Regola di S. Benedetto

IV - Gli strumenti delle buone opere: 1 Prima di tutto amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze; 2 poi il prossimo come se stesso... 46 anelare con tutta l'anima alla vita eterna,

II - L'Abate: 33 Soprattutto si guardi dal perdere di vista o sottovalutare la salvezza delle anime, di cui è responsabile, per preoccuparsi eccessivamente delle realtà terrene, transitorie e caduche, 34 ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto

VII - L'umiltà: 8 La scala così eretta, poi, è la nostra vita terrena che, se il cuore è umile, Dio solleva fino al cielo; 9 noi riteniamo infatti che i due lati della scala siano il corpo e l'anima nostra, nei quali la divina chiamata ha inserito i diversi gradi di umiltà o di esercizio ascetico per cui bisogna salire.

XXV - Le colpe più gravi: 1 Il monaco colpevole di mancanze più gravi sia invece sospeso oltre che dalla mensa anche dal coro... 3 consapevole della terribile sentenza dell'apostolo che dice: 4 "Costui è stato consegnato alla morte della carne, perché la sua anima sia salva nel giorno del Signore".

XLVIII - Il lavoro quotidiano: 1 L'ozio è nemico dell'anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio.

LVIII - Norme per l'accettazione dei fratelli: 6 Ad essi venga inoltre preposto un monaco anziano, capace di conquistare le anime, con l'incarico di osservarli molto attentamente.

 


L’ANIMA E GLI ANGELI

Di Anselm Grün O.S.B.

Estratto da “50 Angeli per l’anima

Queriniana 2002

(Nota del redattore del sito: Ho inserito l’introduzione, dove A. Grün spiega cos’è l’anima ed il suo rapporto con gli Angeli e il primo Angelo del libro: l’Angelo della pace)

 

Introduzione

 

Sono molte le nozioni evocate quando usiamo il termine ‘anima’. La parola ha una storia piena di significato, non sempre chiaro per chi l’ascolta. C’è la dottrina dell’anima di Platone, che la vede immortale in contrapposizione al corpo mortale. C’è la concezione biblica, che contraddistingue la vita e la vitalità dell’uomo. Nell’atto della creazione, ad Adamo viene inspirato l’alito della vita (Gen 2,7). Per l’Antico Testamento l’anima è alito di vita ed energia vitale. Essa soltanto fa dell’uomo un vero uomo. Spesso il Nuovo Testamento considera l’anima (psyché) come un’immagine del sé dell’uomo. Oggi gli esegeti traducono frequentemente la parola greca psyché con ‘vita’. La psyché non la si può mettere al sicuro. Si acquista soltanto se la si perde (Mc 8,35). Gli uomini, però, non possono ucciderla (Mt 10,28). L’anima (psyché) quale sé autentico, interiorità dell’uomo, vero nucleo della persona, deve essere salvata. Agostino non vuole conoscere nient’altro che Dio e l’anima. L’anima, per lui, ha una profondità insondabile. E il luogo in cui l’uomo è aperto a una realtà ultima e decisiva. Per Agostino c’è bisogno di un’intera vita per indagare il mistero dell’anima. A lungo è stata determinante la visione di Tommaso d’Aquino, che parla dell’anima come di una forma corporis, un principio che dà forma al corpo. Per Tommaso anima e corpo hanno sempre una stretta relazione. Senza corpo essa non è pensabile. Anche dopo la morte desidera esprimersi nuovamente nel corpo.

Nel nostro tempo si è occupato del fenomeno dell’anima soprattutto lo psicologo C.G. Jung. Egli rinfaccia a molte scuole di psicologia di fare una «psicologia senza anima». Afferma: «L’anima, come riflesso di mondo e uomo, è di una tale varietà, che la si può considerare e giudicare da un’infinita molteplicità di aspetti». Esamina i nomi che le diverse lingue hanno dato all’anima. Ritiene che il tedesco Seele derivi dal gotico saiwala e significhi: ‘motile, variopinto, cangiante’. L’anima è «forza motoria, energia vitale».

