IL PROSLOGION DI S. ANSELMO
Silenzio di Dio
e
gioia dell'uomo
PAUL GILBERT, S.J.
Estratto e tradotto da "Analecta Gregoriana"
, vol. 257, Collana della Facoltà di Filosofia: sezione A, n. 14
Editrice Pontificia Università Gregoriana – Roma 1990
Introduzione
Pochi sono i testi che, nonostante la loro brevità, danno alle generazioni
successive qualcosa per meditare sul destino essenziale dell'uomo. Il
Proslogion di Sant'Anselmo è uno di questi. Esso non conta più di trenta
piccole pagine, ma percorre le domande più radicali.
Solo alcuni capitoli dell’opuscolo, che espongono quello che è stato denominato
“l'argomento ontologico dell'esistenza di Dio”, hanno dato luogo a numerosi
commenti. Questi famosi capitoli non contano, tuttavia, più di 50 righe
nell'edizione critica di Dom Schmitt
[1]
(senza contare i titoli, 11 parole in media per riga). L'interesse che hanno
suscitato dipende in gran parte dai contesti particolari in cui essi sono stati
considerati; l'intero Proslogion non è quasi mai stato studiato per se
stesso
[2]
; più spesso vi abbiamo visto un problema epistemologico (Ndt. Che concerne
l'epistemologia, cioè la filosofia della scienza); ma così si perdeva di vista
un’interrogazione più profonda ed un’acquisizione riflessiva di un desiderio che
non si accontenta di affermare l'esistenza di “qualcosa” che sia più che mentale
e quindi “reale”.
Il Proslogion va ben oltre questa affermazione "ontologica" (Ndt. Che
riguarda la conoscenza dell'essere); Anselmo ne riduce l'importanza; la pone
come un momento di meditazione sui nostri sensi guidati dallo spirito, o
divenuti spirituali; questa meditazione non si esaurisce nell'affermazione
dell'oggettività di Dio, ma nella richiesta di una maggiore partecipazione alla
vita divina.
La riflessione di Anselmo è sorretta da una preoccupazione fondamentale: Dio,
che è maius, infinitamente desiderato, non è mai completamente
accessibile, né ai sensi né alla ragione. Io non sono mai in grado di
abbracciarne il mistero né di comprenderlo completamente con la sola logica. Dio
è, ma risplende nel silenzio al di là delle mie parole e del balbettio dei miei
concetti.
Leggeremo tutto il secondo opuscolo di Anselmo, come abbiamo già letto il primo
[3]
. Procederemo interpretando il testo progressivamente, traendone la comprensione
di ciò che dice o ha detto al momento preso in esame e non di ciò che dirà in
seguito, lasciando emergere le domande che sembrano essenziali e che di fatto
scandiscono il cammino del pensiero. Rifiutiamo di vedere nei capitoli
dell'argomento ontologico il fulcro della ricerca; queste cinquanta righe non
sono al centro della riflessione, alla quale offrono solo un passaggio obbligato
verso approfondimenti successivi; noi interpreteremo questo argomento in questo
senso.
Abbiamo diviso il nostro commento in cinque parti. La prima, un'introduzione a
scopo metodologico, cerca come il Proslogion si leghi al Monologion
nello stesso momento in cui si distingue da esso; la preghiera, alle soglie del
secondo opuscolo di Anselmo, ne svela poi il senso profondo. La seconda parte
del commento è dedicata ai cap. dal 2 al 4, quelli dell'”argomento ontologico”
[4]
. La terza parte del nostro lavoro entra nello studio della “Essenza Sovrana”
[5]
analizzando i capitoli dal 5 al 12,
dedicati alla sensibilità ed alla giustizia di Dio. Questo studio sull'”Essenza”
Divina prosegue nella quarta parte dove esponiamo i capitoli dal 13 al 22, vero
centro
[6] del Proslogion, che considerano
particolarmente l'eternità di Dio. La quinta parte si conclude commentando i
capitoli dal 23 al 26 sulla Santissima Trinità, il bene e la gioia alla quale
l'uomo è chiamato
[7].
Per tutto il nostro cammino, faremo sorgere in noi l'esigenza di un pensiero
radicale, che non accetti di limitare alla sua percezione ciò che sa di poter
pensare di più, fino a non poter più pensare ciò che sa che lo tracima; il
pensiero, confermato nella sua eccellenza, entra allora nel silenzio della pura
accoglienza, ma essendo capaci di dirlo e di farne comprendere la sua bella
necessità. Leggere il Proslogion
di Sant'Anselmo ci invita a condividere un'esperienza che è prima di tutto
intellettuale, ma ancor più spirituale. Non crediamo che questa esperienza sia
resa possibile a condizione di ripristinare lo stile monastico del medioevo;
essa è universale ed attuale; offerta semplicemente nella purezza della sua
forma, tocca lo spirito dell'uomo così com'è, nonostante le sue incredulità e le
sue disperazioni. Il Dottore Magnifico ci invita a pensare con pazienza a Colui
di cui l’uomo, spinto da un desiderio del quale non ha in sé stesso il segreto,
attende spesso con impazienza la sua visita.
[1]
F.
Schmitt, S.
Anselmi Cantuariensis Archiepiscopi Opera Omnia.
Il Monologion
e il Proslogion si
si trovano nel primo volume, come la maggior parte dei testi "filosofici" di
Anselmo.
[2]
L'ultimo lavoro complessivo, a nostra conoscenza, è quello di Y.
Cattin.
La preuve de Dieu
(La
prova di Dio)
[5.3], Questo libro, del tutto eccellente e preciso, considera però l'opuscolo
anselmiano al fine di interpretare
'l'argomento ontologico'.
[3]
Cfr. il nostro Dire l'ineffable [4J.
[4]
Dio è qui detto “nihil
maius quam cogitari possit
ou
maius quam cogitari nequit“
(niente
è più grande di quanto si possa pensare,
o
più grande di quanto non si possa pensare).
[5]
Diciamo poi di Dio che egli è summum, designazione caratteristica del
Monologion.
[6]
Al cap. 15. Anselmo propone un'ultima formula dialettica per designare Dio:
“quiddam
maius quam cogitari possit“
(qualcosa di più grande di quanto si possa pensare).
[7]
Abbiamo pubblicato alcuni articoli qui riprodotti, adattandoli alla loro nuova
situazione. Si ringraziano i vari editori che ci hanno consentito questa
ripresa: Parola, Spirito e vita
(Bologna, n. 18, pp. 255*272) per il cap. 2, la Nuova Rivista Teologica
(Namur. 1986, pp 218-238) per cap. 7 e 8 e AA.VV., L'attualità di Anselmo d'Aosta,
(Studia Anselmiana
101) Roma. Anselmiano, 1990, pp. 65-82 per i cap. 9 e 12.
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5 maggio 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net