Carlo Alberto
Re di Sardegna (Torino 1798-Oporto, Portogallo, 1849). Figlio di Carlo Emanuele di Carignano e di Maria Cristina di Sassonia-Curlandia, ricevette a Parigi e poi a Ginevra un'educazione aperta e liberale e fu luogotenente dei dragoni nell'esercito napoleonico. Richiamato in Piemonte nel 1814 e riconosciuto erede al trono, insofferente all'atmosfera reazionaria della corte di Vittorio Emanuele I, si legò di amicizia ad alcuni giovani esponenti del liberalismo piemontese, tra cui Santorre di Santarosa e Carlo di San Marzano, i quali speravano nel suo aiuto per una concreta realizzazione dei loro ideali.
Scoppiato il moto liberale nel marzo 1821, C., reggente per l'abdicazione del re Vittorio Emanuele I, concesse la Costituzione di Spagna; ma poi non osò opporsi alla volontà del nuovo sovrano Carlo Felice che da Modena gli ingiunse di abrogare la Costituzione. Ritiratosi a Firenze presso il suocero granduca di Toscana, una volta fallito il moto piemontese, C. vide minacciata dall'Austria la sua successione al trono: per dar prova del suo lealismo partecipò allora alla spedizione contro i liberali spagnoli, distinguendosi nella presa del Trocadero (1823). Succeduto a Carlo Felice nel 1831, nei primi anni di regno attuò una politica risolutamente reazionaria: nel 1831 stipulò una convenzione militare con l'Austria, nel 1833-34 represse spietatamente il moto mazziniano e poi appoggiò finanziariamente i tentativi di restaurazione borbonica in Francia. Ma con una serie di riforme interne, specie a partire dal 1840, ispirate da una sorta di assolutismo illuminato (nuovo codice, abolizione delle dogane interne e della feudalità in Sardegna, appoggio alla cultura e alla scuola) potenziò il Piemonte a cui ormai si rivolgevano le simpatie delle correnti moderate. Il 4 marzo 1848 C., seguendo l'esempio dei Borbone di Napoli e di Pio IX, concesse lo Statuto e poco dopo (23 marzo) dichiarò guerra all'Austria, contro cui già Milano era insorta. La campagna militare, dopo le iniziali vittorie di Goito, Pastrengo e Peschiera, volse ben presto al peggio (sconfitta di Custoza del 25 luglio) e C. dovette firmare l'armistizio Salasco (9 agosto). Accusato di debolezza e di tradimento, volle riprendere le armi nonostante la grave impreparazione dell'esercito ma fu subito sconfitto a Novara (23 marzo 1849). Abdicò allora in favore del primogenito Vittorio Emanuele ed esulò in Portogallo, dove poco dopo si spense. La leale ripresa del conflitto, la rinuncia al trono e l'esilio riscattarono presso i contemporanei gli errori e le debolezze del passato e indussero taluni storici a esaltare la figura dell'infelice sovrano. Nella più recente storiografia prevale invece un più equilibrato giudizio e una più approfondita indagine sulle cause delle incertezze che caratterizzarono la politica di Carlo Alberto.
Università di Ferrara con la statua di Alberto V d’Este
Signore di Ferrara e di Modena (1343-1393). Con il fratello Niccolò II fu signore di Ferrara e Modena dal 1361 fino al 1388. Tentò poi di sviluppare una politica espansionistica e a questo scopo, rimasto unico signore dopo la morte del fratello (1388) e dopo aver fatto uccidere il nipote Obizzo, si alleò ai Visconti. Nel 1391 fondò l'Università di Ferrara.
Alberto Ferrero Conte di Lamarmora
Generale piemontese (Torino 1789-1863). Compì gli studi alla scuola militare di Fontainebleau da cui uscì col grado di ufficiale di fanteria nel 1807. Prese parte con l'esercito francese alle battaglie di Wagram, Lützen, Bautzen e Torgau, ottenendo per i suoi meriti la croce della legion d'onore da Napoleone. In seguito alla Restaurazione militò nell'esercito piemontese, distinguendosi per il suo valore nel 1815 a Grenoble. Implicato nei moti del 1821, fu confinato in Sardegna. Nel 1824 fu riammesso nelle milizie come capitano e nel 1840 raggiunse il grado di generale comandante la regia scuola di Marina a Genova. Difensore della causa veneta, luogotenente generale nel 1848, l'anno seguente fu inviato quale comandante generale in Sardegna. A quest'isola dedicò i suoi studi in lingua francese che vertono su questioni economiche e fisiche: “Voyage en Sardaigne de 1819 à 1825 ou description statistique, physique et politique de cette île” (1826). A lui si deve la redazione di una perfetta carta della Sardegna in uso per circa mezzo secolo.
La battaglia di Legnano
Figura probabilmente leggendaria (sec. XII) eretta, durante l'epoca risorgimentale, a simbolo della lotta contro lo straniero, che l'Ottocento vedeva esemplata dallo scontro fra i Comuni lombardi e l'impero. Capo della Compagnia della morte, posta a difesa del Carroccio, ne avrebbe guidato le gesta durante la battaglia di Legnano (1176), vinta dalla Lega Lombarda contro l'imperatore Federico I Barbarossa. La sua figura e lo spirito d'indipendenza da lui incarnato hanno trovato consacrazione nella Canzone di Legnano del Carducci.
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15 novembre 2012 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net