Alberto l’illustrissimo


 

SANTI E BEATI

 

Beato Alberto da Bergamo. 4

Beato Alberto Besozzi 6

Sant' Alberto di Boemia (o Adalberto di Praga) 9

Beato Alberto da Bologna. 10

Sant’Alberto di Butrio. 11

Sant’Alberto di Cashel 12

Beato Adalberto o Alberto di Cassoria. 13

Sant’Alberto Chmielowski 13

Sant’Alberto (o Ariberto) di Como. 14

Sant’Alberto (o Aiberto o Aybert) di Crespin. 14

Sant’Adalberto o Alberto di Echternach o Epternach. 15

Beato Albertino di Fonte Avellana. 16

Sant’Alberto da Gambron. 18

Sant'Alberto da Genova. 19

Sant’Alberto (o Alberico) di Gladbach. 21

Beato Alberto Leccapecore. 21

Sant’Alberto di Liegi o da Lovanio. 23

Sant’Adalberto o Alberto di Magdeburgo. 25

Sant’Alberto Magno. 27

Sant'Alberto di Montecorvino. 30

Sant’Alberto (o Adalberto) di Oberaltaich. 32

Beato Alberto Pandoni 33

Sant' Alberto di Prezzate o di Pontida. 35

Sant' Alberto Quadrelli da Lodi o da Rivolta. 38

Sant’Alberto (o Erhard) di Ratisbona (o di Regensburg) 39

Beato Alberto di Sarteano. 39

Beato Alberto di Sassoferrato. 40

Beato Alberto di Siena. 41

Sant’Alberto di Steinfeld. 41

Sant' Alberto da Trapani 42

Sant’Alberto (o Adalpreto) da Trento. 45

Sant’Alberto di Vercelli o di Gerusalemme. 47

 

 

 

 

Beato Alberto da Bergamo

 


Terz’Ordine di San Domenico: Il Beato Alberto da Bergamo nacque intorno al 1214 a Villa d'Ogna (Bg) da una famiglia di modesti contadini. Laborioso e pio si sposò senza mai tralasciare le opere di pietà e di carità. La sua illimitata generosità verso i poveri rese estremamente dura la convivenza con sua moglie. Anche i compaesani fecero convergere su di lui il loro astio fino a costringerlo ad allontanarsi dal suo paese natio e a riparare a Cremona. Qui entrò nel Terz'Ordine secolare e spese le sue fatiche a favore dei più poveri e in opere di pietà.

Alberto da Bergamo fu un modesto fiore del giardino Gusmano e il più bell’esempio di quella santità a cui ogni cristiano è chiamato e che in nulla esce dall’ordinario. Egli fu semplice agricoltore del territorio bergamasco, dove nacque, all’inizio del XIII° secolo, a Villa d’Ogna. Fin dall’infanzia camminò nelle vie di Dio, mettendo soprattutto in pratica il grande precetto della carità. Per consiglio e per volontà dei suoi contrasse matrimonio, ma non trovò nella sua compagna, né comprensione, né affetto; tuttavia la sua pazienza fu inalterabile. Venendogli contestato il possesso di alcune terre da persone potenti, per amore di pace, lasciò il suo paese e si ritirò a Cremona, dove visse del lavoro delle sue mani. Aggregatosi al Terz’Ordine di San Domenico si dedicò senza posa alle opere di misericordia, essendo solito sostenere che sempre si trova il tempo di fare il bene quando si vuole. Egli predicò eloquentemente con le opere, dando l’esempio luminoso di quella carità cosi poco compresa e ancor meno praticata da tanti cristiani, che pur si dicono praticanti. Alberto presentì l’ora della sua morte, il 7 maggio 1279, spirando serenamente, confortato dagli ultimi Sacramenti. Molto popolo accorse a venerare il sacro corpo, attirati dal suono miracoloso delle campane che suonarono senza essere toccate. Un fatto straordinario avvenne al momento della sua sepoltura: via via che si scavava la fossa la terra si pietrificava, sicché si pensò di seppellirlo nel Coro della Chiesa dove si rese celebre per grazie e miracoli. Papa Benedetto XIV il 9 maggio 1748 ha approvato il culto resogli “ab immemorabili”. Festa il 7 o l’11 maggio.

 

 

Beato Alberto Besozzi

 

 

Eremita vissuto tra la metà e la fine del XII secolo: Il Beato Alberto Besozzi, dedito al commercio, trovò sulla sponda del "Sasso Ballaro ", sulla riva lombarda del lago Maggiore, all'altezza del comune di Leggiuno, tra Ispra e Laveno, rifugio durante un'improvvisa tempesta in cui persero la vita tutti i suoi compagni di viaggio. Come ringraziamento per aver scampato la morte fece voto a S. Caterina e decise di fondare un eremo in cui rifugiarsi dai peccati dei mondo. Per molti anni il Besozzi visse in completo isolamento e, dopo la sua morte, il luogo divenne immediatamente meta di pellegrinaggi, soprattutto quando, un secolo dopo la sua scomparsa, venne riscoperto il corpo. Furono i padri domenicani che, intorno al 1250, si insediarono al "Sasso Ballaro " per prendersi cura dei fedeli che accorrevano in preghiera. Festa il 3 settembre.

Paolo Morigia racconta la storia del Beato Alberto Besozzi e dell’origine del monastero di Santa Caterina del Sasso nella Historia della nobiltà e delle degne qualità del lago Maggiore, pubblicata a Milano nel 1603. Il testo è trascritto rispettando l’ortografia secentesca.

 

Descrittione della Chiesa di Santa Caterina detta del Sasso.

 

Volendo hora racontar l’origine della nominatissima Chiesa di Santa Caterina, per non esser longa narratione dirò solamente quel che fa al mio profito. L’origine adunque di questa divotione fù tale, chè l’anno 1319. Trovandosi un gentil’houmo di casa Besozza nominato Alberto, in una Nave, e venendo una gran fortuna nel Lago, di maniera tale ch’esso, et tutti quei che si trovarono in quella, tenevano al sicuro da negarsi, onde il Besozzi voltatosi à Dio fece voto, che se per li meriti della sua avocata Santa Caterina Vergine, e Martire, egli fosse liberato di tanto pericolo, che al tutto havrebbe abbandonato il mondo, e ricercato un luogo alpestro, e solitario, e quindi finirebbe i giorni della vita sua. Fatto il voto di subito (per l’intercessione della sposa di Christo Caterina) cessò ancor l’orribile fortuna. Onde il fedel Alberto volendo attendere à quanto haveva promesso à Dio, acconciò le sue cose e poi retiratosi sopra una gran balza di un sasso, posto sopra la ripa del Lago, e quivi per voler di Dio trovò una Caverna, nella quale retirossi, e nel luogo istesso fino nell’età decrepita fece asprissima penitenza. Occorse poi il caso, che dopò alquanti anni, venne una pestilenza nelle Terre di quei contorni, che levò la vita à molti, e tuttavia ella perseverava: onde raccordevoli alcuni Vecchi dell’huomo di Dio Alberto, si diedero a ricercarlo se ancora viveva, et per volontà di Dio trovatolo, gli raccontarono le loro miserie, et egli tolse indugio per giorni otto à dargli risposta qual fosse la volontà di Dio. In quel mezzo non cessava d’orationi per questo effetto, e fù essaudito; percioche un’Angelo dal Cielo gli fu mandato, e dissegli che si dovesse fabricar una piccola Chiesa, over Capella, secondo la grandezza del Sepolcro suo, posto nel Monte Sinai; Et che subito la peste sarebbe cessata. Tornando poi gli huomini il giorno assegnato per haver risposta dall’houmo Santo, egli gli narrò quanto dall’Angelo li fù rivelato; Onde promissero subito di far la detta fabrica, e tornati à casa la peste cessò, e non morse più niuno. Perilche apparecchiarono quanto faceva bisogno à tal lavoro. Et il Servo di Dio Alberto pregò Iddio che gli rivelasse come stava il Sepolcro nel Monte Sinai, di Santa Caterina. E la mattina seguente trovò per le mani angeliche bagnato, e designato in quadro sopra il sasso la vera misura, come la detta Chiesetta, over Capella s’aveva da fabricare secondo la vera misura del Sepolcro del Monte Sinai. E così ella fù fabricata. Non passò molto che il nostro Besozzo, passò al Mondo Celeste. E li popoli cominciarono à frequentar questa divozione. Onde dopò un certo tempo per un’altra peste fù fatto voto da gli huomini di quei contorni di fabricare una chiesa alla gloriosa Madre di Dio, et la peste fù estinta, e la Chiesa fù fabricata: Sopra il sasso medesimo, e la Capella di Santa Caterina resta posta nel mezo della Chiesa grande. Onde questa divozione è nominatissima non solo in quelle Riviere, mà anco per tutta la Lombardia. Et il corpo di questo Beato stà riposto dentro la Capella di Santa Caterina. E di già questa divozione era posseduta da i RR. PP. di S. Domenico, et hora è governata da i RR. PP. Ambrogiani, e quindi si tengono ancora altre reliquie, oltre al corpo di detto Beato.

