LA REGOLA TRINITARIA.
Brani estratti da “San Felice di Valois – Ottavo centenario della morte 1212-2012”,
di Francesco
Citriniti, Associazione Degli Ex Allievi E Degli Amici Dei Padri Trinitari,
2012
(N.d.r.: Il testo originale è molto
più completo. Ho riportato solo alcuni capitoli che ho ritenuto
indispensabili per un’introduzione alla Regola)
Concetto di regola religiosa.
Per Regola s’intende l’insieme di norme che governano la vita di coloro che
appartengono ad un Ordine monastico o religioso. Ogni Regola costituisce
l’identità dell’istituzione che se la dà: ne contiene il nome, lo scopo ed
il fine che si prefigge.
Le Regole si chiamano religiose perché s’ispirano al Vangelo. Nel mondo
cristiano occidentale vi sono quattro Regole riconosciute dalla Chiesa
cattolica.
L’Agostiniana scritta da S. Agostino (354 – 426).
La Benedettina scritta da S. Benedetto (480 – 547) che s’ispira
sostanzialmente alla Regola di S. Basilio (329- 379), è alla base della vita
monastica della sfera cristiana occidentale.
La Trinitaria scritta per disciplinare la vita dei religiosi dell’Ordine
della santa Trinità e degli schiavi. È stata approvata 17 dicembre 1198 dal
papa Innocenzo III (1160 – 1216) eletto papa l’8 di gennaio del 1198.
La Francescana scritta per i Frati Minori, detti Francescani dal loro
fondatore S. Francesco d’Assisi (1182 - 1226). S. Francesco scrisse una
prima regola di vita che presentò ad Innocenzo III nel 1210, insieme alla
richiesta del riconoscimento dell’Ordine. Il papa riconobbe l’Ordine,
acconsentì che i frati vivessero secondo la loro regola di vita, ma non la
promulgò; per questo è detta Regola non Bollata. Onorio III (1150 - 1227),
eletto papa nel 1216, il 29 novembre del 1223 con la Bolla “Solet annuere”,
approvò una nuova Regola scritta sulla struttura della prima.
Il concilio Lateranense IV, presieduto da Innocenzo nel 1215, stabilì alla
norma XIII che non dovevano essere scritte altre Regole religiose.
Gli Ordini successivi si diedero le
Costituzioni, norme di vita religiosa ispirate a Regole precedenti.
Il primo Ordine a subire le conseguenze della norma XIII, fu quello dei
Frati Predicatori, detti Domenicani dal nome del loro fondatore S. Domenico
da Guzmàm (1170 - 1221). S. Domenico nell’ottobre del 1215 si recò a Roma
per accompagnare il vescovo Folco di Tolosa che partecipava al concilio.
Chiese ed ottenne dal papa il riconoscimento verbale dell'Ordine. Sarà
Onorio III, il 22 dicembre del 1216, con la Bolla “Religiosam vitam”, ad
approvare ufficialmente l’Ordine e le Costituzioni, che si ispiravano alla
Regola di S. Agostino.
Dati storici sulla Regola
Il 28 di gennaio del 1193, durante la celebrazione della sua prima messa, S.
Giovanni de Matha (1154 – 1213) ebbe una visione che gli ispirò la
fondazione del primo Ordine religioso: l’Ordine della santa Trinità e degli
schiavi. Il 28 di gennaio del 1193 è considerata la data di nascita
dell’Ordine.
Un religioso trinitario anonimo, autore del Racconto in Prosa sulle origini
dell’Ordine, scritto tra il 1230 ed 1240, così ci ha tramandato il soggetto
della visione: “Vide Dio, e la sua maestà, che teneva per mano due uomini,
uno di loro era nero e deforme e l’altro macilento e pallido; avevano
entrambe le caviglie incatenate”.
Il Racconto in Prosa, conservato, in copia degli inizi del XV secolo, nella
Biblioteca Nazionale di Parigi, Codice ms. lat. 9753, fol. 10 Vo, è
considerato autentico dagli studiosi che lo hanno esaminato.
