Anselmo d’Aosta
Orazione a
Cristo
quando l’animo vuole ardere del suo amore
Estratto da “IL CRISTO” Volume III, a cura di
Claudio Leonardi
Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore 2001
Breve
introduzione
La seconda delle preghiere, in una
serie di 19, che la critica moderna ha assegnato come autentiche ad Anselmo,
viene datata a circa l’anno 1085, e dunque al periodo in cui egli resse come
abate il monastero di Le Bec (1078-1093). L’insieme delle 19 preghiere e delle 3
meditationes, raccolto da Anselmo stesso (e che in alcuni codici porta un prologo,
in altri una lettera di dedica a Matilde di Canossa), lascia intendere uno scopo
spirituale piuttosto che dottrinale, «Orationes sive meditationes... ad
excitandam legentis mentem ad dei amorem vel timorem, seu ad suimet discussionem
editae sunt» (Prologus, in S. Anselmi Cantuariensis archiepiscopi
Opera omnia, ed.
F.S. Schmitt, II, Stuttgart-Bad Cannstatt 1968, p. 3). Le ricerche filologiche
Fondamentali sulle
Orationes
e sulle
Meditationes
sono in epoca moderna quelle di A. Wilmart,
La tradition de prières de saint Anselme, «Revue bénédictine» 36 (1924), pp. 32-71, e vari saggi raccolti poi in
Auteurs spirituels et textes de vots du Moyen Age latin, Paris 1932; e quelle di H. Barre,
Prières
anciennes de l’Occident à la Mère du Sauveur.
Des origines à saint Anselme, Paris 1963. Cfr. anche F.S.
Schmitt, op. cit., pp. 132*-130* (e anche p. 41*).
Prendiamo il testo dall’ed. Schmitt, III, pp. 6-9.
O
Signore Gesù Cristo, tu che sei la mia redenzione, la mia misericordia, la mia
salvezza: te voglio lodare, te ringraziare. Noi siamo impari di fronte ai tuoi
favori, del tutto incapaci di una devozione degna di te, e tuttavia la mia anima
ha cercato in qualche modo di lodarti e ringraziarti, non come so che dovrei
fare ma come posso tentare, benché troppo debole rispetto alla forza del tuo
dolcissimo affetto.
O
speranza del mio cuore, o forza della mia anima, o sostegno della mia debolezza,
possa la tua benevolenza onnipotente realizzare i tentativi della mia totale
impotenza. Tu che sei la mia stessa vita, lo scopo delle mie intenzioni, benché
non abbia ancora meritato di amarti nella misura in cui ti sono debitore,
desidero almeno di amarti tanto quanto dovrei. Tu che sei la mia luce, tu vedi
il mio intimo, poiché «o Signore, di fronte a te è ogni mio desiderio» (Ps. 37,
10): tu concedi all’anima il bene che essa desidera. Se è bene ciò che mi
ispiri, Signore, anzi poiché è bene che io ti voglia amare, fa’ ch’io lo voglia,
fa’ che quanto tu comandi, tanto io meriti di amarti. Ti lodo e ti ringrazio per
il desiderio che mi hai ispirato; e con le lodi ti prego che il tuo dono, che mi
hai fatto di tua volontà, non sia in me senza frutto. Compi quello che hai
cominciato, donami quello che tu prevenendomi benevolmente mi hai fatto
immeritatamente desiderare.
La mia
tepidezza, tu che sei tutto misericordia, convertila in ardentissimo amore di
te. A questo tende, o tu che sei tutto clemenza, questa mia preghiera, questa
mia coscienza e questa mia meditazione sui tuoi benefici: accendere in me il tuo
amore. La tua bontà, o Signore, mi ha creato; la tua misericordia ha pulito la
creazione dal peccato originale; la tua pazienza ha tollerato che anche dopo la
pulizia fatta dal battesimo i peccatori si rivoltassero contro di te con nuove
viltà, e li hai nutriti e attesi. Attendi, o Signore buono, che io mi corregga;
attende la mia anima di pentirsi quanto basta, di vivere davvero la grazia che
mi hai ispirato.