 

 

Sant' Alberto di Boemia (o Adalberto di Praga)

 

 

Icona di Sant’Alberto di Praga


Vescovo e abate benedettino: Adelbert Vojtech Slavnik nacque nel 956 circa e morì a Tenkitten, presso Gniezno, nel 997. Figlio di Slavinik, duca della Boemia orientale, fu educato a Magdeburgo nell’ordine benedettino, ricevendo dall’arcivescovo Adalberto, con la cresima, il nome con cui è noto. Canonico della cattedrale, poi vescovo di Praga (982), dopo un soggiorno a Roma nel monastero di S. Alessio all’Aventino (988) l’anno successivo tornò in sede e, con dodici monaci benedettini condotti con sé da Roma, fondò il convento di Břevnov presso Praga, cui va il merito di una larga diffusione in Boemia della civiltà cristiana e latina. Compiuto un viaggio missionario in Ungheria nel 994-995, nel 996 fu di nuovo a Roma, tornando poi in patria al seguito dell’imperatore Ottone III. Passò quindi in Polonia presso il re Boleslao Chrobry, dedicandosi con impegno alla conversione dei pagani borussi dai quali fu ucciso nel corso di una predica. Venerato dalla Chiesa cattolica come santo e martire il 23 aprile o il 23 agosto.

 

 

Beato Alberto da Bologna

 

Monaco benedettino vallombrosano: (morto nel 1245 circa a Bologna). Membro della famiglia Parisi, divenne monaco e in seguito abate dell’Abbazia Vallombrosana, vicino a Bologna che, dopo la sua morte, fu chiamata di Sant’Alberto. Fu anche priore del monastero fuori Porta San Vitale di Bologna. Festa il 20 maggio.

 

 


Sant’Alberto di Butrio

 

 

Eremo di Sant’Alberto (Ponte Nizza)

 

Abate benedettino: Un sacerdote, Alberto, si ritirò eremita tra questi monti, erigendo una piccola chiesa. Nel 1020 un monaco eremita di nome Alberto, distribuito ai poveri tutto il suo patrimonio, vagando nelle terre comprese tra la Valle Staffora e la Val di Nizza giunse sull’altura di Butrio (oggi frazione del Comune di Ponte Nizza). Evidentemente colpito dalle bellezze dello scenario naturale decise di fermarsi, trovando riparo in una grotta naturale.

Intorno a lui si raccolsero subito uomini ispirati dalla fede e così sorse l'Abbazia, che venne disciplinata secondo le regole benedettine. L’abbazia fu fatta costruire a sue spese da Obizzone Malaspina che poi donerà a frate Alberto la contea di Pizzocorno. Gregorio VII ne parla in una lettera ai monaci nel 1074, anno di morte del fondatore.

Il corpo è conservato nell'eremo di S. Alberto a Ponte Nizza (PV). Festa il 4 o 5 settembre.

 

 

Sant’Alberto di Cashel

 

 

Resti della Cattedrale di Cashel

 

Monaco o vescovo benedettino del 7° secolo;. Una vita del 12° secolo descrive Santo Alberto con la frase spiritosa: "come stirpe un Anglo, nel parlare un angelo (natione Anglus, conversatione angelus). Secondo fonti piuttosto inattendibili, Sant’Alberto era un inglese che operò, oppure fu arcivescovo di Cashel, in Irlanda e dopo evangelizzò la Baviera con Sant’ Alberto (o Erhard) di Ratisbona. Fece un pellegrinaggio a Gerusalemme e morì da lì a breve dopo il suo ritorno a Ratisbona (Regensburg, in Germania). Sfortunatamente la diocesi di Cashel non esiste più, così anche la sua esistenza è messa in dubbio. Lui è il santo di patrono di Cashel, in Irlanda. Festa, precedentemente l’8 gennaio, ora il 19 gennaio

 

Beato Adalberto o Alberto di Cassoria

 

Monaco benedettino, di Cassoria (o Cassauria, vicino a Pescara, Abruzzo), dove era abate Guido di Cassoria. Infine si ritirò a Monte Caramanico vicino a Chieti e fondò l'abbazia di San Nicola. Morì dopo il 1045. Festa il 23 novembre

 

 

Sant’Alberto Chmielowski

 

 

Sant’Alberto Chemielowski


Terz’Ordine di san Francesco: A Cracovia, in Polonia, nel 1916 , sant’Alberto, al secolo Adamo Chmielowski, fondatore dei Fratelli e delle Sorelle del Terz’Ordine di san Francesco per il servizio dei poveri. Volle dimenticare sé stesso, in mezzo a un’assoluta indigenza volontaria, con la totale disponibilità verso gli altri. Fu un degno figlio di san Francesco. Dal Papa Giovanni Paolo II, annoverato tra i santi. Festa il 17 giugno o il 25 dicembre.

 

 

Sant’Alberto (o Ariberto) di Como

 

Vescovo benedettino: Morto circa nel 1092. Sebbene quando morì Alberto fosse vescovo di Como, prima visse da eremita a Rho, poi monaco ed abate benedettino a San Carpofero. Festa il 3 giugno.

 

 

Sant’Alberto (o Aiberto o Aybert) di Crespin

 

Benedettino ascetico e recluso. Alberto (o Aibert o Aybert), nacque vicino a Tournai, Belgio ed entrò nel Convento Benedettino di San Crespin, nella diocesi di Cambray in Francia. Rimase monaco per ventitrè anni, servendo in diversi modi la Regola di San Benedetto ed occupando gran parte del suo tempo in preghiera. Cercò sempre di tenere nascosta la sua devozione pregando nella stalla o nei campi. Divenne poi un eremita.

Ma non era mai completamente solo; molti si adunarono attorno a lui per avere consiglio spirituale, così che Burchard, Vescovo di Cambray, lo promosse al sacerdozio ed eresse una cappella vicino alla sua cella. Questo diede ad Aybert il potere di amministrare ai suoi visitatori i sacramenti della Confessione e dell'Eucaristia. Aibert è ricordato per il fatto di celebrare due messe ogni giorno, una per la vita e la seconda per la morte. Inoltre la sua pratica devozionale di recitare cinquanta Ave Maria è collegata con l’origine del Rosario. Morì nel 1140 circa. Festa il 7 aprile.