La parola greca psyché può significare farfalla. Proviene però anche da psychéin = ‘respirare’. La parola latina anima dipende dal greco ánemos - ‘vento’. L’anima è quindi sempre vista in stretto rapporto con il respiro. Per alcuni popoli è un invisibile corpo d’aria. Il vocabolario Duden fa derivare la parola tedesca Seele da «die vom See stammende = coloro che vengono dal mare». L’anima era evidentemente in mare prima della nascita dell’uomo e qui ritorna dopo la sua morte.

L’arte popolare la rappresenta spesso come un uccello che esce dal corpo dell’uomo morente. Nelle raffigurazioni cristiane Cristo accoglie l’anima che si diparte come un piccolo bambino, vestito di bianco.

Se guardiamo alla storia delle religioni, le rappresentazioni dell’anima si basano sul desiderio di estasi, di andare oltre sé, sul desiderio di immortalità e sull’esperienza che ci sono ancora altri modi di conoscenza e visione oltre l’intelletto e la ragione.

In ogni modo parlare dell’anima rimane un’indeterminatezza. Non si può definirne chiaramente il concetto. Nemmeno lo si deve fare. Proprio il suo aspetto cangiante suggerisce un aspetto della ricchezza dell’anima umana. Eraclito, uno dei primi filosofi greci (circa 500 a. C.), dice: «I confini dell’anima non puoi trovarli andando in lungo e largo, nemmeno se solchi ogni sentiero».

Oggi il termine ‘anima’ ha assunto una nuova tonalità. In primo luogo se ne è occupata approfonditamente la psicologia, che ne ha scoperto molti disturbi. Oggi, d’altra parte, con anima intendiamo l’unicità dell’uomo, la sua interiorità, un’altra dimensione rispetto a quella del fattibile. Se parliamo in questo senso dell’anima, allora ci riferiamo all’intima dignità della persona, al suo cuore, all’ambito dell’interiorità, in cui dominano fantasia e creatività, in cui l’uomo sa ancora sognare. Anima: significa i sentimenti intimi e delicati che ci appartengono. Essa ci sottrae al nostro mondo quotidiano. Possiamo ritirarci nella nostra anima quando soffriamo per la sua mancanza nella società. Senz’anima sono le persone che vivono superficialmente, che sono senza profondità, che funzionano e basta. Con loro non si può dialogare. Emana da loro una sensazione di freddo. Diciamo al contrario di una persona che è «un’anima d’uomo», che è un’anima buona e fedele. Quando una donna diffonde in una casa un’atmosfera piacevole, diciamo che è l’«anima della casa». Ci sono però molte case che sono divenute senz’anima, vuote, fredde e inospitali. Desideriamo incontrare un’anima buona con cui poter parlare. Ma talvolta ne cerchiamo invano una a cui essere uniti da affinità spirituale. Ci sentiamo «un’anima abbandonata». Il consulente manageriale americano Secretan parla oggi di «soul-management = management delle anime». Intende, con questo termine, che il dirigente deve mettere le ali all’anima dei propri dipendenti, invece di trattare la ditta senz’anima, come una macchina. Chi mette le ali all’anima dei propri collaboratori creerà un’atmosfera di creatività, buonumore, umanità e vivacità, in cui le persone si sentono bene.

