San Giovanni di Matha
Estratto e tradotto da “The Lives of the Saints: Complete Edition”
Reverend Alban Butler (1711–1773), Catholic Way Publishing, 19 mar 2015
8 febbraio
San Giovanni di Matha, Confessore, Fondatore dell'Ordine dei Trinitari
Vita tratta da diverse bolle di
papa Innocenzo III e da molti autori della sua vita, specialmente quella
compilata da Robert Gaguin nel 1490, il dotto generale di questo Ordine,
raccolta da Baillet, e l'Histoire des Ordres Religieux (Storia degli Ordini
Religiosi) del padre F. Helyot. Si vedano anche gli Annales Ordinis SS.
Trinitatis, autore Bonaventura Baro, O.F.M. Roma. 1684, e Regula et Statuta
Ord. SS. Trinitatis, stampati in 12mo nel 1570.
A.D. 1213.
San GIOVANNI di Matha nacque da genitori molto
pii e nobili, a Faucon, ai confini della Provenza, il 24 giugno 1160 e fu
battezzato Giovanni, in onore di San Giovanni Battista. Sua madre lo dedicò
a Dio con un voto fin dalla sua infanzia. Suo padre Eufemio lo mandò ad
Aix-en-Provence, dove imparò la grammatica, la scherma, l'equitazione ed
altri esercizi adatti ad un giovane nobile. Ma la sua principale attenzione
era di avanzare nella virtù. Diede ai poveri una parte considerevole del
denaro che i suoi genitori gli mandavano per uso proprio: visitava ogni
venerdì l'ospedale, assistendo i poveri ammalati, medicando e mondando loro
le piaghe ed offrendo loro tutto il conforto in suo potere.
Ritornato a casa, chiese al padre il permesso di
continuare i pii esercizi da lui iniziati e si ritirò in un piccolo eremo
non lontano da Faucon, con lo scopo di vivere lontano dal mondo ed unito a
Dio solo con la mortificazione e la preghiera. Ma, trovando la sua
solitudine interrotta dalle frequenti visite dei suoi amici, chiese il
consenso del padre di andare a Parigi per studiare la teologia, cosa che
ottenne facilmente. Conseguì questi studi più sublimi con straordinario
successo e diventò dottore in teologia con non comuni consensi, sebbene la
sua modestia gli desse una riluttanza verso quell'onore. Fu subito ordinato
sacerdote e celebrò la sua prima messa nella cappella del vescovo di Parigi,
alla quale assistettero lo stesso vescovo, Maurice de Sully, gli abati di
San Vittore e di Santa Genoveffa ed il rettore dell'università; tutti
ammirando in lui le grazie del cielo, manifestate nella sua straordinaria
religiosità in questa occasione così come nella sua ordinazione.
Il giorno in cui celebrò la sua prima messa, per
particolare ispirazione di Dio, giunse alla decisione di dedicarsi
all'occupazione di riscattare gli schiavi cristiani dalla prigionia sotto la
quale gemevano tra gli infedeli: considerandolo uno dei più alti atti di
carità nei confronti dell'anima e del corpo. Ma, prima di intraprendere
un'opera così importante, ritenne necessario trascorrere un po' di tempo in
ritiro, preghiera e mortificazione. Ed avendo sentito parlare di un santo
eremita, san Felice di Valois, che abitava in un grande bosco vicino a
Gandelu, nella diocesi di Meaux nella regione dell'Île-de-France, si rifugiò
da lui e lo pregò di venire ammesso nella sua solitudine e di istruirlo
nella pratica della perfezione. Felice scoprì presto che non era un novizio
e non lo avrebbe trattato come un discepolo, ma come un compagno. È
incredibile quale progresso abbiano fatto questi due santi solitari sui
sentieri della virtù, mediante la preghiera perpetua, la contemplazione, il
digiuno e la veglia.
Un giorno, seduti insieme sulla riva di una
sorgente, Giovanni rivelò a Felice il progetto che aveva concepito il giorno
in cui disse la sua prima messa, di soccorrere i cristiani sotto la
schiavitù maomettana e parlò dell'argomento in modo così commovente che
Felice fu convinto che il disegno provenisse da Dio e gli offrì il suo
personale contributo per realizzarlo. Si presero un po' di tempo per
raccomandarlo a Dio con la preghiera ed il digiuno, quindi si avviarono
verso Roma nel mezzo di un rigido inverno, verso la fine dell'anno 1197, per
ottenere la benedizione del papa. Trovarono Innocenzo III, promosso nel
frattempo nel febbraio del 1198 alla cattedra di S. Pietro. Sua santità, già
informato della loro virtù e del loro caritatevole progetto dalle lettere di
raccomandazione del Vescovo di Parigi, li accolse come due angeli venuti dal
cielo; li alloggiò nel suo proprio palazzo e diede loro molte lunghe udienze
private. Dopo di che radunò i cardinali ed alcuni vescovi nel palazzo di S.