 

 

Sant’Adalberto o Alberto di Echternach o Epternach

 

Abate benedettino

Missionario in Irlanda la cui tomba divenne un centro per pellegrini. Adalberto nacque a Northembria, Inghilterra e fu educato nel Monastero di Rathmelgisi. Accompagnando San Willibrordo ed altri nella Friesland, guadagnò molti convertiti in un'area chiamata Egmont. Adalberto fu anche un compagno di San Egbert nella missione in Irlanda. Si pensa che divenne lui il successore di San Willibrordo come abate di Epternach. Il sacrario di Sant'Alberto fu celebre per i miracoli avvenuti dopo la sua morte. Morì nel 740. Festa il 25 giugno.

 

 

 

Beato Albertino di Fonte Avellana

 

 

Sant'Albertino (+ 1294) attribuito ad Antonio Alberti da Ferrara (1427)

 

Monaco camaldolese del XIII secolo.

Tracciando la storia ‑ o la cronaca ‑ della spiritualità del nostro Paese, ci si imbatte ogni tanto nel nome di Fonte Avellana, cioè di uno di quei luoghi dove sembra che la santità sia fiorita con maggior rigoglio, o meglio abbia messo più profonde e feconde radici.

Fonte Avellana, ai piedi del massiccio del Catria, è il monastero camaldolese fondato, poco dopo il Mille, dall'Abate Ludolfo, in seguito onorato come Beato. La sua mistica solitudine fu, poco dopo, « bagno dell'anima » per San Pier Damiani, il grande monaco riformatore e grande innamorato della vita eremitica.

Sulla scia del Beato Ludolfo e di San Pier Damiani, molti altri personaggi illustri per pietà e mortificazione fecero dei monastero di Fonte Avellana il loro nido di penitenza, meditazione, elevazione spirituale. Per secoli, sembrò che una teoria foltissima di anime elette, vestite dal candido saio camaldolese, uscisse in processione dai boschi di Fonte Avellana per raggiungere, dopo la pace del chiostro, quella dell'eterna gloria.

Uno dei componenti di questa ideale processione fu il Beato Albertino, che di Fonte Avellana era stato Priore generale sulla fine del '200.

Il suo nome dal modesto diminutivo ‑ non Alberto, ma Albertino ‑ ci dice già la modestia del suo carattere, alla quale si aggiunge, per noi, la mancanza di notizie sul conto della sua vita.

Non ne conosciamo il luogo d'origine, e possiamo solo supporre che fosse nato nella regione umbra o in quella marchigiana confinante, per quanto il monastero di Fonte Avellana attirasse spesso uomini desiderosi di perfezione spirituale provenienti dai più remoti angoli dei mondo.

Si dice che il Priore Albertino avesse rifiutato, nel 1288, l'elezione a Vescovo di Osimo, preferendo restare nella sua solitudine montana. Se il fatto è vero, bisogna riconoscere che anche su questo rifiuto, ispirato dall'umiltà, il Priore camaldolese mantenne una esemplare discrezione, così che oggi gli storici non possono né confermare né provare l'accaduto.

Il Beato Albertino morì a Fonte Avellana nel 1294. Fin dal secolo successivo venne elevato in suo onore un altare nella chiesa monastica. Ciò significava che il suo culto si era affermato ed era stato, in qualche modo, approvato.

Un tempo la festa del Beato Albertino veniva celebrata con una certa solennità a Fonte Avellana e i pellegrini accorrevano numerosi al monastero, percorrendo a piedi le aspre groppe del selvaggio Appennino.

Era un tributo di devoto affetto particolarmente significativo, dato che il Beato Albertino non è l'unico personaggio illustre per santità vissuto nel monastero umbro, né il maggiore tra i molti altri Santi e Beati ricordati a Fonte Avellana, il cui bianco corteo potrebbe rivaleggiare, per numero, con quello dei devoti pellegrini dei tempo antico. Festa il 31 agosto e il 5 settembre.

 

 

Sant’Alberto da Gambron

 

Abate benedettino del VII secolo. Disilluso dalla vita mondana visse per un certo periodo come eremita. Fu in seguito l’abate fondatore della piccola abbazia di Gambron-sur-l’Authion, in Fracia, dove si osservavano contemporaneamente le Regole di san Benedetto e di san Colombano. Festa il 29 dicembre.

 

 

 

Sant'Alberto da Genova

 

Monaco cistercense del XII secolo.

Tra la foce della Polcevera e quella della Varenna, tra San Pier d'Arena e Pegli, si stende oggi tra mare e monte, su una striscia di terra contesa alle onde, una delle più importanti e delle più attive zone di produzione nell'industria del nostro paese, specialmente nel campo della siderurgia, dei cantieri navali e della meccanica pesante.

E' la zona industriale della «grande Genova», una roccaforte del lavoro e della tecnica di cui la «Superba » va giustamente orgogliosa. Tutti conoscono, almeno di nome, le acciaierie di Cornigliano e i cantieri di Sestri Ponente, come conoscono, davanti a queste località, l'aeroporto costruito arditamente sul mare, mediante gigantesche colmate che hanno formato una vera e propria penisola artificiale. Sembra difficile abbinare a questi luoghi di intensa attività pratica il ricordo di episodi spirituali e di esempi di santità; ma la difficoltà è tutta e soltanto nostra, di certi nostri limitati schemi mentali. I fiori della spiritualità, che sbocciano anche nel più arido deserto, non possono mancare in questa terra straordinariamente ospitale, la cui civiltà è antica quanto è antico l'uomo, dall'età delle caverne a quella dello spazio.

E infatti le colline che fanno da spalla a Sestri Ponente ospitano tutta una corona di luoghi cari alla devozione e sacri alla fede: santuari come quello della Madonna del Gazzo e quello della Madonna della Guardia, chiese come quella di San Carlo e quella di San Bartolomeo. Ma uno dei più tipici santuari dell'entroterra è quello di Sant'Alberto; costruito in un luogo di grande suggestione panoramica, e meta ancor oggi di pellegrinaggi devoti, soprattutto da parte dei marinai della zona.

Il santuario ricorda un antico penitente, nato secondo la tradizione a Genova e che sulle colline di Sestri si santificò pazientemente nel momento delle maggiori fortune politiche ed economiche della Repubblica marinara di San Giorgio, quando il vessillo con la croce rossa in campo bianco era rispettato e temuto su tutti i mari.

Alberto era un monaco cistercense, semplice converso presso l'abbazia di Sant'Andrea, a Sestri. Per desiderio di maggiore perfezione, elesse come propria dimora una grotta tra i boschi, sulle colline attorno all'abbazia.

Lì il devoto discepolo di San Bernardo visse a lungo in dura austerità, esempio di rigore ascetico per i confratelli, e oggetto di devota ammirazione da parte dei fedeli.

Quando morì, verso il 1223, i Cistercensi di Sant'Andrea decisero di dargli sepoltura nel luogo stesso dov'era vissuto. E poiché vari miracoli avvennero su quella tomba, una chiesa fu presto costruita in onore del Santo, e qui fiorì e si conservò la devozione per Sant'Alberto, particolarmente vivace, come abbiamo detto, tra i marinai liguri.

E oggi che la costa tra San Pier d'Arena e Pegli racchiude la punta di diamante dell'industria genovese, pensiamo che il ricordo di Sant'Alberto non debba e non voglia essere cancellato. L'antico penitente ha ancora qualcosa da dire agli uomini, con voce sommessa, ma forse più penetrante del clangore dei magli e del rombo degli aviogetti.

Nato verso la fine dell'XI secolo, condusse dapprima vita monastica nell'Ordine benedettino. Nel 1129 scelse la riforma cistercense, ma, aspirando alla vita solitaria, si ritirò in una grotta del monte Contessa tra Sestri Ponente e Pegli, dove morì l'8 luglio, probabilmente nell'anno 1180 (o 1223 ?).

