LE ISTITUZIONI CENOBITICHE
di GIOVANNI CASSIANO
LIBRO UNDECIMO
LO SPIRITO DELLA VANAGLORIA
“Libera traduzione”
Link al testo latino con traduzione a fronte
CAPITOLO 1
Il settimo combattimento è contro lo spirito di vanagloria.
Natura di questo spirito
Il nostro settimo combattimento è contro lo spirito di vanagloria: spirito multiforme, vario, sottile, che lo sguardo più perspicace può appena, non dico prevenire, ma riconoscere ed afferrare.
CAPITOLO 2
La vanagloria attacca il monaco, non soltanto nella parte carnale, ma anche nella parte spirituale
La vanagloria non attacca
soltanto il monaco nella parte carnale; ma porta anche i suoi colpi nella parte
spirituale. La sua malizia più sottile sa meglio insinuarsi nel cuore; e coloro
che non erano stati sedotti dai vizi carnali, provano poi ferite più crudeli
nelle loro vittorie spirituali. Lotta tanto più pericolosa, che si dissimula
maggiormente alla nostra vigilanza!
Con gli altri vizi, la guerra si fa in pieno giorno
ed a fronte scoperta. Dinanzi all’opposizione inflessibile, il tentatore deve
arretrare. Egli lascia la posizione, più debole di quando era arrivato; e, dopo
questa sconfitta, non attaccherà più il suo vincitore con la stessa violenza.
La vanagloria, al contrario. Se ha tentato l’anima
con l’attrazione della carne e ha dovuto arretrare dinanzi ai suoi rifiuti,
multiforme nella sua perversità, cambia maschera e di personaggio ed è sotto
l’aspetto della virtù che cerca ora di trafiggere il suo vincitore e di
sgozzarlo.
CAPITOLO 3
La vanagloria è diversa e multiforme
Gli altri vizi e passioni si rivelano uniformi e semplici. La vanagloria è diversa, multiforme, diversificata; attacca da tutte le parti, ed il suo vincitore la ritrova ovunque di fronte a sé. L'aspetto esterno ed il contegno, il modo di camminare, la voce, il lavoro, le vigilie, il digiuno, la preghiera, la solitudine, la lettura, la scienza, il silenzio, l'obbedienza, la pazienza sono altrettante armi per ferire il soldato di Cristo. Si direbbe che si tratta di uno scoglio inevitabile, coperto dalle onde che si alzano. Spinti da un vento favorevole, i navigatori, senza sospetto e ignari dal pericolo, faranno naufragio in modo tanto misero quanto imprevisto.
CAPITOLO 4
Come la vanagloria assale il monaco da destra e da sinistra.
Chi vuole andare per la via
regia “con le armi della giustizia, a destra ed a sinistra,„ deve, secondo la
dottrina dell'Apostolo, passare “nella gloria e nel disonore, nella cattiva e
nella buona fama„. (2 Cor 6,7-8). Con infinita precauzione ci occorre seguire,
tra le onde sollevate, il diritto cammino della virtù, con la discrezione che
tiene il timone e lo Spirito del Signore che gonfia le nostre vele: ben persuasi
che allontanandoci da una linea, sia a destra, sia a sinistra, ci infrangiamo
tempestivamente su scogli mortali.
È per questo che il molto saggio Salomone ci dà
quest'avvertimento: “Non deviare né a destra né a sinistra; „ (Pr 4,27) cioè:
Non lusingatevi, a destra, delle vostre virtù e non vantatevi dei vostri
successi spirituali; non piegate, a sinistra, verso la via del vizio, che cerca,
secondo la parola dell'Apostolo, la vostra gloria in ciò che farebbe la vostra
confusione (cf. Fil 3,19).
Se il nemico non riesce a fare nascere la vanagloria
sotto il pretesto di un vestito finito con cura e lucente di purezza, si sforza
di insinuarla con la sporcizia, la negligenza, la povertà. Colui che non ha
potuto abbattere con l'onore, lo rovescia con l'umiltà; colui che il nemico non
ha potuto inorgoglire con l'abbagliamento della scienza e dell'eloquenza, la
affligge col peso del silenzio. Il monaco digiuna apertamente, la vanagloria lo
colpisce; se nasconde il suo digiuno per disprezzo della gloria, lo stesso vizio
dell’esaltazione gli assesta dei colpi terribili. Per timore che il contagio
della vanagloria lo sporchi, evita di prolungare le sue preghiere alla vista dei
fratelli; ma, per averle recitate segretamente e senza testimone, prova ancora
gli inevitabili pungiglioni della vanità.