L’anima ci unisce a Dio. Così non ritiene soltanto la filosofia greca. Quasi tutte le tradizioni religiose sono convinte che ci apra a Dio. Essa ci mostra che, come uomini, siamo immersi nell’originario fondamento di Dio, e che, nel nostro intimo, abbiamo parte alla natura divina, come dice la seconda lettera di Pietro (2 Pt 1,4). La prima lettera di Pietro ci promette che raggiungeremo attraverso Cristo la meta della nostra fede: «la salvezza delle anime» (1 Pt 1,9). Vedere la salvezza delle anime «è anche desiderio degli angeli» (1 Pt 1,12). Così l’autore di questa lettera scorge una connessione tra gli angeli e l’anima. Gli angeli desiderano vedere la salvezza dell’anima. E loro desiderio che l’anima sia sana e salva, che non perda il suo splendore, ma che si mostri così come è stata creata. Gli angeli mettono le ali all’anima, che può dispiegare la ricchezza delle proprie disposizioni. Essi ci mettono a contatto con la nostra anima, affinché in essa ci sentiamo a nostro agio, a casa nostra, e possiamo vivere nuovamente nella nostra anima e non fuori, nei freddi deserti di cemento del mondo d’oggi. Gli angeli proteggono l’anima. Spiegano protettivi le loro ali, perché non la feriscano tendenze senz’anima e disumane. Essi vegliano sulla nostra anima, affinché ci possa animare, e possa dispiegare il suo effetto salvifico e vivificante sul nostro essere umano. Gli angeli ci introducono ai diversi atteggiamenti in cui si esprime l’anima. Catturano la vita che si cela in essa. Fanno valere il potenziale delle possibilità umane. Gli angeli ci rimandano alla ricchezza interiore che rimane nascosta in noi. Fanno vibrare la nostra anima affinché essa vibri a sua volta in tutto ciò che facciamo. Quando la nostra anima inizia a vibrare, allora possiamo anche vibrare sulla stessa lunghezza d’onda delle anime di coloro che ci sono attorno. Nasce così una vibrazione comune, e ci sentiamo uniti alle persone nell’intimo.

Nella mitologia spesso l’anima viene rappresentata come una donna. Non per niente l’anima si chiama in latino anima rispetto all'animus - ‘coraggio, forza”. L’anima è stata chiaramente considerata come qualcosa di delicato e prezioso, che deve essere protetto proprio come la donna, che nei miti è esposta a numerosi pericoli e viene minacciala da briganti e tiranni. La donna aiuta l’uomo, che spesso e volentieri errabonda all’esterno e si impegola in battaglie, a venire nuovamente in contatto con la propria anima. Nell’immagine della donna l’anima significa: il pensiero sensibile e delicato, il pensiero del cuore e non soltanto l’argomentare razionale, ma freddo. Anima equivale a fantasia, creatività, apertura al divino, impulsi sommessi, spontaneità, intuizione.

Quindi, nel nostro mondo senz’anima è necessario per la nostra salute venire nuovamente in contatto con la nostra anima. Sorgerebbe un nuovo modo di stare assieme se dessimo più spazio e avessimo fiducia nei moti della nostra anima.

Per il nostro percorso spirituale è indispensabile scoprire nuovamente la nostra anima. Infatti, così già dice Gregorio di Nissa, Dio desidera nascere nell’anima umana. E Meister Eckehart parla del fondo dell’anima, nel quale la nascita di Dio accade in noi e ci conduce al nostro sé intatto e inalterato.

Luca, l’evangelista greco, ci racconta una parabola in cui la donna equivale all’anima. E mostra in questa parabola come possiamo venire in contatto con la nostra anima. È la parabola del giudice empio e della vedova in Lc 18,2-8: «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi. E il Signore soggiunse: Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente».