Di umili origini, Alberto nasce a Genova e vive la sua infanzia lavorando come pastore. Entra nell'abbazia di Sestri Ponente dove diventa cuoco. La tradizione racconta che il cibo da lui cucinato si moltiplicava miracolosamente ed egli poteva così sfamare i poveri. Si ritirò quindi in un eremo dove conclude la sua vita in preghiera. Fu canonizzato da Alessandro III o più probabilmente da Innocenzo IV. Festa 8 o 9 luglio.

 

 

Sant’Alberto (o Alberico) di Gladbach

 

Monaco Benedettino: Vissuto nel X secolo nell’Abbazia di Gladbach in Germania. Festa il 24 dicembre

 

 

Beato Alberto Leccapecore

 

Monaco: uomo nobile e ricchissimo, dopo una carriera da soldato, lasciò la Corsica, di cui era originario, per diventare un monaco errante, predicatore in Italia e in Francia. Acquisì saggezza e santità ed a lui si deve la conversione di san Ranieri Scacchieri, nel convento di San Vito dove Alberto dimorava.

Morì a Parigi, dove fu seppellito il suo corpo, nel 1154.

 

 

 

Sant’Alberto di Liegi o da Lovanio

 

 

L'arciduca Alberto e il suo santo patrono sant’Alberto di Liegi

Dalla “Vergine del Rosario” di Rubens

 

Arcivescovo di Liegi (Liegi 1166 circa – Reims 1192). Fratello minore di Enrico I°, duca di Brabante, fu destinato sin dall'infanzia alla carriera ecclesiastica. Nel medioevo infatti, poiché i figli cadetti non potevano ereditare il titolo, veniva loro imposto di ritirarsi a vita religiosa.

Comunque Alberto aveva veramente la vocazione. Quando il Vescovo di Liegi, Rodolfo di Zabringen, morì partecipando alla terza Crociata, fu eletto al suo posto, nonostante avesse solo venticinque anni (anche perchè i canonici di Liegi erano sotto il patronato del duca suo fratello)

Ma il conte di Hainaut e di Fiandra sosteneva la candidatura di Alberto di Rethet, e così i due principali signori dei Paesi Bassi si trovarono in conflitto, che fu risolto dall'Imperatore Enrico VI° investendo un terzo candidato, Lotario di Hochstade.

Ricorse a Roma presso il papa Celestino III, che lo confermò e lo fece cardinale diacono. Nel suo viaggio di ritorno si fermò a Reims, dove fu consacrato vescovo il 20 settembre 1192, ma il 24 novembre fu assassinato dagli emissari dell'imperatore nei dintorni di Reims. Patrono dei panettieri, è festeggiato il 21 novembre.

 

 

 

Sant’Adalberto o Alberto di Magdeburgo

 

 

Sant’Adalberto di Magdeburgo

 

Monaco e Vescovo del X secolo

Sant'Adalberto fu, nel X secolo, apostolo dei Russi o, come allora venivano chiamati, dei Sarmati, popolo barbaro e pagano, inquieto e bellicoso.

Fu una principessa russa, Santa Olga, convertitasi in tarda età al Cristianesimo, a chiedere, all'Imperatore Ottone il Grande, missionari per evangelizzare il suo popolo. Ottone aderì alle richieste, pensando di sfruttare la missione religiosa anche per fini politici, o almeno diplomatici, avviando pacifici rapporti con le irrequiete popolazioni dell'Est.

A capo della missione presso i Sarmati venne posto Adalberto, santo monaco di Treviri, dopo essere stato consacrato vescovo nel 961. Ma appena entrati in Russia, i missionari cristiani furono attaccati dai barbari e massacrati. Adalberto soltanto scampò, ritornando a Magonza, ospite della corte imperiale.

Dopo alcuni anni trascorsi a fortificarsi spiritualmente nella preghiera e nello studio, il monaco riprese la sua missione ma, diciamo così, cambiando tattica.

Venne consacrato infatti Arcivescovo di Magdeburgo, la città che proprio Ottone il Grande aveva fondato sulle rive dell'Elba, ai confini orientali dell'Impero, e che costituiva la roccaforte avanzata della civiltà cristiana verso l'Oriente pagano.

L'immensa arcidiocesi di Sant'Adalberto comprendeva le terre dei Polacchi, dei Magiari, dei Sarmati e degli Slavi. Da Magdeburgo, con opera tenace e insonne, il Santo Arcivescovo estese la predicazione cristiana alle regioni dell'Est, spingendosi via via sempre più lontano dall'Elba, e sospingendovi i suoi sacerdoti e Vescovi missionari, fantaccini di un vero e proprio esercito della fede, sempre sul piede di guerra.

La sua fu come l'opera di un paziente seminatore, alle prese con un campo sconfinato. Lentamente, penosamente, quei pochi semi di santità attecchirono, si moltiplicarono, si propagarono. Come un rivolo che sempre più si ingrossi, il Cristianesimo avanzò tra Sarmati e Slavi, Polacchi e Magiari.

Sant'Adalberto non vide la conversione dei popoli dell'Oriente europeo, ma l'anticipò col suo spirito profetico e con la fede nella Provvidenza, prima di morire dopo tredici anni di episcopato, nel 981, sul campo del suo immane lavoro, presso Magdeburgo, roccaforte avanzata della civiltà cristiana e, con lui, della cristiana santità. Festa il 20 giugno.

 

 

 

Sant’Alberto Magno

 

 

Sant’Alberto Magno: Affresco nella Cattedrale di San Niccolò, Treviso

 

Vescovo e dottore della Chiesa, domenicano: detto doctor universalis (Lauingen ca. 1200-Colonia 1280).

Nato nella famiglia dei conti Bollstädt, appartenne all'ordine domenicano, rivestendo anche l'ufficio di padre provinciale. Compì i suoi studi a Padova e insegnò successivamente in vari conventi; fu poi maestro di teologia a Parigi, dove ebbe come discepolo S. Tommaso, e infine insegnò presso l'Università di Colonia. La sua opera filosofica è molto ampia ed è costituita da un completo commento ad Aristotele, da commentari a Pietro Lombardo, allo Pseudo-Dionigi, al Vecchio e al Nuovo Testamento. A. non può essere tuttavia ritenuto un semplice commentatore, ma un vero e proprio autore. Tale infatti lo considerarono i contemporanei, citandolo spesso come auctoritas. Il merito fondamentale di A. consiste nell'aver intuito il significato che la tradizione aristotelico-araba poteva avere per la filosofia cristiana, anche se i risultati da lui conseguiti non sono sempre pari all'enorme sforzo compiuto. Spesso infatti i suoi commentari, per quanto perspicui, non distinguono esattamente il pensiero di Aristotele da quello dei suoi commentatori arabi. Un secondo grande merito che gli si può attribuire è l'aver introdotto, in polemica con gli agostiniani, una sempre più netta distinzione tra filosofia e teologia. La teologia è fondata sulla rivelazione, la filosofia sulla ragione; ne segue che non è possibile in filosofia discutere di questioni teologiche. Da questa distinzione si trae anche una sempre più viva esigenza di autonomia della ragione. L'autorità dei padri della Chiesa e di Agostino viene così confinata nel puro campo della rivelazione, per cui – come scrive A. – per ciò che concerne la medicina ci si dovrà affidare a Galeno e a Ippocrate, per ciò che concerne la scienza naturale ad Aristotele. Ciò non significa tuttavia attribuire una radicale autonomia al metodo filosofico, in quanto esso si trova, come ogni aspetto della natura, inserito in una sorta di ordine divino. La trattazione del problema dell'eternità del mondo offre un esempio di questo atteggiamento: dopo aver esposto le ragioni pro e contro l'eternità, A. conclude che nessuna di queste si mostra risolutiva. Perciò, dopo aver salvato l'autonomia della ragione, rivendica alla fede la libera decisione di fronte a scelte probabili. Non diversamente egli procede anche riguardo al problema dell'unità dell'intelletto, che comporta la possibilità di un'immortalità individuale. Egli infatti illustra, confrontandole, le opposte posizioni e, se conclude per l'individualità dell'intelletto, è più per motivi religiosi che per ragioni direttamente razionali. Si può notare anche da qui come A., pur essendo molto vicino a S. Tommaso per alcune soluzioni, sia ancora lontano dall'equilibrio tomista di rapporti tra filosofia e teologia. L'opera di A. ha inoltre un significato storico, come summa del sapere del suo tempo; in essa egli rivela il suo valore di scienziato oltre che di filosofo.