Il frate francescano Tommaso D’Eccleston, in una sua opera scritta tra il
1263 ed il 1274, specifica che il soggetto principale della visione avuta da
S. Giovanni de Matha era Gesù Cristo.
La scena dell’apparizione a S. Giovanni de Matha è rappresentata sul mosaico
cosmatesco fatto porre nel 1210 dallo stesso S. Giovanni, sul frontale della
Casa di S. Tommaso in Formis sul Celio, in Roma. Sul rosone, tuttora ben
conservato e visibile, è scritto: “Signum Ordinis sanctae Trinitatis et
captivorum” (Stemma dell’Ordine della santa Trinità e degli schiavi). Nel
mosaico è rappresentato Cristo, in vesti regali, che tiene i polsi d’uno
schiavo bianco e di uno nero, le caviglie di entrambi sono incatenate.
L’immagine rappresentata nel rosone ha fatto sì che l’Ordine fosse
considerato ispirato direttamente da Dio. Innocenzo III nella Bolla di
approvazione della Regola, Operante divine dispositionis del 17 di dicembre
del 1198 ha scritto: “[ … ] il tuo proposito (la
fondazione dell’Ordine), che si ritiene aver avuto origine da
ispirazione divina”.
Nel 1210 Innocenzo III, che, come si è visto in occasione del riconoscimento
dei nuovi Ordini, fu molto severo nel trattare la materia religiosa, era
ancora vivete; e la Casa di S. Tommaso era nelle vicinanze del palazzo del
Laterano che era la sua sede pontificia. Eppure egli non si oppose
all’esposizione dell’immagine che era ben visibile all’incrocio di quattro
vie ben frequentate.
La presentazione della bozza della Regola fu fatta al papa Innocenzo III
subito dopo la sua elezione. Il 16 di maggio del 1198, il pontefice
indirizzò a Giovanni de Matha la Bolla “Cum A Nobis Petitur”. In essa è
scritto: “Poiché, dunque, tu diletto figlio in Cristo, fra Giovanni,
Ministro, tempo fa ti presentasti a Noi e ti desti premura di manifestarci
umilmente il tuo proposito, […] chiedendo che la tua intenzione fosse
confermata dall’autorità apostolica”.
La Regola è stata approvata Il 17 di dicembre del 1198 da Innocenzo III con
la Bolla “Operante divine dispositionis” nella quale è trascritto per esteso
il testo.
La Regola Trinitaria è analitica,
segue un disegno organico e molto preciso. I primi cinque capitoli sono
dedicati all’impostazione generale: contengono il nome dell’Ordine, i suoi
fini e la composizione dettagliata della nuova famiglia. I capitoli 6/8 sono
dedicati alla divisa dei componenti ed ai mezzi di trasporto. I capitoli
10/15 parlano del cibo di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sono
vincolati dalla Regola. I capitoli 16/18 si occupano del lavoro. Il capitolo
19 riguarda il silenzio. I capitoli 20/24 sono dedicati al Capitolo, 32 vale
a dire alla sede nella quale devono essere prese tutte le decisioni e sono
dispensate le esortazioni ai componenti della nuova famiglia. Un accenno al
Capitolo c’è anche nel secondo capitolo, ma possiamo consideralo come una
voluta puntualizzazione dell’importanza del fine primario dell’Ordine: il
riscatto degli schiavi. I capitoli 25 e 26 regolamentano la cura da dedicare
alla casa, che non deve prescindere dalla carità. I capitoli 27/30
interessano la figura del Ministro, sia minore che maggiore. Il capitolo 31
parla dell’ingresso nei novizi. I capitoli 32/37 sono dedicati al
comportamento con gli esterni. I capitoli 37/39 riguardano la preghiera. Il
capitolo 40 parla della rasatura dei religiosi.
La Regola Trinitaria è dettagliata,
anzi, usando il linguaggio moderno, la definisco molto ben pianificata; S.
Giovanni de Matha, già ottocento anni fa, era un manager esperto di
planning. In essa sono espressi in maniera chiara lo scopo ed il fine della
“Casa della santa Trinità e degli schiavi”, ed i mezzi necessari ai frati
per raggiungere lo scopo ed il fine.