Giovanni in Laterano e chiese il loro consiglio. Dopo le loro deliberazioni
ordinò un digiuno e delle preghiere particolari per conoscere la volontà del
cielo. Alla fine, convinto che questi due santi uomini fossero guidati dallo
Spirito di Dio e che da un tale istituto sarebbero derivati grandi vantaggi
per la Chiesa, acconsentì che erigessero un
nuovo ordine religioso e dichiarò
San Giovanni primo ministro generale. Il vescovo di Parigi e l'abate di San
Vittore ricevettero l'ordine di redigere le loro regole, che il papa approvò
con una bolla nel 1198. Ordinò ai religiosi di indossare un abito bianco,
con una croce rossa e blu sul petto, e di prendere il nome dell'Ordine della Santissima Trinità. Lo confermò qualche tempo dopo,
aggiungendo nuovi privilegi con una seconda bolla, datata 1209.
I due fondatori, ottenuta la benedizione del
papa e certi indulti o privilegi, tornati in Francia, si presentarono al re
Filippo Augusto, che autorizzò l’insediamento del loro Ordine nel suo regno
e lo favorì con le sue liberalità. Gaucher III, signore di Châtillon, diede
loro un terreno su cui costruire un convento. Essendo aumentato il loro
numero, lo stesso signore, assecondato dal re, diede loro Cerfroid, il luogo
in cui san Giovanni e san Felice stabilirono il primo progetto del loro
istituto. Si trova a Brie, ai confini del Valois. Questa casa di Cerfroid, o
de Cervo frigido, fu sempre reputata il centro dell'Ordine. I due
santi fondarono molti altri conventi in Francia e mandarono molti loro
religiosi ad accompagnare i conti di Fiandra e di Blois, ed altri signori,
alla guerra santa. Papa Innocenzo III scrisse per raccomandare questi
religiosi a Miramolino, re del Marocco e san Giovanni vi mandò due suoi
religiosi nel 1201. Costoro riscattarono centottanta sei schiavi cristiani
nel primo viaggio. L'anno successivo san Giovanni si recò egli stesso a
Tunisi, dove acquistò la libertà di altri centodieci schiavi. Ritornò in
Provenza, dove ricevette grandi donazioni di beneficenza che portò in Spagna
e con le quali riscattò molti in cattività sotto i Mori. Al suo ritorno
raccolse grandi elemosine tra i cristiani, in favore di questa impresa
caritatevole. Il suo esempio produsse un secondo
Ordine della Misericordia,
istituito a Barcellona nel 1218 da S. Pietro Nolasco ed approvato da papa
Gregorio IX nel 1235.
San Giovanni fece un secondo viaggio a Tunisi
nel 1210, dove soffrì molto a causa degli infedeli, irritati per il suo zelo
e per il suo successo nell'esortare i poveri schiavi alla pazienza ed alla
costanza nella loro fede. Mentre tornava con centoventi schiavi che aveva
riscattato, quei selvaggi tolsero il timone dalla sua nave e ne strapparono
tutte le vele, perché potessero perire in mare. Il santo, pieno di fiducia
in Dio, lo pregò di essere il loro pilota, appese i mantelli dei suoi
compagni come fossero vele e, con un crocifisso in mano, inginocchiato sul
ponte, cantando salmi, dopo un fortunato viaggio, approdarono tutti salvi ad
Ostia, in Italia. Felice, in questo tempo, aveva molto propagato il suo
Ordine in Francia ed aveva fondato un convento a Parigi, in un luogo che si
trovava davanti ad una cappella di San Maturino, da cui questi religiosi in
Francia sono chiamati Maturini.
San Giovanni visse ancora due anni a Roma, che
impiegò nell'esortare tutti alla penitenza con grande energia e con grandi
risultati. Morì il 21 dicembre 1213, all'età di sessantuno anni
[1].