Pedagogia: Dal punto di vista pedagogico, in A. è rilevabile il metodo della ricerca scientifica. In un tempo in cui predominava la cabala, egli ha saputo realizzare con la natura un tipo di approccio fondato sull'esperienza reiterata, che, se ancora ignora il concetto di esperimento, anticipa le posizioni dei più maturi rinascimentali. Egli inoltre intende la ricerca non solitaria, ma comune: s'inaugura così il metodo del confronto e della collaborazione, che è proprio della scienza moderna.

La scuola Albertina: I discepoli di A., dopo la sua morte, si raccolsero nella Scuola Albertina di Colonia e diedero un ulteriore sviluppo al suo pensiero, mettendo l'accento sulla tematica neoplatonica (illuminazione della mente come base della conoscenza), che valorizzarono anche nei commenti alle opere di Aristotele. Nella scuola si distinsero Ugo Ripelin, Ulrico di Strasburgo e quel Teodoro di Vriberg che assieme al discepolo Bertoldo di Moosburgo sviluppò tutta la tematica scientifica di Alberto Magno.

Le opere: La vasta e multiforme produzione del doctor universalis è stata raccolta in due edizioni quasi complete, la prima curata da Jamni a Lione nel 1651 (21 vol.), la seconda da Auguste Borgnet (38 vol., Parigi). Una terza edizione critica è in corso di pubblicazione a opera degli istituti domenicani di Colonia e di Roma e prevede ca. 40 volumi, di cui 14 già pubblicati. Tra le opere principali vanno ricordate: De praedicabilibus, De praedicamentis, De coelo et mundo, De proprietatibus elementorum, De mineralibus, De anima, De intellectu et intelligibili, De unitate intellectus contra Averroem, Summa theologiae, Summa de creaturis. Festa il 15 novembre.

 

 

Sant'Alberto di Montecorvino

Statua di Sant'Alberto portata in processione: chiesa madre di Pietra Montecorvino

 

Vescovo di Montecorvino: figlio di Giovanni, discendente di una nobile famiglia normanna, nacque nel 1031 (o 1032) a Planisio (nei pressi di Montecorvino), un antico borgo oggi scomparso. All'età di 5 anni andò a vivere a Montecorvino, città fondata dai bizantini intorno al 1015, nell'attuale provincia di Foggia, insieme a Civitate, Fiorentino e Troia, dove fu avviato allo studio delle discipline letterarie e tra il 1059 e il 1075 fu eletto vescovo di quella diocesi (fu il secondo vescovo). La sua vita fu improntata sin da ragazzo alla preghiera e al digiuno tanto che alla morte del vescovo Beato il clero, popolo ed il conte Gualtieri di Civitate, che allora amministrava la provincia, elessero all'unanimità Alberto come nuovo vescovo. Egli inizialmente non accettò tale responsabilità, e ne fu quasi costretto, ma volle essere consacrato solo dopo l'ampliamento ed il restauro della Cattedrale. La fama della sua santità si diffuse di giorno in giorno, tanto che molti nobili locali e tra questi anche Roberto il Guiscardo si recarono da lui per la confessione.

Alberto continuò a vivere in continua preghiera, digiunando restando in una continua meditazione ascetica. A causa delle continue privazioni ebbe un forte decadimento fisico e divenne cieco, perciò gli fu affiancato il sacerdote Crescenzo in veste di coadiutore, il quale tentò con ogni mezzo di abbreviare la vita di Alberto per succedergli sulla cattedra vescovile. La tradizione ci tramanda diversi miracoli di Sant'Alberto ancora vivente, si dice che giungevano a Montecorvino fedeli da tutto il regno normanno per chiedere grazie al santo vescovo. L'ultima notizia documentata della sua attività pastorale risale all'anno 1082 ed attesta la presenza di Alberto e di altri vescovi e conti delle città vicine a Civitate per ratificare la rinuncia dell'abate di Montecassino, il cardinale Desiderio, ad ogni potestà sull'abbazia di S. Maria di Tremiti. Da questo momento non si hanno più notizie certe della sua vita né dell'anno preciso della sua morte. Alberto morì nel giorno 5 aprile tra la fine del XI secolo e gli inizi del XII e fu sepolto nella sua cattedrale.

La città e la diocesi di Montecorvino onorano il loro Santo Vescovo con culto pubblico sin dalla sua morte. In seguito alla definitiva distruzione di Montecorvino il culto di S. Alberto fu continuato dai cittadini di Pietra, Motta e Volturino che avevano raccolto l'eredità e la memoria storica dell'antica Montecorvino. La festa di S. Alberto si celebrava a Pietra Montecorvino il 5 aprile ma veniva spesso impedita dai riti della Settimana Santa o delle feste pasquali, per cui, per ordine del cardinale Orsini, nel 1713 si stabilì che si celebrasse ogni anno il lunedì dopo la domenica in Albis. Nel 1889, in seguito ad una grave siccità, il popolo invocò l'aiuto del Santo Patrono con processioni all'interno del paese. La tradizione vuole che S. Alberto, apparso in sogno ad alcuni cittadini di Pietra, consigliasse di effettuare un pellegrinaggio penitenziale ai ruderi di Montecorvino. Così il 16 maggio 1889 il popolo di Pietra, insieme ai fedeli provenienti da Motta e Volturino, si incamminò verso Montecorvino con la Statua di S. Alberto portata a spalla. La pioggia tanto desiderata arrivò subito dopo il ritorno in paese, come affermarono gli stessi agricoltori, quell'anno si raccolse "più grano che paglia". Da allora, ogni anno, il 16 maggio la statua di S. Alberto viene portata in processione a Montecorvino fino ai ruderi dell'antica Cattedrale. Festa anche il 5 aprile.

 

 

Sant’Alberto (o Adalberto) di Oberaltaich

 

Priore benedettino di Oberaltaich. Nacque nel 1239 a Haigerloch nel Baden-Württemberg e morì il 26. November 1311 a Oberaltaich

Adalberto fu monaco benedettino, parroco e priore a Oberaltaich. Si dedicò in particolare alla cura dei lebbrosi. Festa il 4 settembre e il 26 novembre.

 

 

Beato Alberto Pandoni

 

Vescovo di Piacenza e di Ferrara nel XIII secolo: Le moderne autocrazie politiche, fortemente accentrate e di ferrea organizzazione, hanno il loro precursore e modello nel più ambizioso Imperatore del Medioevo: lo svevo Federico II, detto « il martello del mondo » e anche « il chierico grande ».

Nella sua lucidissima mente di politico teorico, Federico II concepì il disegno di uno Stato onnipotente e assoluto, sciolto da ogni soggezione all'autorità religiosa, avvertita e implicitamente riconosciuta fino allora da tutti gli Imperatori medievali, se non altro come elemento di opposizione.

Vertice della rigorosa organizzazione statale era l'Imperatore, il quale però non era più tanto una persona quanto un simbolo: incarnazione dell'idea di uno Stato intangibile, insindacabile e impassibile, idolo disumano della cosiddetta «statolatria», cioè del culto dello Stato per lo Stato.