Si può interpretare questa parabola in diversi modi: considerando la donna come un’immagine della contestata comunità cristiana della fine del primo secolo o come paradigma di una persona che non ha alcun animus, che non si può difendere, che è esposta senza protezione agli attacchi dei nemici e che non ha alcuna istanza a cui si può rivolgere. La vedova però può anche essere un’immagine dell’anima. Come nell’interpretazione dei sogni si considerano le persone come elementi del proprio sé, così la vedova, l’avversario e il giudice potrebbero essere elementi della nostra anima. La vedova allora sta per l’anima. L’anima: sono gli impulsi interiori, è il sentore di avere uno splendore divino, una vocazione e una missione uniche, di essere qualcosa di particolare. L’anima comprende i sentimenti più profondi di cui siamo capaci, nei quali si esprime la nostra unicità. L’anima - così ci dice la parabola - viene tormentata dall’avversario. L’avversario: possono essere i tipi di comportamento in cui ricadiamo in continuazione, che ci impediscono di vivere a partire dalla nostra anima. Oppure i nostri errori e le nostre debolezze che ci scoraggiano o anche persone che vogliono strumentalizzarci e usarci, che ci hanno rovesciato addosso le loro immagini e ci costringono in una camicia troppo stretta per noi, in un letto di Procuste in cui affondiamo. La città in cui viviamo è la nostra realtà quotidiana, il mondo del nostro lavoro, delle nostre relazioni, la nostra famiglia, la nostra cerchia di amici. Accanto all’avversario c’è anche un giudice. Egli dice di sé: «Non temo Dio e non ho rispetto di nessuno» (Lc 18,4). Il giudice sta per il proprio Super-Io. È un Super-Io severo, a cui non interessa che stiamo bene. È arbitrario e crudele. Vuole tormentarci e umiliarci. Non teme neppure Dio. Fa di se stesso l’idolo, l’istanza suprema. Questa istanza è davvero spietata. Per essa si tratta soltanto della propria sopravvivenza, non del benessere dell’anima. Il Super-Io non ha alcun riguardo per i bisogni dell’anima. Non ha alcun rispetto per la nostra dignità. Disprezza l’umanità, è senz’anima e la uccide. Questo giudice interiore così parla all’anima che è in noi: «Non credere di essere qualcosa di particolare. Adattati e basta. Dichiarati soddisfatta di ciò che sei. Non c’è niente di più. Togliti i grilli dalla testa. La vita è semplicemente così. Non c’è niente di più. Non sei niente. Non puoi alcunché. La tua vita non riuscirà mai. E proprio così. Ti devi mettere l’anima in pace. Non farti domande sul senso della tua vita. Non c’è».

Considerata dall’esterno, la vedova non ha alcuna chance. Non ha alcuna lobby che possa difenderla. È esposta senza protezione al nemico. Lotta certamente per sé e per il suo diritto alla vita, ma il giudice non si preoccupa del diritto. Agisce in modo completamente arbitrario. Eppure la vedova non cede. E accade l’inaspettato: la debole vedova spinge il giudice a renderle giustizia, visto che lui, uomo forte, teme che la vedova, nella sua ostinazione, possa importunarlo. Orbene, Gesù dice che la preghiera è la strada per rendere giustizia all’anima di fronte al nemico e per privare del suo potere il giudice ‘senza Dio’. Nella preghiera veniamo in contatto con la nostra anima. Qui viene fatta giustizia ai suoi intimi sentimenti. Qui l’anima si solleva. Sentiamo di essere qualcosa di particolare e di unico, di essere divini, di aver parte alla natura divina, di avere un orizzonte ampio, uno splendore divino che nessuno ci può togliere. L’anima ci insegna che nel nostro intimo si cela un’immensa ricchezza di possibilità.

Per Gesù è la preghiera la via per venire in contatto con la nostra anima e fortificarla rispetto alle forze e potenze di questo mondo. Egli parla di una preghiera incessante. Chi prega è anche in contatto con la propria anima. La via spirituale è la via dell’anima. Per Agostino pregare significa: entrare in contatto con il desiderio dell’anima. Quando prego sento di non ridurmi al fare esteriore, al successo e all’insuccesso, alle relazioni riuscite e non riuscite. In me è un altro mondo, il mondo divino, nel quale la mia anima è a casa. Lì posso abitare, anche se delle persone mettono in questione il mio diritto di domicilio. Lì posso vivere, anche se qui i nemici mi assediano. Lì sboccia la mia anima. E nessuno può più imporle limiti o tagli.