CAPITOLO 5
Un raffronto che mostra la natura della vanagloria
I vecchi hanno un raffronto molto felice, per descrivere la natura di questo vizio; lo assimilano alla cipolla ed altre piante bulbose. Togliete una buccia, ne incontrate una seconda; altrettante ne togliete, altrettante ne trovate.
CAPITOLO 6
Il vantaggio della solitudine non estingue la vanagloria.
Si fugge nella solitudine il
rapporto con i mortali, per evitare la vanagloria: ma essa non cessa affatto i
suoi inseguimenti. Più si vuole sfuggire al mondo intero, più vivo è il suo
desiderio. Essa ispira l’innalzamento all’uno perché è paziente nel lavoro e
nella fatica; all’altro perché è rapido all'obbedienza; a tale altro, perché
supera tutti in umiltà. Tenta l’uno per la sua scienza, l'altro per le sue
letture, un terzo per la lunghezza delle sue vigilie.
È sempre attraverso le nostre virtù che cerca di
ferirci; prepara occasioni di scandalo e di morte in ciò che ci fa guadagnare la
corona di vita. Si vuole percorrere il cammino della pietà e della perfezione:
dove tenderanno le loro trappole ingannevoli i nemici che tendono insidie, se
non sulla via percorsa? È la parola del beato Davide: “Nel sentiero dove cammino
mi hanno teso un laccio.„ (Sal 142,4). In questa stessa via delle virtù, in cui
ci porta il nostro slancio “verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a
ricevere lassù„, (Fil 3,14), i nostri nemici, facendo leva sull’orgoglio dei
nostri successi, cercano di farci soccombere e di farci cadere, attirando i
nostri passi nei lacci della vanagloria.
Così succede che, non essendo stati superati nella
lotta con l'avversario, la sublimità del nostro trionfo porta alla nostra
sconfitta. O ancora, ciò che è un altro tipo d'illusione, noi superiamo
nell'astinenza la misura delle nostre possibilità e l'indebolimento che ne
deriva rende impossibile la perseveranza della nostra corsa.
CAPITOLO 7
Repressa, la vanagloria si risolleva più accesa nella lotta
Tutti i vizi si snervano,
quando li superiamo; e la sconfitta li rende di giorno in giorno più deboli. Le
circostanze di tempo e di luogo li diminuiscono, alleviano i loro fremiti. O per
lo meno, l'opposizione che trovano nella virtù contraria, fa sì che ce ne
guardiamo e che li evitiamo più facilmente. Ma, per quest'ultimo vizio, una
volta abbattuto, si rialza più ardente nella lotta. Lo si crede estinto, e
rinasce più vigoroso dalla sua morte.
Gli altri vizi assalgono soltanto quelli contro cui
sono prevalsi nel combattimento. Quest'ultimo fa una guerra più accanita ai suoi
vincitori e, più fortemente è stato messo in rovina, più è veemente nel
ritornare al combattimento partendo proprio dall’innalzamento procurato dalla
vittoria stessa. L'astuzia del sottile demone consiste nel fare soccombere il
soldato di Cristo alle sue stesse armi, quando non ha potuto superarlo per mezzo
delle armi nemiche.
CAPITOLO 8
Né la vita solitaria, né l'età raffreddano l'impetuosità della vanagloria.
A volte, lo abbiamo detto,
gli altri vizi si alleviano grazie al favore del luogo; si calmano e
diminuiscono, quando si sottrae loro materia, l'opportunità, l'occasione del
peccato.
La vanagloria penetra nel deserto con colui che la
fugge. Non ci sono luoghi da cui si può tenerla lontana. Non c’è modo di
indebolirla, sottraendole il suo oggetto dall'esterno, poiché viene rianimata
proprio dalla virtù di colui che attacca.
Alcuni vizi, lo abbiamo già detto, si attenuano col
tempo e finiscono per svanire. Se una lunga vita non si fonde in zelo
industrioso ed in prudente discrezione, anziché nuocere alla vanagloria, le
fornisce più ampia materia.
CAPITOLO 9
La vanagloria è più pericolosa, quando si mescola alle virtù.
Infine, le altre passioni si
oppongono chiaramente alle virtù contrarie e fanno la guerra allo scoperto, come
in pieno giorno. Da qui deriva una più grande facilità nel superarle, così come
a premunirsi nei loro confronti.