Sulla metà del '200, al tempo di Federico II, l'Europa fece così una esperienza i cui sviluppi avrebbero raggiunto l'estremo limite assai più tardi, soltanto nel nostro secolo. Non molti, allora, si resero conto delle implicazioni e dei pericoli dell'atteggiamento inaugurato dal «chierico grande», eretico di nuovo tipo, perché non difendeva un errore dottrinale, facilmente rintuzzabile, ma metteva in crisi gli stessi valori fondamentali della libertà e dignità dell'uomo, fatalmente schiacciati dall'autocrazia statale.

Tra le menti migliori, più vigili e aperte, che compresero su quali premesse si fondasse la statolatria vagheggiata da Federico II e ne anticiparono le disumane conseguenze, ci fu un Vescovo di Piacenza, Alberto Pandoni, che oggi la Chiesa onora come Beato.

Nei suoi scritti, il Beato Alberto Pandoni avversò Federico II, e per quanto le sue opere siano andate perdute, è chiaro che l'opposizione del Vescovo di Piacenza non investiva il piano politico, perché la pura politica non è, o non dovrebbe essere, di competenza dei pastori di anime, ma puntava sul significato profondo, e quindi dottrinale, della politica di autocrazia dell'Imperatore svevo.

Alberto Pandoni era bresciano di origine. Dopo gli studi, era entrato nel clero secolare della sua città. Nel 1244, il Papa Innocenzo lo aveva prescelto per la cattedra vescovile di Piacenza, nel momento del massimo fulgore della stella di Federico II, la cui corte era in Puglia, a Lucera.

L'amore del Vescovo di Piacenza per la cultura è testimoniato dal fatto che egli, nel 1248, organizzò nella sua città una scuola di tipo universitario, per promuovere i buoni studi. Piacenza seguiva così l'esempio della non lontana Bologna, centro universitario di importanza europea. Istruendosi, i fedeli potevano prendere coscienza dei propri diritti, e quindi anche di ciò che li minacciava, sul piano della fede e su quello della politica.

Più tardi, nel 1257, il buon Vescovo venne trasferito a Ferrara, dove morì nel 1274, circondato da grande ammirazione. Alcuni miracoli tennero vivo il suo ricordo, e giustificarono il culto pubblico, a lui reso nel secolo successivo, per la sua opposizione all'assolutismo di Federico II, precursore e modello di tutti gli statolatri di ogni tempo, che in nome di uno Stato intangibile, insindacabile, impassibile fatalmente calpestano nell'uomo l'immagine di Dio e la sua fondamentale libertà e dignità. Festa il 27 luglio e il 14 agosto.

 

 

 

Sant' Alberto di Prezzate o di Pontida

 

 

Fondatore ed Abate del monastero di Pontida nell’XI secolo: L'accostamento tra il nome di Pontida e quello di Alberto evoca, di prepotenza, sonanti ricordi carducciani, legati ad alcune delle più note composizioni dei maggior poeta della « terza Italia ».

Come non ricordare, infatti la Canzone di Pontida, con il suo celebre giuramento? E come non ricordare Alberto di Giussano, che con il suo martellante Vi sovvien? arringa i Milanesi dopo la distruzione della città da parte del Barbarossa, e li prepara alla disperata vittoria?

Ma Alberto di Pontida, Santo, non va confuso con il carducciano Alberto di Giussano. Non c'è una grande distanza tra Giussano, nel Milanese, dove si conserva ancora la casa del secondo Alberto, e Pontida, nel Bergamasco, dove sorge l'abbazia del primo. Ma tra i due personaggi esiste, nel tempo, la distanza di un secolo, e quindi un eventuale accostamento tra loro può essere soltanto di carattere ideale, o simbolico.

Pontida, anno 1167. In questa località, presso Bergamo, si incontrano i rappresentanti dei Comuni lombardi. Rispondendo all'invito del Papa Alessandro III, formano una lega contro il comune nemico, l'Imperatore Federico I. E giurano di non tradire la fede data, ma di combattere fino alla vittoria ‑ o alla morte. Lo storico giuramento ebbe luogo in un'abbazia, dedicata a San Giacomo. Quell'abbazia era stata fondata, novant'anni prima, da un monaco benedettino che era stato in gioventù valente cavaliere, tenendo alto il nome della famiglia dalla quale discendeva, quella dei Prezzati.

Ma le armi, che un secolo dopo avrebbero sconfitto il Barbarossa, decisero anche il destino del giovane cavaliere. Vittima di una ferita egli si ritirò dal mondo, si converti a vita religiosa e indossò l'abito monastico, abbandonando le arti della guerra per quelle della cristiana pace.

Stabilitosi a Pontida, vi fondò, verso il 1079, un monastero che volle offrire a Sant'Ugo, secondo Abate di Cluny, in Francia. Ciò voleva dire che il monastero di Pontida avrebbe seguito la più antica Riforma della Regola benedettina, quella appunto elaborata a Cluny, subito dopo il Mille, da Sant'Odilone e dal suo successore, Sant'Ugo.

Ma per imparare a conoscere appieno la nuova spiritualità di Cluny, Sant'Alberto dovette passare in Francia, vivendo per qualche tempo, come un novizio, sotto la guida dell'Abate Ugo. Il monastero di Pontida venne perciò affidato ad un altro religioso esemplare; Guido, maestro dei monaci, anch'egli onorato come Santo insieme con il suo collega Alberto.

Sant'Alberto tornò da Cluny dopo cinque anni di spirituale apprendistato. Sotto la sua guida, l'abbazia cluniacense di Pontida mise profonde radici e verzicò di freschissime fronde, diventando un centro esemplare di vita monastica, strettamente legato, soprattutto nella carità, alla vita sociale del tempo.

Alberto da Pontida morì nel 1095. Per molti secoli le sue reliquie vennero conservate e onorate nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Bergamo. Soltanto nel 1911 vennero riportate a Pontida, quando, tra solenni festeggiamenti, fu restaurata la storica abbazia, sacra al ricordo dei Comuni lombardi ma anche a quello della santità del suo fondatore.

Alberto, della nobile famiglia dei Prezzati, fu dapprima un valoroso soldato che, per una grave ferita riportata, lasciò la vita delle armi per cercare la pace di Cristo: dopo aver peregrinato a S. Giacomo di Compostella in Spagna, si ritirò a Pontida, sua città natale, dove nella seconda metà del sec. XI, fondò un monastero che dedicò a s. Giacomo e che pose sotto la regola di Ugo di Cluny (m. 1109), e del quale, dopo aver fatto un periodo di noviziato a Cluny, fu superiore dopo il suo compagno Guido. Morì il 2 o il 12 sett. 1095 o 1099.

Le sue reliquie con quelle di s. Guido, del quale non si conosce l'anno della morte, furono conservate nella chiesa del monastero di Pontida fino al 1373, quando, essendo questa andata distrutta da un incendio, furono traslate nella chiesa di S. Maria Maggiore di Bergamo e finalmente nel 1911 tornarono a Pontida. I martirologi benedettini fissano la festa dei due santi il 2 settembre e il 17 agosto.

 

 

 

Sant' Alberto Quadrelli da Lodi o da Rivolta

 

 

Sant’Alberto di Lodi

 

Vescovo di Lodi nel XII secolo: Nacque a Rivolta, della cui chiesa divenne successivamente preposto. Il giovedì santo 29 marzo 1168 fu scelto dal clero e dal popolo di Lodi come proprio vescovo quando Galdino, arcivescovo di Milano e legato pontificio in Lombardia, ordinò loro di staccarsi dal vescovo Alberico Merlin, che era stato eletto a quella sede dall'antipapa Pasquale III, di cui era stato fautore. Fu pastore attivo e zelante, strenuo difensore del papa Alessandro III, e prese parte al III Concilio Lateranense. La sua rettitudine fu riconosciuta anche dai suoi nemici tra cui Acerbis Murena, partigiano di Pasquale III. Come non si conosce la sua data di nascita così è incerta quella della sua morte: il 1173 per il Gams, il 1179 per i Bollandisti. Traslato solennemente nel 1588, la sua festa viene celebrata il 4 luglio.