Fu sepolto nella sua chiesa di San Tommaso, dove tuttora rimane il suo
monumento, sebbene il suo corpo sia stato trasferito in Spagna. Papa Onorio
III confermò la regola di questo ordine una seconda volta. Secondo la prima
regola, non potevano comprare nulla per il loro sostentamento se non pane,
legumi, erbe aromatiche, olio, uova, latte, formaggio e frutta, mai carne né
pesce: ma potevano mangiare carne nelle feste principali, nella condizione
che era stata loro donata. Quando erano in viaggio non potevano cavalcare
qualsiasi animale, ma solo asini
[2].
San Giovanni Crisostomo (Homelia de Elia et vidua Sarept., tom.3, pag. 328, ed. Ben.) esalta
con eleganza e pietosamente la carità della vedova di Sarepta, alla quale né
la povertà, né i figli, né la fame, né il timore della morte, hanno impedito
di soccorrere il profeta Elia. Egli esorta tutti a meditare sulle parole di
questa donna ed a tener ben presente il suo esempio. “Per quanto noi siamo
duri o insensibili”, dice san Giovanni, “ci faranno una profonda impressione
e non potremo rifiutare il sollievo ai poveri, quando avremo davanti ai
nostri occhi la generosa carità di questa vedova. È vero che voi mi direte
che se incontrate un profeta nel bisogno, non vi rifiutereste di fargli
tutti i buoni doveri in vostro potere. Ma cosa non dovreste fare per Gesù
Cristo, che è il maestro dei profeti? Gesù considera tutto ciò che fate ai
poveri come se l’aveste fatto a lui». Quando consideriamo lo zelo e la gioia
con cui i santi si sacrificarono per il prossimo, come dobbiamo arrossire e
condannare la nostra insensibilità davanti alle calamità spirituali e
corporali degli altri! I santi consideravano un nulla gli affronti, le
fatiche e le pene affrontate per il servizio degli altri in Cristo: non
possiamo tollerare la benché trascurabile parola o la minima banalità che ci
faccia desistere da ciò.
[1]
Ndt. Evidentemente c’è un errore di calcolo perché se fosse nato nel 1160 e morto nel 1213, avrebbe avuto 53 anni e non sessantuno. In effetti guardando altre fonti si trovano date discordanti.
[2]
Una mitigazione di questa regola è stata approvata da Papa Clemente
IV nel 1267, che permette loro di utilizzare i cavalli e di
acquistare pesce, carne e tutte le altre necessità: su queste
mitigazioni si veda Historia
prolixior Priorum Grandimont (Istoria dei priori di Grandmont),
pubblicata da Martène e Durand nell’Amplissima
Collectio, t. 6. p. 138.
Questo Ordine possiede circa duecentocinquanta monasteri, divisi in
tredici province, in Francia, Spagna, Italia e Portogallo.
Precedentemente l’Ordine d’Inghilterra aveva quarantatré case;
quello di Scozia nove e quello d’Irlanda cinquantadue. Il generale
dell'Ordine è scelto da un capitolo generale, che si tiene sempre a
Cerfroid. Ogni casa è governata da un superiore, che è chiamato
ministro. Quelli nelle
province di Champagne, Normandia, e Piccardia, (che comprende da
ultimo le Fiandre,) sono perpetui; ma in Italia e Spagna sono
triennali. La loro regola è quella dei canonici regolari di
Sant’Agostino. Le loro principali occupazioni sono quelle di cantare
l'ufficio divino alle ore canoniche, lodando e glorificando
l'adorabile Trinità, come angeli della terra e di raccogliere e
portare elemosine nei posti occupati dagli infedeli per la
redenzione degli schiavi. Ogni casa impiega un terzo dei suoi ricavi
per questa pia opera. Si fece una riforma in questo Ordine negli
anni 1573 e 1576, che, per gradi, fu introdotta nella maggior parte
delle case ed in quella stessa di Cerfroid. In quest’ultima non
mangiano mai carne, tranne la domenica, cantano il Mattutino a
mezzanotte e non indossano biancheria. La riforma dei Trinitari
scalzi, ancora molto più severa, fu instaurata in Spagna nel 1594 da
Giovanni Battista della Concezione (1561-1613), che subì molte
persecuzioni nell'impresa e morì nel 1613 in grande fama di santità
e di eventi. Fu dichiarato santo nel 1975.
Ritorno alla pagina iniziale "I Trinitari"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
9 luglio 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net