O mio
Signore, mio creatore, tu che mi sostieni e nutri, sii tu chi mi aiuta. Io ho
sete di te, ho fame di te, ti desidero, ti sospiro, ti concupisco. E come il
bambino privato della presenza del padre, che lo amava moltissimo, piange, grida
disperato, e abbraccia con tutto il suo affetto il volto amato, così anche io,
non quanto devo ma quanto posso, nel ricordo della tua passione, degli schiaffi
e delle sferzate che hai ricevuto, ricordando la croce e le tue ferite,
ricordando come sei stato ucciso per me, di come ti hanno ridotto e sepolto, e
insieme ricordando la tua gloriosa resurrezione e la stupefacente ascensione:
tutto questo io credo con fede senza alcun dubbio, piango gli affanni del mio
esilio, spero la tua venuta come la sola consolazione, desidero con ardore la
gloriosa contemplazione del tuo volto. Misero me, che non ho potuto vedere il
Signore degli angeli reso umile fino a vivere la vita degli uomini, per poter
innalzare gli uomini a vivere la vita degli angeli! Quando Dio, dopo avere
sofferto, di sua volontà moriva, perché il peccatore vivesse, ahimè! io non ho
avuto il merito di stupirmi pur essendo presente a un gesto di così ammirevole e
inestimabile pietà. Come mai, anima mia, che eri lì presente, non ti ha trafitto
come una spada un dolore acutissimo, non potendo sopportare che il costato del
tuo salvatore venisse ferito dalla lancia (cfr.
Ev. Io.
19, 34), non sopportando di vedere le mani e i piedi del tuo creatore trafitti
dai chiodi, inorridendo che il sangue del tuo redentore fosse sparso? Come mai
non ti sei inebriata con amare lacrime, mentre egli veniva dissetato con amaro
fiele? (cfr.
Ev. Matth. 27, 34;
Ps. 68, 22). Come mai non hai avuto compassione della vergine
castissima, della sua degnissima madre, della tua misericordiosissima signora?
O mia
signora misericordiosissima, quali lacrime saranno uscite dai tuoi occhi
pudicissimi, mentre osservavi il tuo unico figlio che davanti a te veniva
legato, flagellato e ucciso innocente? Quali lacrime avranno bagnato il tuo
volto onestissimo, mentre guardavi il tuo figlio-Dio, il tuo Signore, che senza
sua colpa veniva messo sulla croce, e la carne della tua carne era crudelmente
fatta a pezzi da uomini malvagi? Da quali singhiozzi sarà stato scosso il tuo
petto purissimo, mentre lo sentivi dire: «Donna, ecco tuo figlio», e al
discepolo: «Ecco tua madre» (Ev. Io. 19, 26-7), mentre accoglievi come figlio il discepolo al posto del
maestro, il servo al posto del padrone?
Avessi
potuto deporre il mio Signore dalla croce assieme a Giuseppe, felice per questo,
cospargerlo di profumi, collocarlo nel sepolcro (cfr.
Ev. Matth. 27, 57-60), o almeno fossi stato presente, per non fare mancare il
mio piccolo ossequio a una salma così illustre! Avessi potuto essere spaventato
assieme alle pie donne dalla visione accecante degli angeli (cfr.
Ev. Luc.
24, 23) e sentire l’annuncio della resurrezione del Signore, l’annuncio della
mia consolazione, l’annuncio tanto atteso e desiderato! Avessi potuto udire
dalla voce dell’angelo: «Non abbiate paura, voi cercate Gesù crocifisso, è
risorto, non è qui»!
(Ev. Matth. 28, 5-6;
Ev. Marc. 16, 6; e
Ev. Luc.
24, 6).