 

 

Sant’Alberto (o Erhard) di Ratisbona (o di Regensburg)

 

Vescovo:  morto circa nel 686, Erhard è descritto come uno dei vescovi missionari irlandesi che andarono sul continente ed evangelizzarono la Baviera, specialmente nella regione vicina all'attuale Regensburg. Molti miracoli sono attribuiti alle sue preghiere. Erhard è menzionato in tradizioni locali ancora forti. Dopo la sua morte un gruppo di donne formarono un gruppo religioso chiamandosi "Erardinonnen" (le Monache di Erhard). Il loro carisma, sanzionato da Papa Leone IX, era la continua preghiera alla sua tomba in Regensburg, che fecero fino all'epoca della Riforma (Benedettini, Encyclopedia, Montague). Nell'arte Sant'Erhard è ritratto come un vescovo che battezza Santa Odilia, restituendole con questo atto la vista. E' venerato a Regensburg. Festa l’8 gennaio.

 

 

Beato Alberto di Sarteano

 

Frate francescano: Al secolo Alberto Berdini. Beato francescano (Sarteano 1385-Milano 1450). Entrò nell'ordine dei minori nel 1405 e aderì poi all'Osservanza (1415) svolgendo una vasta opera di predicatore. Fu discepolo del Guarino a Verona (1422), seguì e imitò nella predicazione san Bernardino da Siena. Quale inviato papale a Gerusalemme (1435-1438), ottenne l'adesione al Concilio di Firenze dei vescovi greci, con cui tornò in Italia. Quindi, ancora a Gerusalemme e al Cairo (1439-1441), quella dei Siri e degli Etiopi. Nel 1441 Eugenio IV lo nominò vicario generale dell'ordine, Nella speranza che riunisse i vari rami francescani, ma la sua elezione fu rigettata dal capitolo generale di Padova nel 1442. Festa 15 agosto.

 

 

Beato Alberto di Sassoferrato

 

Monaco benedettino: Uno dei più importanti monumenti della cittadina di Sassoferrato, nelle Marche, in provincia di Ancona (ma più vicina all'Appennino che non al mare Adriatico), è la chiesa di Santa Croce, prossima al quartiere Borgo. Presso Sassoferrato sorgeva un tempo la città umbra di Sentinum, che Ottaviano Augusto assediò invano, e venne poi conquistata di sorpresa e distrutta. La chiesa medievale di Santa Croce venne in parte costruita con materiali provenienti dalla distrutta Sentinum. e oltre a questa curiosità di carattere archeologico, costituisce un edificio di solenne bellezza, con la sua struttura a tre navate, con tre absidi, più due sui fianchi. Edificata a partire dal XII secolo, è di stile romanico con influssi lombardi, di un tipo abbastanza frequente nelle antiche città marchigiane.

E nella chiesa di Santa Croce, presso Sassoferrato, è sepolto il corpo del Beato Alberto, la cui immagine è rappresentata in alcune opere d'arte conservate in questa stessa chiesa, sull'altare del Beato e sull'altar maggiore.

Il Beato Alberto fu monaco nel convento esistente presso la chiesa, e morì nel 1350. Viene considerato come appartenente alla famigli dei Camaldolesi, perché in seguito la chiesa e il monastero di Santa Croce vennero occupati dai monaci di San Romualdo. Ma ciò avvenne alcuni anni dopo la morte del nostro Beato, e quindi non possiamo dire con sicurezza a quale ramo dell'Ordine benedettino appartenne il monaco Alberto.

Il suo culto, approvato nel secolo scorso, fu assai vivace nella zona di Sassoferrato. Tra l'altro egli venne invocato - non sappiamo a quale titolo - contro i mali di testa e il mal di stomaco, e data la frequenza di questi penosi disturbi, è facile immaginare come il nome di un Beato capace di alleviarli potesse facilmente diventare popolare, almeno nella regione nella quale è circoscritto il suo culto! Insieme con il Beato Alberto, viene ricordato anche il Beato Gherardo, suo confratello, morto nel 1367 alla bella età di ottantasette anni.

Anche egli era marchigiano, non però di Sassoferrato. Visse nella non lontana Serra de' Conti, dove ebbe cura d'anime e dove temperò la propria anima con i rigori della vita eremitica.

Le sue spoglie furono riposte e venerate nella chiesa romanica detta de " Le Mòje ", altra bella costruzione medievale assai simile a Santa Croce di Sassoferrato, riportata non molti anni fa alle linee originarie.

Anche il Beato Gherardo di Serra de' Conti viene onorato nell'Ordine di Camaldoli, e non sappiamo quali motivi abbiano condotto a far memoria comune di lui insieme con il Beato Alberto, suo confratello. Festa 9 ottobre.

 

 

Beato Alberto di Siena

 

Guglielmita, scrisse la vita di San Guglielmo, fondatore dell’ordine insieme a San Rinaldo e Sant’Alberto, tre eremiti che si ritirarono nella valle di Malavalle nelle vicinanze di Siena. I discepoli di quest’ordine seguono la Regola di San Benedetto con l’aggiunta di una “Regule Sancti Guillelmi” e delle “Consuetudines” scritte da Sant’Alberto. Morì verso il 1181 e la sua festa è il 7 gennaio.

 

 

Sant’Alberto di Steinfeld

 

Abate benedettino: E’ diventato il primo abate di Steinfeld nel 1184, dopo che si susseguirono cinque parroci. Questo uomo di grande coerenza ha curato particolarmente la venerazione di Maria; ha scritto il libro “ Libellus de gaudiis Beatae Mariae Virginia”, dove si può trovare nutrimento spirituale per la lode a Maria. Alberto leggeva tutti i giorni questo libro con timore reverenziale verso la Santa Vergine. È morto il 26 gennaio 1189.

 

 

Sant' Alberto da Trapani

 

 

Sant’Alberto di Trapani

 

Frate carmelitano: (detto anche degli Abati o da Messina) Nel 1225 moriva Martire per la fede, a Licata, in Sicilia, il carmelitano Sant'Angelo. In quel tempo stesso vedeva la luce, in Sicilia, a Trapani Sant'Alberto, un'altra delle glorie dell'Ordine di Nostra Signora del Carmelo.

Sant'Angelo era venuto dalla Palestina a morire nell'isola del sole; anche Alberto, nato sulla punta più occidentale della Sicilia, proveniva da famiglia forestiera: quella fiorentina e nobile dei Degli Abati.

Accolto nell'Ordine, per la sua modestia non avrebbe voluto accettare l'ordinazione sacerdotale; ma si piegò alle affettuose insistenze dei confratelli e dei superiori. Poco dopo venne mandato all'altra estremità dell'isola, nel convento carmelitano di Messina. Per la parola e per i prodigi; per la carità e soprattutto per le numerose conversioni di Ebrei, la fama di Sant'Alberto corse rapidamente anche fuor di Messina.

Venne così additato come esempio di vero carmelitano, tutto dedito all'austerità e alle opere apostoliche e, verso il 1287, fu nominato, meritatamente, Superiore provinciale dell'Ordine per la Sicilia.

Il Calendario ricorda, col nome di Alberto o di Adalberto, una ventina di Santi e di Beati, qualcuno famosissimo, come Sant'Alberto Magno, il maestro di San Tommaso d'Aquino.

Quello di oggi, Sant'Alberto di Messina, è ancora ricordato, nelle chiese carmelitane, per una curiosa devozione legata alle sue reliquie. Il giorno della sua festa, nelle chiese carmelitane, viene benedetta una certa quantità di acqua, con l'immersione di una reliquia del Santo. Quest'acqua, distribuita agli ammalati, si dice che abbia la proprietà di rendere salute e vigore, e di guarire dalle febbri.