Questa si insinua tra le virtù; e la battaglia si
svolge nella confusione degli schieramenti e senza più riconoscere il vero
nemico, come in una notte oscura. Questo vizio inganna tanto più crudelmente,
quando non ci si pensa e quando non ci si mette in guardia.
CAPITOLO 10
Esempio del re Ezechia, e di come crollò sotto la spinta della vanagloria.
Non fu forse il caso di
Ezechia, il re de Giuda? Quest'uomo di consumata e perfetta giustizia, e di cui
le Scritture rendono una testimonianza così bella, dopo le virtù che gli
meritarono tanti elogi, noi lo vediamo prosternato nella polvere, colpito solo
dal dardo dell’esaltazione. Lui che con una sola preghiera aveva ottenuto la
morte di centottantacinquemila uomini dell'esercito degli Assiri, uccisi durante
la notte dall'angelo sterminatore, (Cf. 2 Re 19,15; 35; Volgata 4 Re) si fa
vincere dalla vanagloria!
Passerò sotto silenzio la lunga lista di queste
virtù, che non finiremmo mai di illustrare, per citare soltanto questa unica
caratteristica. Gli era appena stato manifestato il termine della sua vita; una
decisione del Signore aveva fissato il giorno della sua morte. Ma, con una sola
preghiera, meritò di allungare di quindici anni il termine della sua vita. (Cf.
2 Re 20,1-5) Il sole tornò indietro di dieci gradi, di quelli che aveva già
percorso andando verso il suo tramonto, (Cf. 2 Re 20,9-11) e, in questo cammino
retrogrado, furono disperse le ombre che avevano oscurato le linee mentre
tramontava; con un miracolo inaudito raddoppiò il giorno per l'universo intero,
contrariamente alle leggi della natura.
2. In che modo, dopo così grandi e incredibili prodigi, dopo segni così straordinari della sua virtù, questo re fu schiacciato dal successo stesso: ascoltate la Scrittura che ce lo racconta: “In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Egli pregò il Signore, che l’esaudì e operò un prodigio per lui,„ (2 Cr 32,24), il segno del movimento retrogrado del sole, che leggiamo che gli fu dato da Isaia nel quarto libro dei Re. “Ma Ezechia non corrispose ai benefici a lui concessi, perché il suo cuore si era insuperbito; per questo su di lui, su Giuda e su Gerusalemme si riversò l’ira divina. Tuttavia Ezechia si umiliò della superbia del suo cuore e a lui si associarono gli abitanti di Gerusalemme; per questo l’ira del Signore non si abbatté su di loro, durante i giorni di Ezechia„ (2 Cr 32,25-26 2).
3. Quanto è dunque
perniciosa, quanto è grave, la malattia dell’esaltazione! Tanta giustizia, tanta
virtù, tanta fede ed una devozione, che avevano meritato di cambiare la natura
stessa e le leggi dell'universo, periscono con un solo atto di orgoglio! Tutte
le virtù del re erano andate in oblio, ed egli avrebbe immediatamente sentito
gli effetti della collera divina, se non l’avesse alleviata con una pronta
umiltà. Colui che l’esaltazione aveva precipitato da tale altezza di merito,
poté risalire il prestigio perduto, soltanto ripercorrendo gli stessi gradi
d'umiltà.
Volete ascoltare un altro esempio di una simile
rovina?
CAPITOLO 11
Esempio del re Ozia, vinto dalla stessa malattia
Ozia fu il bisavolo del re di
cui abbiamo appena parlato; e, come lui, è lodato dalla Scrittura in tutti i
sensi. Ma, dopo le virtù straordinarie che gli avevano guadagnato l'elogio, dopo
i trionfi senza numero guadagnati dal merito della sua devozione e della sua
fede, fu precipitato dall’esaltazione della vanagloria. Apprendete come: “Il
nome di Ozia, si dice, si sparse dovunque, perché il Signore era il suo aiuto e
lo aveva reso forte. Ma, quando fu reso forte, il suo cuore si elevò in sua
rovina e trascurò il Signore, suo Dio (2 Cr 26,15-16).