Nella tradizione sono gli angeli che rendono giustizia alla nostra anima. Nel sogno ci mettono di fronte agli occhi la varietà della nostra anima, ci mostrano le nostre possibilità. Il sogno ci dà la possibilità di fare molto di più rispetto a quello di cui spesso ci sentiamo capaci nel mondo cosciente. Nel sogno possiamo volare, trasformarci in un animale e di nuovo in una persona. Moriamo, eppure siamo ancora vivi. Talvolta possiamo vedere la luce di Dio. Gli angeli proteggono la nostra anima, ci introducono al mistero dell’anima. Stanno per l’interiorità in noi. L’arte ha spesso rappresentato in modo simile l’anima e gli angeli. Essa sente che gli angeli e l’anima si trovano in una stretta relazione. Gli angeli sono normalmente invisibili proprio come l’anima. Però se ne può fare anche esperienza allo stesso modo dell’anima. Sono di un’altra materia rispetto al mondo visibile. Appagano il nostro desiderio di estasi, di un’altra e più profonda visione della realtà. Gli angeli stanno per le energie della nostra anima, per le risorse interiori a cui dobbiamo attingere per affrontare la nostra vita. Descrivono le possibilità di cui dispone la nostra anima, affinché dispieghiamo la ricchezza della vita che ci è stata destinata. Gli angeli ci introducono alle virtù di cui ha bisogno la nostra anima per essere adatta al compito di rappresentare autenticamente la nostra personalità. Proprio questo significa la parola ‘virtù’, che siamo delle persone capaci, che sviluppiamo in quanto persone un’abilità e anche che dispieghiamo le forze che sono in noi. Le virtù ci danno la possibilità di essere capaci in questo mondo, ci mettono in grado di adempiere i nostri compiti. Non dobbiamo acquisire faticosamente le virtù con la nostra forza di volontà. Un angelo ci accompagna e ci introduce all’arte della vita, ad atteggiamenti che dispiegano la nostra umanità. L’angelo avverte ciò di cui abbiamo bisogno in quel determinato momento. E in contatto con la nostra anima. Le dona ciò che la nutre, ciò di cui ora ha bisogno per far fronte degnamente alla prossima fase di vita.

In questo libro saranno presentati 50 angeli, che ci introducono alla ricchezza della nostra anima. Ci devono stimolare a dispiegare le facoltà che sono in essa. Non siamo in grado di vivere allo stesso tempo tutte le molteplici possibilità della nostra anima. Ma possiamo rivolgere la nostra attenzione per un certo tempo sempre soltanto a un aspetto. Nel libro 50 angeli per accompagnarti durante l’anno (Ed. Queriniana 2000) non ho potuto descrivere tutti gli atteggiamenti che fanno bene all’anima. Il lettore sentirà la mancanza di alcune virtù che hanno avuto importanza per lui. Sono gli angeli che mi sono venuti in mente. E spero che anche a te, caro lettore, faranno bene. I 50 angeli possono aiutarci a dispiegare i molti aspetti della nostra anima. Essi ci mostrano che non possiamo vivere fino in fondo la ricchezza della nostra anima coi soli nostri sforzi. Abbiamo bisogno dell’angelo, del messaggero di Dio. Dio stesso deve mandare nell’angelo la sua grazia, il suo Spirito, affinché si rafforzi l’anima che è in noi e non viviamo senz’anima, ma diamo forma alla nostra vita e a questo mondo a partire dall’intimo della nostra anima.

Il libro 50 angeli per accompagnarti durante l’anno ha stimolato molte persone a dei rituali personali. Per esempio, una coppia di coniugi ha aperto il libro dove capitava ogni sabato sera. L’angelo in cui per caso si sono imbattuti li ha accompagnati per tutta la settimana. Altri hanno scelto ogni mattina un angelo che li ha guidati durante il giorno. Così anche questo libro desidera invitare a sviluppare dei rituali personali che ti aiutino a dispiegare la ricchezza della tua anima e a gioire così della varietà e molteplicità di aspetti della tua vita. Dio non si è fatto di te un’immagine ristretta. Ti ha posto al fianco molti angeli, che vogliono introdurti al mistero della vita. I 50 angeli per l’anima descrivono ulteriori atteggiamenti a cui gli angeli possono introdurci per dispiegare il potenziale della nostra anima. Abbi fiducia nel fatto che un angelo accompagna anche te e che ti viene sempre inviato quello di cui hai bisogno. Puoi aprire il libro e leggere dell’angelo che trovi al momento. Oppure puoi trascrivere gli angeli su delle tessere e poi sceglierne una e anche invitare a prenderle tuoi amici e amiche. Abbi fiducia di incontrare l’angelo che ti stimola proprio nella tua situazione e ti conduce oltre essa. Se hai fiducia in lui, scoprirai chi sei veramente e ciò di cui sei capace. Convinciti di essere unico e di valere, di avere un orizzonte ampio e lo splendore divino dell’anima.