Tu, che
sei tutto benevolenza, tutto dolcezza, tutto pace: quando mi compenserai per non
avere io visto il tuo corpo incorrotto? per non avere baciato i luoghi dove eri
ferito, le trafitture provocate dai chiodi? per non avere cosparso con lacrime
di gioia le tue cicatrici, che testimoniavano che il tuo corpo era veramente
reale (Cfr. Ev. Io. 20,24-29)? O tu degno di essere ammirato e stimato oltre
ogni paragone: «Quando mi consolerai» (Ps. 118,
82)4, quando lenirai il mio dolore? Infatti il mio dolore non prende
in me forza, finché sono lontano dal mio Signore. Misero me, o Signore, misera
la mia anima! Te ne sei andato via, tu che sei il consolatore della mia vita,
senza dirmi addio. Prendendo la tua strada, hai benedetto i tuoi, ma io non ero
presente (cfr. Ps. 38,13,
Vulg.). «Alzate le mani» (Ev.
Luc.
24, 50), sei stato sollevato da una
nube in cielo, ma io non ti ho visto. Gli angeli hanno promesso che tu saresti
ritornato, ma io non li ho sentiti (cfr.
Act, Ap. 1, 9-11).
Che
cosa dire? Che fare? Dove andare? Dove lo posso cercare? Dove e quando lo
troverò? A chi potrò chiedere? Chi dirà all’amato che «io languisco d’amore» (Cant.
2, 5)? «È venuta meno la gioia del mio cuore» e il mio riso «si è trasformato in
pianto»
(Lam.
5, 15); «viene meno la mia carne e il mio cuore, il Dio del mio cuore, la mia
parte è Dio in eterno»
(Ps. 72, 26), «l’anima mia ha rifiutato ogni conforto»
(Ps.
76, 3) che non sia il tuo, o mia dolcezza. «Che cosa ho io in cielo e cosa ho
voluto da te sulla terra?»
(Ps. 72, 25). Te io voglio, te aspetto, te cerco. «A te ha detto il mio
cuore: ho cercato il tuo volto, il tuo volto, o Signore, nuovamente cercherò,
non allontanare da me il tuo volto» (ved.
Ps. 26,
8-9).
Tu che
ami con tutta benevolenza gli uomini, «a te si è affidato il misero, tu aiuterai
l'orfano»
(Ps. 9, 35. Cfr. Lam 5,3). O
mio fortissimo protettore, abbi pietà dell’orfano abbandonato a sé stesso.
Anch’io sono diventato orfano, senza padre, e la mia anima è come vedova. Guarda
le mie lacrime di orfano e di vedovo, che sole ti posso offrire fino a che tu
non ritorni. Fai presto, signore, fatti vedere, e sarò consolato. «Mostrami il
tuo volto, e sarò salvo.» (Cfr. Ps. 79, 4.8.20) Presentati dinanzi a me, e il mio
desiderio sarà compiuto. Rivelami la tua gloria, e la mia gioia sarà perfetta.
«Ha avuto sete di te la mia anima, e in diversi modi anche la mia carne»
(Ps.
62, 2). «L’anima mia ha avuto sete di Dio, fonte di vita: quando potrò venire e
comparire davanti al volto del mio Dio?»
(Ps.
41, 3). Quando verrai tu che sei il mio consolatore, colui che attendo? O quando
mai potrò vedere la mia gioia, che tanto desidero! O se mai «potessi saziarmi
della tua gloria», che tanto bramo, «quando essa apparirà!»
(Ps.
16, 15). O se mai potessi inebriarmi «per l’opulenza della tua casa»
(Ps.
35, 9), che ardentemente sospiro! Se mai tu potessi abbeverarmi «al torrente del
tuo piacere»
(Ps. 35, 9), di cui ho gran sete!
O
Signore, siano «le lacrime il mio nutrimento giorno e notte»
(Ps. 41,
4), finché mi si dica: «Ecco il tuo Signore», finché io mi senta dire: «Anima,
ecco il tuo sposo». Nell’attesa, nutrimi con il mio pianto, abbeverami con le
mie lacrime, rifocillami con i miei dolori. Nel frattempo verrà forse il mio
Redentore, perché è buono, non tarderà, perché è misericordioso. «A lui la
gloria nei secoli» dei secoli. Amen (Cfr.
Ep. Gal 1,5; Ep Rom. 11,36;
16,27).
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23 aprile 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net