Ecco un secondo esempio di una rovina terribile; ecco
due uomini, così giusti e così perfetti, che si sono perduti a causa dei loro
trionfi e delle loro vittorie. Da questi fatti voi vedete quanto disastrosi
possono essere i successi in situazioni favorevoli. Coloro che l'avversità non
aveva potuto abbattere, se non si mantengono vigili sono afflitti più duramente
dalla prosperità; coloro che, nei conflitti e in mezzo a battaglie mortali,
erano sfuggiti al pericolo della morte, soccombono ai loro trofei ed ai loro
trionfi.
CAPITOLO 12
Diverse prove contro la vanagloria
Ed ecco allora l'avvertimento dell'Apostolo: “Non cerchiamo la vanagloria.„ (Gal 5,26). Ed il Signore, rimproverando i Farisei, dice “E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?„ (Gv 5,44) Ed è ancora contro gente di questo tipo che il beato Davide a sua volta pronuncia questa minaccia: “Dio ha disperso le ossa di coloro che vogliono piacere agli uomini.„ (Volgata Sal 52,6)
CAPITOLO 13
I modi coi quali la vanagloria attacca il monaco
Gli stessi principianti e
coloro che hanno fatto soltanto progressi mediocri nella virtù e nella scienza,
non sfuggono alla vanagloria. È la loro voce che serve da pretesto all’orgoglio
- la loro salmodia è così armoniosa! - o la loro magrezza, o la loro bella
prestanza; o la ricchezza dei loro genitori, o il disprezzo che hanno avuto nei
confronti della milizia e degli onori.
A volte inoltre si persuadono che, se avessero
perseverato nel secolo, avrebbero ottenuto molto facilmente dignità e ricchezze,
che invece forse non avrebbero mai potuto raggiungere. Sono così gonfiati da una
speranza vana a proposito di incerti sogni e si sentono gloriosi per cose che
non hanno mai avuto, allo stesso modo che se vi avessero rinunciato.
CAPITOLO 14
Come la vanagloria suggerisce l'ambizione al chiericato.
Succede anche che la
vanagloria metta nel pensiero del monaco l'onore del chiericato, e gli
suggerisca il desiderio, sia del sacerdozio, sia del diaconato: se lo si fosse
elevato a questa dignità, fosse stato anche suo malgrado, con quale austerità ne
avrebbe svolto le funzioni! Gli altri sacerdoti avrebbero avuto in lui un
modello di perfezione; senza contare che avrebbe guadagnato molte anime,
inizialmente con l'esempio della sua vita, ma anche con la sua dottrina ed i
suoi discorsi.
Un tale vive nella solitudine o ritirato nella sua
cellula: la vanità gli fa percorrere in spirito case e monasteri, e gli mostra
nella sua immaginazione una moltitudine di anime che si convertono alla sua
parola.
[In alcuni manoscritti il paragrafo sottostante è considerato il capitolo 15, portando così a 19 il numero totale dei capitoli. NdT]
Il povero monaco, ingannato da tali chimere, sembra immerso in un sonno profondo. Lo si vede così incantato dalla dolcezza di queste pensieri e così riempito di queste immagini, che non si accorge più né di ciò che succede attorno a lui, né della presenza dei fratelli; ma, sognando ad occhi aperti, si diletta ad inseguire, come fossero cose vere, le fantasie di vaghe immaginazioni.
CAPITOLO 15
Come la vanagloria inebria l’anima
Mi ricordo di un vegliardo
che ho conosciuto al tempo del mio soggiorno nel deserto di Scete. Si stava
recando alla cella di un fratello, con intenzione di fargli visita, quando,
avvicinandosi, lo intese mormorare dall'interno. Si ferma, curioso di sapere il
passaggio delle Scritture che il solitario leggeva o recitava a memoria durante
il lavoro, secondo l’abitudine. E prestava l'orecchio con cura allo scopo di un
pio spionaggio. Purtroppo il povero fratello, sedotto dallo spirito di vanità,
si credeva di essere in una chiesa e di fare un'esortazione al popolo.
Il vegliardo aspetta, immobile. L'altro finisce il
suo discorso e poi, cambiando funzione, si mette a fare il diacono che congeda i
catecumeni. Il vegliardo allora batte alla porta. Il monaco corre con la
riverenza abituale e lo introduce nella cella. Tuttavia, il rimorso dei suoi
pensieri lo tormenta. Si informa con sollecitudine presso il suo ospite se è da
molto tempo che è arrivato: “Non vi ho fatto l'affronto di farvi aspettare
troppo tempo alla porta? - No, rispose il vegliardo con un tono piacevole e
divertito; sono proprio arrivato nel momento in cui tu porgevi il congedo ai
catecumeni.„
CAPITOLO 16
Qualsiasi cura è impossibile, se non conosciamo il principio e la causa dei vizi
Ho creduto che questi
racconti potessero avere un posto nel mio piccolo lavoro; ed ecco perché. È
necessario conoscere astrattamente la potenza aggressiva dei vizi che lacerano
le povere anime e le conseguenze che ne derivano; è però meglio essere istruiti
da esempi concreti.
