essere definito un "bene in sé". Fin da Platone, o prima, "buono" è stato inteso come "desiderabile". Chi può desiderare, fine a sé stessa, la negazione totale della soddisfazione dell’istinto sessuale e la rinuncia della compagnia di un membro del sesso opposto, che la stessa parola di Dio dichiara "molto buono" (Cfr. Gn 1,31; 2,18)?

[2] "Rinunciare al rapporto sessuale e ai pasti delicati, all’indipendenza e alla parola, alla proprietà e al prestigio - non si finirebbe più di enumerare le varie astinenze che compongono il modo di essere del monaco". Estratto da: "La regola di San Benedetto, commento dottrinale e spirituale". Adalbert De Vogüé (Numero 5 di Scritti Monastici - nuova serie - A cura dei Monaci Benedettini di Praglia Bresseo (Padova) 1984.), P. 329.

[3] Benedetto non dà ragioni di questa raccomandazione, ma la Regola del Maestro suggerisce che ha a che fare con la castità.

[4] La Regola di San Benedetto non fornisce alcuna ragione esplicita per la sua preferenza che tutti dormano in un dormitorio comune. La più probabile, e anche ovvia, ragione è lo spirito comunitario della sua spiritualità ed ascesi, come principio generale che, anche qui, ha una concreta espressione. La Regola del Maestro prescrive che tutti dormano nella stessa stanza in modo che possano recitare alcune preghiere insieme (RM 52,4), ma la Regola di Benedetto non dice nulla riguardo alle preghiere nel dormitorio.

[5] RB 22: 1, 3, 5, 7. Una simile sentenza del Maestro sembra avere in mente la castità: "I prepositi abbiano i propri letti vicino ai letti dei fratelli per poterli correggere durante la notte se si rendono colpevoli di qualche mancanza "(RM 11,108). (Tutte le citazioni dalla Regola del Maestro sono tratte da “La Regola del Maestro”, tradotto dal latino da Marcellina Bozzi O.S.B. (Paideia Editrice, 1995)).

[6] Il Maestro prescrive che i letti dei monaci vengano disposti in un cerchio, con l'abate nel centro, in modo che egli possa “controllare all’intorno il silenzio ed il contegno riservato di tutti” (RM 29,2-4).

[7] Cfr. RB 7,23-25 e Sir 18,30 di cui sopra. Dopo tutto, chi è che tiene d'occhio gli anziani! Anche loro sono sensibili alle tentazioni della carne. In ogni caso, l’essere "ansioso e … sospettoso" (RB 64,16) non farebbe parte del carattere S. Benedetto, per quanto il suo carattere possa essere letto tra le righe.

[8] RB 33: 1. Per ragioni pratiche e di buonsenso il dormitorio comune è stato abbandonato dalla maggior parte dei monasteri che seguono la Regola di san Benedetto, a causa della consuetudine incontrollabile ed involontaria di alcuni di russare. Tuttavia, il bisogno degli altri monaci di un buon sonno notturno non favorirebbe il superamento dell'egoismo che può nascondersi nella possibilità di usufruire di una stanza privata.

[9] Cfr. soprattutto RB 27, un capitolo che rivela molto del carattere proprio di san Benedetto. Questo capitolo non dipende in alcun modo dalla Regola del Maestro: è tutto originale.

[10] Cfr. la nota 6.


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28 giugno 2017                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net