 

1.

L’angelo della pace

Noi tutti aneliamo alla pace. Spesso, però, non troviamo la strada che porta a essa. Per questo abbiamo bisogno di un angelo della pace, che ci introduca al mistero della pace, che pacifichi noi uomini che ne siamo privi e ce ne doni una interiore ed esteriore. La pace non è qualcosa che si possa semplicemente fare, ma è sempre un dono che l’uomo deve trattare responsabilmente. Nel momento in cui l’angelo della pace ci accompagna, donandoci appagamento e conciliazione, allora anche noi dovremmo divenire angeli di pace per gli altri. Gesù dichiara beati gli operatori di pace, coloro che sono divenuti in questo mondo angeli di pace.

Se meditiamo su questo mistero, ha allora senso interrogare il linguaggio. In ebraico si parla di shalom. Quando ci si saluta, ci si augura reciprocamente shalom per riprometterci, nello shalom, tutto ciò di cui l’uomo abbisogna per vivere: pace, pienezza di vita, benessere, felicità, appagamento.

I Greci traducono la parola ebraica shalom con eirénē che significa benessere, ma anche tranquillità, la tranquillità dell’anima. Per i Greci pace è uno stato di tranquillità, in cui non c’è alcun dissidio. In un tale stato di tranquillità e pace l’uomo può costruirsi un’esistenza sicura e raggiungere il benessere. Eirénē rimanda anche all’armonia. Ogni cosa è in reciproco accordo e tutto forma un insieme armonico. Se per una persona tutto è a posto, allora può vivere armoniosamente, in accordo con il proprio cuore, ma anche in accordo con i propri fratelli e le proprie sorelle. Nasce allora un’armonia dei cuori e un accordarsi armonico dei rapporti esteriori.

Il termine latino che sta per pace, pax, deriva da pacisci e vuol dire: condurre delle trattative, concludere un patto, stipulare un contratto. La pace nasce per i Romani nel momento in cui si parla gli uni con gli altri e ci si accorda su regole comuni. Nell’alleanza che si stipula, entrambe le parti si prendono l’obbligo di mantenere i comuni accordi. Viene qui in luce un importante aspetto della pace. Bisogna parlare assieme affinché nasca. Chi reprime i propri sentimenti può certamente mantenere la pace esteriormente. Le aggressioni represse, però, verranno ad un certo momento in superficie e la metteranno in pericolo. Sentimenti che non vengono dichiarati ci bloccano e separano gli uni dagli altri. Per i Romani la pace non è mai stata una condizione ideale, che semplicemente c’è. Deve essere conquistata accordandosi comunemente sugli stessi principi. Ha bisogno quindi di lavoro e fatica. E necessita anche di chiarezza. La pace sorge soltanto se uno ascolta l’altro, se gli presta ascolto, e se, nel reciproco darsi ascolto, nasce un compromesso di cui tutti possono essere soddisfatti. Non c’è mai una pace ideale, ma sempre relativa, che nasce tra due persone o due gruppi.