Quale sarà l'origine di questa singolare devozione? Forse un episodio della vita del Santo, il quale, quando Messina era assediata dal Duca di Calabria, rifornì prodigiosamente di viveri la città bloccata.

Certo è che alla morte del monaco carmelitano, la fama di santità non si fece aspettare intorno al ricordo di Sant'Alberto. Fu invocato Patrono di Trapani, e i fedeli della Madonna del Carmine non cessarono di attribuire al « Serafino carmelitano » di Messina prodigiosi e benefici interventi, come quelli compiuti attraverso la devota mediazione dell'acqua di Sant'Alberto che ancor oggi vien benedetta nelle chiese dei Carmelitani.

Nacque a Trapani (Sicilia) nel 1212. Si distinse per la dedizione alla predicazione mendicante e per la fama dei miracoli. Negli anni 1280 e 1289 fu a Trapani, e più tardi a Messina. Nell'anno 1296 governò la Provincia carmelitana di Sicilia come Provinciale. Celebre il suo amore appassionato per la purezza e l'orazione.  Divenne popolare per prodigi operati in favore della cittadinanza di Messina, assediata da Roberto, principe di Calabria. Morì a Messina probabilmente nel 1307. Fu il primo santo ad avere culto, approvato da Sisto IV nel 1476, nell'Ordine Carmelitano, e pertanto ne fu considerato patrono e protettore o "padre", titolo condiviso con l'altro santo del suo tempo, Angelo di Sicilia. Nel sec. XVI fu stabilito che ogni chiesa carmelitana avesse un altare a lui dedicato. Furono anche molto devote di questo santo Teresa di Gesù e Maria Maddalena de' Pazzi. Festa 7 agosto e 10 agosto.

 

 

 

Sant’Alberto (o Adalpreto) da Trento

 

 

Lastra di rame dorato raffigurante lo scontro armato tra il vescovo Adalpreto e Aldrighetto di Castelbarco (1172), che una volta adornava il sarcofago del vescovo nel Duomo di Trento.

 

Principe Vescovo di Trento (Würtemberg 1156 – Arco 1172). Una delle figure più interessanti del principato di Trento di questo periodo, riconosciuta dalla critica contemporanea personaggio di dimensione europea e rappresentante insigne dell’”etica professionale di un vescovo del Medioevo”, è Adalpreto (o Alberto), di famiglia nobile tedesca forse vicina agli Hohenstaufen. Egli avrebbe appoggiato l’imperatore Federico I nel tentativo di tenere libere le vie d’Italia. Per questo ottenne il feudo della rocca e del comitato di Garda; inoltre si preoccupò della personalità giuridica del principato e di pacificarlo. Perciò sia a nord che a sud del territorio svolse un’azione stabilizzatrice raggiungendo un compromesso con i conti di Appiano (1170) dopo che da costoro, qualche anno prima, era stato imprigionato nel castello di Reinegg a Sarentino e successivamente rinchiuso nel castello di San Gottardo di Mezzacorona dove fu rocambolescamente liberato; quindi facendo erigere un castello nuovo a Egna “in onore di San Vigilio” che affidò alla custodia di persona di fiducia (1172). A sud Adalpreto si sforzò contemporaneamente di chiarire la situazione politico-militare-istituzionale nella fascia del Trentino dove si era andata stabilendo un’irrequieta quanto potente società feudale dalle tentazioni contrastanti proprie delle genti di frontiera. Società feudale che in seguito veniva considerata “mezzo tedesca” dai loro vicini padani e “mezzo italiana” dai Tirolesi, (ma le più insistenti diffidenze venivano dai Padani). Tra i protagonisti primeggiano i Castelbarco la cui fortuna, annota il Cusin, “Sorge con l’età della Lega Lombarda”. Sta di fatto che Adalpreto, dopo aver assediato il castello di Castelbarco e aver proposto approcci di pace, fu assalito e ucciso con un colpo di lancia al capo il 20 settembre 1172 presso Arco dove si era recato per tenervi il placito. All’agguato parteciparono vari nobili ostili alla politica vescovile; ma l’esecutore materiale del delitto fu Aldrighetto di Castelbarco. Costui, pentitosi, andò a rinchiudersi nel monastero benedettino di S. Giorgio in Braida, a Verona, dove morì. La tradizione, in seguito rettificata da ricerche storiche, fissa la data dell’uccisione al giorno 8 marzo 1277 presso Rovereto.

In seguito a un voto cittadino per la liberazione della città dall’assalto dei Francesi nel 1703 Adelpreto fu assunto, con san Vigilio, come compatrono del nuovo altare maggiore della cattedrale di Trento, tuttora esistente. Festa il 27 marzo.

 

 

Sant’Alberto di Vercelli o di Gerusalemme

 

 

Vescovo di Vercelli e Patriarca di Gerusalemme: Sul finire del XII secolo fa la sua apparizione l’Ordine dei Carmelitani che riconoscono quale estensore della loro Regola S. Alberto di Vercelli o da Gerusalemme, figura emblematica e significativa di quel periodo.

Alberto Avogadro o dei conti di Sabbioneta, nasce a Castrum Gualtierii (odierno Castel Gualtieri) (RE) verso il 1150.

Entra tra i Canonici Regolari di S. Croce di Mortara (Pavia), e vi diviene priore nel 1180. Nel 1184 lo troviamo vescovo di Bobbio e nel 1185 di Vercelli. Eminente per la sua vita, per il suo sapere e per la sua reputazione, Alberto regge la diocesi di Vercelli per 20 anni. Fu mediatore di pace (tra Milano e Pavia, 1194; tra Parma e Piacenza, 1199). Per la sua mediazione tra il Papa Clemente III e Federico Barbarossa fu nominato Principe dell’Impero. Nel 1194 detta gli Statuti dei Canonici di Biella.

Nel 1205 Papa Innocenzo III lo nomina Patriarca latino di Gerusalemme, con l’ufficio di Legato papale per la Terrasanta. Stabilitosi a S. Giovanni d’Acri nel 1206, dato che Gerusalemme era occupata dai Saraceni, si adoperò per mantenere l’accordo dei principi crociati fra di loro e con i principi locali. Ebbe affidati da Innocenzo III molteplici delicati incarichi di carattere politico e religioso. Anche lì si dimostra mediatore di pace. "Noi lo dobbiamo in gran parte ai vostri sforzi - gli scrisse Papa Innocenzo III nel 1209 - , se la provincia orientale è in certa misura libera da persecuzioni e restituita alla pace".
Tentò di ottenere la restituzione di Gerusalemme mediante negoziati e diede (tra il 1206 e il 1209) agli eremiti del Carmelo la loro Regola (lettera al priore S. Brocardo). 
Successive approvazioni di questa norma da parte di vari papi aiutarono il processo di trasformazione del gruppo verso un Ordine Religioso, cosa che avvenne con la approvazione definitiva di tale testo come Regola da Innocenzo IV nel 1247.
L'Ordine del Carmelo fu così inserito nella corrente degli Ordini Mendicanti.

Muore il 14 settembre del 1214, pugnalato, ad Acri, dal Maestro o Priore dell’Ospedale di S. Spirito, da lui rimproverato e deposto per la sua malavita.

E’ venerato a Vercelli e dai canonici regolari l’8 aprile (forse il giorno in cui diede la Regola agli eremiti), dai Carmelitani e dal Patriarcato latino di Gerusalemme il 16, 17, 25 e 26 settembre.

 

 

 


 

Ritorno alla pagina principale sul nome "Alberto"

 


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto | Temi della Regola |

| Dialoghi di S. Gregorio M. | Piccolo Ufficio | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia | Ricerca nel sito | Siti collegati |


15 novembre 2012                       a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net