Noi ne saremo più circospetti, per evitare i lacci e
le trappole multiple del nemico.
Questo è appunto il metodo seguito dai padri
dell'Egitto. Atteggiandosi a uomini che vi sarebbero soggetti, non esitano a
scoprire e mettere a nudo, nelle loro conferenze, le battaglie che i vizi fanno
contro di noi, sia che i giovani debbano sostenerle attualmente, sia che debbano
provarle soltanto più tardi. In base a questa descrizione degli artifici con cui
le passioni approfittano dell'età del primo entusiasmo, i principianti penetrano
nel segreto delle loro intime lotte e le osservano come in uno specchio. Allo
stesso tempo, apprendono le cause ed i rimedi dei vizi che fanno loro la guerra;
conoscono anche, prima dell'evento, i loro futuri combattimenti e sanno il modo
di premunirsi, di far loro fronte e di come comportarsi. I medici più abili non
si limitano a curare le malattie attuali; ma il loro sagace ingegno si occupa di
prevenire i mali futuri con prescrizioni e salutari pozioni. Ugualmente questi
veri medici delle anime. Uccidono in anticipo, come con un antidoto celeste, le
malattie che si manifesteranno più tardi, e impediscono di svilupparsi nelle
anime, rivelando ai giovani, assieme alle cause delle passioni che li
minacciano, i rimedi per guarirne.
CAPITOLO 17
Il monaco deve evitare le donne ed i vescovi
Una massima molto vecchia dei padri e che si è conservata fino ad oggi - purtroppo è a mia confusione che la riporto, proprio io che non ho saputo evitare mia sorella né sfuggire dalle mani episcopali - è che il monaco deve fuggire le donne ed i vescovi. La familiarità delle une e degli altri ha lo stesso risultato: è una catena che non lascia più al monaco la libertà di accudire al silenzio della sua cella, né di applicarsi alla contemplazione divina con uno sguardo molto puro sulle cose della fede.
CAPITOLO 18
Rimedi per trionfare sulla vanagloria
L'atleta di Cristo che
desidera combattere secondo le regole del combattimento spirituale (Cf. 2 Tm
2,5), deve affrettarsi a superare in qualsiasi modo il mostro dalle cento teste
della vanagloria.
Ecco il rimedio col quale potremo sfuggire ad una
malizia in un certo qual modo multipla e che si presenta a noi da qualsiasi
parte.
Avendo nel pensiero la parola di Davide: “Il Signore
ha disperso le ossa di quelli che vogliono piacere agli uomini,„ (Volgata Sal
52,6) in primo luogo non permettiamoci mai di fare qualcosa col proposito della
vanità ed in vista di raggiungere una gloria vana; - in seguito, avendo ben
cominciato, sforziamoci di conservarlo con una simile vigilanza, per paura che
la malattia della vanagloria entri poi in noi, distruggendo tutto il frutto
delle nostre fatiche; - fuggiamo anche con cura tutto ciò che non fa parte della
vita di fratelli e che non è nella tradizione comune, perché sarebbe come un
dipendere dall’arroganza; evitiamo ugualmente ciò che servirebbe a farci notare
fra gli altri ed a guadagnarci gli elogi degli uomini, come fossimo i soli
capaci di farlo.
2. È infatti da tali indici che il veleno della vanità rivela soprattutto la sua presenza in noi. Ma ci sarà facile sfuggirgli con questa considerazione, e cioè che, se i nostri lavori hanno la vanagloria per oggetto, non solo noi ne perderemo interamente il beneficio, ma, colpevoli di un grande crimine, noi saremo puniti, in qualità di sacrilegi, con supplizi eterni: poiché, ciò che noi avremmo dovuto compiere per Dio, ci è invece piaciuto compierlo per piacere agli uomini; ma Colui al quale abbiamo fatto quest'ingiuria, conosce i segreti più nascosti e ci convincerà di avere preferito gli uomini e di avere messo la gloria del mondo sopra la sua Gloria.
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7 aprile 2015 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net