La parola tedesca Frieden rimanda a frei. Frei, sulla base della sua radice indogermanica, significa: ‘proteggere, aver cura, voler bene, amare’. Le persone libere sono coloro che amiamo e perciò proteggiamo. Sono gli amici, intorno a cui si erge un baluardo di protezione, a cui si porta la pace. La pace è un ambito protetto, in cui si intrattengono persone libere e che si incontrano amichevolmente. Essa ha però a che fare anche con amicizia e amore. I Germani hanno fatto le loro proprie esperienze di pace. Hanno protetto i loro amici difendendo uno spazio in cui nessun nemico poteva penetrare. Li hanno inclusi nel loro dominio di pace e intorno a loro hanno delimitato una zona di pace. Qui potevano vivere insieme e amarsi gli uni gli altri. Anche per i Germani la pace non è semplicemente data. Deve essere protetta. Bisogna spendere il proprio impegno per essa. Bisogna difenderla.

Non c’è soltanto la pace tra le persone, ma anche quella interiore, dell’anima. Qui si tratta di difendere l’intima sfera della propria anima e di non lasciarvi penetrare i suoi nemici. Per i primi monaci il compito più importante era quello di conquistare la pace interiore. Questo accadeva in due modi: proteggendo la sfera dell’anima dagli intrusi, dai pensieri dettati dalle passioni, che aspirano a prender possesso dell’uomo; e lasciando, sì, libero accesso alle passioni, ma anche trattando e dialogando con esse. Si voleva sondare la loro intenzione e utilizzare la forza che si celava in esse. In questo modo i nemici divenivano amici. Le passioni servivano all’anima e alla sua pace interiore. La proteggevano, invece di darle battaglia. I monaci presero dimestichezza con le passioni e se le resero amiche. In questo modo potevano vivere senza paura. Ed erano liberi dai meccanismi di proiezione attraverso cui nascono così tante inimicizie. Visto che conoscevano le passioni nel loro cuore, non le proiettavano più sugli altri. Chi non si conosce, scopre le proprie emozioni e i propri bisogni inconsci negli altri e qui li combatte. Nascono così odio e inimicizia. Solo chi vive in pace con se stesso, può portare pace anche fuori di sé. Chi odia se stesso, sparge odio anche intorno a sé. E chi è scisso in sé, divide anche le persone intorno a sé.

La Bibbia sa che l’uomo, da solo, non è capace di pace con se stesso, con la creazione e con gli uomini. Per questo deve intervenire Dio. Egli manda suo figlio, Gesù Cristo, il grande portatore di pace. Luca annuncia Gesù come colui che, diversamente da Augusto, l’imperatore della pace, porta pace al mondo intero senza armi, soltanto attraverso il suo amore. Quando venne alla luce, gli angeli annunciarono al mondo pace sulla terra. Gli angeli ci aprono gli occhi per una pace che non siamo noi stessi a creare. Gli angeli, tuttavia, non sono soltanto annunciatori, ma anche apportatori di pace. L’arte ha spesso rappresentato angeli della pace su ponti e piazze. Dovevano difendere la città o il paese e assicurargli la pace. Un angelo della pace non è però responsabile solo per il paese, ma si preoccupa anche della tua pace interiore. Ti vuole preservare dallo stipulare una pace ‘falsa’, un compromesso da poco. Ti vuole aprire gli occhi sul fatto che la pace è possibile solo laddove tutti gli interessati possono esprimersi come si conviene e le loro esigenze possono essere rispettate. Una pace che regga deve tener conto della verità. E non conosce né vincitori né vinti. L’angelo della pace desidera che tu raggiunga l’armonia con te stesso. Vuole creare pace per ogni persona, una pace che significa al tempo stesso armonia, accordo, benessere, appagamento, libertà, amore e felicità.

Ti auguro di aver fiducia nell’angelo della pace, di accettare il suo invito a porti in dialogo con i nemici della tua anima, a parlare con gli estranei e gli sconosciuti che ti stanno attorno, affinché tu possa concludere un patto che regga. Soltanto così può nascere la pace, uno spazio di amore e libertà, uno spazio in cui sorgono benessere e prosperità, nel quale puoi raggiungere l’accordo con te stesso e con l’intera creazione, e grazie al quale risuoni già nel tuo mondo qualcosa dell’armonia del paradiso.

 


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2 ottobre 2023                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net