Lo scopo dell’Ordine. La parola “scopo” deriva dal greco e significa: avere
di mira, tendere. Nel Vangelo Gesù comanda a tutti i suoi discepoli di fare
ogni cosa nel suo nome, quindi nel nome di Dio e, di conseguenza, nel nome
della Trinità. Il brevissimo prologo recita: “Nel nome della santa ed
individua Trinità”. Ed alla Trinità è dedicato il luogo nel quale i frati
devono vivere: “Casa della santa Trinità” (cap. 1); e le chiese dove essi
devono pregare: “Tutte le chiese di questo Ordine siano intitolate al nome
della santa Trinità, e siano di struttura semplice” (cap. 3).
Il fine. Il vocabolo “fine” in filosofia è definito “ciò per cui si fa
qualcosa”. Il fine, quindi, è il movente d’ogni azione umana. Il fine dei
frati della casa della Trinità ruota intorno alle “opere di misericordia” ed
al “riscatto degli schiavi” (cap. 2).
I mezzi, o strumenti, necessari ai frati della casa della santa Trinità e
degli schiavi, per raggiungere il fine sono due: il riscatto degli schiavi e
le opere di misericordia, come è specificato nel terzo capitolo. Detto
capitolo sancisce in maniera chiara e vincolante come devono essere
impiegati tutti i beni dell’Ordine: devono essere divisi in tre parti
uguali; con due, oltre al sostentamento dei membri della casa, si devono
compiere opere di misericordia, la terza parte, invece, deve essere
riservata per la redenzione degli Schiavi.
La prima redenzione fu operata, probabilmente, da S. Giovanni de Matha
insieme ad uno o più religiosi della comunità di Cervofreddo, come si evince
dalla lettura della lettera, dell’8 di marzo del 1199 d’Innocenzo III a
Miramolino re del Marocco. Le opere di misericordia venivano fatte negli
ospizi annessi alle case trinitarie. Di essi c’è solo un cenno nel capitolo
17, in compenso però c’è la bolla concistoriale, firmata da Innocenzo III e
da 14 cardinali, del 21 giugno 1209; in essa il papa prende sotto la sua
protezione gli 11 ospizi “hospitale”, di proprietà dell’Ordine.
La Regola Trinitaria non ha avuto un unico autore.
Innocenzo III nella lettera dell’8
di marzo del 1199, per presentare a Miramolino, re del Marocco, i primi
redentori di schiavi trinitari, così si esprime: “[…] alcuni uomini ispirati
da Dio, al novero dei quali appartengono i latori della presente, […] hanno
composto una Regola”.
Il papa, nella Bolla del 17 di dicembre del 1198, termina la lettera di
presentazione della Regola, scrivendo: “[…] insieme a quanto, secondo la
nostra disposizione e la tua richiesta, o figlio, Ministro, abbiamo creduto
di dovervi aggiungere”. L’autore del Racconto in Prosa scrisse che S.
Giovanni de Matha in seguito alla visione del 28 di gennaio del 1193 “[…]
più presto che poté, intraprese il viaggio alla volta di Roma, mentre
procedeva giunse in una località denominata Cervofreddo, dove vivevano
quattro eremiti”.
Fra Roberto Gaguin (1433 - 1501), che oltre che Ministro Generale
dell’Ordine dal 1473 al 1501 fu anche un insigne letterato, nella sua opera
letteraria del 1497 Annali delle
gesta dei Franchi, inserì un suo scritto del 1492 titolato
Istitutio sive fundatio Ordinis SS.
Trinitatis nel quale scrisse: “Vivendo, però, in modo libero, senza una
determinata regola e al di fuori d’ogni legittima istituzione, e temendo
d’incorrere in errore per non saper resistere al personalismo, per dare a se
stessi una propria legislazione furono avvertiti per tre volte in sogno da
un divino messaggero affinché andassero dal romano pontefice per accettare
delle sicure norme di vita regolare”.
Si può affermare, in conclusione, che la Regola Trinitaria fu scritta a
Cervofreddo tra il 1193 ed il 1198 da S. Giovanni de Matha, il quale
s’avvalse della collaborazione di Felice de Valois con la supervisione
d’Innocenzo III.
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9 luglio 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net